Film > Captain America
Ricorda la storia  |      
Autore: Bucky    01/06/2015    1 recensioni
1939 Inizio Seconda Guerra Mondiale. Un'epoca dove l'omosessualità era considerata una malattia ma l'amore di due ragazzi è riuscito a sopravvivere.
Semplicemente Steve e Bucky.
[Stucky]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The ghost story from 1939

Steve Rogers non amava le feste. Uno perché odiava la musica troppo alta e due perché nessuno parlava con lui, anche se era lui che si isolava sempre dal resto del gruppo. Quella sera era una serata speciale, era l’ultima serata a Brooklyn dei ragazzi più giovani prima che partissero per l’addestramento. Di certo quella serata non era dedicata a lui. Magro, con asma e con braccia che potevano spezzarsi solo a toccarle. Steve Rogers non era adatto all’esercito e così l’avevano rifiutato nonostante i suoi innumerevoli tentativi. Per lui era stata una vera e propria delusione, avevano tagliato le ali ai suoi sogni. Tra il fastidioso rumore e le risate dei suoi coetanei, Steve uscì dal locale dalle luci soffuse e dalla puzza di alcool. Odiava le feste, che fossero compleanni o eventi importanti, lui le odiava e questa più di tutte le altre. Si ritrovò sul marciapiede della strada desolata mentre calciava alcuni sassi e faceva lunghi sospiri, non era felice della sua vita, tutto andava nel peggiore dei modi, a partire da se stesso. Odiava il suo corpo perché aveva tolto ogni speranza ai suoi sogni di diventare un soldato. Odiava molte cose di sé e del mondo intorno a lui ma di una cosa andava molto fiero: il suo amico James Barnes. L’unico spiraglio di luce della sua vita. Bucky ovviamente era dentro a festeggiare con gli altri, quella sarebbe stata la sua ultima serata. Steve con un sorriso amaro si appoggiò al piccolo lampione e per la prima volta si rese conto che il suo migliore amico avrebbe potuto non fare ritorno. La guerra, come diceva lui, non era un gioco. Ora dall’entrata socchiusa del locale si sentivano i canti gioiosi e ripetitivi americani alternati dalle risate di alcuni ragazzi prossimi alla sbronza. Steve avrebbe voluto essere lì in quel momento ma sapeva che quello non era il suo posto e non sapeva neanche perché ci fosse andato. ‘E’ stato Bucky a farmi venire qui… ne sono certo’ disse tra sé e sé. Sentì gli occhi pizzicargli e questo lo colse alla sprovvista, non aveva mai pianto senza un buon motivo e questo non era vero perché ce ne erano tanti di buoni motivi per piangere: la morte di suo padre, Bucky che partiva e il suo sogno irrealizzato. Si strofinò gli occhi con il dorso della mano e si infilò la giacca. Era freddo fuori ma lui non aveva la minima idea di rientrare, così si sedette sul marciapiede freddo. A un tratto la porta del locale si aprì andando a sbattere dal lato opposto, Steve pensò che alla fine si sarebbe rotta. Ne uscì un ragazzo dai capelli corvini e dalle pupille così dilatate che li iridi azzurre, non erano che una piccola strisciolina. Steve si voltò e notò in che stato disastroso fosse il suo amico. Si alzò preoccupato per andargli incontro e provare a sorreggerlo poiché l’alcool aveva vinto quelle gambe robuste e slanciate. Bucky si preoccupava sempre per Steve e Steve cercava di fare lo stesso o almeno ci provava. La verità era che Steve era innamorato da sempre di Bucky. Se ne era innamorato la prima volta quando la sua ex fidanzata aveva intrecciato le mani con quelle del suo migliore amico. Forse lo aveva sempre amato e quel fatto gli aveva aperto gli occhi dopo tanto. I baci tra quei due gli provocavano una morsa al cuore e allo stomaco e lui non sopportava lei. Bucky lo guardò negli occhi sorridendo cercando il motivo per cui fosse lì fuori al freddo “Steve che ci fai qua?” disse con quella voce che aveva fatto innamorare il minore. “Io… beh volevo prendere una boccata d’aria e tu perché sei qui?” disse cercando di sviare