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Autore: Beatrix Bonnie    15/04/2015    1 recensioni
Dublino, gennaio 2002.
Maryon, Chris e Colin sono alle prese con un compito davvero difficile: devono risistemare il vecchio teatro della scuola in tempo per la recita su "Sogno d'una notte di mezza estate" di Shakespeare, preparata per la festa di saint Patrick. Ma l'ardua impresa è resa quasi impossibile da un misterioso sabotatore che rallenta i lavori e che riesce addirittura a far sembrare colpevole Chris. I tre amici riusciranno a risolvere il mistero in tempo per la recita? E se la loro ricerca li portasse a scoprire che le antiche tradizioni dell'Irlanda non sono poi così lontane dalla realtà? Forse i folletti non vivono solo nella fantasia delle opere di Shakespeare...
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo di Faerie'
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CAPITOLO 1
Un teatro per studiare




Christopher


Un altro tedioso giorno di scuola stava per avere inizio. Per Christopher, in realtà, non era poi così terribile la scuola, sebbene le lezioni fossero un tantino noiose per i suoi standard.
Ma non era sempre stato così: quando, all'età di dieci anni, sua madre aveva deciso che dovesse smetterla di giocare all'enfant prodige e l'aveva iscritto ad una scuola pubblica, a Christopher era crollato il mondo addosso. Lui che era abituato a discorrere di economia e fisica quantistica con le migliori menti d'Europa, lui che parlava correttamente cinque lingue, o che sapeva tradurre sui due piedi autori greci e latini, sarebbe stato costretto ad avere rapporti ravvicinati con coetanei urlanti e col moccio al naso. La morte.
E, in effetti, i primi giorni di scuola erano stati terribili: una banda di bulletti mocciosi l'aveva preso di mira per via della sua elevata intelligenza e dei suoi vestiti impeccabili. Christopher era stato pronto a piagnucolare tutte le sue lacrime per convincere sua madre a ritirarlo da scuola, ma non c'era stato verso perché lei insisteva che si trovasse degli amici. E, a Christopher costava ammetterlo, degli amici se li era trovati davvero. Maryon e Colin: scapestrato vulcano lei, con più energie di quante potesse effettivamente avere un essere umano; allegro sognatore lui, sempre pronto a seguire qualsiasi divertimento sfrenato, purché nei guai ci finisse solo l'amica. E poi c'era, lui, Christopher, l'unica anima equilibrata e razionale del gruppo, che cercava sempre di frenare i loro istinti fanciulleschi e spesso autodistruttivi. E, di solito, non ci riusciva. Ma ormai era più di un anno che li sopportava e ci aveva fatto il callo.
Quella mattina di fine gennaio, i ragazzini dell'ultimo anno della primary school “Central Infs” di Dublino, si recarono a scuola con un po' più di allegria del solito: la maestra d'Inglese aveva promesso loro una sorpresa; ma Christopher era sicuro che non potesse organizzare nulla di più entusiasmante di una partita a scarabeo con in palio gelatine alla frutta. Che gioia.
La maestra entrò in classe proprio mentre Christopher prendeva posto in fianco a Colin. Non era sola; dietro di lei era entrata una ragazza che dimostrava neanche venti anni, vestita in modo abbastanza bizzarro: aveva al collo una lunga sciarpa a righe colorata come un arcobaleno, indossava una gonna blu a pieghe, che assomigliava molto quella della divisa scolastica dei ragazzi del liceo, ma le calze spesse, di lana, verdi con delle margheritone gialle, non avevano nulla a che fare con la divisa. Sul naso coperto di lentiggini portava un paio di occhiali piccoli e ovali, con la montatura dorata. I capelli erano lisci e corti, scuri come il carbone, nascosti da un basco color prugna indossato storto.
