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Autore: Terre_del_Nord    08/01/2009    22 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Hogwarts - II.001 -  Sul Treno per Hogwarts

II.001


James Potter
Godric's Hollow, West Country - mer. 1 settembre 1971

    “James…”
    “Hmm…”
    “James…”
    “Hmfff…”
    “Insomma, James… svegliati!”
    “Mmmmmgrrr”
    “Per Merlino e tutti i Fondatori, farai tardi!”

Mia madre tirò via di colpo lenzuola e coperte, io mi girai e mi aggrappai al cuscino, come se potessi difendermi in qualche modo da quell’uragano… Quando mi arpionò i pantaloni cercando di togliermeli via con un colpo secco, mi tirai su, la bocca impastata, gli occhi ancora sigillati e una criniera di capelli indomabili sparati in ogni direzione.

    “Uff… ho sonno!”

E ripiombai nel letto, mentre l’elfo di casa entrava zampettante nella stanza, apriva tutte le tende inondando la camera di sole: i gagliardetti dei Tornados s’illuminarono alla luce di una stupenda giornata, io recuperai il lenzuolo e me lo tirai fin sopra la testa.

    “Insomma Jamie! Hai deciso di perdere il treno per Hogwarts?”

Quella parola accese finalmente il mio cervello: ricordai di colpo che giorno fosse, saltai in piedi senza pensare più a niente e mi precipitai nel bagno; sotto la doccia, canticchiando l’inno dei Tornados, m’insaponai ben bene, lavai e cercai di sistemare di nuovo i capelli, pur sapendo che era un’impresa disperata, e dopo non molto riemersi alla presenza dei miei. Sveglio, pulito e ben vestito.

    “Godric santissimo! Che ci fai di notte con questi capelli!”

Mia madre, dopo aver passato tre ore la sera precedente a tagliare e appiattire quella foresta, si ritrovava di nuovo, incredula, davanti al suo unico figlio, che sembrava portare un nido di cicogna in testa. Mi spinsi gli occhiali meglio sul naso e mi specchiai sulla superficie lucida e brillante della teiera: sì, durante la notte dovevano essere cresciuti di nuovo di una decina di centimetri.

    “Lasciali perdere, Dorea, lo sai com’è… il nostro campione!”

Mio padre mi rivolse uno sguardo orgoglioso, avevo visto le sue foto da ragazzo, sapevo da chi avevo preso quella mia stravagante caratteristica… Charlus Potter chiuse la sua copia della Gazzetta del Profeta, bevve un ultimo sorso del suo Earl Grey e si fece portare il mantello dal nostro vecchio e servizievole elfo.

    “E’ ora, James, saluta tua madre e andiamo, manca meno di mezzora alla partenza…”
    “Ma come? La mamma...”
    “Oh no, Jamie, rischieresti davvero di perdere il treno…!”

Mia madre mi stampò un bacio sulla fronte e prima che potessi iniziare a frignare una qualche protesta, mio padre mi aveva già abbracciato, per smaterializzarci diretti a King’s Cross.

***

Sirius Black
Amesbury, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971

    “La smetti di frignare?”

Regulus, nel letto di fianco al mio, soffocò sotto le coperte un singhiozzo, l’ennesimo: erano diversi minuti ormai che mi ero svegliato, e chissà da quanto aveva già iniziato.

    “Vieni qui, Reg…”
    “No, adesso passa…”
    “Reg…”
    “Lo sai che la mamma non vuole…”
    “C’è forse la mamma adesso?”

Mi alzai, andandomi ad accoccolare col viso accanto al suo, poi scostai le sue coperte, m’infilai nel suo letto e scoprii che era un pezzo di gelo.

    “Merlino, Reg! Che succede?”

Lo abbracciai e gli strofinai addosso le coperte, per riattivargli la circolazione, batteva i denti come se avesse la febbre.

    “Chiamo qualcuno? Ti senti male?”

Faceva di no con la testa… no, non stava male, era solo spaventato a morte, come gli capitava a volte, fin da quando eravamo più piccoli. Allora lo prendevo in braccio e lo portavo nel mio letto, e passavo la notte stringendomelo addosso, recitandogli le mie rassicurazioni come una ninna nanna per bambini. Era incredibile quanto riuscissi a essere convincente con lui e quanto poco con me stesso. Lo spettinai appena, la luce della luna illuminò quegli occhi identici ai miei, ma fu solo un attimo, perché Reg indossò subito sul suo viso la maschera impassibile dei Black.

    “Torna a letto Sirius, ho solo fatto un brutto sogno…”
    “Non ci penso proprio!”

Reg si asciugò rapido le ultime lacrime e si ricompose, si mise supino a osservare la luna fuori dalla finestra, un po’ si era scaldato ed io allentai la stretta, mi girai a mia volta a fissare il baldacchino sopra di me.

    “Così il caro fratellino sentirà la mia mancanza…”

Lo canzonai appena, sicuro che gli avrei provocato un moto di stizza che l’avrebbe rimesso subito in sesto. Con me funzionava sempre benissimo e lui in fondo, era mio fratello!

    “No… sei un pessimo fratello maggiore!”

Era tornato in sé, come previsto, ma le sue parole suonavano meno convincenti del solito.

    “E tu sei una piattola di fratello minore… Neanche io sentirò la tua mancanza…”

Gli scoccai un’occhiata in tralice. Lo sapevamo entrambi che non lo pensavo davvero. Restammo in silenzio per un po’, il suo respiro era regolare, ma non tanto da farmi sperare che stesse per riaddormentarsi.

    “Se ti dico una cosa, stavolta, mi giuri che non lo dirai a nessuno? E quando sarà il momento, farai finta di essere molto sorpreso?”

Altra occhiata: Reg aveva perso l’aria smunta e sembrava incuriosito, avrei fatto di tutto pur di distrarlo.

    “Sherton mi aveva promesso che non ti avrebbe lasciato solo ad affrontare mamma e papà, quest’inverno, ora so per certo che manterrà la promessa: ti darà delle lezioni private di volo e di Quidditch.”

Si tirò su.

    “Dici davvero? O lo fai solo per…”
    “Ho sentito mamma e papà che litigavano su questo, l’altra sera, e papà l’ha spuntata… Le ha detto che con Sherton andrete a vedere la maggior parte delle partite del Puddlemere quest’anno, che ha saputo che sei bravo come cercatore e che farà di tutto per sostenerti nella tua scelta, se è davvero quello che vuoi.”
    “Ha davvero detto questo? Papà ha detto questo?”
    “Sì, ma se vuoi un consiglio, fai in modo che te lo senta dire di persona, Reg, non lasciare che sia solo Sherton a combattere per i tuoi sogni…”

Annuì con la testa, sembrava più tranquillo e sereno.

