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Autore: ThorinOakenshield    09/05/2015    3 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Imboscata

Bilbo non avrebbe saputo dire con certezza come si era sentito quando il grandissimo Thorin Scudodiquercia in persona gli aveva informato che avrebbe dovuto affrontare un lungo viaggio da solo con lui. Da un lato era felice di quella notizia, poiché quel nano gli piaceva, gli ispirava fiducia; da un altro lato, invece, si sentiva nervoso, visto che Thorin lo metteva sempre in soggezione.
Sta di fatto che il Re sotto la Montagna gli aveva detto che, la destinazione a cui erano diretti, gli avrebbe di certo fatto ricordare ogni cosa. In più lo stregone Gandalf aveva affermato che l’idea di Thorin era buona e, se lo diceva lui, c’era da fidarsi. Quel vecchio era molto carismatico: Bilbo pendeva sempre dalle sue labbra e prendeva come oro colato ogni parola che pronunciava. Anche lui, evidentemente, è un mio grande amico, pensò.
Dopo aver finito di preparare lo zaino, mise inconsapevolmente la mano in tasca e tastò qualcosa di freddo. Si fermò un attimo e, incuriosito, tirò fuori l’oggetto che aveva toccato. Era un anello, un anello d’oro. Questa era la prima volta da quando aveva memoria che lo hobbit vedeva quel gioiello misterioso. Si soffermò parecchio su di esso, rigirandoselo tra le dita.
Sono sposato per caso? Si domandò.
Si disse che avrebbe eventualmente chiesto spiegazioni a Thorin, ma si ricordò presto che egli non avrebbe potuto dirgli niente, stando ai consigli del dottor Bes.
Tanto valeva mettersi in viaggio e vedere questo misterioso posto che lo avrebbe aiutato a ricordare.
Così Bilbo rimise l’anello in tasca e uscì dalla sua camera.
 
Il signor Baggins chiuse piano la porta. Quando si voltò perse l’equilibrio e soffocò un grido. Sarebbe caduto per terra se non ci fosse stata la porta dietro di lui.
Thorin lo guardò con un mezzo sorriso, trattenendo a stento una risata.
Lo hobbit si asciugò una goccia di sudore dalla fronte e sospirò. “Oh, Thorin,” ansimò.
“Come mai questa reazione? Guarda che non ti mangio mica” lo prese bonariamente in giro il nano, guardandolo con affetto, come si guarda un vecchio amico.
Bilbo arrossì violentemente e si sentì improvvisamente caldo, come se avesse avuto la febbre. Ecco, ci mancava soltanto che facessi un’altra delle mie figuracce!
Lo hobbit era talmente imbarazzato per la figura che aveva fatto, che cominciò a balbettare frasi sconnesse tra di loro, non sapendo cosa dire di preciso.
Il nano si stava divertendo sempre di più. Non era cambiato per niente il suo piccolo hobbit, la sua memoria se n’era andata ma lui era sempre lì, il solito goffo e impacciatissimo Bilbo Baggins, lo Scassinatore.
“Non faticarti, stavo solo scherzando” ridacchiò Thorin, interrompendo i deliri del suo amico.
Bilbo sorrise anche lui, dopodiché rimase in silenzio.
“Hai preso tutto?” gli chiese alla fine il Re, serio.
“Cos…?” Lo hobbit si diede una per la testa quando ebbe realizzato cosa gli avesse chiesto Thorin e rispose agitato: “Sì sì sì! Sono pronto.”
“Molto bene.” Thorin tirò su il suo zaino e fece cenno a Bilbo di seguirlo.
 