il discorso. Bucky gli sorrise di nuovo appoggiando una mano alla sua spalla. “Beh qualche bicchiere di troppo e sono dovuto uscire per riprendermi un po’” disse Bucky. Steve tremò a quel contatto, tra loro ce ne erano sempre pochi e rari e quando lui lo fiondava tra le sue braccia o quando lo sfiorava accidentalmente Steve si sentiva a casa, al sicuro. “Torna dentro… i tuoi amici ti aspettano” disse Steve neutro, guardando l’asfalto grigio scuro. “Bene. Allora vieni anche tu” disse Bucky prima di trascinarlo in una delle sue strette poderose dirigendosi verso l’entrare del locale. Steve in qualche modo riuscì a liberarsi dalla presa dell’amico e lo guardò storto. “Non è la mia serata Bucky. Lo sai meglio tu di me” disse Steve con disprezzo. “Avanti ti divertirai…” disse Bucky. Steve si voltò dalla parte opposta e cominciò a camminare velocemente cercando di seminare l’amico. Bucky in due falcate arrivò e lo prese per la manica della giacca e quando l’altro si voltò, trovò davanti a sé due occhi colmi di lacrime. Poche volte Steve si era piegato ma quando lo faceva, Bucky non sapeva come comportarsi. “Ehi Steve… ma che ti prende?” disse Bucky preoccupato. “No… è solo che… no, niente, lascia stare” e cercò ancora di scappare ma questa volta Bucky non lo permise e lo fece sprofondare tra le sue braccia. Steve in quel momento si sfogò lasciando che il fiume di lacrime bagnasse la camicia dell’amico. “Va tutto bene Stevie… ci sono io con te” disse Bucky accarezzandogli la folta massa di capelli biondi. E quando il biondo si calmò e i suoi singhiozzi diventarono quasi impercettibili disse una cosa che Bucky non si sarebbe mai aspettato da lui “Sono solo uno stupido che si è innamorato del suo amico”. Bucky si irrigidì a quella affermazione e si allontanò per guardare il suo piccolo amico che si asciugava le guance. Ci fu qualche minuto di silenzio che fu poi rotto da Steve “Scusami ho rovinato tutto” disse tirando su col naso. “Ma prima che tu partissi volevo dirtelo. Non potevo rimanere con il rimpianto di non averlo fatto” disse Steve cercando di far reagire il suo amico. Bucky non rispose alle sue parole e si voltò per rientrare nel locale. Quando la porta sbatté, vigorosamente, Steve capì di aver perso l’unico motivo per cui andare avanti. Ma ora Bucky si era tolto quella scocciatura di amico mingherlino che gli rompeva le palle con il suo diritto di combattere. E forse era meglio così. Cominciò a percorrere la strada di casa godendosi il silenzio intorno a sé e quando si avvicinò al portone di casa, appoggiò la testa alla parete fredda e scura. Era un cretino. Entrò in casa e decise di salire sul tetto per osservare le stelle in quella notte limpida. Il tetto del palazzo era piuttosto malandato ma almeno reggeva. Si sedette su una delle poche tubature presenti e osservò tutte le stelle una per una individuandone le proprie costellazioni. Steve amava il cielo notturno, lo aveva affascinato sin da bambino quando suo padre gli aveva detto dove si trovava la mamma: nel cielo. E poi aveva portato il dito in quel blu notte e aveva indicato una piccola stella luminosa. Quella era sua madre. Steve con gli occhi sognanti aveva fatto un piccolo sorriso ed era contento che sua madre fosse diventata una piccola stella. Le scale esterne fecero un piccolo scricchiolio sinistro e Steve udì che qualcuno stava salendo le scale. Passi sicuri, pesanti e ritmati, quasi come una marcia. Dalle scale vide la visiera nera del berretto che scintillava sotto la Luna. Era un soldato. Era Bucky. “B-Bucky?” disse Steve stupito. “Ma dove ti eri cacciato? Ti ho cercato per tutto il quartiere” rispose Bucky frustrato. “Mi dispiace…” disse Steve colpevole. Bucky si avvicinò a lui ma l’altro si allontanò accettando di non avere nessun contatto. “Non ti mangio” disse Bucky cercando di scherzare. “Si, lo so. Ma dopo quello che è successo pochi minuti fa io