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Autore: mamihonda    25/04/2015    2 recensioni
| CRISSCOLFER OS.
Eppure era bello ascoltare una voce melodiosa preparare il caffè la mattina, una voce inconfondibile fare i versi più buffi a Brian e scoprire con gioia che quel gatto gli poneva resistenza. Ancora.
Era bello ascoltare il rumore dei tacchi contro il parquet perché lui doveva fare pratica. E anche bello era sentire le parole smorzate dalla notte e dette in soffici sussurri quando era lui a portare Chris a letto, quando questi lo aspettava fino a tardi.
Dopotutto questo gran silenzio non c'era, e quando c'era era sopportabile, se fosse stato il prezzo da pagare.
Avrebbe pagato con mille e altri mille silenzi, se ciò avesse significato poter avere Darren come costante nella sua vita e non solo nel suo cuore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve a tutti.
Non so cosa mi sia successo, a volte torno a farmi sentire così, giusto perché ci sono anche io. E penso a loro molto, molto più del lecito.
So, this is it. Avevo pensato e scritto queste cose PRIMA che si sapesse che sia Chris che Darren erano (e sono) a NY insieme (ndA: insieme insieme, anche se non ce lo dicono!), e prima che uscisse il promo di Hedwig con Darren truccato.
Mi ha spinto a pubblicarla questa cosa, più che altro, che ho visto come una sorta di preveggenza, perché sì. E nulla, spero non vi venga il diabete.


 

 

A tutti coloro che credono nell'amore senza barriere, senza confini, senza catene.
A tutti coloro che credono nell'amore puro.

 

 

 

 

Che gli piacesse o meno, non riusciva mai a non mettere del suo in quelle pagine. Ci aveva già provato, a non fare riferimenti a se stesso o ciò che lo circondava, e tutti avevano visto quanto erano stati blandi i risultati.

Ma lui era così; ce ne aveva messo, di tempo, per comprenderlo e accettarlo, non sarebbe cambiato per nessuno. Se ciò significava mettere un pezzo della propria anima in ogni libro che scriveva, allora era già arrivato a quattro Horcrux.

Sorrise fra sé e sé a quel pensiero, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso e tornando a scrivere quello che era l'ultimo capitolo dell'ultimo libro della Saga di The Land Of Stories.

Eravamo arrivati anche a questa fine, eppure pareva ogni giorno che fosse sempre un nuovo inizio e mai la fine di niente. Tanti nuovi principi, tanti nuovi punti di partenza, tanti bivi su cui lasciar lungimirare lo sguardo in attesa di prendere una decisione importante.

 

Chris di bivi ne aveva visti tanti, ma era così grande la sua convinzione di proseguire sempre dritto, che non si curò mai di tutte le altre opzioni. Sapeva già cosa voleva.

 

Gli occhi color tempesta erano fissi sullo schermo del suo laptop, la cui luce rendeva le sue iridi attraverso le lenti quasi vitree, poiché era avvertibile la stanchezza che lo attanagliava. Era stato un progetto lungo, tortuoso, ma magico alla stregua della storia che raccontava.

TLOS gli aveva creato un biglietto da visita, aveva avverato i suoi sogni, l'aveva fatto tornare un ragazzino con la testa fra le nuvole, pieno di bozze di racconti da far leggere alla nonna, pieno di speranza e con tanta determinazione.

Era più o meno rimasto uguale, la sua mente continuava come da piccolo a vorticare in mille idee; il caleidoscopio di sogni che si portava dietro ora aveva una parvenza di realtà che gli illuminava gli occhi. E Chris scriveva, scriveva, scriveva.

Scriveva come se non dovesse smettere mai, scriveva come se quella non fosse la fine, scriveva come se non avesse mai raccontato abbastanza di se stesso, dei suoi sogni, di ciò che essi rappresentavano.

Bilanciò il computer sulle sue gambe e si sistemò meglio sul divano, dio quanto lo odiava. Quello non era il suo divano, quello su cui era abituato a fare la nonna, a restare in pigiama senza calcolare il mondo. Quello non era il divano su cui era possibile trovare pezzi di patatine fra le sue pieghe, lo stesso divano che quasi aveva l'impronta del suo sedere da quante volte ci era collassato fra maratone di TLOTR, Game of Thrones, o Star Wars.

