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Autore: SinisterKid    26/04/2015    2 recensioni
- Steve? - chiamò Peggy, la voce incrinata. - Steve! Steve!
Nessuna risposta.
La ragazza si prese il viso tra le mani e iniziò a piangere. Di lui non le restava altro che la promessa di un appuntamento al quale non si sarebbe mai presentato.
(Scritta a quattro mani con PieraPi)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Peggy Carter, Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa shot, scritta a quattro mani da me e PieraPi non è altro che il risultato dell'Operazione Happy Ending (sì, esatto, come l'Operazione Mangusta in OUAT). Questa esperienza non è stata meravigliosa soltanto perchè ci ha permesso di dare un degno lieto a Steve e Peggy, ma soprattutto perchè ha permesso ad entrambe di migliorare e superare i nostri limiti. Spero possiate amare questa storia e i vari easter eggs che troverete al suo interno (parliamo pur sempre di personaggi Marvel, eh) tanto quanto l'abbiamo amata noi.
Nota di servizio: I capitoli I,III,V sono stati scritti da PieraPi; II,IV,VI da me. Buona lettura

Prologo

- Dammi le tue coordinate, ti troverò un luogo dove atterrare.
- Non posso atterrare in sicurezza, ma posso provare un atterraggio forzato.
- Ok, metto Howard in linea, ti dirà cosa fare.
- Non c’è tempo! Va troppo veloce, ed è diretto verso New York. Devo farlo esplodere in acqua. - Ti prego, non lo fare, abbiamo tempo. Troveremo un’altra soluzione!
Peggy aveva cercato di mostrarsi efficiente, professionale addirittura, ma non poté fare a meno di notare un certo tono di urgenza nella sua voce. Iniziava a non sentirsi più l'agente Carter, uno dei soldati che aveva contribuito a risollevare le sorti della guerra, ma semplicemente Peggy, una ragazza consapevole del fatto che di lì a poco, forse, avrebbe dovuto dire addio per sempre all'amore della sua vita. Perché Steve sarebbe stato disposto a sacrificarsi pur di fare la cosa giusta, e lei lo sapeva. Lo sapeva, ma non voleva accettarlo. Non poteva. Doveva esserci un altro modo.
- Al momento sono in mezzo al nulla. Se aspetto, molte persone rischiano di morire - ribatté Steve con voce ferma, che non ammetteva repliche. Quando riprese la parola, però, il suo tono si era addolcito.
- Peggy… questa è la mia scelta.
La decisione di Steve non le giungeva inaspettata, ma il cuore di Peggy si fermò lo stesso per un istante. Aveva scelto di sacrificare la sua vita per la salvezza di quella di molti, e lei sapeva di non avere il diritto di opporsi. Era davvero così egoista da poter anche solo pensare di mettere in pericolo tante persone, solo perché voleva che tornasse da lei? Era davvero così egoista da rinnegare i motivi che avevano spinto lei stessa ad arruolarsi? Combattere per ciò che era giusto, fare la differenza? No, si disse, non lo era, e in quel momento tornò ad essere l'agente Carter. Avrebbe rispettato la scelta di Steve, e il suo altruismo. Dopotutto, era uno dei tanti motivi che l'avevano fatta innamorare di lui.

Steve estrasse da una tasca della divisa la bussola in cui custodiva una foto della ragazza, e la appoggiò su uno dei pannelli di controllo dell'aereo. Contemplò l'immagine per un tempo che parve interminabile, e capì che non era affatto pronto a lasciarla andare. Non lo sarebbe mai stato. Ma aveva fatto la sua scelta. Doveva lasciarla andare.
Con un movimento deciso della barra di comando, Capitan America iniziò a dirigere verso il ghiaccio.
- Peggy?
- Sono qui.
- Ti devo chiedere di rimandare quel ballo. Da adesso, pensò Peggy, non si torna indietro. Digli di no, digli di non farlo, digli di tornare da te...
- Va bene - rispose invece la ragazza, le lacrime che iniziavano a rigarle le guance. - Fra una settimana, sabato prossimo, allo Stork Club.
- Va bene.
- Alle 20 in punto. Non osare fare tardi. Chiaro?
- Ancora non ho imparato a ballare.
Peggy sorrise. Tornò con la mente a quando incontrò Steve per la prima volta, quando lui le confessò che le ragazze non facevano la fila per ballare con qualcuno a cui pesterebbero i piedi. Alla tenerezza del ricordo, però, si sostituì subito la malinconia del presente.
- Ti insegnerò io - disse dolcemente. - Però devi venire.
- Chiederemo all’orchestra di suonare un lento - proseguì Steve, mentre l'aereo continuava la sua picchiata.
Entrambi sapevano che non si sarebbero mai più rivisti, e che ormai era solo questione di momenti, ma parlavano come se avessero ancora tutto il tempo del mondo. Entrambi sapevano che il loro era un addio, ma nessuno dei due era in grado di ammetterlo. Non a se stesso, non all'altro. Avevano deciso di aggrapparsi a quella piccola parvenza di normalità, in una situazione che di normale non aveva più niente.
- Mi dispiacerebbe pestar- la comunicazione si interruppe all'improvviso.
- Steve? - chiamò Peggy, la voce incrinata. - Steve! Steve!
Nessuna risposta.
La ragazza si prese il viso tra le mani e iniziò a piangere. Di lui non le restava altro che la promessa di un appuntamento al quale non si sarebbe mai presentato.

   
 
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