vorrei evitare di starti vicino. Ora mi considerano “malato” ” disse Steve tristemente. “Ehi Steve ma che vai a dire?” disse Bucky corrugando la fronte. “Sono un errore Bucky! Ovunque!” disse Steve con gli occhi che pizzicavano pronti ad un altro sfogo. “Per me no invece… sei fantastico…” disse Bucky avvicinandosi di più a Steve. “Non fare la puttanella di turno Bucky. Sarò omosessuale ma non sono scemo” disse Steve scontrosamente. “Steve… io non sto facendo la puttana… io… Dio mio! Tu non capisci… pensi che quello innamorato sia solo tu?” disse Bucky esasperante. “No. Infatti ti dai da fare con le ragazze” disse Steve a bassa voce. “Sei proprio un cretino” disse Bucky prima di fiondarsi sulle labbra del biondo. Per Steve quello era il primo bacio e se lo godette fino alla fine. Bucky sapeva di casa e di amore ed era quello che Steve stava cercando: sicurezza. Bucky fu gentile con lui e quando si dovettero staccare per la mancanza di aria sorrise lievemente. Il labbro inferiore di Steve tremava lievemente a causa di quel bacio inaspettato e invece Bucky lo fissava con i suoi meravigliosi occhioni azzurri. Steve aprì la bocca per dire qualcosa dato che la situazione stava diventando abbastanza imbarazzante ma Bucky lo fermò. “Prima che tu dica qualcosa di spiacevole, sappi che è stata la cosa migliore che mi potesse capitare in questa serata” disse Bucky con un piccolo sorriso. Steve inclinò la testa verso il basso e fece un piccolo sbuffo accompagnato dall’increspatura all’insù delle sue labbra. “Questo bacio… è stato il… beh… il primo” disse Steve guardandolo negli occhi. “Allora mi devo sentire onorato” disse James ridacchiando. “E ora?” chiese Steve avvolgendo le mani con quelle di James “che si fa?” Bucky sospirò lentamente e strinse ancora di più la mano del migliore amico. “Bucky? Io… non voglio che tutto questo ti possa impedire di seguire il tuo sogno” disse Steve quasi in un sussurro. “Il mio sogno? Steve è il mio dovere. Mi sento onorato di combattere per il mio paese ma niente di tutto questo riguarda con i miei sogni” disse Bucky abbastanza sorpreso. “Entriamo in casa per una cioccolata? Qui si gela” disse Steve stringendosi nel suo cappotto. James si illuminò alla parola “cioccolata” e così dopo pochi secondi si ritrovarono nell’appartamento di Steve seduti sul divano e con una tazza di cioccolata bollente tra le mani. “Cristo Steve… mi mancava bere la cioccolata insieme a te” disse Bucky sorseggiando rumorosamente dalla tazza. “Anche a me mancherebbe se facessi meno rumore… Bucky il galateo!” lo rimproverò scherzosamente. James finì di bere la sua cioccolata e quando spostò la tazza dalla sua bocca a Steve non rimase che ridere. Un evidentissimo baffo di cioccolata si trovava ai bordi delle labbra del suo amico. “Ehi che hai?” chiese Bucky stupito. Steve si avvicinò a lui con un fazzoletto e gli pulì le macchie di cioccolata fissando imbambolato le labbra dell’amico ‘Quelle labbra sono la fine del mondo’ si ritrovò a pensare mentre buttava nel cestino il fazzoletto sporco. “Lo sai che eri tutto sporco?” chiese Steve sorridendogli. “Beh… a quanto pare non me ne ero accorto” disse Bucky facendo un piccolo sorriso. Steve si sedette accanto a lui sul divano e accese la radio, nonostante dovesse mantenersi da solo, aveva messo da parte un po’ di soldi per acquistarne una. La radio aveva pochi canali e quelli più frequenti erano quelli che parlavano della guerra e della politica. In quei tempi si parlava solo di quello. Quando il radiofonico iniziò a parlare della guerra Steve cambiò subito canale e fortunatamente ne trovò uno dove davano musica del tempo. Con suo grande stupore vide Bucky alzarsi e voltarsi verso di lui porgendogli la mano. “Mi concedi questo ballo?” ne venne fuori dopo pochi istanti. Steve rimase pietrificato, lui non sapeva ballare e di certo sarebbe risultato ridicolo anche agli occhi di Bucky. “No