La partenza era stata programmata per l’alba, infatti sia Thorin che Bilbo si erano svegliati prestissimo. C’era un motivo per questo fatto: volevano che la loro partenza fosse oscura agli altri membri della Compagnia; non era per cattiveria, no, è che in quattordici sarebbero stati fin troppo numerosi e avrebbero potuto attirare occhi indiscreti. Gandalf aveva suggerito questo a Thorin e il nano, per una volta, aveva fatto tesoro delle sue parole. Così aveva preso la decisione che sarebbero partiti molto presto, così gli altri della Compagnia non avrebbero saputo del loro viaggio e non avrebbero insistito per accompagnarli, perché Thorin sapeva per certo che i suoi amici non li avrebbero mai lasciati andare da soli, in particolare Kili.
 
Ora lo stregone, lo hobbit e il Re sotto la Montagna si trovavano fuori dalla Porta Principale.
“Mi raccomando: non entrate a Bosco Atro, costeggiatelo e poi aggiratelo lungo il margine settentrionale, nella distesa desolata che lo separa dalle Montagne Grigie” ripeté Gandalf a Thorin, per l’ennesima volta. Sembrava una madre che stava dando di continuo indicazioni al figlio che stava per andare in gita scolastica.
Il nano alzò gli occhi al cielo e sbuffò. “Gandalf,” disse, “me l’hai già detto un’infinità di volte. Non sono stupido.”
Lo stregone ridacchiò, sbuffando un po’ di fumo dalla pipa. “Quando parli così sembri proprio un giovane nel pieno della sua adolescenza” lo prese in giro.
Thorin si concesse un breve sorriso, mentre Bilbo ridacchiò divertito da quell'affermazione.
Lo sguardo di Gandalf cadde sullo hobbit e all’improvviso si fece serio.
Lo hobbit si irrigidì.
Non appena lo stregone fu davanti a Bilbo, lo abbracciò.
Il signor Baggins strinse Gandalf e constatò che quel gesto gli aveva fatto piacere: gli stava molto simpatico quell’anziano signore e, inoltre, gli destava delle sensazioni misteriose, probabilmente erano il frutto della grande amicizia che c’era tra i due.
Una volta sciolto l’abbraccio, lo stregone prese il suo amico per le spalle e lo guardò intensamente negli occhi. “Sii prudente, sono stato chiaro?” Si trattava più di un ordine che di una domanda.
Lo hobbit sorrise ed annuì.
Gandalf ricambiò il sorriso, successivamente si voltò verso Thorin Scudodiquercia e cominciò: “Mi raccomando, non…”
Il Re sotto la Montagna sorrise divertito. “Ripetimelo un’altra volta, stregone, e ti arriva un’ascia su per il posteriore.”
Bilbo e Gandalf scoppiarono a ridere.
 
Dopo che ebbero caricato gli zaini sui pony, iniziarono il loro viaggio. Certo, non senza interruzioni…
Infatti Bilbo ebbe difficoltà nel montare il suo pony: quando mise le mani sul dorso dell’animale, quest’ultimo si spostò e lo hobbit perse quasi l’equilibrio. Una seconda volta era montato così velocemente che era caduto dall’altra parte.
Thorin, ormai fiero e solenne in groppa al suo pony, aveva fatto fatica a non scoppiare a ridere in faccia al suo migliore amico. “Vuoi una mano?” si era offerto gentilmente.
Lo hobbit, stanco di fare brutte figure e determinato a mantenere quel briciolo di orgoglio che caratterizza ognuno di noi, aveva riposto: “No no, ce la faccio.”
E in effetti ce l’aveva fatta, solo che il pony non era andato nella direzione che voleva lui!
Dopo tanti tentativi e svariati starnuti dovuti all’allergia, Bilbo riuscì a domare il pony e il viaggio poté iniziare.
 
