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Autore: Alexiel Mihawk    18/05/2015    4 recensioni
La prima volta che gli suona al citofono, Hans pensa che siano i testimoni di Geova ed è con irritazione crescente che solleva la cornetta; l’irritazione scompare nel momento in cui si accorge che è la ragazza nuova, l’inquilina appena arrivata, quella che si è trasferita due giorni prima al piano di sotto.
«Mi dispiace disturbarti, ma non ho ancora una copia delle chiavi del portone, potresti aprirmi?»

(Hans/Anna, Modern!AU, in cui Anna si appena trasferita e continua a dimenticarsi di fare una copia della chiave del portone d'ingresso)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Hans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Strane nuove abitudini
Parole: 727
Prompt: Frozen, Hans/Anna, au in cui abitano nello stesso condomino. Uno dei due si è appena trasferito, continua a dimenticarsi di aggiungere al proprio mazzo di chiavi quelle del portone e suona sempre all'altro per farsi aprire.
Note: scritta per un drabble event su facebook (sono proprio brava a rispettare i limiti di parole eh), non sarà la cosa migliore che abbia scritto su di loro, ma ogni volta che me li ritrovo davanti io mi sciolgo e niente, forse sono leggermente OOC? Forse no, non mi importa nemmeno, li amo tanto. Modern!AU, Vicini di casa!AU
 

Strane nuove abitudini

 

La prima volta che gli suona al citofono, Hans pensa che siano i testimoni di Geova ed è con irritazione crescente che solleva la cornetta; l’irritazione scompare nel momento in cui si accorge che è la ragazza nuova, l’inquilina appena arrivata, quella che si è trasferita due giorni prima al piano di sotto.
«Mi dispiace disturbarti, ma non ho ancora una copia delle chiavi del portone, potresti aprirmi?»
Per un istante l’irritazione prova a tornare a galla, perché come puoi trasferirti e non farti fare le chiavi del posto in cui andrai ad abitare? Però le apre lo stesso, borbottando qualcosa su quanto sia fortunata che lui sia così disponibile.
La seconda volta che l’inquilina del piano di sotto suona al citofono, Hans è appena uscito dalla doccia e come riconosce la sua voce emette uno sbuffo seccato e la redarguisce per la prima volta. Dopo due ore trova un pacchetto di biscotti fatti in casa fuori dalla porta; sopra c’è un biglietto “Da Anna, per la tua gentilezza”.
La terza volta che Anna suona al citofono, Hans la chiama per nome e le domanda se ha bisogno dell’indirizzo di un fabbro nella zona, così, giusto per farsi fare la chiave di quel benedetto portone; la sente ridacchiare e pensa per la prima volta che, anche attraverso quello sgangherato aggeggio, abbia una bella voce.
 
Non sa bene quando inizi a diventare un rituale giornaliero (forse dopo la sesta volta? O era la decima?), fatto sta che Hans perde il conto e si abitua al fatto che ogni pomeriggio, verso le sette, Anna suonerà il citofono. Non gli dà nemmeno più fastidio, anzi, le conversazioni che iniziano e finiscono in quei cinque minuti sono quasi attese a casa Westergard. Lo diverte sentirla mentre si scusa per l’ennesima volta, gli fa piacere che gli chieda come sta e se la giornata è andata bene ed è più di quanto tanta gente che conosce abbia fatto per lui.
 
Sono passati due mesi da quando Anna gli ha citofonato la prima volta, quando una sera, in modo del tutto insolito, a suonare non è il citofono, ma il campanello di casa.
Di fronte alla porta si trova una ragazza dai capelli arancioni e gli occhi azzurri, il volto cosparso di lentiggini e un sorriso allegro sul viso; lo guarda come se lo conoscesse da una vita e come apre l’uscio allunga la mano e gli mostra con orgoglio una chiave, la chiave del portone.
«Ta-daan! Sei contento? Da oggi non ti scoccerò più!» esclama con un sorriso «Sono Anna, sai? La ragazza del piano di sotto».
Non capisce bene cosa sia quella sensazione di fastidio che prova alla bocca dello stomaco, forse, in fondo, quei cinque minuti li attendeva un po’ ogni sera e ora che si sente dire che possono archiviarli, come se non fossero mai avvenuti, ci rimane quasi male.
«Hai trovato un fabbro alla fine» risponde gentilmente «Mi chiamo Hans».
«Lo so» sorride lei, per poi correggersi di fronte al suo sopracciglio alzato e arrossire leggermente «C’è il tuo nome sulla cassetta delle lettere».
«Giusto» mormora, senza sapere bene cosa dire. Forse nemmeno si aspettava che Anna fosse così carina, cioè nella sua testa era una di quelle ragazze sbadate e un po’ goffe che nessuno si fila, magari con degli occhiali troppo grandi per il suo viso e un naso a patata. Ora che però ce l’ha di fronte, lo vede da solo che è completamente diversa da come se l’aspettava e si accorge che, nonostante tutto, un po’ gli piace.
«Uhm, allora io vado» borbotta Anna, con un sorriso impacciato, anche lei a corto di parole «Scusami se ti ho disturbato in questi mesi, è che sono molto distratta e ogni tanto mi dimentico le cose e –»
«Non preoccuparti, non mi hai dato fastidio» risponde Hans, appoggiandosi allo stipite della porta nel vederla allontanarsi.
«Anna!» la richiama nel momento esatto in cui la ragazza si volta «Se dovessi dimenticarti le chiavi non farti problemi a suonare ancora, anche sì, insomma, se volessi qualcuno con cui mangiare una pizza, vedere un film una sera».
La giovane si gira verso di lui e sorride (uno di quei sorrisi luminosi e sinceri che solo le persone felici sono in grado di fare) perché quella proposta inaspettata è più gradita di quanto Hans stesso immagini.
«Grazie, lo farò sicuramente!»


   
 
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