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Autore: VirginiaGubler    30/04/2015    2 recensioni
Un cielo nuvoloso, una visita al cimitero.
Sono passati degli anni da quando Valeria, dopo aver passato il concorso da ispettore, ha lasciato Roma per trasferirsi Verona.
Ora è tornata, anche se solo per una breve vacanza, e non è sola.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Luca Benvenuto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nove anni dopo.

Valeria non tornava a Roma da molto tempo, ma appena scese dal treno sentì l'essenza della città -della sua città- sotto la pelle. Non l'aveva dimenticata.
Nello stesso tempo era stata brava ad integrarsi a Verona: nonostante la freddezza iniziale che la contraddistingueva, dopo poco tempo era riuscita a sciogliersi con i colleghi, fin da subito interessati alla nuova ispettrice, e con i vicini di casa. Di uomini però nemmeno l'ombra. Meglio così, aveva altro di cui occuparsi.
«Amore, non lasciarmi la mano per nessuna ragione. Adesso mamma ti compra un panino.»
Un bambino di dieci anni o giù di lì, alto per la sua età e con uno zainetto sulle spalle, le serrava la mano, stando attento a non perdere la madre nel caos della stazione. Aveva gli occhi sbarrati dalla meraviglia, non aveva mai visto un posto così grande e affollato.
I due si assomigliavano molto: spesso Valeria iniziava una frase e suo figlio, Luca, la finiva, potevano capirsi grazie a semplici occhiate, avevano lo stesso colore degli occhi, un celeste molto chiaro. Ma lui aveva i capelli più scuri e ordinati e sarebbe senz'altro diventato più alto della madre.
Non sapeva il motivo di quella gita a Roma, sua madre non aveva voluto dirglielo nemmeno durante il viaggio, né a lui premeva oltremodo di saperlo: era già un premio fare una vacanza con la mamma e saperla al sicuro, perché lui, nonostante la giovane età, era a conoscenza del suo lavoro pericoloso. Valeria, dato che il bambino era la sua unica famiglia, era abituata a parlargli come un adulto. C'era una cosa però che non aveva mai voluto rivelargli e si domandava se fosse arrivato il momento.

«Mamma, posso diventare commissario?» le chiese più tardi, seduti alla tavola calda, con la bocca piena di pane e cotoletta. Valeria rise e gli occhi le si illuminarono.
«Certo, commissario Luca Ruggero, ma prima devi studiare e impegnarti tanto.»
«E io lo faccio.» ribatté lui, deciso. Voleva diventare un poliziotto bravo come la madre, che non aveva paura di niente. Durante le ore di educazione fisica era il più agile e scattante della classe, ma allo stesso tempo uno dei migliori nelle altre materie, soprattutto italiano. Solo la matematica gli era un po' nemica. La madre era molto fiera di lui e sebbene fosse stato un regalo inaspettato della vita, non sapeva immaginarla senza di lui.
«Dove andiamo oggi?» le domandò all'improvviso.
Lei assunse un aria triste, ma fu solo per un attimo. Gli sorrise e gli accarezzò la testa.
«Per prima cosa, andiamo a sistemarci in albergo...»
«E poi?» la incalzò il piccolo. Da lei aveva sicuramente ereditato la curiosità a volte insopportabile. Valeria fece un respiro profondo. Davanti le passarono i ricordi di anni prima, i suoi anni di agente scelto a Roma.
«Andiamo a trovare una persona, che purtroppo non c'è più.» gli rivelò alla fine.
Luca non sembrò scosso più di tanto: «Quindi andiamo in un cimitero?»
«Sì, amore.»
«Va bene.» si limitò a dire, con un'alzata di spalle. Dopodiché rimase in silenzio e nel taxi si addormentò.