    “Ora dormiamo, altrimenti domattina non riuscirai a liberarti di me…”

Gli feci un sorriso sghembo, poi gli diedi la schiena, rimanendo però nel suo letto, se avesse fatto un altro brutto sogno dovevo essere lì, al suo fianco.

    “Ti voglio bene, Sir…”
    “Ti voglio bene anch’io…”

***

Severus Snape
Spinner's End, località sconosciuta - mer. 1 settembre 1971

Quegli abiti babbani, così enormi per me, mi facevano veramente orrore, non vedevo l’ora di arrivare su quel benedetto Espresso per mettermi la divisa e farla finita con quella farsa. Incrociai gli occhi assenti di mio padre, sprofondato sul divano, in canottiera: Sherton era arrivato domenica mattina, all’alba, aveva preparato della nuova pozione e in tutta fretta se n’era andato, mentre mio padre smaltiva ancora la sbornia nella stanza di sopra. Lui e sua moglie avevano da poco avuto un altro figlio: era per questo che non erano riusciti a venire durante le ultime settimane ed io avevo tirato un sospiro di sollievo nel vederlo, avevo temuto che ci avessero abbandonato anche loro. Invece ora sapevo che qualcuno avrebbe difeso la mamma in mia assenza. Guardai mio padre, di nuovo: sapevo che non approvava, sapevo che avrebbe voluto che non fosse mai arrivato quel giorno, ma insieme a mia madre alla fine ce l’avevo fatta, stavo per andare incontro al mio destino. Me ne sarei andato via da quella mediocrità, mi sarei rifatto, come mago, delle umiliazioni che quella vita, la vita babbana di mio padre, mi avevano riservato fino a quel momento. E poi c’era Lily. L’immagine di quella nuvola di seta rossa al mio fianco mi faceva guardare con ottimismo al futuro. Al solo pensiero di quegli occhi verdi sentivo qualcosa animarmi lo stomaco, farmi librare a vari metri da terra, il mondo assumeva tutte le sfumature e la lucentezza degli arcobaleni più maestosi. Salii di corsa in camera per prendere la mia bacchetta, mentre mia madre mi aspettava di sotto con il baule pieno di libri e il calderone, ma, prima di chiudere la porta, gli occhi mi finirono sul vecchio giradischi sul tavolino. Non ci avevo pensato più, in quelle ultime settimane, ma di colpo mi tornarono in mente quel pomeriggio afoso, quella penombra nella mia stanza, quella bambina dai capelli corvini e il terrore stampato sul viso… Chissà quale punizione aveva preso la piccola Sherton per quella fuga in mezzo ai cespugli… Un sorriso m’increspò le labbra. Quella era stata l’ultima volta che qualcuno mi aveva scambiato per uno stupido babbano; quel giorno, in quella stanza, avevo giurato a me stesso che mai più mi sarei lasciato umiliare nel corso della mia vita.

***

Meissa Sherton
King's Cross, Londra - mer. 1 settembre 1971

Arrivammo tutti a King’s Cross piuttosto presto, verso le 9,30 avevamo l’appuntamento con i Black; io chiesi chiaramente a mia madre di passare qualche momento da sola con lei, finché ancora non c’era tutta la folla di gente festante che avremmo dovuto salutare, soprattutto per evitare la presenza invadente di Walburga. La mamma, avendo capito da tempo quanto la signora Black mi spaventasse, esaudì i miei desideri, lasciando a mio padre e a mio fratello il compito di portare oltre la barriera di King’s Cross i bagagli e d’intrattenere i conoscenti che arrivavano alla spicciolata. Ci mettemmo sedute a un tavolino della stazione babbana, confondendoci abbastanza bene tra la folla: avevamo indossato degli abiti eleganti ma simili a quelli babbani, al contrario della maggior parte degli altri slytherins, che in genere arrivavano in stazioni con le toghe tradizionali, coperte dai mantelli. Mia madre ordinò per sé un semplice te verde e per me una cioccolata calda con panna: era solo il primo settembre, ma la giornata era diventata rapidamente grigia e fredda, benché ci fossimo svegliati sotto un bel sole quasi primaverile. Mangiai qualche biscotto, particolarmente gustoso e croccante, senza mai alzare gli occhi da quella tazza.

    “Non devi aver paura, Mey…”
    “Volevo solo stare un po’ con te, visto che non ti vedrò per tanto tempo… e non mi andava di dividerti con gli altri!”

La mamma mi sorrise, prendendo la mia mano sinistra tra le sue.

    “Vedrai, troverai tanti amici, imparerai tante cose e il tempo passerà veloce, poi con Ginevra, ci scambieremo sempre notizie!”
    “Sì”
    “Pensa solo a studiare e a divertirti, ti ricordi quello che ti ho raccontato? Io mi sono trovata benissimo in quel castello e, da casa, io e tuo padre faremo di tutto per assicurarti la serenità!”

Mi diede un bacio sulla fronte ed io affondai il viso tra i suoi capelli, così morbidi e profumati.

    “Ora andiamo, sono quasi le 10.30…”