La strada che Gandalf aveva consigliato a Bilbo e a Thorin di seguire era molto lunga e anche molto desolata.
Il viaggio fu piuttosto silenzioso. Il nano cavalcava sicuro dinanzi allo hobbit mentre lui lo seguiva guardandosi intorno. Stava cercando un indizio che avrebbe potuto fargli ricordare qualcosa, ma niente, tabula rasa.
Qualche volta i due amici si fermavano per mangiare qualcosa. Thorin aveva provveduto affinché il signor Baggins avesse avuto più cibo possibile, sapendo quanto era profondo il suo stomaco.
Il re di Erebor, invece, non mangiava tanto. Si era portato dietro il minimo indispensabile per non morire di fame. La sua unica vera droga era la birra.
Bilbo aveva notato che il suo compagno di viaggio spesso beveva da una borraccia che aveva legata alla cintura.
“Cos’è quello che stai bevendo?” gli aveva chiesto un giorno lo hobbit, quando erano seduti per terra a mangiare qualcosa.
Thorin si era riscosso non appena aveva udito la vocetta stridula di Bilbo. Si era asciugato la bocca con la manica della camicia e aveva riposto: “Birra.” Non era riuscito a trattenere un sorriso: il suo amico era adorabile con quella sua curiosità, sembrava un bambino che faceva domande ad un adulto. Gli ricordò tanto Fili e Kili quand’erano piccoli.
“Oh” disse Bilbo. Dopo un po’ chiese timidamente: “Posso provare?”
A quella domanda, Thorin sputò la birra che stava bevendo e scoppiò a ridere.
Lo hobbit era confuso, tuttavia incantato dalla risata calda e profonda del nano. Pensò che quella era la prima volta che lo sentiva ridere veramente e non poté non riconoscere che udirlo ridere era musica per le sue orecchie.
Una volta finito il momento di ilarità, Scudodiquercia scosse la borraccia. “Questa è birra nanica, preparata apposta per i nani. Se voi hobbit la berreste andreste fuori di senno.”
Il signor Baggins inclinò la testa di lato. “Hobbit?”
“Lascia perdere” sospirò il nano, abbattuto. “Capirai tutto quando giungeremo a destinazione.”
Bilbo decise per l’ennesima volta di non assecondare la sua curiosità, piuttosto rimase ad osservare il suo amico mentre mandava giù la bevanda. Osservò il suo collo robusto ricoperto da una leggera peluria che si accentuava all’inizio del petto, lì dove il nano aveva una piccola scollatura.
Inconsciamente lo hobbit mise il naso dentro la camicia, controllando se aveva anche lui i peli sul petto.
 
Più volte durante il viaggio Bilbo aveva fissato Thorin: lo ammirava per quella sua postura fiera, quella sua aria sicura e quella forza interiore e fisica che lo caratterizzavano. Lo invidiava per quella sua virilità, si disse che Thorin era l’esempio perfetto di maschio. Se c’era qualcuno degno di portare quell’attributo, quello era il Re sotto la Montagna.
Un giorno, di nascosto, lo hobbit aveva contemplato la propria immagine nell’acqua della sua borraccia. Non aveva la barba come il suo amico e questo fatto lo rattristì un poco. Inconsapevolmente provò ad imitare l’espressione seria e accattivante di Thorin e il risultato fu un pulcino imbronciato.
Bilbo fece una smorfia. Sembro un bambino piuttosto che un uomo. Naturalmente il poveretto non poteva ricordarsi che faceva parte della razza hobbit, la quale non era famosa per la sua maturità fisica.
Ancora una volta lo hobbit si domandò se avesse avuto una moglie o, più semplicemente, una fidanzata. Con rammarico si disse che sicuramente non aveva né l’una né l’altra a causa del suo aspetto perennemente infantile, brutto no, per l’amor del cielo! Ma infantile.
Gli occhi di Bilbo si posarono su Thorin, che stava cavalcando davanti a lui, dritto e sicuro come sempre.
Il signor Baggins sospirò. Se solo fossi virile e sviluppato come lui! Dopodiché strinse le redini e avanzò.
 
