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Autore: Red Raven    07/05/2015    4 recensioni
Nero ed elegante come tormalina,
spiccava poco in mezzo alla vetrina,
ma il prezzo diceva “solo centocinquanta euro”
e così la figlia decise per quello.
Genere: Demenziale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Ode a un telefono caduto nel water



C’era una volta, un giorno d’inverno,
un padre che si appresta a comprar balocchi
per una figlia che gentile e onesta non pare
ma che in fondo non è poi così male.

In mezzo alla neve caduta di Monza,
città di vecchi e cadenti abitanti,
i due si apprestano alla meta ambita:
comprare un telefono alla figlia impazzita.

Giammai, diceva lei, un telefono smartphone,
oggetti di perdizione e figli del demonio.
Quel giorno quello s’apprestava a comprare,
per usare Whatsapp e con le amiche chattare.

Modesta e frugale lei era, invece il padre
Amava spendere, e lacrime di coccodrillo spandere.
Dopo un’ora con poco diletto,
lei scelse il telefono perfetto.

Nero ed elegante come tormalina,
spiccava poco in mezzo alla vetrina,
ma il prezzo diceva “solo centocinquanta euro”
e così la figlia decise per quello.

Passarono i mesi e lei lo usava,
sempre con sé lei lo portava.
Messaggi, video e fotografie di sorta
Non sempre vigile, non sempre accorta.

Infatti lui era sì bello,
ma era anche sensibile e vagabondo.
E ogni volta che poteva spostarsi,
voleva della vista di Pianta sfamarsi.

Pianta era vecchia e cadente e un po’ secca,
ma per lui non esisteva oggetto più bello,
in quella casa doveva lui poteva bruciare
grazie al wi-fi che faceva soldi risparmiare.

Pianta era dolce e gentile e saggia
E lui l’ascoltava avido e sognante:
una vita insieme lui sperava,
un matrimonio in bianco sognava.

Un giorno il coraggio arrivò,
e alla pianta lui si confessò:
“Mi lusinga il tuo amore, gentile oggetto,
ma sono già impegnata con Signor Vasetto”

Depressione, disperazione e morte,
furono i pensieri del povero telefono,
spegnersi ogni volta che poteva
la soluzione alla tristezza che lo corrodeva.

“Non posso più vivere ormai”
Fu la conclusione a cui giunse,
e cominciò a meditare un atto estremo,
togliersi la vita con gesto supremo.

E giorno dopo giorno il telefono cominciò a morire,
ma la figlia non voleva cedere:
“Tu mi servi, stupido affare,
come farò con il mondo comunicare?”

Fino al giorno in cui, sventurata,
andò in bagno col telefono in tasca.
“Lo metto sul mobile o mi cadrà”
E lo tolse dalla tasca con celerità.

Lui vide la luce, la tazza, lo scarico
E la comprensione giunse fulminea
“E’ il momento” si disse, e non aspettò,
dalla mano di lei nell’acqua si lanciò.

Addio mondo crudele, addio mia adorata,
che l’acqua mi uccida e mi corroda,
e tu che in tanti luoghi mi hai portato,
grazie per avermi tanto amato.

La figlia asciugò con riso, asciugamano e phon,
ma a nulla valsero i suoi sforzi.
Nulla potè contro ciò che era successo,
se non quest’ode al telefono caduto nel cesso.

Note di Red: mi è caduto il telefono nel water. Visto che la cosa è successa in un momento in cui davvero poteva evitare di succedere, ho pensato di scherzarci sopra ed è uscito questo. Chiedo scusa a tutti quelli che fanno poesia sul serio, lo so di non aver rispetto niente tra sillabe, rime, composizione del verso eccetera. Un giorno mi deciderò a fare un corso di poesia serio, magari funziona.
Orbene, ditemi che ne pensate! Alla prossima!
   
 
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