Tornammo indietro: i Black e gli Sherton si erano uniti nei saluti, i bagagli erano stati affidati agli elfi domestici e caricati in una vettura di testa, mio padre mi presentò all’ennesimo amico che conosceva dai tempi della scuola, stavolta senza parlare di me come della futura piccola Serpeverde di casa, il che da un lato mi fece piacere, ma dall’altro pensai che ormai anche lui si fosse rassegnato. Presto non ne potei più di tutte quelle facce: volevo che si occupassero di mio fratello, era lui l’eroe, il futuro capitano della squadra di Quidditch, o di mia madre, aveva molto da raccontare sula piccola Adhara, volevo che si occupassero di qualsiasi cosa e che mi lasciassero libera di muovermi lungo il marciapiede del binario 9 e 3/4. Alla ricerca di cosa? Non lo sapevo neppure io. Mi guardai intorno, la gente si affollava intorno al treno con la locomotiva rossa e vaporosa, ovunque c’erano grida, risate, pianti, saluti festosi e borbottii di genitori costretti a spostare bauli pesanti, grida d’ uccelli, miagolii di gatti e tanti altri suoni e rumori.
Guardai la mia compagnia così diversa dal resto della folla, mostravano un lignaggio diverso, per facce, abiti e movenze: tra i maghi non c’era la nobiltà, ma se ci fosse stata, io ne avrei fatto sicuramente parte. Avrei evitato volentieri i coniugi Black, ma Walburga e Orion si erano appiccicati con fare sinistro a mio padre, come api al miele e di lì a poco si unirono anche Cygnus, sua moglie e la bella Narcissa; a peggiorare ulteriormente le cose, vidi arrivare anche i Malfoy: vidi già da lontano avvicinarsi le chiome biondissime e fluenti del giovane Lucius e di suo padre, ma stavolta mi dileguai prima, non aspettai di farmi stilettare dai loro occhi inquietanti. Ogni volta sentivo una specie di gelo invadermi il petto quando quegli occhi si posavano su di me, come se fossi alla presenza di un dissennatore: questo era l’effetto di quelle creature maligne, stando a mio padre che da ragazzo era stato inseguito da uno di quei mostri durante una disavventura estiva, riuscendo a sfuggir loro per il rotto della cuffia, facendo emergere il suo Patronus all’improvviso, per la prima volta nella sua vita, con la sola forza della disperazione. Quel giorno, però, neanche la vista dei Malfoy riuscì ad attirare a lungo la mia attenzione: ero curiosa di sapere come avesse fatto Sirius a sganciarsi da quella trappola e, soprattutto, avrei voluto approfittare della stessa libertà di cui, in quel momento, stava di certo godendo lui. Esasperata, lasciavo correre i miei occhi tutt’intorno per intercettarlo, finché non incrociai due occhi scuri e pensosi che mi fissavano da lontano, attirandomi, quasi senza che me ne accorgessi, fuori della cerchia claustrofobica in cui stavo annegando. Mi ritrovai a camminare con difficoltà in mezzo a quella marea di gente: prima incrociai la ragazzina dai capelli rossi di Spinner’s End, con gli occhi pieni di lacrime, che fuggiva dentro il treno, poi urtai l’altra ragazzina appena più grande che aveva un ghigno feroce sulle labbra e se ne stava sulle sue, vicino a due adulti decisamente fuori posto, così platealmente babbani. Infine ritrovai il naso aquilino della signora Prince, a farmi da faro nella confusione, ma quando finalmente la raggiunsi, suo figlio era già stato inghiottito dalla folla entusiasta che saliva sul treno. Appena mi trovò davanti a sé, Eileen mi prese per un braccio e senza tanti complimenti mi sospinse indietro senza più voltarsi verso il treno o verso suo figlio, là dove avevo lasciato i miei genitori. Per un secondo mi parve di sentire la risata cristallina di Sirius uscire da uno dei finestrini, mi voltai, ma non riuscii a capire da quale scompartimento arrivasse. Sempre trascinata, mi ritrovai all’improvviso dietro la gonna di mia madre, mi voltai per salutare Eileen, ma la donna era già scomparsa nella folla.

    “A quanto pare la piccola Meissa ama già l’indipendenza e l’avventura!"

Ridacchiò Abraxas Malfoy, prendendomi in braccio e facendo un gran sorriso alla mamma, che al contrario aveva un’espressione contrariata. Papà mi rimproverò amorevolmente, più per far contenta mia madre, che con reale intenzione: amava l’intraprendenza dei suoi figli, sicuro che in quell’ambiente non potesse accaderci nulla di male. All’improvviso il treno emise un fischio. Erano le 10.55… era il momento che noi ultimi tira tardi salissimo, così, con un braccio di mio fratello attorno alle spalle, mi attardai ancora per un minuto a salutare la mamma, mio padre e Mirzam, che si era materializzato all’ultimo momento proprio per salutarmi; poi seguii Rigel sul treno, praticamente gli ultimi a salire. Il treno emise un altro fischio. E alla fine partì. Appena si mosse, io rimasi impietrita dal terrore, mentre da tutti i finestrini si alzarono grida di saluto e di festa.
Rigel mi fece sporgere dal finestrino assieme a lui e a un paio di suoi amici, salutò radioso nostro fratello con una serie dei loro soliti insulti giocosi, sotto gli occhi divertiti di nostro padre. Abbastanza lontano da noi, da un altro finestrino, Sirius e un ragazzino con gli occhiali e i capelli scompigliati si affacciarono a salutare con un’espressione festosa, infine, mentre tante mani e fazzoletti e occhi commossi ci seguivano ancora, il treno scomparve dietro una curva all’orizzonte. Ora ero sola, almeno fino a Natale avrei dovuto convivere con la tremenda nostalgia della mia famiglia.
 

***

Sirius Black
Hogwarts Express - mer. 1 settembre 1971

Avevo trovato all’istante una “corte” di amici: inutile dire che, anche in un ambiente pressoché sconosciuto, la mia natura avventurosa e aperta al nuovo era subito venuta fuori. Mio padre, appena eravamo comparsi con gli Sherton oltre la barriera di King’s Cross, mi aveva spinto sul treno come fossi un fagotto, senza troppi riguardi, intimandomi di non scendere, forse per evitare che passassi altri “pericolosi” momenti con Alshain. La nostra ultima discussione, un paio di sere prima, non era stata molto piacevole, ma, almeno, per la prima volta nella mia vita, era stato sincero con me… Era stata la prima vera discussione tra me e mio padre: mi aveva ascoltato dall’inizio alla fine, senza picchiarmi o mettermi in punizione, per lo meno non prima che gli avessi detto tutto. Non che l’epilogo fosse stato diverso, alla fine, ma… per una volta, mi aveva ascoltato. Sul treno mi rifeci sull’elfo della malagrazia di mio padre e della totale indifferenza di mia madre, nei miei confronti: costrinsi il vecchio Kreacher, carico dei miei bagagli, a seguirmi fino a uno scompartimento in cui era seduto un ragazzino biondo dall’aria sveglia ma un po’ malaticcia. Avevo idea che non fosse un purosangue, e che non fosse nemmeno economicamente ben messo, almeno stando ai suoi abiti, perciò decisi che era la compagnia a me più adatta: il pensiero di avere a che fare, da subito, con l’altezzosa Narcissa e i suoi amici, o con altra gente della risma dei miei genitori, mi faceva rivoltare lo stomaco. Per un momento mi chiesi se sarei riuscito a convincere Mey a fermarsi in quello scompartimento con me, ma dopo quei due mesi a Herrengton, sapevo che non avrebbe avuto problemi e mi avrebbe detto sicuramente “Sì”… era così diversa dalle altre ragazzine slytherin. Mi morsi un labbro e m’imposi di non pensarlo: Meissa era una serpeverde, esattamente come me. Entrai e mi presentai subito, il ragazzino si chiamava Remus John Lupin e sembrava emozionato e, soprattutto, molto timido: situazione perfetta per farmi apparire al meglio delle mie qualità di trascinatore. Dopo non molto fece il suo ingresso nello scompartimento un ragazzino con evidenti difficoltà nell’utilizzare il pettine, visto che aveva un cespuglio ispido di capelli neri in testa, ci chiese gentilmente se poteva fermarsi con noi: al primo sguardo mi sembrò subito un tipo in gamba, con due penetranti occhi marroni, nascosti dietro un paio di occhiali tondi, così, autoproclamatomi "Signore dello Scompartimento" lo invitai a entrare, sotto gli occhi sempre attenti e sognanti di Remus. Il suo nome era James Potter e qualcosa in me, quando gli strinsi la mano che mi aveva offerto sicuro, mi disse che non l’avrei dimenticato tanto facilmente.

