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Autore: Bloody Q    09/04/2015    1 recensioni
"Amava riflettere osservando il paesaggio e i suoi pensieri variavano in base al tempo.
Le nubi che coprivano completamente il cielo e oscuravano il sole in quel giorno autunnale, non rendevano i suoi pensieri propriamente vivaci.
...
Ormai, da più di quattro anni, la ragazza era costretta a rivedere sempre quelle orrende immagini e a risentire quelle urla agghiaccianti ogni volta che chiudeva gli occhi."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                        ∞ In Eterno ∞




4 Ottobre 2012 ore 04:00


«Dove mi porti?»

...

«Che ci facciamo qui?»

...

«Andiamo via, ho un brutto presentimento»

...

«Scendiamo, ho paura»

...

«Tienimi! Non mi lasciare ti prego!»

...

«NON VOGLIO MORIRE!»



Giulia si svegliò di colpo da un orribile incubo, quell'incubo.
Quello che la perseguitava ogni notte.
Quello che non le permetteva più di dormire serenamente ormai da più di quattro anni.
Quello che le ricordava sempre lei.
La ragazza si passò una mano tra i corti e scuri capelli. Era confusa e assonnata, come sempre del resto.
Si alzò dal letto e si recò in cucina per bere un bicchiere d'acqua e calmarsi, ma inciampò su uno dei diversi oggetti sparsi per la stanza e cadde a terra.
Si rialzò e, imprecando, accese la luce del soggiorno. Prese il libro sul quale inciampò e lo lanciò con rabbia verso il muro.
Notò una foto cadere dalle pagine del romanzo.
La prese e di colpo i suoi occhi azzurri cominciarono a lacrimare.
Quella foto ritraeva Giulia e lei.
«La nostra amicizia è morta con te» pensò ad alta voce.
Lasciò cadere la foto e tornò a dormire, aveva un treno da prendere il giorno seguente.


Quella mattina la sveglia suonò alle 06:30 e la ragazza, anche se di controvoglia, si alzò e preparò tutto per andare alla stazione.
Indossò i jeans e la camicetta blu rimasti nell’armadio, prese le valigie e uscì.
Le tornò in mente, però, ciò che la madre le disse la sera prima.


Flashback

«Hai messo tutto in valigia?» chiese una donna mora sulla quarantina.
«Sì mamma, non preoccuparti».
La donna si fermò un attimo a osservare la figlia. Sul suo viso si dipinse un dolce sorriso.
Giulia si voltò verso la madre che, stranamente, non sentì più parlare e istintivamente chiese «Perché mi guardi così?».
«Ah, quanto sei cresciuta! Domani parti per lavoro, eppure sembra ieri il giorno in cui hai detto la tua prima parola. Di difficoltà ne hai avute non poche, per non parlare dell’accaduto di quattro anni fa…» la donna si rabbuiò un attimo «Ma sei comunque riuscita a superarle tutte! Ah quasi dimenticavo, domani mangia qualcosa prima di partire» concluse.
«Mamma, sai che di mattina non ne ho voglia».
«Bisogna sempre fare colazione, è il pasto principale della giornata!» affermò la madre sapientemente.
«Va bene, domani mattina mangerò qualcosa» promise la ragazza.

Fine Flashback


Giulia rientrò in casa e iniziò a guardarsi intorno, quando a un tratto il suo sguardo si soffermò su una mela che afferrò e addentò.
Si diresse verso la porta, ma prima di uscire vide a terra quella foto.
La prese e la osservò per diversi minuti. Sembrava come ipnotizzata, persa nei suoi pensieri.
Un rumore proveniente da fuori le ricordò che era in leggero ritardo e uscì frettolosamente dirigendosi alla stazione.


La ragazza, dopo essere arrivata, salì sul treno appena in tempo e si diresse verso uno scompartimento vuoto.
Si sedette e iniziò a guardare fuori dal finestrino. Amava riflettere osservando il paesaggio e i suoi pensieri variavano in base al tempo.
Le nubi che coprivano completamente il cielo e oscuravano il sole in quel giorno autunnale, non rendevano i suoi pensieri propriamente vivaci.
Dopo una decina di minuti, forse per la stanchezza del giorno prima o forse per le due ore stentate di sonno che riuscì a fare quelle ultime notti, Giulia non riuscì più a tenere gli occhi aperti e crollò in un sonno profondo.

                                                                                   ∞

Eccolo, l’incubo.
Lui non mancava mai.
Ormai, da più di quattro anni, la ragazza era costretta a rivedere sempre quelle orrende immagini e a risentire quelle urla agghiaccianti ogni volta che chiudeva gli occhi.
Ma stavolta era diverso, c’era qualcosa in più, qualcosa che però avrebbe preferito non vedere.
Questa volta l’incubo la costrinse a rivivere per intero quell’orribile notte.