Ormai l’improbabile duo aveva oltrepassato la landa desolata e si trovava in una radura.
Era notte e, oltre allo scoppiettio delle fiamme, l’unico rumore che si udiva era quello dei gufi.
Thorin aveva cacciato un po’ di scoiattoli e aveva acceso un fuoco per cucinarli. Bilbo aveva ammirato la maestria con cui il nano aveva adoperato l’arco, con una precisione mozzafiato e non aveva mai mancato il bersaglio. Allo hobbit avevano fatto un po’ pena quegli scoiattoli, ma qualcosa dovevano pur mangiare.
Mentre si trovavano seduti intorno al fuoco, Bilbo osservava interessato Thorin che mangiava, mentre teneva la guancia poggiata sul pugno, incantato. Decise di porgli la domanda che da giorni stava trattenendo sulla punta della lingua: “Thorin, sei fidanzato?”
Il nano stava per addentare lo scoiattolo, ma si interruppe e fissò Bilbo a bocca aperta. Come mai quella domanda così sfacciata? Non era da lui. Ma Thorin non rimase in silenzio solo per lo stupore, bensì anche per il dolore: ogni volta che sentiva la parola fidanzata o moglie veniva assalito dai ricordi. Avrebbe potuto averne una.
Il Re chinò il capo, con dolore.
Lo hobbit pensò di averlo messo in imbarazzo, così si affrettò a scusarsi: “Scusa, non volevo sembrare maleducato o troppo curioso, non sei tenuto a rispondermi, è solo che…” Si diede dello stupido per quello che stava per dire “mi sembrerebbe strano che un bel nano come te non abbia una compagna, o una spasimante.”
Il condottiero, sempre a testa bassa, sorrise con amarezza. “Di spasimanti ne ho anche troppe” ammise senza troppa modestia.
Bilbo sorrise tra sé. Modesto il ragazzone.
Dopo un po’ Thorin rialzò il capo e guardò il suo amico tenendo la fronte corrugata. “Se non ti dispiace preferirei non affrontare questo argomento!” rispose nervoso.
Lo hobbit si sentì spiazzato da quell’improvviso rimprovero, da quando si era svegliato su quel letto il nano non si era mai arrabbiato con lui; aveva capito che era un tipo irascibile, ma non aveva mai sfogato la sua ira su di lui. Oltre a confusione, il signor Baggins provò anche dispiacere, evidentemente aveva toccato un tasto dolente.
Non volendo insistere per non far arrabbiare il suo amico o per causargli sofferenza, Bilbo abbassò lo sguardo e sussurrò: “Perdonami.”
 
