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Autore: PsYkO_Me    16/05/2015    2 recensioni
Vanitas e Sora sono ormai una coppia. Vanitas continua a importunare il castano (forse anche di più) ma sono felici. Qualcosa però porta Sora a prendere una decisione importante: partire. Vanitas non la prenderà bene perché significherebbe perdere la sua luce.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sora, Vanitas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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La sedia volò in aria centrando in pieno la finestra. Il vetro cristallino si sparse per la stanza ma a Vanitas non sembrò abbastanza. Prese un’altra sedia e la gettò oltre, rompendo la finestra accanto. La rabbia che stava provando era insopportabile. Non gli interessava di niente e nessuno. I vicini potevano lamentarsi quanto volevano, lui avrebbe spaccato le finestre fino all’alba se l’avesse voluto. Si strinse la nuca tra le dita agitandosi per tutta la stanza e urlando come un cane pestato. Quando incrociò il suo sguardo allo specchio, il gomito si alzò da solo. Caricò il pugno e frantumò anche quello. Le ferite sulla mano presero a sanguinare subito ma non se ne curò. La rabbia in lui era carica e viva. Leccò una parte di sangue e stavolta se la prese col tavolo. Lo fece ribaltare e lo prese a calci fino a romperlo. Riprese il fiato giusto per guardarsi intorno e osservare la sua opera. In un ultimo impeto gridò: «SORA!»

Sora non poteva sapere che cosa avesse scatenato la sua decisione. Seduto alla fermata dell’autobus col cappuccio calato, aprì lo zaino e controllò quanto cibo avesse con sé.  Aveva qualche panino, due bottiglie d’acqua e vari snack. Si lasciò sfuggire uno sguardo malinconico, dopotutto stava per partire per sempre. Alzò gli occhi per controllare tra quanto sarebbe arrivato il pullman: 45 minuti. Ne aveva ancora da aspettare. Richiuse lo zaino e si abbandonò alla panchina ripensando a quello che era successo.

Vanitas non si era ancora calmato. La rabbia ribolliva in lui ma stavolta riusciva a contenerla. Seduto per terra e appoggiato contro al muro, serrava i denti come se volesse spaccarli. Tra le dita, stringeva gelosamente il biglietto che Sora gli aveva lasciato: «Non posso
 
*

Vanitas non era mai stato un ragazzo facile. Ma nemmeno per lui era stata una passeggiata ammettere che Sora fosse più di un semplice passatempo. Se Sora era stato da sempre la sua preda preferita per i suoi dispetti maliziosi il motivo c’era… eccome. Ma il momento perfetto era arrivato anche per lui e, dopo averlo maltrattato come altre mille volte prima, aveva preso il viso di Sora tra le sue mani e l’aveva baciato. La scena fortunatamente era stata più imbarazzante per il castano che per lui. Così aveva potuto cavarsela col suo classico sorriso da diavolo. Con sorpresa per entrambi, si ritrovarono a fare coppia fissa con naturalezza. Nessuno dei due l’aveva detto chiaramente ma entrambi lo sapevano. Vanitas era stato un compagno geloso e passionale e Sora aveva avuto sempre le farfalle nello stomaco quando egli gli cingeva la vita con forza, stretto a sé, se incrociavano qualcuno che guardava troppo il suo tesoro. I dispetti non erano terminati ma Sora aveva avuto la possibilità di vederli con altri occhi. Aveva amato quando Vanitas si prendeva gioco di lui, perché significava perdersi nei suoi baci poco dopo. Sembrava essere tutto perfetto ma Sora avrebbe imparato che non sempre l’amore è forte come si crede.
La notizia era arrivata come un pugno nello stomaco. Sora doveva tornare assolutamente dai suoi genitori poiché la madre si era ammalata gravemente. Ma ciò avrebbe significato dover lasciare Vanitas. Casa sua era troppo distante, non sarebbe potuto essere possibile un amore a distanza. Sora in un primo momento nascose la lettera ma poi capì che non poteva scappare da Vanitas. Da quel momento le litigate non si potevano contare, erano state innumerevoli. Vanitas non voleva perdere la sua preziosa luce ma Sora non poteva abbandonare la madre. Così dovette prendere la decisione più giusta: partire.
 
