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Autore: tonksnape    27/04/2015    1 recensioni
Una fanfiction per immaginare un nuovo modo di stare insieme di un Mentore e di una Accompagnatrice che non hanno più motivo per sentirsi tali, ma non hanno ancora trovato un nuovo modo di vivere con se stessi e di stare vicini senza ripetere quello che hanno sempre fatto. Haymitch ed Effie fuori dal mondo degli Hunger Games.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTE

 
Il giorno successivo fu per caso che trovarono come occupare il tempo in attesa del treno. Alle 8.30 erano veramente dentro un taxi con tutti i bagagli chiusi e mentre Haymitch era impegnato nel tentare di recuperare nella quantità di baci che secondo lui erano dovuti in quel momento della loro storia, Effie stava guardando fuori dal finestrino per tentare di evitare una cosa così poco corretta come baciare qualcuno davanti ad un estraneo in un posto chiuso quale era un taxi.
Fu lei a vederlo per prima. Il Centro di Addestramento degli ultimi Hunger Games. Non disse nulla. Si limitò ad irrigidirsi e Haymitch alzò la testa girando spontaneamente lo sguardo dove era il suo. Rimasero in silenzio mentre guardavano quell’edificio stranamente ancora in piedi. Fu Haymitch a chiedere al taxi di fermarsi. Chiese all’autista se sapeva cosa c’era nell’edificio, ma rispose semplicemente che si trattava di un hotel di lusso. Promise di aspettarli mentre loro gli davano un’occhiata.
Entrarono nella stessa identica hall che li aveva accolti poco tempo prima. Si guardarono attorno un po’ spaesati. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo. Una hostess li avvicinò per chiedere cosa desideravano e Effie rispose che stavano solo dando un’occhiata. Fu l’hostess a cambiare le carte in tavola.
“Scusatemi!” esclamò portando una mano al mento. “Davvero, non eravamo stati avvisati di una vostra visita.”
Entrambi la guardarono perplessi. “Non era un visita programmata,” si limitò a dire Effie.
“Allora seguitemi, vi prego.” Fece loro cenno di camminare nella hall verso gli ascensori. “Ronnie,” disse alla collega che era rimasta al banco informazioni, “accompagno la signorina Trinket e il signor Abernathy a visitare l’hotel.” Effie e Haymitch si guardarono tesi e perplessi. Non era l’accoglienza che avevano di solito. Erano considerati personaggi scomodi per il nuovo governo. Erano simboli di un passato regime, non certo di quello attuale. Non venivano invitati a cerimonie pubbliche da prima degli ultimi Hunger Games, non erano personaggi pubblici, né i giornalisti si erano mai interessati a loro.
“Non capita spesso che ci riconoscano, ormai,” disse Haymitch con il suo tono cordiale e confidenziale, sorridendo alla hostess. Intanto prese la mano di Effie nella sua.
“Oh, è strano,” sorrise ad entrambi l’hotess. “Siete tra le persone che hanno dato avvio alla rivoluzione, non è vero? Pensavo che foste considerati delle star.”
“Grazie,” continuò sorridendo Haymitch con la sua migliore faccia di rappresentanza.  “In realtà viviamo molto ritirati.”
“Volete vedere tutto oppure solo i 12 piano?”
“Solo il 12°, grazie.” Effie sorrise a sua volta.