Il fuoco scoppiettava e i grilli avevano smesso di fare cri cri. Bilbo stava ancora tenendo il viso rivolto verso il basso, mentre Thorin fissava le fiamme, corrucciato. Forse sei stato troppo duro con Bilbo, gli sussurrò una vocina dentro di lui, cosa vuoi che ne sappia lui di cos’è accaduto alla tua amata? Non sa neanche chi è lui! In un momento come questo dovresti stargli vicino e trattarlo con delicatezza, non commettere lo stesso errore di una volta, l’hai già fatto soffrire un tempo, non si merita questo trattamento. Siete amici, gli amici parlano, era solo curioso. Cosa ti costa appagare questa sua piccola curiosità e farlo sentire importante e distrarlo per un attimo dai suoi problemi? Gli amici parlano di tutto, specie di amore. E poi ti farebbe bene uscire un po’ dal tuo guscio, fa male tenersi tutto dentro, prima o poi esploderai e non c’è niente di meglio di sfogarsi con un amico.
I lineamenti di Thorin si rilassarono. “Gwarka” sibilò.
Lo hobbit lo guardò sempre più perplesso. “Come?”
“La mia amata,” rispose, “si chiamava Gwarka.”
“Oh…” Bilbo era contento che la barriera si fosse infranta e che ora potessero cominciare a parlare come veri amici, il punto è che non sapeva cosa chiedergli, non essendo preparato sull’argomento, inoltre aveva paura di farlo innervosire di nuovo. “E com’era?” azzardò.
Il nano sorrise, cullato dai ricordi, e fece cenno al suo amico di accomodarsi accanto a lui.
Lo hobbit sorrise e si sedette vicino a Thorin.
“Aveva i capelli lunghi, castano ramato, sempre legati in due buffe trecce. I suoi occhi erano enormi, luminosi e azzurri come un cielo estivo. Era una mezza nana, suo padre era un nano, mentre sua madre un’umana” raccontò fissando il fuoco che ardeva, come se lì dentro avesse rivisto il viso del suo unico vero amore, che rideva come un tempo. Sorrise deliziato. “Il suo viso pallido e delicato era punteggiato da mille efelidi ed era minuta, come una bambina.”
Il signor Baggins era commosso dai ricordi del nano, adorava vederlo sorridere felice e pensò che sarebbe stato bello avere una persona da amare in una maniera così incondizionata come Thorin amava Gwarka. O meglio, aveva amato…
“Doveva essere molto graziosa” disse Bilbo, sorridendogli.
“Sì, lo era” sorrise Thorin, senza staccare gli occhi dal fuoco. All’improvviso corrugò la fronte e alzò lo sguardo. “Se solo lui non avesse deciso di porre fine alla sua giovane vita!”
Lo hobbit non sapeva cosa dirgli e aveva tante domande: chi era lui? Cos’era successo? Ma non osò chiederglielo, dovevano essere argomenti delicati.
Dunque Bilbo Baggins si ritrovò con un piede nella fossa, non sapeva più cosa dire. Fu salvato, se così si può dire, da un fruscio.
Il nano si irrigidì e, d’impulso, posò la mano sull’elsa di Orcrist.
“Che… cos’è stato?” balbettò lo hobbit e, senza neanche rendersene conto, la sua mano corse all’anello che aveva nella tasca.
Thorin non rispose, sfoderò la spada e, allo stesso tempo, un gruppo di orchi saltò giù dagli alberi.
Bilbo indossò velocemente l’anello e sparì.
Il nano, nonostante fosse stato concentrato sulla battaglia, notò che il suo amico era sparito indossando un anello. Guardò nella sua direzione, stupefatto e allo stesso tempo preoccupato. “Bilbo!” gridò.
Purtroppo questo fatto aveva distratto il sovrano di Erebor e segnato un punto a favore di un orco, che aveva spinto il nano a terra.
Scudodiquercia tentò di alzarsi, ma due orchi lo trattennero per le braccia, impedendogli di muoversi.
Il mostro che aveva spinto Thorin si avvicinò a lui e gli puntò la lama alla gola.
Il guerriero nanico si agitò con rabbia, non poteva morire così, giammai!
Per fortuna le cose non andarono come si aspettava: si udì il rumore di una lama che trapassava della carne, sulla pancia dell'orco andò a crearsi una profonda ferita. La bestia rimase un attimo immobile con gli occhi aperti, dopodiché cadde in avanti, priva di vita.
Gli orchi rimasero basiti: nessuno stava combattendo! Eppure un sacco dei loro compagni stavano morendo infilzati da qualcosa.
Thorin si liberò facilmente dei suoi aggressori e riprese a combattere valorosamente, mentre Bilbo infilzava alcuni orchi con Pungolo o lanciava loro pietre.
Ben presto ci fu una strage di orchi, non ne rimase più nessuno.
Alla fine della breve lotta il signor Baggins si levò l’anello e lo guardò a bocca aperta. Era veramente diventato invisibile? E aveva veramente ucciso degli orchi? Chi era mai?
Thorin ripose la spada nel fodero e guardò il suo amico tenendo le labbra socchiuse. “Quell’anello… dove l’hai preso? Da quanto tempo ce l’hai?” Subito dopo si diede dello stupido, ricordandosi che lo hobbit non avrebbe potuto dargli delle risposte.
Il nano aveva un sospetto e si ripromise che più avanti avrebbe indagato.

 

   
 
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