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Autore: Vella    01/05/2015    10 recensioni
Tra la paura e l'essere posseduti, esiste l'amore.
Undici clown, undici partecipanti, dieci edizioni. La Siberia quest'anno ospiterà la decima edizione del Red Nose. L'evento che incarna il sadismo dell'essere umano e di cosa esso sia capace pur di autodistruggersi.
Grethel Hale ha diciannove anni, o forse qualcosa in meno, da un passato non troppo chiaro, dalle abitudini incoerenti e dal sorriso svampito, entra a far parte dell'evento, ritrovandosi davanti Clown 3. Un clown dagli occhi verdi, profondamente verdi che scuoierà la sua preda e le darà forza, coraggio, amore. Potrebbe salvarla o ucciderla.
Incontrerà Clown 9, incontrerà Juro, incontrerà Margherita.
Incontrerà la sofferenza, il sangue, la morte.
E sarà come il corvo che osservava da piccola nei cimiteri, si fermerà solo un attimo sulle lapide dei suoi orrori, ma poi spiccherà il volo verso il cielo, verso quell'amore che sarà la sua rovina, la sua macabra speranza e le donerà vita un attimo prima di impazzire.
Genere: Commedia, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Prologo: ammasso umano

C'era un bambino poco più distante da lei, aveva i capelli neri come la pece e i pantaloni larghi stracciati. Il suo viso limpido era di un'innocenza tale da lasciare impietriti i passanti. Il vento sferzava tra lui e lei, e si fermava lentamente tra i visi, scompigliando i capelli e raggelando i cuori.
Quando i suoi occhi si posarono a pochi metri da dove si trovava, Grethel non riuscì a reprimere un pensiero che l'ossessionava da svariati minuti, minuti che sembravano interminabili e facevano parte di un incubo ancora incapace di iniziare: “i bambini non hanno paura dei clown?”
Dovrebbero.
I bambini di solito piangono immersi in una valle di lacrime quando i pagliacci sono lì per lì, pronti a regalare il fiore giallo che spruzza acqua inzaccherata. Perché quindi quel bambino era immobile tra tutta quella gente? Perché ora la stava guardando con una speranza nuova negli occhi? Non vedeva le locandine appese nella stanza soffocante? No, certo che non le vedeva, lui era fermo lì fuori, su una panchina di quel parco sconosciuto e non aveva nulla a che fare con quel mondo interno in cui si era cacciata volontariamente.
Mentre abbassava lo sguardo, incapace di reggere l'altro, notò che le mani tremavano come foglie d'autunno sul punto di cadere dall'albero madre che accudisce, nutre, persevera.
Nel tendone c'era una puzza di fumo e sudore non indifferente, la gente era ammassata gli uni sugli altri e la giovane non era certa di quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva fatto un passo avanti, verso i vetri blindati che emanavano una voce meccanica ed ostile.
Si guardò intorno alla ricerca di un viso familiare, di una stretta di mano, di un sorriso fatto di certezze, le stesse che mancavano a lei, ma non trovò niente, solo un turbinio di emozioni che l'illudevano e la stringevano in una morsa che non conosceva.
Un uomo di mezza età la stava scrutando a pochi passi più in là, e Grethel mantenne quello sguardo, cercando di scovare una vena di certezza, ma notò solo della perversione.
Il bambino nel frattempo aveva iniziato a correre dietro ad una scatola in alluminio ed immaginava di essere il calciatore più bravo al mondo, con il mestiere più bello al mondo, con la passione e la felicità più infinite al mondo; ma tutto ciò non era così, era ancora un'illusione, la sua illusione. Anche la mente adesso voleva giocarle qualche brutto scherzo, facendole credere che la voce gracchiante era rivolta a lei.
Ma Grethel era volava via ed era ritornata alla madre che la stava aspettando a casa e che l'aveva guardata con aria ammonitrice: “cosa hai oggi, Grethy? Perché non parli? Perché non hai fame? Perché devi uscire? Quando ritorni?”
Tutte domande a cui non sapeva rispondere, a cui preferiva non rispondere, se solo avesse cercato di spiegare a Suzanne Hale cosa stava andando a fare, probabilmente l'avrebbe rinchiusa in casa, l'avrebbe derisa e sgridata con diligenza e un amore ipocrita, come solo lei sapeva fare.