Bucky non se ne parla” disse Steve serio. “Steve non vorrai trascorrere la tua vita con il rimpianto di non aver mai ballato!” disse Bucky sorpreso. “Io… io non so ballare okay?!” disse Steve confessando la sua impreparazione. “Cosa?!” Bucky fece due occhi così grandi che Steve pensò che ormai dovessero uscire dalle orbite. “Bisogna recuperare! E subito! Domani devo partire e non posso farlo senza aver recuperato questa tua lacuna!” disse Bucky ancora stupito dalla confessione del minore. “Ma Bucky…” Steve non fece in tempo a finire la frase che venne trascinato dal suo amico al centro del piccolo appartamento. Andò a sbattere contro il suo grande petto e le sue mani si intrecciarono con quelle di Bucky. Fu un attimo e le sue guance divennero bordò. “Ehi calma Steve…” disse Bucky tirandogli su il mento per guardarlo negli occhi. Steve sorrise alla dolcezza del compagno che intanto cercava di farlo sciogliere e di abituarlo al ritmo. “Avanti sarà facile… ecco bravo così! Uno- due e tre! Esatto!” disse Bucky estasiato da come Steve riuscisse a imparare così in fretta. Quando Steve guardò negli occhi Bucky incontrò le sue labbra rosse a pochi centimetri dalle sue. Bucky fissò le sue per interminabili secondi e poi le appoggiò delicatamente alle sue. Steve chiuse gli occhi lentamente lasciandosi trasportare dal bacio. Era magnifico. Il suo migliore amico lo aveva baciato sulle labbra per la seconda volta nella stessa sera. ********************************************************************************
La mattina seguente si svegliò molto presto, voleva salutare per un’ultima volta il suo migliore amico. Si vestì velocemente infilando i pantaloni e una camicia pulita di un bianco immacolato. Si infilò velocemente la giacchetta beige e le scarpe marrone scuro. Riscaldò il caffè rimanente della colazione del giorno precedente e ne bevve una tazzina. Una spazzolata ai denti e una pettinata veloce ai capelli ed era pronto. Scese le scale con un’agilità che anche lui si stupì di averla. In pochi istanti riuscì a trovare un taxi e quando si sedette sul sedile del passeggero tirò un sospiro di sollievo. Aveva fatto tutto con grande fretta e si era scordato di mettere la cravatta. Si coprì il volto con una mano rimproverandosi per la sua dimenticanza. “Dove la porto?” chiese l’autista facendolo risvegliare dai suoi pensieri. “Ehm… la stazione per favore… e in fretta se possibile” disse Steve. Gli pneumatici fecero un verso sinistro quando iniziarono a percorre la strada asfaltata del quartiere dove abitava. Il viaggiò durò più di quanto Steve avesse creduto, le strade erano abbastanza trafficate da biciclette e passanti lenti e addormentati e ogni via era avvolta da uno strato grigiastro di fumo. Steve batteva il piede nervosamente e si spostò più volte il ciuffo biondo dei suoi capelli cercando di rendersi il più presentabile possibile. Quando vide la grande insegna della stazione di Brooklyn Steve fece un piccolo sbuffo di felicità e dopo aver pagato l’autista scese dal taxi e iniziò a correre velocemente verso l’atrio del luogo. Appena entrò, fu investito da migliaia di persone con valigie e zainetti che camminavano velocemente e non prestavano attenzione agli altri. La sua esile corporatura non gli fece attraversare con facilità la marea di gente e per pochi istanti si sentì soffocare. Il binario indirizzato per il campo di addestramento di Bucky era occupato da una sessantina di soldati americani e Steve si maledisse perché la maggior parte li conosceva e loro conoscevano lui. Chissà come avrebbero reagito alla sua presenza. Quando i soldati lo notarono iniziarono a parlare tra di loro ridacchiando e commentando sulla sua presenza. Steve aveva il fiatone e quindi per evitare di peggiorare la sua asma si sedette su una panchina appoggiando le mani sulle ginocchia per riacquistare il respiro. “Ehilà! Rogers! Come mai da queste