Entrarono in ascensore in silenzio, ma poi la hostess spiegò loro che arrivavano uno o due gruppi a settimana di persone che volevano visitare l’hotel e quindi si erano documentati per poter dare qualche informazione storica. Le camere erano state lasciate come erano originariamente e l’hotel era considerato di lusso dato il loro numero limitato. Arrivati al 12° Haymitch chiese se potevano visitarlo da soli. Lei consegnò loro un badge per entrare nelle stanze dato che erano tutte libere, ma chiese loro di ritornare nella hall entro 20 minuti. Le spiegò che avevano il taxi in attesa e avrebbero fatto il giro velocemente.
Lei sorrise e scese da sola.
“Non sarei riuscito a stare qui con qualcuno in giro,” sbottò Haymitch. “Te la senti?” le chiese stringendole la mano. Effie mugugnò qualcosa che poteva essere una risposta affermativa e la chiarì muovendosi per prima verso le stanze che erano state di Katniss e Peeta. Erano rimaste identiche a come le avevano lasciate prima di entrare nell’Arena.
“Sono contenta che non ci siano loro qui adesso. Sarebbe stato un dolore immenso per entrambi, più che per noi.” Effie guardò Haymitch con tristezza. Haymitch la strinse a sé e andarono verso le loro stanze. Erano esattamente le stesse.
“La notte prima dell’inizio sono passato a guardarti dormire, chiedendomi se e quando ti avrei rivista. Speravo che ti risparmiassero qualsiasi cosa dato che non ti eri mai compromessa.” Haymitch guardava davanti a sé il letto perfetto che aveva accolto Effie in quei giorni.
“Non immaginavo quello che avreste fatto. E forse non ti avrei seguito allora.”
“Non lo avresti fatto e io non avrei saputo come spiegartelo così bene da convincerti.”
“Credi che sarebbe stato diverso se invece mi avessi chiesto di farlo e io avessi accettato?”
“No.” Haymitch la guardò. Effie si era appoggiata alla sua spalla. “La mia sola preoccupazione era vincere e fargliela pagare. Ho patito l’inferno nei primi giorni, senza alcool. Non mi avresti visto per settimane e poi comunque sarei stato così fissato all’obiettivo di far fuori il regime che non avrei visto nulla e nessuno. Neppure te. Ho dovuto affrontare l’inferno per capire che se volevo il paradiso dovevo guardare nel mio passato e non nel mio futuro.”
“Oh, Haymitch!” Effie lo abbracciò gettandogli le braccia al collo con un sospiro. Poi gli diede un pugno poco cortese alla spalla e lo guardò torva. “Ti ho odiato così tanto quando mi hanno detto cosa avevi fatto. Ti ho odiato e ho sperato che fossi vivo e libero da qualche parte. Avevi bisogno di essere libero come dell’aria che respiravi.” Haymitch la strinse con forza a sé. “Quando ho cominciato a capire che eravate più vicini di Snow alla vittoria ho cominciato a sperare di poterti rivedere. E forse ho iniziato a parlare un po’ troppo perché sono stata messa in prigione poco dopo. Non mi hanno mai interrogato, né chiesto nulla. Credo volessero solo farmi sapere che non ero più considerata leale. Mi hanno tolto quello che mi avevano dato.” Haymitch se possibile al strinse ancora di più a sé.
“Ho forzato ogni minima catena dell’ingranaggio per riportarti da me. Mi dicevo che era per lealtà, perché eri stata buona con i ragazzi. Ma l’ho fatto solo per me.”
“Plutarch mi ha raccontato il tuo scontro con la Coin per arrivare a me. Hai rischiato grosso.”
“Non avevo nulla da perdere a quel punto.” Aveva il volto tra i capelli di Effie mentre la abbracciava. “Volevo solo te. Volevo solo riavere te.”
 
