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Autore: Sefid    14/05/2015    6 recensioni
Non fatevi ingannare dalle prime righe: giuro che non ho sbagliato sezione... :D
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tengo lo sguardo fisso davanti a me, mentre l'automobile scivola silenziosamente sulla strada deserta. E' una mattinata fresca, per essere quasi estate; il cielo è limpido, ma sembra non voler abbandonare le tinte dell'alba. Tutta la città, in effetti, sembra far fatica ad uscire dal torpore. Sospiro. Quanto vorrei essere ancora nel mio letto.
Con la coda dell'occhio vedo mia madre, accanto a me, voltarsi un momento a guardarmi, per poi tornare a concentrarsi sulla guida.
"Tesoro, non sei obbligata a farlo, se non te la senti."
Mi schiarisco la gola, prima di parlare: "Lo so, non preoccuparti. Ma è quello che voglio. È giusto che io lo faccia."
Torna il silenzio; lei solleva la mano dalla leva del cambio per stringere la mia.
"Siamo arrivate."
Accosta la macchina vicino al portone d'ingresso di un vecchio palazzo. Sgancio la cintura di sicurezza.
"Bianca, ascolta. So che non è facile per te, ma vedrai che andrà tutto bene." sorride "Sono molto fiera di te".
"Grazie mamma" dico, con espressione non troppo convinta, aprendo la portiera "Ti chiamo quando ho fatto".
Lei annuisce, accende il motore e parte.
Sospiro, di nuovo. Dietro di me sento un portone sbattere, poi dei passi.
"E allora? Sei pronta per andare a donare il sangue? Non è che svieni, vero?"

"Beh? Sei già pietrificata dal terrore?"
Sbuffo, mi volto borbottando una lamentela.
"Grazie tante, Sam. Lo sai quanto è difficile per me?" chiedo, mentre ci incamminiamo.
"Su, su, quante storie! Rilassati!"
Rilassarmi? RILASSARMI? Io ODIO gli aghi! Mi fanno orrore! Il solo pensiero che qualcosa possa bucarmi la pelle e forare la mia delicatissima
vena mi fa rabbrividire! Per di più, è sempre stata mia madre, che è infermiera, a farmi i prelievi negli ultimi diciannove anni (ovvero, sempre). Adesso, invece, dovrò affidarmi a qualcun altro. Che non può nemmeno IMMAGINARE quanto io sia spaventata. E magari sarà anche scortese e mi metterà ancora più ansia.

Per fortuna Samira si è offerta di accompagnarmi.
"E poi, perché sei tanto preoccupata? Se svieni mica cadi, sarai già sdraiata sul lettino."
Forse avrei fatto meglio ad andare da sola.
"Per di più, sarai circondata da infermiere. "
"Ma non sono mia madre."
"E allora? La mia ha una pizzeria, ma non è che non mangio pizza comprata altrove."
"Non sono sicura che il paragone sia proprio calzante…"
"CalZante, calZino… ma chi ti ha insegnato a parlare?"
Alzo gli occhi al cielo. Non mi lasceranno mai in pace. Ogni volta che una delle mie amiche mi sente pronunciare la lettera zeta, avverte la necessità di ricordarmi che non riesco a dirla come tutte le persone normali.
"Parliamo di cose serie: quanto è grande l'ago?" chiedo, voltandomi a guardarla. Siamo arrivate alla fermata dell'autobus.
"Dipende: intendi quello per l'emocromo o quello per la trasfusione?"
Sento il sangue defluire dalla mia faccia: "Scusa, che vuoi dire? Servono due aghi?"
"Si, prima ti bucano un braccio, così prendono un paio di fiale per le analisi di controllo; poi usano l'altro per riempire la sacca, insomma, per
la donazione vera e propria. Non lo sapevi?"