    “Che cos’hai lì?”

Gli chiesi mentre cercava di riavvolgere nel pastrano, così da nasconderla, una sacca lunga che aveva momentaneamente fatto capolino tra le sue cose.

    “Beh ecco io….”

S’infilò una mano tra i capelli e nei suoi occhi comparve una chiara espressione da monello.

    “È una scopa da Quidditch, vero? Fa vedere!”

James assentì, con aria colpevole e uno sguardo che chiedeva di mantenere il segreto, visto che alle matricole era vietato tenere dei manici di scopa personali. Mi misi a ridere, tirando fuori dal mio baule, in tutta fretta, il regalo di Alshain.

    “Accidenti! Hai una Red Firebolt 1971! è stupenda, è la più nuova e veloce… è… ti sarà costata un sacco di soldi... è…”
    “In realtà me l’ha regalata il mio padrino...”
    “Accidenti, l’avessi io un padrino come il tuo!”

James la prese e la rimirò, come avesse tra le mani una sacra reliquia, per farla corta, stava sbavando; al contrario di Remus, si capiva benissimo che fosse un vero mago e anche piuttosto ricco, ma in quel momento, tirando fuori la scopa d Alshain, mi ero immediatamente riappropriato del mio indiscusso ruolo di leader, come si conveniva, in ogni circostanza, a un vero Black.

    “Credo di non essere ancora bravo abbastanza per questa scopa: ieri sono caduto da una che è decisamente più lenta e più semplice da governare!”
    “Non ti preoccupare, se vuoi ti insegno io!”

Potter mi guardò astuto, sicuramente avrei pagato le lezioni facendogli provare la scopa, nella sua fantasia, e già stavo per rispondergli che avevo un ottimo maestro, non avrei diviso i doni di Alshain con nessuno, ma mi trattenni e gli feci un cenno di assenso, seguito da un occhietto complice: non mi sembrava il caso di rimarcare troppo, fin da subito, la mia “essenza” Black, quel ragazzino prometteva bene e non volevo farlo fuggire a causa dei modi altisonanti della mia famiglia. Mentre anche Remus, un po’ a disagio, si univa nell’ammirare quel gioiellino, James si mise finalmente seduto, finì di sistemate le sue cose e diede da mangiare alla sua bella civetta fulva. A me, che da sempre desideravo ardentemente un gatto, mio padre aveva procurato Caius, un gufo reale, antipatico e altezzoso come tutto il resto della mia famiglia! Avevo tirato fuori un sacchetto di cioccorane per fare conversazione in allegria: sapevo che era tradizione beneaugurante dividere la "mercanzia" con i compagni di viaggio, perciò feci in modo di mettere da parte un pò del "bottino" per dividerlo con Meissa, appena l'avessi ritrovata.

    “Avete già idea di dove sarete smistati?”

Remus si disse un po’ in ansia, sperava di finire in una casa tranquilla in cui un mezzosangue squattrinato come lui, figlio di una strega e di un babbano, non fosse troppo maltrattato. Ma la conversazione morì lì, fu a quel punto, infatti, che entrò un ragazzino paffuto, dagli occhi acquosi e i capelli chiari, timido e decisamente impacciato, che tartagliando ci chiese se c’era un posto libero. E da quel momento Peter Pettigrew fu dei nostri.

    “Bene, a questo punto mi riservo quest’ultimo posto libero per un ospite, se non vi dispiace."

Li guardai col mio migliore, “fascinosissimo” sorriso Black, gli altri non fecero obiezioni, pervasi però, lo vedevo benissimo, da una certa curiosità. Nel nostro scompartimento, io e James avevamo occupato i posti accanto alla porta, Peter si era messo nel posto centrale accanto a me e Remus stava nel posto centrale accanto a James; accanto alla finestra, alla sinistra di Peter, stava infine seduta una ragazzina dai capelli rossi, che avevo trovato già lì, insieme a Lupin: apparentemente non aveva alcuna intenzione di darci spago, presa com’era dai suoi pensieri e, pareva, dai suoi pianti. Fin dall’inizio non mi curai molto di lei, in fondo anch’io non avevo intenzione di strafare e decisi che per il momento non le avrei dato noia: il viaggio era lungo e avremmo avuto modo di presentarci, se l’avesse voluto. Anche gli altri dovevano pensarla come me, perché nessuno di noi, forse per imbarazzo e timidezza, decise di darle fastidio. Avevo ben altro per la testa, c'era una sola persona che avrei voluto in quello scompartimento con me, e il pensiero di lei annullava ogni interesse per qualsiasi altra ragazzina esistesse sulla faccia della terra. Appena arrivati alla stazione, Meissa era sparita con sua madre e i miei, tutti presi dalle discussioni politiche con i loro amici, dopo avermi caricato a forza sul treno, mi avevano, di fatto, impedito di vederla ancora: sarei voluto scendere e chiedere di lei a Sherton, ma mio padre non si era staccato un attimo da lui, ed io temevo la sua furia se fossi sceso da quel treno e l’avessi privato dell’attenzione del suo amico. Avevo desiderato invano di parlare con Alshain un’ultima volta prima di partire, purtroppo ad Amesbury non c’era stato molto tempo, eppure ero sicuro, dagli sguardi che mi aveva lanciato, che aveva qualcosa da dirmi, qualcosa d’importante per me. Quando mi aveva dato l’anello, avevo sperato, ma quella sera Sherton era stranamente taciturno e mi aveva solo fatto giurare di non separarmene mai. Lo rimirai sulla mia mano, un anello di ferro, antico ed elaborato: non sapevo se avesse valore, proprietà o significati particolari, per me era importante perchè mi ricordava l'uomo e la terra da cui l'avevo ricevuto. Sospirai. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa mio padre aveva detto ad Alshain del Cammino del Nord, con me di sicuro non l’aveva presa bene, mi aveva detto che ero un pazzo e mi aveva maltrattato per le due settimane successive al nostro ritorno dalla Scozia, e visto che ormai Reg dormiva in un’altra stanza, alcune sere il digiuno era stato terribilmente difficile da sopportare. Mentre ero distratto e perso in quelle idee confuse, avvolto dal caos che mi stavano creando attorno i miei nuovi compagni di viaggio, - mi ci volle poco a capire che James era una vera forza e sarebbe potuto diventare un ottimo compagno di scorribande- mi accorsi appena che si era affacciato nello scompartimento e si era seduto vicino a noi un ragazzino talmente esile che sicuramente sarebbe caduto se qualcuno gli avesse anche solo respirato addosso: sembrava un ragnetto. In breve aveva attaccato una conversazione con la ragazzina dai capelli rossi, James che stava distribuendo le sue cioccorane, si mise ad ascoltare con interesse, io perso a osservare distratto il via vai sul marciapiede, e già nervoso per mio conto, notai, infastidito, solamente che era entrato senza chiedere permesso e senza salutare nessuno, occupando il posto che avevo deciso di riservare a Mey. Ora, mentre aspettavamo la partenza, addirittura stava parlando di Serpeverde e Grifondoro con toni da tale saputello che non potei più trattenermi dall’intervenire. Soprattutto perché, quando mi decisi a rivolgergli uno sguardo pieno, lo riconobbi: era il “bastardo” che mi aveva spinto e che avrei volentieri picchiato a Spinner's End, il mezzosangue che, stando a Sherton, fin dalla prima volta che ci fossimo incontrati avrei tentato di picchiare. Avrei dovuto subire la sua presenza, perdendo l’occasione di fare quel lungo viaggio con Meissa?