Il coro di “Buongiorno, signora Mauren” fu molto fiacco quella mattina perché quasi tutti erano stati rapiti dalla comparsa di quella bizzarra ragazza. Christopher non era affatto un esperto di moda, ma era piuttosto certo che l'abbigliamento della nuova arrivata non potesse che essere definito “bizzarro”.
«Buongiorno, bambini!» salutò con allegria la maestra. «Questa è Cloe Painting, una tirocinante che frequenta l’ultimo anno della James Joyce school
«Scusa se non strillo per l'eccitazione» sussurrò Christopher all'orecchio di Colin, che cominciò a ridacchiare come uno scemo.
La signora Mauren gli lanciò un'occhiataccia ma decise di soprassedere. «Non è tutto, bambini» aggiunse allegra, facendosi da parte per lasciar parlare la ragazza-arcobaleno.
Quella salutò i bambini con la mano, manco avesse cinque anni. Christopher pensò che, a volte, il raggiungimento della maturità anagrafica era davvero sopravvalutato.
«Io e la signora Mauren abbiamo pensato di proporre un programma alternativo per lo studio di Shakespeare, che affronterete quest’anno» esclamò allegra la ragazza. Alla parola ‘alternativo’ una smorfia scettica comparve sul volto di Christopher. Cloe continuò senza accorgersene: «Poiché è un argomento piuttosto impegnativo per la vostra età, abbiamo pensato di renderlo più leggero e piacevole.»
A quel punto, lo scetticismo di Christopher si trasformò in puro terrore. Il suo Shakespeare non si poteva toccare. Nessuno gli avrebbe rovinato Shakespeare, non glielo avrebbe permesso.
«Con tutti i bambini dell'ultimo anno insceneremo un saggio scolastico per la festa di saint Patrick, interpretando una delle opere di Shakespeare» concluse felicemente Cloe.
A quell'annuncio eccitante, tutti i ragazzini esplosero in un applauso gioioso. In mezzo a quel frastuono, una mano solitaria sventolò in alto. Christopher attese che tornasse il silenzio, le labbra serrate e lo sguardo accigliato. «Mi scusi, signorina Painting» cominciò, non appena la maestra gli diede la parola. «Credo che abbiate dimenticato un piccolo dettaglio: dove si terrà lo spettacolo? Il Ministero dell’Educazione è piuttosto restio a elargire fondi per attività extra scolastiche così costose, e la scuola non ha abbastanza soldi per pagare le fotocopie degli insegnanti, figuriamoci per affittare un teatro.»
La giovane balbettò qualcosa, scioccata dalle parole saccenti e dal vocabolario elevato di quel ragazzino in seconda fila, che la fissava come se volesse scagliarle contro un branco di mastini affamati. A intervenire fu la maestra Mauren, che ormai aveva fatto il callo all'atteggiamento da adulto in miniatura di Christopher. «Non ti devi preoccupare di questo, Christopher» lo rassicurò sorridente. «La scuola ha già un teatro.»
Christopher aveva fatto del sarcasmo il suo elemento di forza nelle conversazioni con chiunque, per cui si riteneva un esperto in materia: le parole della maestra non sembravano affatto dette per scherzo. Eppure, il teatro della scuola, se così si poteva chiamare, era stato abbandonato da tempi immemori ed ora era praticamente distrutto. Agli studenti era proibito andarci, anche perché la struttura era piuttosto pericolante; restava viva la leggenda che i gemelli Luke e Joy, fratelli maggiori di Colin, vi fossero entrati grazie a qualche rocambolesca bravata e, scoperti dalla direttrice, avessero passato un mese in punizione definita ‘esemplare’. Christopher, accigliato, non mancò di far notare alla maestra quel piccolo particolare.
La donna, ormai avvezza ai musi lunghi del piccolo genietto, si limitò ad una strizzata d'occhio. «Gli daremo una sistematina» confessò.
Inutile dire che Christopher passò il resto dell'ora di Inglese con le braccia incrociate e lo sguardo arcigno. Per essere un enfant prodige, aveva dei lati del carattere davvero infantili.
