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Autore: Amphitrite    10/04/2015    2 recensioni
“Ho portato un curriculum allo Smithsonian.”
“Cercano donne delle pulizie?”
[...]
“No, stronzo. Guide per la nuova ala.”

Fanfiction post The Winter Soldier, ispirata alla scena dopo i titoli di coda :D
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Lo Smithsonian è gigantesco e fin dall’esterno chiunque, senza esclusioni di sorta, si sentirebbe schiacciato dalla sua mole. È una grandezza che atterrisce ed esalta al tempo stesso: la consapevolezza di essere piccoli, nulla più che formiche in un mondo sconfinato che si mescola all’esaltante consapevolezza di possederla, quella grandezza. Ce l’hai dentro, sembrano dire quelle lunghissime vetrate; non importa quanto tu ti senta piccolo. Se hai la capacità di immaginarla, di sentirla, una tale magnificenza, è perché ne hai un po’ dentro. Una scintilla.
Entra con gli occhi sgranati e il collo che già le fa male, da quanto si sforza di tenere il naso in aria, e rimane ancora di più a bocca aperta. È la perfezione del moderno che incontra l’antico: scale mobili che portano da un piano all’altro in un costante viaggio nel tempo che alterna ricostruzioni storiche a scoppi di modernità, dimostrazioni interattive e proiezioni in 3d che si attivano al passaggio dei vari turisti. Nei saloni echeggia un vociare distante e continuo, una melodia infinita che accompagna ogni ora del giorno, senza sosta né soluzione di continuità.
Il primo ad avvicinarlesi è un ragazzo sulla trentina d’anni con un sorriso scandalosamente bello e due occhi che dovrebbe essere dichiarato illegale mostrare così, senza il dovuto preavviso. “Posso aiutarla?” Si offre con tono cortese.
“Ero venuta a lasciarvi un curriculum per quel posto…”
È come accoltellare un palloncino. Il sorriso si spegne e gli occhi assumono quella sfumatura da ‘desidero la tua morte ora’ che smonterebbero anche la groupie più entusiasta, e più che uno splendido ragazzo sulla trentina ora le sembra di avere davanti il suo vecchio zio quando, di domenica pomeriggio, guardava la partita sul divano. Una gioia ogni tanto, sembra supplicare al cielo, senza però ottenere risultati tangibili. “Ah.” Condensare così tanto odio in un monosillabo così piccolo sembra impossibile. E invece.
“Sì, posso… posso lasciarlo a te?”
“No.” La risposta arriva secca come uno schiocco, caricata dello stesso odio nei confronti dell’umanità.
“Ah. Scusa.”
“Ma figurati, è che io qua non conto un cazzo.”
Una risatina e un’occhiataccia in tralice e il clima funereo viene ripristinato. “Quindi dove lo lascio?”
“Non posso dirtelo.” Scenari improbabili le si profilano in mente: immagini di Capitan America in persona che sfoglia il suo curriculum, colloqui conoscitivi sostenuti con Steve Rogers e Tony Stark in combo vincente, tè presi chiacchierando con Vedova Nera, pioggia di coriandoli che in realtà sono banconote e tutto il campionario. Si fermano – quando, di preciso, hanno iniziato a camminare? E perché lei ha il fiatone? – e lui la guarda negli occhi. “Scappa. Hai ancora una scintilla di gioia di vivere nello sguardo, tu. Scappa.”
“Vedrò cosa fare. A chi lo lascio, allora?”
Il ragazzo sospira, cede e allunga una mano. “A me. Poi però non dire che non ti avevo avvisato.”
 
***
 
Spari.
Bob, al suo fianco, grugnisce tutto il suo fastidio e rotola sull’altro fianco nella speranza di riprendere a dormire.
Ti stanno sparando addosso.
Marge si alza a sedere, dà in una scatarrata degna del miglior scaricatore di porto e sputa a terra. Subito dopo torna a coricarsi mentre, in lontananza, un antifurto inizia a suonare.
Scappa. Corri. Difenditi.
Kevin si alza e, terribilmente infastidito dai suoi lamenti nel sonno, gli sferra un calcetto a una spalla nella speranza che si svegli e la smetta.
L’uomo apre gli occhi e glieli pianta addosso, inchiodandolo sul posto per quella che è una frazione di secondo e che invece gli sembra un’eternità. Kevin non è un’aquila, ma nota tutto: dalla bocca aperta in una smorfia di dolore e rabbia disumani alle pupille, sottili come spilli. L’ultima cosa che nota prima che il tempo riprenda a scorrere a velocità normale, è che qualcosa che dovrebbe essere una mano è appena sbucata da sotto ai cartoni e, con un luccichio sinistro, gli ha appena fracassato uno stinco.
 