    “Speriamo che tu sia una Serpeverde.”

Il "ragnetto" stava cercando di confortare la ragazzina dai capelli rossi, augurandole di entrare a Serpeverde insieme a lui.

    “Serpeverde?”

James doveva aver visto l’occhiata disgustata che rivolgevo al nuovo arrivato e forse trovò divertente intervenire.

    “Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola! E tu?”

Mi rilanciò una faccia giocosa, sicuro che avrei detto a mia volta qualche "bestemmia" su Serpeverde.

    “Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde!”

Lo vidi sbiancarsi e farsi piccolo piccolo.

    “Oh cavolo e dire che mi sembravi a posto!”

Ghignai, sapevo bene cosa si diceva dei maghi serpeverde.

    “Forse io andrò contro la tradizione... Dove vorresti finire se potessi scegliere?”

James fece finta di brandire una spada.

    “Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore!... come mio padre!”

Il "ragnetto" si rivolse a James con un verso sprezzante, neanche io avevo una gran considerazione per i grifoni, ma a vederlo così arrogante, parteggiai ancora di più per James.

    “Qualcosa non va?”

James iniziava a mostrarsi piuttosto risentito e io sentivo che la situazione poteva diventare divertente.

    “No, se preferisci i muscoli al cervello!”

Il ragnetto ghignava trionfante, mentre James rimaneva per un attimo a bocca aperta.

    "E tu dove speri di finire, visto che non hai né muscoli né cervello?"

Non riuscii a trattenermi, volevo sostenere James, mi sembrava troppo candido per difendersi da solo e non ne potevo più di sentire la nasale voce gracchiante e pomposa di quel moscerino. James rise, la ragazzina si raddrizzò sul sedile, nervosa e ci guardò a turno, disgustata; poi si alzò e invitò il suo amico a scegliere un altro scompartimento. Rimasi sbalordito dal suo temperamento, fino a quel momento non le avevamo fatto nulla, nemmeno rivolto la parola. E quella smorfiosa si permetteva di giudicarci!

    "Ooooooh…"

Le urlai dietro scimmiottandola, in coro con James, che intanto provava pure a fare lo sgambetto al ragnetto.

    "Ci si vede, Snivellus"

Gli gridai dietro... E in un istante cacciai dalla mente tutto il dolore che sentivo pensando a casa, e mi ripromisi di ritrovare Meissa il prima possibile.

***

Meissa Sherton
Hogwarts Express - mer. 1 settembre 1971

    “Maledizione! Malfoy si è sistemato dove abbiamo la nostra roba!”
    “Che cosa?”

Appena svoltata la curva, ci togliemmo dal finestrino da cui ci eravamo affacciati, ringraziando i ragazzi che ci avevano ospitati nel loro scompartimento il tempo di salutare, ora dovevamo risalire più di metà treno per raggiungere i nostri posti.

    “Quegli stupidi elfi non si sono accorti che era lo scompartimento di prefetti e capocasa, ora andiamo a prendere le nostre cose, così poi posso tornare dai miei amici in fondo al treno, appena ti avrò sistemata…”
    “Ed io che dovrei fare?”
    “Ti godi il viaggio… Con me non resti di sicuro, puoi andarti a cercare un posto dove ti pare, per esempio dal tuo amico Black. Da Malfoy di sicuro non ti posso lasciare!”
    “Non puoi farmi questo!”
    “Non ti sto facendo nulla, devi solo scegliere un altro posto: devi imparare a cavartela da sola, Mey, prima impari e meglio è! Anche se siamo entrambi a Hogwarts, io potrei non riuscire sempre a farti da guardia del corpo, e lo sai bene anche tu…”
    “Non puoi lasciarmi da sola…”
    “Ci sono tanti scompartimenti, tante matricole come te, trovati qualcuno simpatico e lasciami in pace! Non fare la bambina, dai!”

Lo guardai in cagnesco, mentre già mi dava le spalle e si avviava: di sicuro faceva così perché non c’erano più Mirzam o papà a difendermi…

    “Aspettami!”

Gli corsi dietro fino quasi alla testa del treno, sbirciando tra i vari scompartimenti, un po’ per trovare un posto sicuro, lontano da Malfoy, un po’ nella speranza di trovare Sirius: alla fine trovai uno scompartimento vuoto e m’intrufolai là dentro, lieta che, per lo meno, mio fratello mi avrebbe fatto la cortesia di andare a prendere le mie cose.

    “Non mi piace che ti sistemi in uno scompartimento vuoto, Mey, è meglio cercare ancora!”

Rigel aveva fretta, ma sapeva anche di avere un impegno con nostro padre riguardo a me, un genere d’impegno che non ammetteva errori.

    “Se trovi qualcosa mi fai un fischio, io per ora resto qui, non è molto lontano dallo scompartimento in cui stiamo andando, in pochi minuti non può succedermi nulla!”

Rigel mi guardò poco convinto, in un certo senso sapeva che avevo ragione, d’altra parte non si fidava a lasciarmi indietro.