Terminata l'ora, Christopher approfittò degli amici per sfogare tutta la sua frustrazione. «Non ci posso credere!» strillò indignato, mentre si recavano alla lezione successiva, matematica. «Vi rendete conto il mio Shakespeare potrebbe essere interpretato da qualcuno come... come...»
Proprio in quel momento i tre amici furono superati dalla banda dei loro acerrimi nemici, la DDD, composta da Daniel, il capobranco, Dorian, il belloccio e David, l'idiota.
«Qualcuno come David!» piagnucolò disperato, osservando con disgusto quello che era notoriamente il più stupido della DDD. Christopher era sempre stato convinto che una scimmia con la parrucca avrebbe potuto sostituirlo e nessuno si sarebbe accorto dello scambio.
«Non essere così melodrammatico, Chirs» commentò Colin: dopo che i suoi fratelli Luke e Joy avevano preso a chiamare Chirs a quel modo, il ragazzino aveva deciso che quell'aggettivo fosse perfetto per le lagne infinite dell'amico. Christopher lo odiava.
Daniel si voltò proprio in quel momento con un ghigno da galera. «Ehi, faccia da pidocchio!» esclamò, rivolto a Colin. «I tuoi fratelli perderanno il loro glorioso primato, perché ci entreremo anche noi nel teatro!»
Christopher fece una smorfia. «Ti sbagli, Rubber. Se ci entrerai tu, loro saranno comunque gli unici esseri umani dotati di cervello ad esserci entrati» rispose, facendo trasudare tutto il suo disprezzo.
Il ragazzo ringhiò, pronto a saltargli al collo per fare a botte, dal momento che non era in grado di reggere una sfida verbale, ma fu prontamente fermato da Dorian che lo prese per il maglione. «Lascia perdere.»
«Ci vediamo fuori da scuola, Lecchino» gli intimò, prima di essere trascinato via da Dorian.
Christopher non si preoccupò eccessivamente: riceveva quelle minacce praticamente tutti i giorni, ma mai una volta erano state messe in atto, dal momento che Daniel non sembrava essere intenzionato a prenderlo a pugni se con lui c'era Maryon. Almeno, non dopo quella volta in cui la ragazzina era riuscita a tenerlo immobilizzato con la faccia nel fango per cinque minuti consecutivi, strappandogli così il titolo di Più-ganzo-della-scuola.
«Io invece scommetto che sarà mega-divertente fare lo spettacolo» se ne uscì fuori Maryon, con un sorriso eccitato. «E sono sicura che la maestra ti darà un ruolo da protagonista, Chris» rassicurò l'amico.
Christopher mugugnò ma non rispose. Non solo quella stupida recita si sarebbe sicuramente rivelata uno stupro inaccettabile di uno dei suoi autori preferiti, ma presto sarebbe anche stato messo in ridicolo davanti a tutta la scuola. La sua vita felice era ufficialmente finita.

Maryon


La scusa ufficiale per ogni invito a casa era “fare i compiti insieme”, cosa che accadeva di rado, soprattutto a casa di Chris. Agli occhi dei suoi amici, la camera da letto del ragazzino era grande quanto un campo da rugby e l’unica cosa che non mancava mai era la possibilità di divertimento. Colin, infatti, aveva deciso che la sua vecchia play-station potesse stazionare a casa dell'amico, soprattutto visto che il ragazzino aveva in camera un mega-schermo al plasma che avrebbe fatto invidia all'astronave del capitano Kirk.
«Fuori un altro!» esclamò esaltata Maryon. Chris aveva assolutamente proibito di alzare il volume del videogioco (uno sparatutto che faceva parecchio rumore), ma non poteva impedire loro di strillare per ogni nemico (orchi puzzolenti) che veniva ucciso.