Non mi sento molto bene.
"Bianca? Tutto ok? Ti vedo pallida. Più del solito, intendo."
"Mi gira un po' la testa."
"Non ti preoccupare, sta arrivando l'autobus, adesso ti metti seduta."
Perché non sono rimasta a casa a dormire? Perché mi sono dovuta intestardire su questa faccenda? Stupido senso del dovere.
Samira tiene una mano poggiata sulla mia schiena, mentre salgo sull'autobus; aspetta che io mi sieda, poi prende posto accanto a me.
"Devi stare calma, altrimenti è inutile che andiamo. Se ti si abbassa troppo la pressione non ti fanno donare."
Mi si illuminano gli occhi. Questa sì che è un'idea! Devo trovare il modo di farmi abbassare la pressione, così posso tornare a casa. Almeno potrò dire di averci provato.
"Bianca, no. So cosa stai pensando. Vedrai che non è niente, ci vuole un attimo!"
Sfodero un intenso sguardo da cucciolo indifeso. Lei ridacchia.
"Guarda il lato positivo: dopo ti danno la colazione gratis."
"Cibo… cornetti… gratis. ok, posso farcela. Spero che siano buoni come quelli del bar."
Cosa non si fa per amore.


Il resto del viaggio lo passiamo a parlare d'altro, e in meno di venti minuti siamo arrivate all'ospedale.
Mi fermo davanti all'entrata principale, e vengo nuovamente assalita dal panico. Ci sono già stata, ma questa volta l'edificio mi sembra enorme, buio, vecchio (che poi, vecchio lo è davvero).
Se fossi un cane, in questo momento avrei le orecchie basse e la coda in mezzo alle zampe, con il solo  guinzaglio a trattenermi dallo scappare.
Solo che io non sono un cane.
"Beh, è stato un piacere." dico, girando sui tacchi e facendo per andarmene. Ma Samira, senza nemmeno voltarsi, mi acchiappa per l'avambraccio e inizia a camminare.                                                                              
"Vieni, da questa parte." Mi conduce (leggasi: trascina) su per una scalinata, poi lungo corridoi a cui servirebbe una nuova mano di vernice, e alla fine arriviamo in una saletta con delle sedie su un lato, e due porte sull'altro. Ci sono un uomo seduto, in attesa, e uno in piedi, che si volta a guardarci. Ecco, perfetto, mi ha vista. Ora non posso più fuggire. Quello ci viene incontro, con aria interrogativa.
 "Buongiorno, vorrei donare il sangue." Dico, incerta.
Lui annuisce e mi dice di sedermi. Eseguo. Sam fa lo stesso. Torna dopo pochi secondi con dei fogli e una penna: "Devi compilare questo
modulo. Poi, quando ti chiamano da lì" indica una porta "vai, e ti dicono cosa devi fare".

"Va bene, grazie."
Riempio velocemente il questionario, così posso tornare a dedicarmi alla mia ansia.
Mi appoggio allo schienale della sedia, mi rialzo di scatto: non riesco a stare ferma. Sento la mano di Samira stringermi il polso: "Stai calma!
Guardami." la guardo "vuoi che entri con te?"