Il taxi li fece arrivare in orario al treno e il treno li fece arrivare in orario al Distretto 12. Passarono gran parte della notte in cuccetta a parlare di cose importanti e di stupidaggini tra baci, abbracci e insulti reciproci. Quando arrivarono al Villaggio dei Vincitori erano esausti e felici. Effie andò direttamente a casa di Katniss per portare le sue cose e spiegarle come mai aveva deciso di traslocare da Haymitch.
Katniss era sola a casa. Peeta si trovava nella sua casa a dipingere per uscire da una fase di crisi che lo attanagliava da qualche ora. Stare solo a dipingere lo aiutava a spostare fuori la tensione che aveva dentro. Produceva strani quadri fatti di ricordi veri misti a ricordi falsi e poi con Katniss o Haymitch dava loro un senso.
Mentre si bevevano un te insieme Effie iniziò a raccontare del viaggio, ma Katniss non era tipo da perdersi nei particolari.
“Come è stato con Haymitch?” le chiese quasi bruscamente.
“Diverso dal solito,” rispose con evidente timidezza. Katniss ripensò ai suoi dialoghi con Peeta e rimase in silenzio, in attesa.
“Sai,” iniziò guardandola con un sorriso, “non era possibile per Mentore e Accompagnatrice parlare di qualcosa che non fossero i giochi. Nessuna confidenza su di noi. Ci conosciamo da anni e sappiamo, uno dell’altra, solo quello che abbiamo immaginato o scoperto per caso. Ci siamo occupati uno dell’altra senza dircelo e senza mai confidarcelo.” La guardò intensamente. “Era il mio sogno di adolescente, il Vincitore degli Hunger Games.”
Katniss sorrise. “Ho visto le registrazioni di quell’anno ed era decisamente un bel ragazzo.”
Effie ricambiò il sorriso. “Il tutto è un po’ confuso ancora. Credo che entrambi sappiamo cosa vogliamo, ma siamo un po’…” si fermò per cercare la parola giusta. “Impreparati e imbranati, direi.”
Katniss rise. “Come mi sentivo io con Peeta all’inizio.”
“Ho deciso di trasferirmi da lui,” le disse Effie. “Non voglio essere scortese, Katniss…”
“Andiamo Effie!” Katniss un po’ sbuffò. “Non essere così formale con me.”
“Non sono formale, solo cortese.” Effie prese un tono deciso.
Katniss alzò una mano in segno di scusa. “Ok, capisco, ma siamo noi. Puoi fare quello che desideri senza fare torto a nessuno.”
“Grazie.” Effie sorrise con affetto.
“Voglio dire,” continuò Katniss, “ci vuole coraggio per stare con lui. Se cambi idea puoi tornare qui.”
Prima che Effie rispondesse sentirono la porta aprirsi.
“Ciao!” disse Peeta entrando. “Sono tornati?”
“Ho perso la scommessa Peeta. Avevi ragione tu,” rispose Katniss.
“Su cosa? Ciao Effie,” disse entrando.
Mentre Peeta di sedeva con loro al tavolo Katniss spiegò ad Effie che secondo Peeta era ovvio quanto Haymitch fosse interessato a lei e, come il solito, sapeva osservare molto bene le relazioni tra le persone.
“Effie si trasferisce da Haymitch.”
Peeta sorrise. “Bene! Allora è stato un buon viaggio.”
Effie annuì. Non chiesero altri particolari e chiacchierarono di Plutarch e della differenze che Effie aveva visto in Capitol City.
Quando Haymitch li raggiunse Katniss lo prese in giro per un po’ su quello che era successo con Effie, senza riuscire a farlo arrabbiare. Sembrava invece felice di poter raccontare quanto gli piacesse quella bionda. Effie era più riservata e altrettanto felice.
Fu lui ad accennare al Centro di Addestramento e a quello che avevano visto. Katniss e Peeta rimasero quasi indifferenti, ma Peeta commentò che non sentiva alcun bisogno di rivedere quel posto, se non fosse per ricordare le notti passate con Katniss.
“Forse, e dico forse,” sussurrò Effie con delicatezza, “un giorno potreste rivederlo e pensare solo a quelle notti, senza farvi addolorare da tutti gli altri ricordi.”
“Sarà difficile,” disse brusca Katniss. Peeta rimase in silenzio.
Katniss guardò direttamente il suo compagno. “Sarà difficile,” gli disse.
“Adesso lo sarebbe,” confermò Peeta.
Katniss si alzò e guardò fuori dalla finestra. Peeta la seguì con lo sguardo.
“Non voglio assolutamente vederlo ora, Katniss. Dico solo che non voglio decidere adesso per quello che potrei fare in futuro.”
“Non voglio vederlo mai.”
Peeta si alzò e la abbracciò. “Odio tutto di quel posto, tranne quelle notti,” le sussurrò. “Anche solo per quelle non voglio dimenticarlo.”
Katniss lo strinse a sé, senza parlare.
Haymitch  e Effie li guardarono in silenzio.
 