No, questo divano sobrio di pelle grigio fumo di londra, altamente scomodo e con ancora l'odore antipatico di disinfettante, era quello di Darren.

 

Della casa nuova di New York.

Ora, a Chris non piaceva proprio come situazione, perché aveva dovuto lasciare ad Ashley il loro Cooper – e la paura che gli desse da mangiare burro di arachidi come l'ultima volta era sempre in agguato. E Brian, beh, Brian era diventato più asociale del solito perché New York non la tollerava molto.
“Ti conviene abituartici, B. Passeremo molto tempo qui nel corso dei prossimi mesi” mormorò sovrappensiero Chris, mentre ancora le sue dita scivolavano svelte sulla tastiera del proprio computer. Sentì un miagolio annoiato provenire da un angolo del salone, e gli occhi saettarono verso il cuscino su cui si era appollaiato il suo gatto. Le mani si fermarono qualche istante, mentre le labbra del giovane scrittore si piegarono inevitabilmente all'insù. Non per Brian in sé, più che altro per la situazione che gli si prospettava davanti.
Lasciò che il proprio sguardo si perdesse fra i colori di una New York durante il tramonto, con i raggi aranciati a baciare le superfici dei mobili ancora sobri di una casa con ancora una quotidianità da vivere.
Lo sguardo di Chris vagò sui vari scatoloni aperti, quello con su scritto “Kitchen”, un altro con la dicitura “San Fran”, e poi un altro ancora, questo più vicino al divano su cui era seduto lui. “Boyfriend”.

Gli occhi di Christopher si fermarono su quelle lettere scritte alla rinfusa con un pennarello nero, con uno smile vicino perché sì, perché l'altro non riuscirebbe mai ad essere serio neanche durante un trasloco.

Tornò a guardare il computer preso da un nuovo vigore, sconosciuto quasi, se non fosse che il solo pensiero di ciò che stava vivendo gli toglieva il fiato in ogni attimo della giornata. Battè più forte le dita sui tasti, carezzando ripetutamente le lettere e componendo parole su parole, frasi su frasi, pagine su pagine.
 

I minuti divennero ore, e le ore divennero altre ore ancora. Nessun rimasuglio di quel tramonto, che se n'era andato via fra gli alti grattacieli con la stessa celerità con la quale era sopraggiunto.
Chris scriveva come se ne dipendesse la sua vita, scriveva perché era ciò che gli era rimasto da fare, scriveva perché le parti conclusive del suo lavoro erano le più tristi e le più belle allo stesso momento.
Scriveva perché era arrivato il momento di omaggiare, ancora e per l'ultima volta con Alex e Conner, i suoi amati fans che non avevano fatto altro che credere in lui dall'inizio. Proprio come aveva fatto una testa riccioluta così affascinante ai suoi occhi.
Chris si tolse gli occhiali di getto, facendoli scivolare sul cuscino foderato accanto a lui, mentre con le dita fredde di chi era agitato e troppo immerso nello scrivere quell'ultimo capitolo andò a sfregare gli angoli interni degli occhi.
Gli bruciavano, probabilmente sentiva ancora l'eco della voce di Karen a ricordargli che non deve scrivere al buio, perché non gli ha dato quei begl'occhi blu per trascurarli.

 

Faceva ancora un certo effetto abituarsi al silenzio; molto probabilmente ce ne sarebbe stato un po', durante quei momenti. Non che a Chris dispiacesse, eh, s'intende.
 

Eppure.

Eppure era bello ascoltare una voce melodiosa preparare il caffè la mattina, una voce inconfondibile fare i versi più buffi a Brian e scoprire con gioia che quel gatto gli poneva resistenza. Ancora.
Era bello ascoltare il rumore dei tacchi contro il parquet perché lui doveva fare pratica. E anche bello era sentire le parole smorzate dalla notte e dette in soffici sussurri quando era lui a portare Chris a letto, quando questi lo aspettava fino a tardi.
Dopotutto questo gran silenzio non c'era, e quando c'era era sopportabile, se fosse stato il prezzo da pagare.
Avrebbe pagato con mille e altri mille silenzi, se ciò avesse significato poter avere Darren come costante nella sua vita e non solo nel suo cuore.