*

Vanitas era un ragazzo composto che si divertiva a sperimentare diavolerie. Ma se Sora lo avesse visto ora, non l’avrebbe riconosciuto. Vanitas era egoismo, malvagità, passione e gelosia. Invece ora, guardandolo mentre si rannicchiava nell’angolo del letto, sembrava un’altra persona.
La colpa più grande che ho è: innamorarmi di te. Mi hai reso fragile.
Ma Vanitas lo capì al volo. Quello non era lui. Si rialzò nell’immediato e scivolò oltre la porta. Sarebbe stato chi è veramente.

Sora guardò ancora l’orologio: 15 minuti. Ormai il tempo gli sembrava infinito. Inoltre volle immaginarsi quanto ancora sarebbe stata lunga una volta raggiunto l’aeroporto. Non potevano mettere più autobus per la città? Si lamentò mentalmente.  Guardò oltre la strada con noia ma gli occhi si spalancarono più svegli che mai.
«Vanitas?!» Sussurrò a se stesso con sorpresa.
Vanitas era la rappresentazione della sicurezza. Tanto che Sora si preoccupò e si nascose il viso col cappuccio.
«Sora.» Disse quando lo raggiunse, scoprendogli il viso e guardando con il suo sorriso beffardo i grandi occhioni blu.
«Che ci fai qui?» Sora voleva evitare di guardarlo. Era già stato difficile prendere quella decisione. Non voleva rendere tutto ancor più doloroso.
«Vengo con te.» Esclamò come se fosse la cosa più naturale del mondo. Si sistemò accanto a lui e analizzò lo zaino.
«Fermo, piano! Fammi capire!»
Vanitas stava già addentando uno dei panini. Sora lo guardò male ma ora non si poteva parlare del panino.
«Cosa c’è da capire? Tu vai? Io ti seguo. Semplice.»
La sicurezza che emanava era strabiliante ma lasciò Sora ancora confuso. «Ma come?! Così? E i soldi? L’aereo? La tua casa?»
Vanitas gli appoggiò un dito sulle labbra per far terminare quel centrifugato di domande. «Stai zitto e lasciami fare.» Sorrise. Ma Sora non si tranquillizzò, così Vanitas si sentì in obbligo di spiegare seriamente. «Ascoltami bene perché non lo ripeterò due volte.» La faccia stizzita fece trapelare quello che stava per dire. «Tu sei il mio giocattolo, il mio divertimento. Io non posso permetterti di andare via senza che io te lo permetta. E sappilo, io non ti lascerò mai via di fuga. Se tu non mi vuoi non mi interessa, io sarò sempre lì. Tu mi appartieni.»
Sora arrossì. Sentì il cuore salirgli gola e le lacrime colmargli gli occhi. Quello che Vanitas aveva tentato di dirgli era arrivato alle sue orecchie come una dolce dichiarazione d’amore. Sebbene per altri potesse sembrare una minaccia, Sora comprese perfettamente il significato di quella bizzarra confessione.
«Oh, Vanitas.» Sussurrò con gli occhi lucidi come due pozze d’acqua.
«No, no, no! Non è questo che volevo!» Vanitas cercò di allontanare quel ragazzino che, lo conosceva troppo bene, si sarebbe aggrappato peggio di un koala.
Ma Vanitas udì un sussulto dentro di sé quando vide il viso del ragazzino mutare in una gioia pure e lucente. Sì, Sora era la sua luce. E avrebbe fatto di tutto per non abbandonare la sua luce. Prese di sprovvista le labbra che gli appartenevano e le fece sue davanti agli occhi stupiti dei passanti. Sapeva che Sora sarebbe diventato paonazzo dall’imbarazzo ma era più forte di lui. Sora era il suo divertimento.


______
Note dell'autrice.
Devo ammetterlo, non sono molto convinta ma l'ho voluta pubblicare lo stesso. °-°
Nonostante tutto, il finale mi è piaciuto. Vanitas è così. Quel che è suo è suo. Egoista fino al midollo. Punto e basta! ù.ù
Spero che a qualcuno possa piacere...xD A presto!

P.s. Almeno ho dato uno scopo alla madre di Sora. Non sarà di certo il migliore dei ruoli ma almeno s'è fatta viva. xD Povera donna...
   
 
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