"Che domande fai? Certo che entri con me. E quando siamo lì, cerca di distrarmi."
"Va bene", dice annuendo "ma senti una cosa. Come fai a voler diventare medico, se hai paura del sangue?"
"Non ho paura del sangue, ma dell'ago."
"Eh, dell'ago, che fa uscire il sangue."
"No, intendo dire che mi fa senso sapere che mi fora la vena. Non so perché."
"Che poi non capisco perché dovrebbe far schifo il sangue."
Ma che parlo a fare?
"Signorina?"
Sobbalzo, mi volto verso la donna che mi sta chiamando dalla porta. Le vado incontro, con Samira che mi trotterella al fianco. Le consegno i fogli.
"Si accomodi e si scopra le braccia."
Faccio come dice, tenendo gli occhi fissi su Sam, che annuisce, incoraggiante. La donna picchietta nell'incavo all'altezza dei gomiti, analizza le mie vene e infine  pronuncia il verdetto: "Il sinistro per l'emocromo, il destro per la donazione."
Le porgo il braccio sinistro, e lei si siede accanto a me brandendo il mio peggiore incubo: il laccio emostatico.
Non posso farci niente: mi spaventa a morte. Lo odio.
Distolgo lo sguardo mentre lei me lo stringe sopra il gomito, per poi passarmi un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante sulla pelle.
Samira finalmente si ricorda perché è lì.
"E quindi da quanto è che ti sei lasciata con Francesco?"
Dovevo portarmi il cane.
"Voglio dire, vai in vacanza con i tuoi quest'estate?"  aggiusta il tiro. Deve aver notato che  mi è partito il tic all'occhio.
Sento un pizzico, abbasso lo sguardo: perfetto, l'ago è dentro. Il peggio è passato. Guardo il mio sangue riempire velocemente una fiala di vetro, poi un'altra. Trattengo il fiato mentre l'infermiera mi scioglie il laccio, e già penso che ora tocca al destro. Accidenti, speriamo che questo maledetto ago non sia troppo grande.
Sollevo lo sguardo sull'infermiera, e la scopro a fissarmi con aria stupita.
Oddio, che ho fatto?
"Mi scusi", dice "ma quello è un herpes?"
Istintivamente mi porto le dita al labbro superiore, e riesco a fermarmi appena prima di sfiorarlo.
"Si, perché?"
"Accidenti, non me ne ero accorta… non può donare il sangue con l'herpes. Le analisi non darebbero risultati chiari."
Non ci credo. Mi appoggio pesantemente contro lo schienale della poltroncina.
Ma santa pazienza, non poteva accorgersene prima? Vado in giro con un impiastro di crema bianca, grande quanto una noce, proprio in mezzo alla faccia, e lei non nota niente? Non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo, da quando sono entrata? Ma insomma!
"Ah… capisco. Mi dispiace, non lo sapevo." Ma perché le sto anche chiedendo scusa?
"Ma no, non ti preoccupare. Se me ne fossi accorta prima, non ti avrei tolto nemmeno quelle due fiale."
Eh già, cavolo! Potevi evitare di bucarmi anche solo una volta, SE SOLO AVESSI COMPIUTO LO SFORZO DI GUARDARMI IN FACCIA!
Scendo dal lettino ed esco velocemente dalla stanza. Né io né  Samira parliamo, siamo entrambe un po' perplesse. Mentre usciamo dall'ospedale, Samira cerca di consolarmi: "Dai, non prendertela. So che sei seccata, ma non ti preoccupare: appena ti sarà passato l'herpes ti accompagnerò di nuovo, e vedrai che non ci saranno altri problemi."
Io annuisco, con aria serissima, ma in realtà dentro di me gioisco.
AH! Piccola, ingenua Sam, davvero pensi che io sia dispiaciuta per non aver potuto donare il sangue? Non capisci? Sono salva! Il mio braccino
è salvo! Adesso posso tornare a casa con la vena intatta (non per mia volontà, chiaramente), e posso persino lamentarmi un po', per il prelievo inutile! E io che ho sempre odiato l'herpes, adesso tutto mi è chiaro! Anni e anni di sopportazione di queste stupide bollicine, tutto per arrivare a questo giorno! È proprio vero che non tutti i mali vengono per nuocere. Sono salva! SALVA!

Cerco di mantenere un'espressione dolente, mentre ci dirigiamo alla fermata dell'autobus; mi accorgo che Samira è pensierosa.
"Ehi, Sam, che succede?" chiedo. Lei mi guarda titubante. Sembra domandarsi se sia o meno il caso di dirmi qualcosa.
Alla fine cede; sospira. Fissandomi negli occhi, mi poggia una mano sulla spalla: "Non ti hanno dato la colazione."
Ah.
...Maledetti.



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Piccola annotazione: quello che ho scritto è successo davvero, però devo aggiungere una cosa: in seguito sono tornata a donare il sangue (e stavolta ci sono riuscita), e ci tengo a sottolineare che non fa male, affatto! E visto che è una cosa importantissima vi invito a farlo. Ci vuole poco e non fa male, giuro! 
Bacioni, Sefid

   
 
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