    “Tu non ti muovere, appena trovo Black ti vengo a chiamare!”

Rimasi da sola nello scompartimento, in piedi, guardando fuori dal finestrino: il cielo si era completamente coperto e le prime gocce di pioggia striavano il finestrino come bava d lumaca. Rigel aveva ragione, non era una buona cosa per me restare lì, da sola, avrei avuto troppo tempo per pensare a quello che ormai si avvicinava a grandi passi. Sentii un tuffo al cuore, nel giro di poche ore si sarebbe compiuto tutto. E io avrei dato un dispiacere alla mia famiglia.

    “Non dovresti stare qui da sola!”

Sussultai e mi voltai terrorizzata sentendo quella voce: Lucius era sulla porta, con la sua altezza occupava tutta l’apertura dello scompartimento. Era già vestito con la divisa di Hogwarts e il mantello e su tutto campeggiava la sua spilla da capocasa. Aveva il viso severo e austero, la pelle sembrava seta di luna, resa ancora più pallida dal colore quasi argenteo dei suoi capelli biondissimi, lunghi fino alla base del collo, completamente lisci; le labbra erano carnose ma esangui, l’unica cosa che spezzava quel totale candore era il blu profondo dei suoi occhi e soprattutto l’ombra oscura che saettava inquieta in essi. Ero in attesa che Rigel mi portasse le mie cose, dovevo perciò solo resistere per dei brevi attimi, così cercai di farmi coraggio e assumere un’aria serena e sicura, provai ad essere gentile e di salutarlo in maniera civile. In fondo eravamo cugini. E in quel treno c’erano tanti testimoni!

    “Ciao Lucius…”
    “Meissa… avrei voluto salutarti prima di salire, ma sei fuggita come se avessi visto il diavolo!”

Ghignò, io presi fuoco subito ma non chinai lo sguardo e decisi anche che non gli avrei risposto ringhiando offesa, per non apparire ancora più debole: cercai di sembrare distaccata.

    “Avevo visto una persona…”
    “Non importa. Tuo fratello dov’è?”

Si guardò intorno, capendo subito che era andato a riprendersi le nostre cose, quindi in quel momento era abbastanza lontano da me.

    “È andato a recuperare le nostre cose.”

Era inutile fingere.

    “Stanno nello scompartimento dove sto io, vi consiglio di tornare lì tutti e due e di restarci, c’è un’alta concentrazioni di plebaglia in questa sezione del treno e… benché non abbia una gran voglia di dividere i miei spazi con tuo fratello, come ben sai, penso non sia il caso che due Sherton stiano qui.”
    “Mio fratello ha i suoi amici in fondo al treno…”
    “E ti lascerebbe qui da sola? Non posso permetterlo… sei mia cugina… in fondo…”

Si avvicinò e mi prese per una manica, avendo cura di arpionarmi solo il tessuto e non la carne, non so che intenzioni avesse, probabilmente solo quella di tirarmi fuori dallo scompartimento e portarmi in quello dove dovevamo stare fin dall’inizio. Non ebbi nemmeno il tempo di protestare o ribellarmi.

    “Cosa credi di fare, Malfoy?”

Mi voltai, Rigel stava sulla porta, riempiendola a sua volta con la sua notevole altezza, solo in quel momento mi resi conto che benché più giovane, mio fratello era fisicamente al livello di Malfoy, anzi, forse, visto la vita che conducevamo a Herrengton, poteva essere addirittura più forte. Con un’espressione degna di mio padre, quando era arrabbiato sul serio, squadrò Lucius, che mi mollò subito la manica rivolgendo a Rigel un gran sorriso, falso e velenoso.

    “Ah eccoti qua, cugino… Non vorrai lasciare tua sorella da sola in questo zona del treno vero? Riportala nello scompartimento che aveva scelto per voi vostro padre…”

Rigel entrò e si mise tra me e Lucius, continuando a guardarlo con occhi carichi d’odio.

    “Ti ringrazio del suggerimento, ma ci penso io a mia sorella…”
    “Oh, certo, non ne dubito, ho appena visto come sai farlo… bene!”

Rivolse a tutti e due un ghigno soddisfatto e sprezzante.

    “Ti ricordo che sono un prefetto, anche se volessi, e di sicuro NON voglio, dividere spazio con voi due, non ne avrei il tempo. Quindi tornate tranquillamente nello scompartimento, non c’è pericolo che ci diamo noia a vicenda, inoltre ho bisogno di gente fidata che mi controlli la mia roba, finché tengo d’occhio questa… feccia. E mi duole ammetterlo, ma voi siete tra i pochi abbastanza ricchi da non subire quel genere di tentazioni…”

Se ne andò, con quella sua solita aria strafottente, interessato per il momento a sfogare la sua cattiveria su un gruppo di ragazzini che facevano chiasso nello scompartimento accanto.

    “Quanto lo odio! Gli spaccherei volentieri la faccia d nuovo… Te l’avevo detto di non stare qui, da sola, vedi che succede a non darmi retta?”
    “Non parlare così, mi fai paura!”
    “Beh lo spero proprio! Vorrei che la paura ti facesse capire che sei stata una stupida a non ascoltarmi… Ho saputo da Narcissa dove sta suo cugino, ora ti accompagno da lui e sistemo le tue cose, poi torno da Avery e Beckett, dopodiché non voglio più sentir parlare di te, né vederti fino allo smistamento, siamo intesi?”
    “Sì, Rigel, scusami!”
    “E non far la stupida con Black, ho già Malfoy di cui occuparmi per te, a quanto pare, ok?”

Annuii, felice che di lì a poco avrei rivisto Sirius. Seguii mio fratello nel corridoio, interrotti un paio di volte dalle sue “fans” che cercavano di portarselo nel loro scompartimento: erano tremendamente sfacciate e Rigel sembrava apprezzare quel genere di attenzioni, ma si negò loro, trascinandomi senza indugi alla meta; ero certa che, una volta liberatosi di me, avrebbe trovato il modo di rimediare a quella momentanea “scortesia”. Dopo aver riattraversato pressochè tutto il treno, fin quasi nella sezione di coda, arrivammo a destinazione: non appena intercettai attraverso il vetro gli occhi grigi di Sirius, il timore che mi aveva lasciato addosso Malfoy e l’angoscia per Hogwarts parvero sciogliersi come neve al sole.

    “Ciao Sirius!”

Mio fratello salutò e mi precedette, andando subito a sistemare le mie cose all’interno dello scompartimento, sotto gli occhi incuriositi degli altri ragazzini presenti.

    “Mey! Rigel! Finalmente! Vi presento i miei compagni di viaggio: James Potter, Remus Lupin e Peter Pettigrew. Ragazzi, questi sono i fratelli Sherton!”