Gli altri barboni grugniscono insulti incomprensibili mentre quella piattola di Kevin – sempre a caccia di guai, Kevin – si accascia a terra urlando per chissà quale motivo ridicolo. Come minimo qualche piccione gli avrà cagato addosso, sai che tragedia. Bob di sicuro non si muoverà per una tale stronzata, l’ultima volta Marge è rotolata nel suo lato di letto e non si è più spostata.
Fosse matto.
 
***
 
“Ho portato un curriculum allo Smithsonian.”
“Cercano donne delle pulizie?”
Un cuscino attraversa l’aria e si schianta con un poff che sa di fallimento ai piedi di Claude. “No, stronzo. Guide per la nuova ala.”
La nuova ala. Nessuno ci crede ancora, alla valanga di dati che hanno invaso la rete. Lo SHIELD, l’HYDRA, tutto. Informazioni troppo imponenti, conseguenze troppo serie per potersi mettere a tavolino e leggere, imparare, capire. Non per gente come loro, che di supereroi non ha mai saputo niente e di alieni ha imparato solo di riflesso, quando per uno sgradevole incidente di percorso il mondo è stato messo al corrente di quello che all’epoca credevano essere tutto, e che invece non era niente. Ops, ci dispiace. Pensavate fosse tutto l’iceberg? Erano due fiocchetti di neve, un giro di riscaldamento. Reggetevi alle balaustre del Titanic, che ora inizia il vero spettacolo.
Cosa fa il mondo civilizzato quando scopre di essere finito invischiato nei giochi di potere di due, massimo tre persone? Si arrabbia. Prende atto. Va avanti.
Lo Smithsonian ci apre una nuova ala del museo.
Claude la guarda dall’alto della propria tazza dove, al ritmo cadenzato di un gesto che ormai non ti stai nemmeno più rendendo conto di compiere, sta molleggiando il cordolo di una bustina di tè. “Non hai già un lavoro, tu?”
“Avevo. Poi mi è venuto un attacco di claustrofobia all’idea di morire in quel buco infernale e ho mollato.” Charlotte fa una smorfia disgustata. “Dici che è possibile avere una crisi di mezza età a venticinque anni?”
Claude si stringe nelle spalle. “Non lo so. Ma alla tua età Vedova Nera aveva già rovesciato diverse dittature.”
“Beh, anche questo potrebbe cambiare il mondo. Migliorerò la società un turista alla volta.” Charlotte si punta i pugnetti chiusi sui fianchi e fissa gli occhi castani su una ragnatela, nell’angolo destro del salotto. Avere un’aria ispirata mentre si osserva un ragnetto calarsi placido e beato dall’alto è difficile. Tanto più che Charlotte è aracnofobica, pertanto ciò che ne consegue è un urlo e una supplica a Claude di ammazzare il bastardo ottopode. Claude ride, perché è un essere umano spregevole e ignora quanto possa essere pericoloso far arrabbiare una persona munita di pollici opponibili tutt’altro che sensibile alla vista del sangue. “Dopo me ne occupo. Quando non sarai presente gli darò una sepoltura degna. Che ne dici di un funerale vichingo? Lo metto su uno dei tuoi dischetti per togliere il trucco e do fuoco. Che te ne pare, Charles?”
“Sembra tu stia facendo una sega alla tazza di tè.”
Charlotte gli dà le spalle e si dirige in camera con un sospiro sconfortato. “No, ma davvero!” La voce di Claude la raggiunge, profonda e morbida, piacevole alle orecchie come un drappo di velluto potrebbe esserlo al tatto, “se cercano donne delle pulizie dimmelo che porto un curriculum anche io!”
 
 
Note dell’autrice:
Saaaaalve! :3
Io questa cosa la lascio qua, vediamo che succede…
 
…No seriamente, qualsiasi feedback è più che benvenuto! Fatemi sapere! Lanciatemi contro i pomodori! Basta che non siano troppo acerbi o mi faccio male! :D
   
 
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