10 Novembre 2008 ore 23:00

«Hei Elena, dato che abbiamo ancora un’ora e mezza di autonomia voglio portarti in un posto» disse Giulia rivolgendosi a una ragazzina bionda di non più quindici anni.
«Dove mi porti?» chiese la ragazza incuriosita.
«In un posto un po’ lontano» rispose la mora vagamente.
«Ok, adesso voglio proprio vedere cosa ti sei inventata. Non è uno dei soliti locali squallidi che frequenti, vero?» disse la bionda con l’intenzione di stuzzicare Giulia e riuscendo nel suo intento.
«Quelli in cui passo il mio tempo libero non sono “squallidi locali”! E comunque, per tua informazione, ti sto portando in un posto all’aperto» ribatté la sedicenne.
Dopo mezz’ora le due ragazze arrivarono a destinazione.
Si trattava di una casa abbandonata su una collina, era visibilmente instabile, stava letteralmente cadendo a pezzi.
«Che ci facciamo qui?» chiese Elena.
«Questo è il mio posto preferito» rispose Giulia.
«Si può sapere che ci trovi di bello in una casa fantasma che si trova in un luogo dimenticato da Dio?» domandò perplessa la quindicenne.
«È fantastica!» affermò la mora facendo la finta offesa.
Di colpo Elena si sentì strana, un brivido le salì lungo la schiena e iniziò ad avere paura.
«Andiamo via, ho un brutto presentimento» disse la bionda strattonando l’amica per un braccio.
«Ma se siamo appena arrivate! E guarda che devo ancora farti vedere la parte migliore» ribatté Giulia che prese per mano l’amica e la condusse ai piedi di una scala, nel retro della casa.
«Vorresti forse farmi salire sul tetto?» domandò Elena.
La mora annuì e spinse la ragazzina costringendola a salire. Subito dopo salì anche lei, ma la quindicenne era palesemente terrorizzata.
«Scendiamo, ho paura» gli occhi verdi della bionda lasciavano intravedere la sua inquietudine.
La sedicenne si limitò a indicare qualcosa alle spalle della più piccola.
Elena si voltò e vide la città illuminata di notte. Era davvero un bel panorama, su questo non c’erano dubbi.
La ragazzina rimase imbambolata, non aveva mai visto qualcosa di simile.
«Bello, vero?» sussurrò la mora.
«Ma quanto siamo in alto?» chiese la quindicenne.
«Non saprei esattamente. Credo sia come essere al quarto o al quinto piano più o meno».


Dopo un po’ Elena tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans neri un coltellino e iniziò ad armeggiare su una tegola.
Giulia, incuriosita, cercò di vedere cosa stesse incidendo l’amica, ma non riuscì a vedere nulla.
«Che stai facendo?» chiese sempre più incuriosita la mora.
«Tra un attimo lo vedrai» rispose la bionda.
«Dove hai preso questo?» domandò Giulia indicando l’attrezzo che l’amica aveva in mano.
«Me lo ha regalato mio zio, mi ha raccomandato di non separarmene mai. Dice che può servire anche in occasioni improbabili e in modi impensabili» rispose esaurientemente Elena.
«Finito!» disse infine.
La sedicenne avvicinò il viso alla tegola per capire cosa avesse inciso la ragazzina.
«Ma questo è il simbolo dell’infinito!» affermò.
«Esatto, significa che la nostra amicizia sarà infinita. Durerà in eterno» specificò la quindicenne con un sorriso, lasciando l’amica sorpresa.
Restarono lì per più di dieci minuti e venne il momento di ritornare in città.
Elena si mise in piedi aggrappandosi a Giulia, ma delle tegole cedettero ed entrambe scivolarono lungo il tetto.
La mora riuscì a restare sul tetto, ma la bionda era in serio pericolo.
La quindicenne invocò aiuto notando con terrore che la grondaia alla quale era aggrappata iniziò a dare segni di cedimento.
Giulia raggiunse l’amica il più velocemente possibile per darle aiuto e le afferrò il polso appena in tempo.
Elena strinse saldamente il braccio della mora, ma quest’ultima si stancò in poco tempo. Giulia non sarebbe riuscita a sopportare il peso della ragazzina ancora per molto. «Tienimi! Non mi lasciare ti prego!» disse la bionda iniziando a piangere in preda al panico.
«Non ho intenzione di lasciarti, preferisco morire piuttosto» rispose l’altra affaticata.
La quindicenne si accorse che anche Giulia stava per cadere dal tetto.
Prese quindi una disperata decisione.
«NON VOGLIO MORIRE!» urlò «Ma se tu rischi di cadere con me, preferisco che mi lasci» finì di dire la ragazzina.
«Ma sei impazzita?! Io non ti lascio. È colpa mia se siamo in questa situazione e non voglio che tu ne paghi le conseguenze!» affermò decisa la mora.
Elena lasciò la presa con una mano e tirò fuori il coltellino.
«Non fartene una colpa e ricorda che ti vorrò sempre bene. Addio!» la quindicenne, in lacrime, pugnalò la mano dell’amica che, per il fortissimo dolore, lasciò la presa facendola cadere.
E poi buio.