 

Si portò le braccia sopra la testa, sgranchendosi e producendo dei crack lungo la spina dorsale, abbandonando il collo sullo schienale del divano su cui era sistemato. Doveva sgranchirsi, ora che era quasi tutto ultimato magari gli era concesso. Così prese il computer e lo chiuse prima di poggiarlo sul tavolino in vetro davanti a lui. Scostò il plaid e inizio a massaggiarsi i reni; si alzò e con un passo, poi un altro – fidandosi solo delle fioche luci che illuminavano gli angoli della casa - si avvicinò dove approssimativamente vi erano le ultime scatole da sistemare, accendendo l'abat-jour e rischiarando finalmente la stanza.

Poggiò una mano sul cartone in cui si trovavano alcuni dei suoi oggetti personali, cose che non comprendessero il suo suitcase o i suoi vestiti.
Con l'esitazione di chi sa di star affrontando il primo vero e unico ostacolo davanti alla prospettiva di una vita reale e completa, Chris aprì le ali di cartone e vi curiosò dentro.

Un papillon, quello striato blu e rosso di Blaine il primo giorno di scuola al McKinley, un tessuto di poliestere argentato, il costume di Lady Gaga. La foto di Finn dell'armadietto di Kurt, il Cory raggiante che era rimasto il suo big bro della vita. Una foto incorniciata dei regulars del cast dell'ultima stagione assieme a Ryan. Un anello. L'anello.

 

Quest'ultimo non lo scostò leggermente per vedere cos'altro ci fosse, bensì lo prese e lo avvicinò al viso, esaminando il pezzo di bigiotteria più importante della sua vita – e di quella di Kurt. Alla fine se lo infilò sull'anulare sinistro, sorprendendosi ancora una volta di come stesse perfettamente intorno alla sua falange, quasi fosse stato fatto su misura per lui. “O magari quel pazzo l'ha fatto davvero, su misura...” mormorò a se stesso, inarcando un sopracciglio e sospirando sonoramente.

 

“Cos'avrei fatto su misura?” una voce sommessa eppure divertita gli soggiunse alle orecchie, facendolo sobbalzare e girare di scatto. Entrambe le mani trovarono appiglio sulla scatola dietro di lui, e Chris chiuse gli occhi. “D. Mi hai fatto perdere dieci anni di vita.”

 

L'altro lo guardò sogghignando avvicinandosi e quasi inciampando fra il corpo di un Brian già abbastanza stanco dei due che si giravano intorno come animali in calore – e poi il gatto era lui! - “va tutto bene, mi piacciono le persone mature...” fece eco, ammiccando con fare cospiratorio.

 

Chris si lasciò andare ad uno sbuffo divertito, lasciare che i battiti si regolarizzassero era già una battaglia persa in partenza. “Kinky... Signor Criss, cosa sta cercando di dirmi?” fece in rimando lo scrittore, sollevando lo sguardo e guardando il proprio ragazzo senza occhiali, senza alcuna protezione che potesse ripararlo dal riverbero di bellezza che si trovava davanti.

Darren tergiversò qualche attimo, le mani all'interno delle tasche dei jeans, eppure non smise mai di guardare intensamente Chris. Gli si avvicinò piano, un passo dopo l'altro, e Chris quasi inconsciamente si appiattì contro gli scatoloni alle sue spalle, precariamente impilati l'uno sull'altro. Riflessi incondizionati, se così vogliamo definirli.

“Quello che sto cercando di dire...” Fece quello, arrivando finalmente a poche spanne dal viso del più piccolo, portando finalmente le mani ai suoi fianchi, carezzandone i lembi di pelle scoperti attraverso la tuta “... è che anche dopo i trenta il mio bellissimo ragazzo mi farà questo effetto. Proprio questo.” mormorò sicuro, annullando le distanze e facendo combaciare il proprio corpo con quello del ragazzo dagli occhi grigi.