La cena fu interrotta da una telefonata di Johanna che chiedeva lumi sul rientro dei due viaggiatori e, sentito da Haymitch che Effie traslocava da lui, passò buona parte della telefonata a commentare la cosa a tutto vantaggio di Haymitch che guadagnava dalla vita molto più di quanto meritava. Effie si prese i complimenti per il coraggio.
A telefonata finì in una serie di improperi tra Haymitch e Johanna quando lui le chiese se era riuscita ad attirare l’attenzione di Gale anche con i vestiti addosso. Peeta prese la cornetta e iniziò una conversazione con toni molto più umani con Gale, riuscendo a scoprire che Gale la stava facendo impazzire dicendole che poteva andarsene quando voleva, ma proponendole sempre cose più interessanti da fare.
A fine serata le coppie si separarono.
 
Haymitch aveva preparato per Effie la camera accanto alla sua, per non sentirsi rinfacciare che aveva forzato le cose, sperando che quel tempo di limbo fosse il più breve possibile.
Non le chiese nulla, ma si limitò a mostrarle la camera e il resto della casa lasciandola libera di decidere.
Mentre chiacchieravano sul divano, abbracciati, Effie gli chiese spiegazione di una cosa che l’aveva sorpresa nel comportamento di Haymitch.
“Ho sempre pensato che fossi il tipo di uomo che se voleva qualcosa ad una donna lo mostrava e basta, invece… non mi hai mai imposto nulla. Neppure un abbraccio se non ti lascio capire che lo desidero.”
Haymitch rimase interdetto. “Non ci avevo pensato, ma credo che sia perché voglio essere sicuro che tu lo desideri quanto me. O forse…” si fermò un attimo. “Forse perché il rifiuto di altre donne non mi preoccupava, il tuo sì.”
Effie lo baciò. “Sei un uomo gentile.”
“Tu chiedimi qualsiasi cosa. Difficile che ti rifiuti qualcosa, bionda. Molto difficile.”
Si salutarono davanti alla porta di Haymitch.
 
Effie rimase sveglia in piedi alla finestra della camera chiedendosi di quanto tempo sentiva di avere bisogno. Forse avrebbe voluto aver il coraggio di entrare nella camera di Haymitch già quella notte, ma voleva che fosse qualcosa di indimenticabile. Sarebbe stato comunque indimenticabile, qualunque posto e qualunque momento. Anche perché lei non sapeva se per Haymitch c’era un posto più desiderabile di altri.
Sentì bussare leggermente alla porta.
Aprendo si trovò davanti Haymitch, in pigiama e a piedi nudi.
“Sai che sono un bastardo, lo sai. E faccio cose diverse da quello che dico. A volte.” Effie lo guardava in attesa. “Questa è una di quelle volte. Ti desidero Effie, non posso aspettare. Anzi, no. Non voglio aspettare.”
Effie si alzò leggermente in punta di piedi e lo baciò su una guancia. “Mi porti in camera tua?” gli sussurrò.
 