«Il prossimo!» La voce gracchiante e meccanica tuonò per la seconda volta nell'arco di pochi secondi e ciò era impossibile, Grethel si girò davanti e vide la vecchietta signora con le stampelle, fare qualche passo e appoggiarsi al davanzale del vetro.
Questo significava che da lì a pochi minuti sarebbe toccato a lei, proprio a lei, Grethel Hale in tutta la sua bellezza più trasandata, e i suoi capelli più spettinati, e le sue occhiaie non tanto belle per via del sonno perduto, e la sua insicurezza che andava crescendo, e tutto ciò non poteva accadere! Doveva mostrarsi sicura di sé, pronta all'evenienza, doveva comportarsi così come una possibile partecipante si sarebbe comportata.
Oh, ma cosa diceva adesso? Cosa sapeva fare una possibile partecipante? Buon Dio, buon Dio, le mani non tremavano più, ora sudavano incalorite e la vecchietta rispondeva con troppa fermezza e velocità.
«Mi dispiace, non può partecipare».
A Grethel mancò il fiato, fino ad adesso non aveva mai sentito nessuno esser rifiutato alle iscrizioni ch'erano semplicemente dei preliminari.
«E perché mai non potrei partecipare?» La donnetta si era fatta rossa in viso, le stampelle ondeggiavano e lo sguardo era così fermo e perentorio da poter sotterrare anche la donna meccanica.
«Per partecipare al Red Nose, signora, bisogna aver minimo tredici anni e non si può superare la soglia degli ottanta anni.»
«QUINDI IL PROBLEMA SAREBBERO I MIEI NOVANTACINQUE ANNI?» Urlò.
«Sì.»
«MAI SENTITA UNA COSA DEL GENERE, NEMMENO AI TEMPI DELLA GUERRA!»
E ci risiamo, anche quando non c'entrava assolutamente nulla, i vecchietti tiravano fuori la guerra e tutto ciò che avevano passato di tragico.
Per carità! Chi li metteva in dubbio! La guerra era sempre la guerra, ma come potevano cercare pietà? Era una tattica vecchia, e gli addetti lo sapevano fin troppo bene!
«Il prossimo!» La voce stridette e la vecchietta fu accompagnata fuori, senza troppe cerimonie.
A chi toccava adesso? Grethel non lo sapeva, non aveva il coraggio di saperlo e prima di rendersene conto, l'uomo che la succedeva, di un certo aspetto gioviale, le disse con un bell'accento marcato del sud: «Signorina, tocca a lei. Perché non si fa avanti?» Aveva maniere gentili, un po' titubante lo ringraziò con un cenno di capo e un sorriso tirato.
«Eccomi». La voce roca, appoggiò i palmi delle mani sul davanzale e girò la testa verso gli spazi aperti del tendone, dove poteva scorgere il parco.
«Nome, cognome, età, città natia.»
«Grethel... Grethel Hale...» iniziò a dire e man mano che andava avanti con le risposte, la voce assumeva vigore: «ed ho diciannove anni, natia del West Yorkshire, precisamente dalla città di Keighley». Che ansia, che batticuore, che assurda etichetta. Aveva risposto correttamente? Che ansia, che batticuore, che assurda etichetta.
«Hai intenzione di partecipare al Red Nose?»
Aveva risposto mille volte a quella domanda davanti allo specchio.
«Sì».
«Motivo?»
Ed invece aveva cercato quella risposta nei mari e negli oceani, tra i monti e le pianure, nel cielo e nel cuore, tra la speranza e la vanità dell'essere, ma fino ad allora non era riuscita ad ottenerla.
«Perché io devo cambiare». Infine osò dire.
Non voleva, non poteva, non cercava, lei doveva. Per il suo bene psicologico, per se stessa, per una vita che l'era stata rubata.
L'altoparlante tacque ed un ronzio fastidioso le penetrò nelle orecchie; se avesse potuto l'avrebbe scosso con tanta energia.
«Iscrizione effettuata».
Iscrizione effettuata.