Solitamente l’incubo terminava in questo modo, ma stavolta apparve quel simbolo che risaltava nello sfondo nero.
“Infinita”, così Elena definì la sua amicizia con Giulia, ma non avrebbe mai potuto immaginare che la sua fine fosse realmente così vicina.

                                                                                   ∞

La ragazza si svegliò di colpo sudata e ansimante, era sconvolta.
Dopo essersi calmata un po’, guardò di nuovo fuori dal finestrino.
Pioveva a dirotto, i lampi illuminavano il cielo oscurato e il rombo dei tuoni era assordante.
Giulia prese la foto che la ritraeva con l’amica, scattata qualche giorno prima dell’incidente.
Si perse di nuovo nel suo mondo, probabilmente ripensava a quella notte e alla sua impotenza.
Ricordava ancora il dolore che provò alla morte della sua migliore amica.
Lei avrebbe potuto salvarla, se solo avesse avuto un po’ di forza in più!
Il dolore che Giulia provò quel giorno, venne subito sostituito da un incolmabile vuoto.
Le mancava tutto di lei.
Perché lei era l’unica persona che magicamente riusciva a farla ridere anche quando era vittima della depressione.
Era l’unica che riusciva a risanare le ferite causatele da chissà quale idiota di turno.
Era l’unica che nei momenti più difficili le stava vicino e le dava una spalla su cui piangere.
Ed era anche l’unica persona che riusciva ad averla vinta sulla sua testardaggine, evitandole di mettersi nei guai.
Lei era l’unica persona che riusciva a prendersi cura di Giulia, e adesso chi avrebbe preso il suo posto?
Nessuno, perché Elena era unica.
Fu il controllore a riportarla alla realtà, lei gli diede il biglietto e l’uomo andò via.
Subito dopo vide una figura femminile fermarsi per qualche secondo avanti il suo scompartimento.
Indossava un cappello maschile, un impermeabile e degli occhiali da sole, ma nonostante ciò le parve di riconoscerla.
Sì, sembrava proprio lei. La donna riprese a camminare e Giulia la seguì.
Voleva fermarla, ma non faceva altro che perderla di vista.
La cercò dappertutto, ma non c’era traccia della donna, quando di colpo la vide dirigersi nel vagone ristorante.
Naturalmente la seguì, ma quando arrivò la perse nuovamente.
Il treno frenò bruscamente facendo cadere Giulia a terra, così come altri passeggeri.
Si rimise in piedi e, dopo aver perso definitivamente le speranze, torno al suo scompartimento e proprio lì davanti trovò un mucchio di persone che sussurravano tra di loro.
Si fece spazio tra la folla e vide che un tronco aveva trapassato il finestrino.
«Signorina, questo è il suo posto?» le chiese un uomo e Giulia si limitò ad annuire.
«Si consideri molto fortunata. Se fosse rimasta seduta lì, probabilmente sarebbe stata decapitata da quel tronco» disse l’uomo lasciando la ragazza a bocca aperta.
«Ma come è successo?» domandò la mora.
«A quanto pare un fulmine ha colpito quel treno merci» iniziò a spiegare l’uomo indicando un treno nella ferrovia opposta «e, in qualche modo, il tronco ha sfondato il finestrino». Dopo qualche ora il danno venne del tutto riparato e il treno ripartì.
Giulia trovò posto in un altro scompartimento, quando si accorse di non avere più la foto con sé.
La cercò ovunque, ma non riuscì a trovarla.
Era disperata, non sapeva più dove andare.
Scoraggiata, si voltò per tornare al suo scompartimento e in quel momento vide un impermeabile davanti il bagno.
Entrò e trovò il cappello della donna con dentro la sua foto.
Uscì e raccolse l’impermeabile da terra, ma un uomo la fermò dicendole che l’indumento gli apparteneva.
«La ringrazio signorina, è da ore che lo cerco!» disse felice l’uomo.
«Per caso viaggia con una donna?» chiese Giulia.
«No» affermò il signore.
«E per caso questo cappello è suo?» domandò la mora.
«No, non è mio. La ringrazio ancora per l’impermeabile, arrivederci» finì l’uomo andando via.
Giulia tornò al suo scompartimento, prese la foto e iniziò di nuovo a osservarla.
Dopo qualche minuto si sorprese nel vedere che il simbolo dell’infinito era disegnato sul retro della foto.
La guardò nuovamente, col pollice prese ad accarezzare quella vecchia cicatrice rimastale sulla mano.
Le scappò un sorriso mentre pensò che magari, dopotutto, la loro amicizia sarebbe davvero durata in eterno.


                                                                                     ∞



Angolo dell'autrice


Buonasera.

Questa storia è dedicata ad una persona speciale.

Spero vi sia piaciuta.

Alla prossima!

Bloody Q



P.s.: L'intera storia, dal titolo all'angolo dell'autrice (escludendo la firma ovviamente), l'avevo già pubblicata in un altro account nel 2011. Durante il passaggio da un account all'altro ho preferito non modificare niente per lasciare intatta la tipologia di pensiero che avevo allora. Grazie ancora per essere arrivati fin quaggiù.
   
 
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