 

Chris prese aria, la presa sugli scatoloni dietro di lui ora più blanda, mentre gli occhi continuavano a non tradire la punta di divertimento che tutto ciò gli faceva provare. Ma ne era terrorizzato; Dio, con Darren c'era sempre da terrorizzarsi. “Puzzi come una prostituta minorenne” gli fece, lasciando andare la presa dietro sé per congiungere le mani dietro al collo del più grande. Sorrise apertamente scoprendo i denti, facendo collidere anche lui i loro corpi in maniera più intima, finendo con lo strusciarsi senza pietà contro il moro già chiaramente eccitato.

Quest'ultimo si lasciò andare ad una risata di cuore, gutturale, chiudendo le palpebre e facendo sì che si formassero delle rughe ai lati degli occhi. “Hai di nuovo visto Mean Girls senza di me?”
Chris giurò che per un momento si fece di nuovo giorno. O forse era solo la sua stella preferita a fare così tanta luce. Si strinse le spalle e cercò di non tremare così forte anche fuori. “Come sempre.” confermò, fingendo una nonchalance che si portava dietro come fosse la sua più fedele compagna.

 

“Come devo fare con te?” Chiese Darren, guardandolo come se da lui dipendessero i pianeti, le galassie, come se per merito della sua sola esistenza la terra trovasse la forza di girare ancora e ancora, senza mai fermarsi, senza mai respirare.

Molte volte Chris si era chiesto perché gli occhi di Darren diventassero rugiada anche se il loro colore era tutt'altro che quello. Avevano il potere di far immaginare l'impossibile, specie quando si trovava a perdervisi al loro interno.
Si era chiesto tante volte se ne fosse degno, se meritasse tanta fiducia incondizionata, eppure eccolo lì Darren. Eccolo lì. Come un bambino, come il bambino più vivo del mondo, come la vita più dolce di sempre. La sua.

Chris non smetteva di guardargli il lineamenti del viso come se dovesse imprimerseli dentro “Immagino tu debba convivere con questa -” e finì col ridergli a una spanna dal viso. Ridere di cuore, ridere come di chi non serba alcun pensiero al domani, perché il presente è il futuro più bello del mondo.
 

Darren corrucciò le sopracciglia, senza che il suo sorriso scemasse. “... Cosa?”

Annaspò il più piccolo, scuotendo il capo e sciogliendo le mani da dietro il collo del più grande. Poggiò una mano sulla guancia dell'altro, che vi si accoccolò come un cucciolo bramante di attenzioni.
“Sei tutto sporco di trucco...” la sua voce si affievolì, quasi non riconobbe la riverenza del proprio tono di voce, ma col pollice iniziò a formare piccoli cerchi al lato della palpebra destra, rimuovendo quei glitter azzurri che si erano impigliati negli angoli.

 

“Come devo fare con te?” gli chiese in rimando, quasi a mo' di sfida, con un sorriso canzonatorio sulle labbra piene. Criss lo strinse ai fianchi, prendendosi maggiormente contro di lui. Atto a sfiorargli il naso col proprio, si lasciò scappare una risata commessa, alché fu Colfer, stavolta, a reprimere un sorriso con le labbra e a inarcare le sopracciglia.

 

“... Cosa?”

 

“Sei tutto sporco d'amore.”

 

Uno schiudersi di labbra, gli occhi che si illuminano nell'afferrarne le parole.

 

“Darr-” e le labbra morbide di Darren a premere prepotenti contro quelle di Chris. Labbra stese in un sorriso, labbra dalle quali uscivano canti e versi d'amore, inni all'anima più bella che ora gl'apparteneva. E Chris che andava a sciogliersi, che si concedeva di cedere alle lusinghe e alle romanticherie di quello che era il compagno che solo nei sogni aveva atteso.

 

Darren era un porto sicuro. Era ciò che amava di se stesso, era la ragione per la quale si concederà sempre il lusso di credere.

Credere in se stesso, nei suoi sogni, in quelli della sua metà, nella loro vita insieme.

 

Perché lui era il suo principe. Quello di cui aveva tanto parlato nelle sue favole, quello che aveva rapito il suo cuore e l'aveva posto in una teca di cristallo per fare in modo che rimanesse sempre intatto. Come il suo amore per lui. Come la fiducia e la dedizione che specchiavano uno negli occhi dell'altro.

 

Era e sarebbe sempre stato suo principe perfetto.

  
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