I nostri “ciao” s’incrociarono gentili, insieme alle nostre mani, ma vedevo mio fratello scalpitare per lasciarci e tornare dai suoi compagni, così gli feci un cenno e lui mi ringraziò con un mezzo sorriso.

    “Io vado… se hai bisogno di me, vieni a cercarmi, ma solo se è importante e se ti fai accompagnare da lui! E non scordarti quanto ti ho detto prima!”

Disse quelle ultime parole dannatamente serio, indicando Sirius. Io non potei evitare di arrossire almeno un po’.

    “Ok Rigel, ci vediamo dopo!”

Si chinò a darmi un bacio sulla guancia, mostrando involontariamente la runa tatuata sul collo.

“    Vi auguro buon viaggio, a dopo!”

Ci rivolse il suo miglior sorriso fascinoso e si dileguò, ero sicura che prima di tornare da Avery e Beckett, si sarebbe diretto dalle due Serpeverdi che per ultime l’avevano invitato a stare un pò di tempo con loro.

    “Tuo fratello è… un gigante! Non ho parole!”

Sorrisi al ragazzino scapigliato che si chiamava James, arrossendo un po’.

    “Sono tutti così in famiglia, alti e forti!”

Sirius parlava dei miei con la solita aria sognante, mi lanciò uno sguardo che ormai avevo imparato a conoscere bene e gli sorrisi, sperando che per gli altri non fosse eccessivamente evidente il legame che esisteva tra noi.

    “Mio padre mi ha dato una lettera per te, voleva parlarti ma non è riuscito ad avere un solo minuto, nemmeno poco fa in stazione…”

Gliela porsi e capii subito che gli avevo fatto un regalo, ormai era chiaro quanto fosse affezionato a papà e quanto contasse per lui il suo sostegno, ma era anche più contento di avermi lì, evidentemente, perché, sorprendendomi, mise momentaneamente da parte la lettera e mi offrì subito delle cioccorane, mostrandosi poi generoso anche con gli altri.

    “Quindi tu sei una strega del Nord…”

James, scartando la sua razione di dolci, continuava a guardarmi con una certa curiosità, soprattutto le mani, io mi sentii a disagio e le nascosi dentro il mantello.

    “Scusami…”

Lo guardai, era arrossito un po’ anche lui.

    “No, non ti preoccupare. Comunque hai ragione, sono di Herrengton, nelle Highlands scozzesi…”
    “Beh, io non conosco né i nomi né i simboli, mi spiace, ma ho visto le rune e mio padre mi ha detto che le hanno solo i maghi del Nord…”

Vidi Sirius agitarsi un po’ sul sedile, controllando di sottecchi la situazione. L’avevo già visto comportarsi così quando davo confidenza a suo fratello e mi venne da sorridere, vagamente compiaciuta.

    “Tu di dove sei Potter?”

Sirius fingeva di armeggiare distrattamente con la lettera: dalle occhiate che gli lanciava provava interesse per quello strano ragazzino dai capelli arruffati, non solo per me. Ma soprattutto non amava essere tagliato fuori dalle conversazioni.

    “Sono di Godric Hollow, la mia famiglia vive lì da secoli… Tu, invece, vieni da Londra si capisce da come parli… e da come vesti!”

James lo guardò in un modo strano, Sirius rimase momentaneamente interdetto dall’esattezza dell’intuizione, avrebbe forse voluto ribattere, ma Potter già tornava alla carica con me.

    “Mio padre dice anche che i maghi del Nord sono ormai pochi e che di voi si raccontano cose leggendarie, che fate magie che vanno al di là di quella ufficiale…”
    “Siete maghi oscuri?”

Il ragazzino impacciato e rotondetto che si era presentato come Peter intervenne all’improvviso e mi guardò con un misto di stupore e terrore, forse anche di vaga ammirazione: mio padre mi aveva spiegato che su di noi circolavano storie particolari e non mi feci cogliere alla sprovvista da quella strana reazione.

    “Non è magia oscura, è magia primordiale...”
    “E cosa sarebbe questa magia “primordiale”?”

Remus, con la sua aria un po’ malatina e i capelli biondi, era l’unico che finora era rimasto in silenzio, per i fatti suoi, ma i suoi occhi attenti e carichi di curiosità lasciavano intendere che se avesse lasciato da parte la timidezza, avremmo continuato a parlare per ore e ore.

    “Posso solo dirti che a Herrengton la magia convenzionale non funziona mai, se è usata contro uno Sherton.”

Sirius mi guardò corrugando la fronte. Non aveva perso una battuta e la sua faccia era stranamente seria.

    “Perché non mi hai mai detto nulla di tutto questo?”
    “Perché sta a mio padre parlare di queste cose, non a me...”
    “Questo significa che i prossimi sette anni saranno assolutamente inutili se avessi la pessima idea di farti arrabbiare mentre stiamo a Herrengton!”

Sirius fece sparire lo strano cipiglio e sorrise, guardandomi divertito, gli altri erano ancora abbastanza stupiti e impressionati: io iniziavo a sentirmi a disagio, in fondo mio padre mi aveva vietato di parlare di Herrengton a scuola e mi risollevava vedere che Sirius la stesse buttando sul ridere. Probabilmente aveva capito che ero in difficoltà, perché di colpo cambiò discorso, iniziando a parlare delle famigerate scope che stavamo introducendo a scuola illegalmente, delle abilità dei miei fratelli e di Quidditch in generale. Quando saltò fuori che mio padre era proprio "Quel" Alshain Sherton, il famoso ex cercatore del Puddlemere United, tutti si scordarono rapidamente della presunta magia oscura di Herrengton e la discussione con mio grande sollievo prese una piega completamente diversa e finì col toccarmi sempre meno, dandomi il tempo e il modo di ammirare il paesaggio cambiare, con i morbidi e piatti profili inglesi che via via diventavano sempre più spigolosi e decisi a mano a mano che ci dirigevamo verso nord. Erano ormai passate le 15 quando, esaurita una animata disputa dovuta al loro antagonismo sportivo, Sirius tifava per il Puddlemere e James per i Tornados, tutti e cinque cogliemmo al balzo il passaggio della signora dei dolciumi, per reintegrare le nostre scorte ormai ridotte, e ci scambiammo un po’ delle figurine che avevamo così conquistato. Mentre Remus sembrava immalinconirsi guardando la pioggia che frustava i vetri e Sirius era impegnato a truffare Peter, proponendogli uno scambio di figurine davvero iniquo, io mi occupai di Ginevra e Caius, visto che nonostante tutti i progressi estivi, Black non sapeva trattare con il suo gufo reale e quella povera bestia iniziava a soffrire per la sua disattenzione.

