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Autore: eugeal    24/04/2015    0 recensioni
Lo sceriffo è tornato e Nottingham è salva.
Durante l'assedio, Marian ha scoperto un lato di Guy di Gisborne che non conosceva.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Guy si strofinò gli occhi con la mano, cercando di allontanare il sonno, e tornò a occuparsi del cavallo. Gli aveva già tolto la sella e ora voleva cercare di pulire la ferita di freccia che aveva ricevuto durante il salvataggio di Allan, ma l'animale si agitava ritraendosi non appena sentiva dolore.
- Mi ricorda qualcuno. - Disse Djaq, avvicinandosi con un sorriso. - Come va la schiena?
- Fa male. - Confessò Guy. - Ma potrebbe andare peggio.
- Prova con questo. - Disse la ragazza, mostrandogli una ciotola piena di un liquido denso dall'odore speziato. - L'ho preparato per le tue ferite, ma andrà bene anche per lui.
Gisborne prese con un dito un po' della medicina e la spalmò sulla ferita del cavallo con un gesto rapido, prima che l'animale potesse reagire, poi si allontanò, lasciandolo tranquillo.
- Grazie.
- Ora tocca a te, togliti la camicia.
Guy le prese la ciotola dalle mani e scosse la testa.
- Non essere troppo gentile con me, i tuoi amici non lo capirebbero. Non lo capisco nemmeno io a dire il vero. Ti ringrazio per la medicina, ma è meglio che chieda ad Allan di aiutarmi.
Djaq annuì. Aveva notato anche lei lo sguardo infastidito e cupo che Will le aveva rivolto quando era andata da Robin per chiedergli di aiutare Gisborne a salvare Allan e anche come il giovane fosse stato l'ultimo ad unirsi al gruppo quando poi si erano recati a Locksley.
- Un tempo ti odiavo per quello che hai fatto alla mia gente.
Guy la guardò, senza capire a cosa si riferisse.
- Non ho mai combattuto contro di voi.
- Ma hai tentato di uccidere il tuo re, travestendoti da saraceno. Per colpa tua la tregua è stata spezzata e tante altre vite sono andate perse inutilmente. Hai portato morte e dolore sia alla mia gente che alla tua.
- Sembra che sia il mio destino. - Disse Guy senza guardarla. Quando aveva obbedito agli ordini di Vaisey aveva pensato solo ai vantaggi e al potere che avrebbe ottenuto dalla morte del re, aveva seguito ciecamente lo sceriffo senza neanche soffermarsi a pensare alle conseguenze che il suo gesto avrebbe avuto sulla vita di così tante persone. Aveva obbedito come un cane e ora meritava di portare sulla coscienza anche il peso di quelle morti. - Perché mi hai aiutato, allora? Perché sei gentile con me?
- Ti ho aiutato perché soffrivi. Odiare una persona per ciò che ha fatto è diverso dal vedere quella stessa persona che soffre davanti ai tuoi occhi. Pensavo che le tue azioni nella mia terra non meritassero altra punizione che la morte, ma poi, quando ti ho visto legato a quell'albero e così sofferente, non ho pensato che quella sarebbe stata l'occasione giusta per ucciderti, ma solo che avrei voluto alleviare il dolore che ti torturava. Per questo ti ho aiutato, anche se non lo meritavi.
Djaq lo guardò: Guy la ascoltava a testa bassa senza osare incontrare il suo sguardo e la ragazza sapeva che le sue parole lo avevano colpito duramente.
- Se sono gentile, invece è perché sei diverso da quello che credevo. - Disse in tono più dolce. - Non sei solo l'assassino dello sceriffo.
Guy la guardò.
- No?
- No. E dovresti essere tu il primo a esserne convinto. Puoi essere migliore di quello che lo sceriffo ti ha sempre fatto credere e oggi lo hai dimostrato. Devi solo trovare la strada giusta e sono convinta che tu possa farlo.
- Vorrei poter cambiare molte delle cose che ho fatto in passato, - ammise Guy – ma non posso.
- No, non puoi. Ricordale, ricordale sempre, ma non lasciare che ti distruggano. Fai in modo che i tuoi errori siano la tua guida per diventare una persona migliore. - Djaq lo incoraggiò con un sorriso. - Ma ora vai e cerca di dormire un po', si vede che hai bisogno di riposare.
Guy le rispose con una specie di debole sorriso e annuì brevemente, poi tornò verso il campo per cercare Allan.
Il giovane era seduto su uno dei tronchi disposti accanto al fuoco e si era tolto la camicia perché Tuck potesse medicargli le ferite che gli erano state inflitte nelle segrete del castello. Aveva molte ferite superficiali e il collo segnato da un grosso livido lasciato dal cappio, ma sembrava stare abbastanza bene e, mentre il frate era impegnato a curargli tagli e ustioni sulla schiena, Allan mangiava avidamente servendosi da un vassoio pieno di cibo appoggiato davanti a lui.
- Ehi, Giz! - Allan lo chiamò, vedendolo arrivare e indicò il vassoio. - Hai fame? Serviti pure. Una volta che ti abitui alla cucina di Much non è male.