«Vi prego!» si lamentò con aria seccata il padrone di casa che, preso da un attacco di depressione, si era seduto al pianoforte a suonare Beethoven. «Non potreste quantomeno evitare di strillare?»
«Eddai, Chris, così ci togli tutto il divertimento!» si lamentò Colin puntandogli contro la pistola della play-station e sparandogli un colpo immaginario. Maryon lo tirò per una manica, cercando di farlo riconcentrare sul gioco, proprio mentre un nemico le dava il colpo mortale. «Maledizione! Colin, stai attento, così mi fai morire!» strillò la ragazzina, interrompendo nuovamente Chris, che abbandonò il pianoforte avvilito.
«Dovreste studiare francese» informò i suoi amici con voce piatta, considerandosi escluso, dato che lui parlava quella lingua meglio della loro insegnante. «E tu dovresti piantarla di avere quel muso lungo!» rispose Maryon, abbandonando il gioco e tirandogli addosso il cuscino che aveva utilizzato per sedersi.
«Picchiarmi non renderà meno terribile il mio dolore» commentò, rilanciandole il proiettile improvvisato. E mancandola di parecchio.
Maryon rise del suo tiro maldestro. «Questo è il motivo per cui non sarai mai il mio compagno di gioco negli sparatutto!»
Colin abbandonò la pistola giocattolo in terra. «A te non va mai bene nessuno, comunque» la rimbeccò, avvicinandosi sconsolato alla cartella per prendere i compiti di francese.
Maryon si strinse nelle spalle: non era colpa sua se era talmente brava che qualsiasi altro compagno di gioco le era più d'intralcio che d'aiuto. Ma, in fondo, le piacevano un sacco i suoi amici, anche se erano dei gran imbranati. Chris era un codardo fatto e finito, musone e brontolone come pochi altri, ma era stra bravo a risolvere i problemi, faceva un sacco di battute divertenti e, a parte quando usava paroloni incomprensibili, sapeva anche essere simpatico. Quanto a Colin, loro due erano amici praticamente da sempre, dal primo giorno di scuola, e lo sarebbero stati fino alla fine dei tempi. Lui era il compagno perfetto, perché sapeva insieme lasciarsi cogliere dal più grande entusiasmo per qualsiasi gioco, oppure scoraggiarsi fino alla disperazione più nera. Lei lo trovava incredibilmente divertente. Quanto al coraggio, non era un gran cuor di leone nemmeno lui, ma Maryon era convinta di essere abbastanza tosta per tutti e tre.
Insieme, loro formavano il MccDragon, il club più ganzo di tutta la “Central Infs”. La M stava per Maryon, le due C per Colin e Chris (la seconda era stata aggiunta di recente, quando Chris era diventato loro amico e si era guadagnato l'ingresso nella squadra). Dragon, invece, indicava il drago, il loro animale simbolo. L'aveva scelto lei, ovviamente, perché era una forza. Si facevano anche un tatuaggio a forma di drago sull'avambraccio, come una vera gang di strada. In realtà non ce l'avevano sempre perché, in pratica, il tatuaggio dipendeva dalla lavastoviglie. Non era una cosa molto eroica, ma era così; quando cioè Colin si faceva venir voglia di svuotare la lavastoviglie a casa, sua mamma gli dava la mancetta e loro potevano comprarsi i tatuaggi lavabili all'edicola di fronte. Maryon, una volta, era riuscita a stare senza lavarsi per quasi quindici giorni, prima che il babbo non la spedisse a suon di scappellotti in doccia.
Comunque, insieme, loro tre erano una vera forza. Non li poteva fermare nessuno nelle loro avventure, nemmeno quegli idioti della DDD, la banda loro rivale. In teoria le tre lettere rappresentavano le iniziali dei componenti, ovvero Daniel, Dorian e David, ma loro preferivano chiamarli “Delegazione Dei Deficienti”. Senza che Daniel e gli altri lo sapessero, ovviamente.
Nulla poteva fermarli. Tranne, ecco, forse, i compiti di francese.