Immediatamente l'uomo aitante dietro di lei la sospinse verso il lato e non osò porgli resistenza mentre lo guardava avvicinarsi e prendere il suo posto con impeto, un impeto che lei non aveva avuto.
Si strinse nelle spalle, faceva caldo, un caldo micidiale. Digrignò i denti.
L'uomo muoveva le labbra piene, sensuali, e scorse per l'ennesima volta, qualcosa in più.
Perché avrebbero dovuto prenderla? Perché avrebbero dovuto accettarla? Era così inutile rispetto a tanto.
Aveva la fedina penale macchiata, o quasi. Un processo ambiguo alle spalle, una vita catastrofica che a malapena si manteneva in piedi. Perché avrebbero dovuto solamente prenderla in considerazione? Grethel Hale era solo una mocciosetta che aveva sbagliato tanto nella vita, e viveva in delle allusioni, allusioni create dal suo subconscio per liberarsi da un peccato capitale.


In quegli istanti, in quei momenti di pressione incessante, dall'altra parte del mondo, in paesi che lei neanche immaginava esistessero, altre persone stavano facendo la fila diligentemente.
C'era il Giappone nella sua meticolosa integrità; e un giovane dai capelli neri era in fila con le mani nelle tasche, la testa all'aria e non aveva di certo i palmi sudati, o il viso contratto dall'agitazione. In lui c'erano certezze.
Juro si iscrisse e quando uscì dal tendone in Giappone, sapeva già di essere entrato a far parte della decima edizione del Red Nose.
In Italia c'era trambusto invece, la gente urlava, tra i tanti vetri addetti all'iscrizione, tre erano chiusi, come al solito, manco fossero in banca, o nella poste, e Margherita era sorridente come non mai.
In Norvegia, negli USA, in Francia, in Nigeria, in India...
Tutto andava secondo i piani.
I volantini esplicativi erano già stati spediti con tanto di francobollo.


Era ottobre, un ottobre fresco e passeggero, non c'era vento quel giorno, le lenzuola erano state messe nell'asciugatrice qualche ora prima, la casa profumava di fiori freschi, ancora giovani per appassire all'autunno.
I letti sfatti, la colazione ancora sul tavolo in legno, le pile di piatti nel lavabo, un chiacchiericcio mattutino che proveniva dal mondo esterno, la radio che a tratti stracciava, un cane che entrava ed usciva dalla sua porta personale affacciata sul giardino, un canarino che cantava le sue prime note, e una donna dai capelli corvini e l'aspetto trasandato seduta su un divano in pelle, con una rivista tra le mani, la faccia coperta da una maschera in fango e le unghie dei piedi pittate di un rosso color sangue di piccione.
Grethel aveva i capelli annodati, gli occhi incollati dal sonno e dalle caccole, le ciabatte di un vecchio cartone animato che aveva tanto adorato da piccolina, ed una vestaglia rosa che incuteva timore al cane.
«Buon giorno, Suzanne». Sbadigliò la giovane sedendosi al tavolo della cucina intenta a controllare la data di scadenza dei cereali di sottomarca.
Non ebbe risposta: la donna rimaneva silenziosa nella sua lettura e in quel bagno di bellezza pre-lavorativa. Grethel avrebbe voluto avvicinarsi, forse persino chiederle cosa avesse di tanto importante da fare da non salutarla, ma non aveva così tante forze di prima mattina e lasciò correre, così come lasciava scorrere l'acqua del lavandino, la doccia sporca, i fiori secchi nel vaso, e i vestiti sparsi sul pavimento.
Non c'era ordine nella sua vita, non quell'ordine che avrebbe tanto voluto; la madre le aveva insegnato la pignoleria e lei disobbediva ogni qualvolta. Ma non era una sua colpa, anche Suzanne era fatta così ed entrambe vivevano in quel mondo fatto di disfatta e incoerenza fisica.
Imboccò un cucchiaio di cereali, li sentì insaporiti, erano veramente scaduti.
«Questi cereali sono scaduti, bisogna fare la spesa». Disse alzandosi dalla sedia, posando la tazza e controllando altri ingredienti nei mobili. Tutto alquanto avariato.