Guy scosse la testa. Non mangiava da molte ore, ma in quel momento non avrebbe avuto la forza per farlo. Voleva solo chiudere gli occhi e dormire, possibilmente senza sognare.
Porse a Tuck la ciotola che gli era stata data da Djaq.
- Prova a usare questo sulle sue ferite.
Il frate esaminò il liquido denso contenuto nella ciotola e lo annusò, cercando di riconoscerne gli ingredienti. Sorrise fra sé pensando che prima o poi avrebbe dovuto trovare il tempo di parlare con la ragazza saracena per confrontare le loro conoscenze in fatto di medicinali ed erbe officinali.
- Lo userò anche sulle tue, più tardi. - Disse Tuck, iniziando a bendare un taglio sul braccio di Allan dopo averlo medicato con l'unguento di Djaq. - Vai pure a letto, quando avrò finito qui verrò a controllare la tua schiena.

Marian era sola e attraversava una foresta oscura e spettrale. I rami contorti degli alberi si impigliavano nei suoi vestiti e le davano l'impressione di volerla trattenere, imprigionandola in una gabbia di rami spinosi.
Poi, da un momento all'altro, con la tipica illogicità dei sogni, si trovò seduta all'interno di una carrozza trainata da cavalli lanciati al galoppo lungo una strada dritta che si perdeva all'infinito.
Un velo fitto e pesante le copriva il volto e le dava l'impressione di non poter respirare bene.
La carrozza si fermò all'improvviso, senza un sussulto: l'attimo prima correva a tutta velocità, l'attimo dopo era immobile.
La porta si aprì e Marian scese, ritrovandosi all'esterno della chiesetta di Locksley.
In un primo momento la scena le ricordò quella che si era presentata ai suoi occhi il giorno del suo sfortunato matrimonio con Guy: banchetti e padiglioni decorati con ghirlande di fiori e con i vessilli che portavano i colori di Gisborne.
Marian cercò Guy con lo sguardo, aspettandosi di vederlo venire incontro alla carrozza come quel giorno, tanto emozionato da non riuscire a fare un discorso sensato, ma lui non c'era.
Non c'era nessuno fuori dalla chiesa. Non Guy, e nemmeno gli abitanti di Locksley.
La ragazza si avvicinò e si accorse con orrore che quelle che aveva scambiato per decorazioni nuziali invece erano gli allestimenti a lutto per un funerale.
Il suo non era un velo da sposa, ma il velo nero di una vedova.
Marian iniziò a tremare.
Chi era morto?
Chi giaceva all'interno della chiesa?
Non Guy! Ti prego Signore, non Guy! Non di nuovo!
Marian corse verso l'ingresso, rallentata dal vestito ingombrante e terrorizzata da ciò che avrebbe visto una volta dentro.
Sull'altare giaceva il corpo di un cavaliere morto, con la spada appoggiata sul petto come una croce, ma Marian non riusciva a scorgerne il volto.
Si avvicinò percorrendo la navata e per un secondo le sembrò che l'uomo steso sull'altare avesse le sembianze di Robin Hood, mentre un attimo dopo assomigliava a Guy e lei non riusciva a distinguere chi fosse tra loro due.
Nessuno di loro, ti supplico!
Marian chiuse gli occhi, non voleva più vedere il morto.
La ferita sullo zigomo le faceva male e la ragazza si trovò a pensare che quel dolore doveva essere molto simile a quello che aveva sentito Gisborne quando lo aveva colpito con l'anello proprio in quella stessa chiesa quando si era rifiutata di sposarlo.
Il taglio faceva male, ma il gelo della solitudine era molto più doloroso e Marian scoppiò a piangere perché aveva capito che quel giorno lei aveva inflitto a Gisborne anche quel secondo tipo di sofferenza.
E se fosse stato quel dolore a uccidere Guy? Oppure il cavaliere morto era Robin, il cuore trafitto dall'infedeltà di Marian?
In ogni caso, a chiunque appartenesse quel cadavere, la colpa era sua.
Soltanto sua.
Marian si svegliò con un grido angosciato e si guardò intorno in preda al panico prima di riconoscere la stanzetta spoglia in cui era rinchiusa.
Si alzò a sedere sulla panca di legno e appoggiò la schiena al muro, rabbrividendo al contatto con la fredda parete di pietra.
Era solo un incubo, pensò asciugandosi le lacrime con le mani, non c'era alcun cavaliere morto steso sull'altare della chiesa di Locksley e lei non aveva ucciso né Guy né Robin.
Marian guardò la finestrella e osservò il cielo che iniziava a schiarirsi, ma non si sentì più serena.
Guy e Robin...
Se fosse riuscita a scappare, prima o poi avrebbe dovuto prendere una decisione e avrebbe finito per spezzare il cuore a uno di loro due.
Se invece Roger di Barret l'avesse costretta a sposarlo, avrebbero sofferto entrambi, ma lei non avrebbe avuto il tempo di assistere al loro dolore: una volta pronunciati i voti avrebbe aspettato la prima occasione per uccidere suo marito e sarebbe finita appesa a una forca, oppure si sarebbe tolta la vita.
In ogni caso sarebbe morta prima di lasciarsi toccare da lui.
   
 
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