parti?” ne uscì Jake uno del gruppo di amici di Bucky. “Io… io sono venuto… a salutare… Barnes” disse Steve ancora con il fiato mozzato dalla corsa precedente. “Barnes? E lui che se ne fa di uno come te?” disse Jake ridacchiando. “Beh… noi…” rispose Steve cercando di giustificare la sua presenza. “No, non voglio sentire la tua solita storiellina di amicizia, non è possibile” disse Jake con tono sprezzante. “Dov’è Barnes?” chiese Steve deciso. “Oh… mi scusi… ma sta flirtando con delle ragazze, forse non lo sai mai noi abbiamo una vita Rogers!” disse Jake con un sorriso strafottente. Bucky era pochi metri da lui mentre parlava con due ragazze; Jake aveva ragione. “Ehi Barnes! Ti è venuta a trovare una tua ammiratrice!” disse Jake andando verso di lui, gli mise una mano sulla spalla e gli indicò il punto dove Steve stava sedendo. A Bucky salì un moto di dolcezza quando vide il piccolo Steve avvolto nel suo enorme giaccone mentre giocava con le pellicine del pollice. Scostò prepotentemente Jake e si diresse verso Steve quasi correndo. “Ehi Stevie…” lo salutò dolcemente. Steve appena lo vide si illuminò e lo abbracciò stringendolo a sé come se fosse l’ultima cosa rimasta per lui in quel mondo, e un po’ era vero. Bucky si irrigidì a quel contatto e Steve se ne rese conto, quindi si staccò velocemente e lo guardò negli occhi con aria triste. “Lo sai che non puoi abbracciarmi in quel modo Steve” gli sussurrò Bucky. L’omosessualità era vietata e se scoperta poteva essere annientata in modi atroci. “Mi dispiace” rispose Steve tristemente. Una morsa di colpevolezza attanagliò lo stomaco di Bucky, voleva abbracciarlo ma non poteva sotto gli occhi di tutti. Le voci giravano velocemente. “Quindi parti?” chiese Steve tristemente. “Eh già amico… tocca a tutti prima o poi” rispose Bucky assottigliando le labbra. “Sono solo venuto a salutarti. Volevo vederti un’ultima volta” disse Steve con tono flebile. “Non farmi piangere davanti a tutti sfigato” disse Bucky mentre ridacchiava. I suoi occhi erano stati coperti da una lieve patina di lacrime e Steve cercò di non piangere, voleva essere forte. Un uomo sulla cinquantina urlò in tono brusco che la partenza era vicina. “Devo andare Steve” disse Bucky con un groppo alla gola. “Si ora ti lascio… fatti solo…” Steve non finì la frase che si ritrovò tra le braccia del moro e che aveva iniziato a bagnare la sua camicia bianca. “Mi mancherai!” ammise Bucky versando alcune lacrime sulla sua giaccia beige. “Anche tu Buck…” disse Steve con le lacrime che ormai avevano bagnato la sua pelle bianca. Quando si staccarono James aveva gli occhi arrossati ma sorrideva. “Bucky promettimi una cosa” disse Steve dopo poco. “Tutto quello che vuoi” rispose Bucky prima di tirare su con il naso. “Non cambiare… quando ritornerai, prometti che sarai il ragazzo che ho davanti a me ora” disse Steve con tono rauco. “Te lo prometto Steve” rispose Bucky. Dopo di che si caricò il borsone in spalla e si diresse verso il treno con i suoi compagni.
********************************************************************************
You’re fuckin’ wearing me out!
You’re always dragging me down!
You’re the fake, fallen, force of nature, sick mind
I don’t need a gun to take back what’s mine
It’s over
It’s over now
You’re done wearing me out
-My name Shinedown-


Angolo Autrice:
Salve a tutti! Questa è la prima volta che scrivo una storia su EFP quindi accetto sia critiche che consigli. La canzone che ho messo alla fine è un piccolo spoiler per Captain America-The Winter Soldier ma è praticamente irrilevante. La canzone l'ho trovata su youtube in un video tribute per Bucky (nome video: Bucky Barnes-Wearing Me Out da vedere solo se avete già guardato CATWS)
Ringrazio tutti per aver letto la storia.
Alla prossima  :D
-Bucky-

PS: Scusate per il formato ma devo ancora prenderci la mano.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Bucky