La mattina dopo Effie si svegliò ancora tra le braccia di Haymitch che, ovviamente, stava russando. Si accoccolò un po’ più contro di lui e fu un movimento sufficiente per farlo smettere. Era ancora nuda, cosa che la faceva sentire parecchio a disagio e quindi si alzò piano e si infilò la camicia da notte. Anche Haymitch era nudo, ma sembrava che a lui la cosa non desse fastidio. Anzi, mentre lo guardava si mise supino con le braccia aperte sul letto. Probabilmente era la sua posizione preferita perché lo aveva visto spesso addormentato così quando passava a controllare che fosse in camera e non in giro ubriaco. Non aveva voglia di fare colazione in quel momento. Voleva Haymitch. Si rimise a letto, sdraiandosi vicino e sopra di lui. Haymitch reagì quasi immediatamente abbracciandola.
“Perché hai rimesso ‘sta roba addosso?” le chiese con voce impastata toccando la camicia da notte.
“Per sentirmi più comoda.”
“Tanto poi devo togliertela.”
“Per ora riprendi a dormire.”
“Non ci penso neppure, Effie.”
 
Fecero colazione tardi quella mattina parlando di cose che neppure sapevano di condividere. Effie era spettinata e arrossiva quasi ad ogni complimento di Haymitch che si divertiva a stuzzicarla usando parole ed espressioni decisamente sfrontate. Effie vide finalmente il ragazzo con gli occhi grigi del quale si era innamorata a 16 anni, dolce e sfuggente come nelle interviste. Si sentivano come se stessero ricostruendo un puzzle.
“Sai che mi devi un autografo?” gli disse all’improvviso, mentre Haymitch stava sistemando la lavastoviglie.
“Un autografo?” chiese ghignando. “Da quando?”
“Ti ho avvicinato quando eri Mentore, forse il tuo quinto o sesto anno. Ero in mezzo alla folla e ho allungato la mano e il  quaderno per un autografo, ma quello di fianco a me mi ha spinta di lato e sono finita dietro. Tu però hai ignorato tutti per salutare qualche altro Mentore che stava arrivando.”
Haymitch prese una penna dal cassetto del tavolo della cucina. “Dove autografo?”  E fece il gesto di scriverle sopra il seno, prendendosi uno schiaffo sonoro.
“Smettila, esagerato!” Haymitch la baciò e riprese a sistemare le stoviglie.
 
Le giornate presero a scorrere con una certa regolarità. La camera che Haymitch aveva pensato per Effie diventò il suo studio come sarta, anche se il letto rimase come alternativa per le notti in cui il russare del suo uomo era decisamente difficile da sopportare. La casa iniziò a prendere un aspetto vissuto con piante, colori e un cauto disordine. Haymitch continuò a lavorare con Peeta e si adagiò nella routine che Effie gradualmente gli stava offrendo. Pasti ad orari regolari, notti per dormire con continuità, nessuna bevanda alcolica per nessun motivo, pulizie comuni senza rinvii, vestiti ordinati e profumati. Riuscì perfino a fargli appendere alle pareti le poche foto che aveva conservato della famiglia, chiedendo a Peeta di creare delle cornici adatte. Haymitch scoprì che ricordava quello che lo appassionava prima dei suoi 16 anni, compreso un certo istinto alla coltivazione che gli permise di crearsi un orto dietro casa. Quando Effie sentiva i bisogno di rivedere Capitol City prendevano il treno e trascorrevano alcuni giorni in città, con i pochi amici rimasti di lei che erano a conoscenza della smodata passione della donna per il suo Mentore oppure con gli amici che Haymitch aveva nel governo, tutti concordi nel considerarlo un uomo molto fortunato.
Impararono ad amarsi e a convivere con le loro storie e il loro diverso modo di guardare al mondo. Effie trovò occasioni per imprecare contro di lui e Haymitch occasioni per chiedersi come quella bionda potesse farlo infuriare così tanto. L’imbrunire era il momento della giornata che entrambi attendevano: avevano una casa in cui vivere, un divano per potersi abbracciare, il fuoco del camino per potersi scaldare e soprattutto avevano tempo. Un passato da ricostruire, un presente da vivere e un futuro al quale pensare.
  
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