Aveva saputo della sua morte da un quotidiano di Roma che si faceva recapitare apposta: anche se la sua partenza era stata abbastanza improvvisa e sofferta, aveva cercato di mantenere, seppur indirettamente, i legami con le persone che aveva lasciato, soprattutto con Luca. Da lontano aveva seguito la sua carriera fino alla morte avvenuta pochi mesi prima, che era stata un colpo al cuore. Non poteva negarlo a se stessa: dopo averlo saputo non aveva dormito per una settimana è un pensiero le tormentava l'animo, continuamente.
Si sentiva in colpa verso di lui. Gli aveva nascosto la verità e non aveva combattuto abbastanza per dirgliela. Si erano lasciati... a metà. A distanza di anni, tuttavia, Valeria era consapevole che non avrebbe potuto fare altro. Andava bene così. Accarezzò il figlio.
All'improvviso vide qualcosa attraverso il finestrino, una porta fin troppo familiare. Quella del Decimo. Lo svegliò: «Tesoro, vedi quel portone?»
Il bambino, strizzando gli occhi, annuì.
«Io lavoravo lì» ammise la mamma. Luca si alzò e guardò meglio, incuriosito.
«Con i colleghi bravi di cui mi hai parlato?» le chiese, dopo un po'.
«Sì» rispose lei. Gli aveva parlato di Giulia, di Mauro, di Paolo. A volte si perdeva nei ricordi e il figlio la ascoltava estasiato, immaginandosi la mamma coinvolta in missioni difficili e conflitti a fuoco con queste persone di cui aveva sentito parlare tante volte ma che non aveva mai visto.
«Anche con Luca?»
Non sapeva molto di Luca, solo che era uno dei migliori colleghi di sua madre e che i due avevano un rapporto così affiatato che lei aveva chiamato il figlio come lui. Si era sentito tanto orgoglioso quando aveva saputo l'origine del suo nome. Il nome di un poliziotto, uno vero!, che era diventato anche commissario.
Madre e figlio si guardarono negli occhi. «Sì, anche con Luca.»

Il cielo era nuvoloso e questo contribuiva a dare al cimitero un aspetto più mesto di quanto già non fosse. Fecero una lunga passeggiata prima di arrivare dove le era stato indicato dal custode, ma Luca non si lamentò né chiese spiegazioni. Giudizioso com'era, stava in silenzio e seguiva la mamma che non gli lasciava la mano un attimo.
Si fermarono dopo circa dieci minuti davanti a una tomba, ma non era quella sulla quale Valeria si era informata. Si piegò sulla foto.
«Toh, che coincidenza!» esclamò lei, sgranando gli occhi.
Luca rimase indietro, ma poté leggere il nome del defunto: “Paolo Libero”. Era, o meglio, era stato un bel ragazzo, biondo e con un sorriso che metteva allegria.
«Vedi Luca, questo era un collega di mamma. Era un artificiere e molto bravo nelle arti marziali. Ti sarebbe piaciuto» gli spiegò Valeria, con aria triste e persa in un passato lontano, alla ricerca di ricordi di anni prima. «Inoltre era lungimirante: aveva capito tutto ancor prima che io stessa me ne accorgessi.» aggiunse dopo un po'. Il figlio non capì le ultime parole ma, date le circostanze, rimase in silenzio.

Ripresero a camminare. Dovevano essere quasi le sei del pomeriggio, perché il sole cominciava a tramontare e l'aria a diventare più fredda. Il cimitero era enorme, per questo motivo ci misero un po' di tempo per arrivare a destinazione.
All'improvviso Valeria si fermò. Il figlio, dietro di lei, non poté vederla, altrimenti si sarebbe accorto di come le tremava il labbro inferiore. Lei lo tirò a sé. Davanti a loro c'era una lapide, molto simile a quella di Paolo Libero, ma i fiori erano più colorati e freschi.
Gli occhi di Luca però andarono subito al nome: “Luca Benvenuto”. Allora era lui. La madre gli aveva parlato molto di lui, perché all'epoca avevano lavorato in coppia e lei lo ricordava con molto affetto.
«Sai, quando ho lavorato con lui non aveva tutta questa barba.» gli disse con tono divertito, quanto il luogo lo permettesse, la madre. Luca lo osservò meglio: era giovane, sulla trentina, con una barba non troppo lunga e si vedeva appena che indossava una giacca elegante. Aveva i capelli castano scuro come i suoi e c'era qualcos'altro. Qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
Valeria, intuendolo, gli si inginocchiò accanto, guardandolo negli occhi: «Cosa c'è, amore?»
Il bambino non lo sapeva. Non aveva mai visto una foto che ritraesse Luca Benvenuto, eppure era come se l'avesse sempre conosciuto: non erano nuovi per lui il colore scuro dei capelli, l'espressione seria...
“Credo sia arrivato il momento” pensò tra sé e sé Valeria. Suo figlio era abbastanza grande e maturo e lo meritava.
«Cosa c'è, Luca?» gli ripeté, «non lo riconosci?»
Il piccolo osservò per un'altra decina di secondi la foto, ma non riusciva a concentrarsi: il sole basso, l'aria fredda, l'espressione della madre - era come se dovesse dirgli qualcosa di urgente - contribuivano a dare un senso di assoluta serietà al momento.
Girò la testa verso di lei. E in quel momento Valeria glielo confessò:
«Questo è tuo padre.»

  
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