Quella sera, tornando a casa in bicicletta, Maryon si impegnò a ripassare mentalmente tutti i modi per per dire l'ora in francese, dopo che Chris aveva cercato di farglieli entrare in testa per un'ora buona. Senza troppi risultati. Per fortuna, la strada da casa di Chris alla sua era sufficientemente lunga per imprimerseli bene in mente.
Lei e suo papà abitavano al vecchio porto dei pescatori, proprio sulla spiaggia, dopo il parco di Sean Moore. Il babbo aveva comprato l'antico faro ormai dismesso per fare una sorpresa alla mamma e chiederle di sposarla: avrebbero costruito lì la loro casa, dentro quelle mura un po' umide e scrostate, ad ascoltare le onde che si infrangevano sulla spiaggia.
Maryon trovava che fosse un posto ganzissimo dove vivere: poteva correre sulla spiaggia tutte le volte che voleva, poteva fingere di essere in una torre d'avvistamento contro i pirati, poteva perfino arrampicarsi sull'abbaino della sua camera e salire sul tetto del vecchio faro ad osservare l'orizzonte. Peccato che mamma si fosse goduta quello spettacolo per così poco tempo. Era volata in cielo quando lei aveva solo quattro anni. Ogni tanto Maryon si metteva a riguardare la videocassetta del film di “Casper” e pensava che lei e suo padre assomigliavano un pochino a Kat e al dottor Harvey. In fondo, anche il suo babbo aveva la testa tra le nuvole e faceva un mestiere un po' strano, lavorando per il museo di storia di Dublino. Le piaceva anche immaginarsi sua madre come un bellissimo angelo vestito di rosso, che li proteggeva dall'alto. Ma di sicuro lei non avrebbe mai indossato un abito bianco da principessa per andare ad una festa, come faceva Kat in una delle ultime scene. Né voleva essere carina per i ragazzi. Quelle erano robe da femminucce: lei voleva essere ganza.
E doveva trovare qualcosa di ganzo da fare anche per lo spettacolo su Shakespeare.
Quella sera, quando venne a cena nonno Jeremy, Maryon raccontò dell'idea della maestra di fare una recita per la festa di saint Patrick.
«Un'opera di Shakesperare, dici?» le chiese il nonno, incuriosito.
Maryon annuì. «Secondo te cosa facciamo?» L'opinione del nonno era sempre importantissima per lei, perché lo vedeva come una specie di enciclopedia vivente. Ultimamente anche Chris non se la cavava male come tuttologo, ma il nonno era sempre il nonno.
«Secondo me farete Romeo e Giulietta» intervenne il babbo, servendo a tutti le famose lasagne che aveva imparato a cucinare da giovane, durante lo stage universitario a Firenze.
Nonno Jeremy scosse il capo. «Io credo che inscenerete “Sogno d'una notte di mezza estate”.» Poi rivolse un sorriso alla nipotina. «Sarebbe un bel ruolo quello del folletto Puck.»
Maryon rispose al sorriso. Se il nonno diceva una cosa, quella cosa diventava legge: avrebbe avuto quella parte, costasse quel che costasse!






Buongiorno a tutti!
Ecco qui il primo capitolo di un'altra storia del ciclo di Faerie, la seconda che vede come protagonisti quella lagna di Chris, Maryon e Colin. Per chi fosse interessato, qui il link della prima storia: I segreti rubati(si possono leggere anche separatamente, non temete!).
Comunque, questa storia partecipa al contest Tutti in scena, di cui fra un po' avremo i risultati.
Nel frattempo, godetevi le immagini del capitolo:
QUI l'immagine di copertina, solo un po' più grossa, dove sono ovviamente rappresentati Chris, Maryon e Colin.
QUI invece l'immagine che rappresenta la DDD: David, Dorian e Daniel.

A presto, carissimi!
Beatrix B.

   
 
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