«Ma da quand'è che non vai a farla? Qui non c'è niente di buono». Sbuffò.
Eppure Suzanne non la rispose, era celata in un silenzio mattutino che cominciava a destare dei sospetti. Era una donna aperta, non stava zitta neanche per cinque minuti dopo essersi svegliata, e se non parlava, cantava, e se non cantava, urlava, e se non urlava, brontolava. Qualcosa faceva e non si chiudeva mai in se stessa.
«Ehy... mi stai ascoltando?» Insistette Grethel, posò la tazza e stringendosi nella vestaglia si avvicinò al divano, scansando il cane che giocava con una pallina verde e gommosa.
«Mamma?!» digrignò i denti.
La donna si alzò di scatto, aveva qualcosa stretto in grembo, il viso contratto sotto la maschera. Indietreggiò. La guardava inorridita, c'era qualcosa nel suo sguardo che lasciava trasparire una ferita, una ferita profonda ed insensata.
Grethel si sentì mancare l'aria, un groppo in gola, una certezza che non voleva conferma.
«Parlami!» Disse con voce stridula, Suzanne Hale adesso aveva gli occhi lucidi, quasi arrossati e Grethel si sentì in colpa, non capiva perché, non aveva fatto nulla di male se non dimenticarsi il bucato nella lavatrice e non aver portato il cane fuori per i bisogni.
«Sei stata presa...» fu un sussurro, non più di un sussurro che si sfregò lungo tutta la sua anima e la lasciò senza forze per svariati secondi.
Era lì, lì, per aprir bocca, per dire qualcosa, per spiegare ma Suzanne Hale si scagliò contro di lei con le più infami delle parole, presa dall'ira e dal suo amore materno, voleva proteggerla e non sapeva il modo:
«Come puoi avermi fatto una cosa simile? Senza dirmi nulla! Sparita per un giorno intero tre mesi fa ed adesso mi ritrovo un volantino esplicativo nella mia buca delle poste! Sei ingrata, più ingrata di tuo fratello. Credevo di potermi fidare di te ed invece? Invece mi sento qualcosa qui, vedi? Qui, nel petto che mi stringe forte, e strizza il mio cuore come del merluzzo! Oh, Grethel... ma perché? Perché? Io non capisco. Ancora a tormentarti, eh? Ancora a tormentarti? Non sei tu! Non sei stata tu! Sei la ragazza più dolce che conosca, sei la mia ragazza! Non farmi questo... non rovinarti la vita, non...» non aveva più fiato.
«Suzanne...»
«No, no! Non dirmi “Suzanne” con quell'aria da so-tutto-io! Ormai non sai più niente e come puoi sopravvivere al Red Nose, eh? Non sai piegare una maglietta! Non sai fare la spesa, sei debole come un uccellino! Io ti proibisco di andare. TE LO PROIBISCO! Hai capito? HAI CAPITO?»
L'abbracciò, la strinse a sé e Suzanne rovinò la sua maschera di bellezza con un fiume di lacrime mentre Grethel, da sopra la spalla di sua madre, si lasciava andare al primo sorriso e ad un'incredulità eccitante.
Era stata presa.


Angolo Autrice: E' come la marea, ragazzi miei. C'è l'alta o la bassa marea ma prima o poi s'impara a galleggiare. Vorrei dirvi un sacco di cose, ma prima di tutto i miei più sinceri ringraziamenti per essere rimasti comunque e sempre.
Grethel è tornata, sono ritornati anche i clown ma questa volta li troveremo diversi. Più cattivi, più elaborati, più amanti forse.
Sarà un viaggio faticoso il nostro perché la fine sarà un agrodolce risveglio da una dimensione che non esiste ed è giusto così.
Il primo capitolo verrà pubblicato martedì sei maggio duemilaventisett-... duemilaquindici, duemilaquindici.
Non mancate! Perché ad ogni mancanza un clown vi perseguit-... scherzo, scherzo... eheheh, paura?
Dedico il prologo, il mio ed il vostro prologo, a chi ha avuto tenacia ed è rimasto e chi invece ha avuto ancor più tenacia ed ha intrapreso.

   
 
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