    “Tu in quale casa pensi di finire?”

James si offrì di aiutarmi con Caius, bisbetico come la maggior parte degli abitanti di Grimmauld Place, ma l’unica cosa che ottenne fu un colpo di becco sulla mano.

    “Serpeverde!”
    “Corvonero!”

Io e Sirius, che evidentemente non si perdeva una sola battuta là dentro, rispondemmo in coro, sovrapponendo le nostre voci, gli altri ci guardarono abbastanza stupiti.

    “La mia famiglia è Serpeverde da sempre, ma le femmine in genere finiscono a Corvonero…”
    “Wow! Bizzarro! Quindi come funziona, non vi parlate nemmeno in casa?”

La stupida reazione di James mi colpì come una stilettata improvvisa, mi mandò il sangue al cervello e mi fece stringere lo stomaco dalla paura, Sirius mi lanciò degli sguardi carichi di sostegno, poi, senza quasi rendermene conto, mi ritrovai con la mano catturata nella sua, che mi faceva coraggio. James ci guardò divertito ma ebbe la decenza di tacere. Tremavo e iniziavo a respirare in modo strano, Black doveva essersene accorto, perché di nuovo cercò argomenti che potessero distrarmi.

    “Sai, poco prima che arrivassi tu, è entrato il ragazzino di Spinner’s End!”
    “Che cosa?”
    “Prima che tu e Rigel entraste… è stato molto divertente… Raccontale tutto, James!”

Potter, stupito che Sirius gli lasciasse l’opportunità di riferirmi quello che per loro, finora, era stato uno dei momenti più esaltanti del viaggio, mi descrisse l’episodio, senza conoscere i retroscena e quindi le motivazioni profonde di Black. A me si contrasse di nuovo lo stomaco: Severus mi aveva tirato fuori dai pasticci, quel giorno nel parco, ancora tremavo all’idea di cosa sarebbe successo se non mi avesse trovata ed io fossi rimasta intrappolata in quell’allucinazione. Mi resi conto di quanto mi desse fastidio che Sirius e i suoi amici lo deridessero, esattamente come quel giorno, quando avevo evitato che Black lo aggredisse.

    “… E la ragazzina dai capelli rossi, logicamente era la sua amichetta che abbiamo visto nel parco…”

Lo guardai pensierosa. Quindi era davvero una strega anche lei…

    “Beh, non dici nulla? Pensavo ne saresti stata entusiasta, dopo quello che mi ha fatto…”
    “In realtà non ti ha fatto nulla, Sirius, almeno non volontariamente… Credo dovresti risolvere questa storia il primo possibile… è presto per dar vita alle faide, non credi? Se lo avessi come compagno di casa, ti renderesti da subito la vita un inferno!”
    “A guardarlo bene… credo che sarei io a rendere la vita un inferno a lui…”

Sirius rilanciò un’occhiata divertita a Potter, che ghignò complice, gli altri due fecero finta di nulla, forse avevano già capito che era meglio non metterseli contro.

    “Per me dovresti lasciarlo in pace…”

Lo guardai seria, e Sirius mi rimandò un’occhiata che non compresi, non c’era ironia, non c’era giocosità, era uno sguardo stranamente adulto e per la prima volta capii che, se avesse voluto davvero, sarebbe stato capace di farmi paura anche lui. James interruppe quella strana sensazione, mettendosi a ridere, guardandoci con un ghigno ancora più ironico di prima, da odioso saputello.

    “Che cosa c’è?”

Ero basita, ancora turbata per l’atteggiamento ostile di Sirius, e James mi stava prendendo in giro senza che ne capissi il perché: fino a quel momento mi era sembrato un tipo a posto, a parte la storia di Snape e la battutaccia sui Corvonero. Potter m’ignorò completamente, rivolgendosi a Sirius.

    “Mi sembra che la tua ragazza non ti dia molto retta, Black!”

Io divenni di fuoco, immediatamente. Anche Sirius, evidentemente sovrappensiero fino a quel momento, ora lo fulminava perplesso, poi guardò me, in fiamme, e divenne a sua volta rosso quando notò che ci stavamo ancora tenendo per mano: la cosa era diventata abituale nei mesi estivi, dopo Spinner's End, quando non eravamo sotto gli occhi dei miei e, senza accorgercene, ci era sembrato naturale anche in quel momento, benché fossimo in pubblico. Mi meravigliai nel vedere che Black a quel punto non si sottrasse alla presa, anzi, gli vidi la stessa espressione protettiva di quando mi aveva trovata, di notte, nella sala da pranzo di Grimmauld Place.

    “Che cosa vorresti dire, Potter?”

Era evidente cosa voleva dire James, ma Sirius gli lanciò ugualmente uno sguardo sicuro, di aperta sfida. E Potter non si fece spaventare dal classico ghigno dei Black.

    “Beh sembra quasi che tu sia geloso di quel tipo unticcio e che lei ti tratti come se fossi… di sua proprietà…”

Lo guardai in cagnesco e questo lo fece ridere ancora di più.

    “Guarda come sei diventata rossa! Ci ho proprio preso!”

Sirius rimase impassibile, guardò prima me, poi James, stringendo più forte la mia mano quando cercai di sottrarmi.

    “Siamo amici, Potter… se vuoi corteggiarla, fai pure, non devi chiedere il permesso a me, ma a lei… Quanto al tipo unticcio, se lo odio non è per lei…”

Ghignò: lo guardai, mi colpì tremendamente la serietà con cui aveva scelto quella parola, “ODIO”. Non avevo mai capito quanto Sirius fosse figlio di sua madre, un autentico serpeverde. James aveva smesso la sua faccia saputa e iniziava a guardarlo stupito, disorientato dall’atteggiamento sicuro e definitivo di Sirius, mentre io, per cercare di uscire il prima possibile da quel momento assurdo, cercai di prendere in giro Potter, buttandola sullo scherzo.

    “Oh magari! Non sai quanto vorrei essere la tua compagna, James!”

Quasi tutti nello scompartimento risero, mentre io facevo gli occhioni da bambola e Potter diventava color pomodoro, senza più riuscire a sostenere il mio sguardo, via via più beffardo. Sirius non rise: aveva la faccia atteggiata nel ghigno che spesso rivolgeva a suo fratello, continuò a tenermi per mano, lasciandole stavolta bene in vista, e non mi mollò più fino a oltre metà del viaggio, benché cercassi di sottrarmi con noncuranza alla sua presa . All’inizio mi aveva fatto piacere essere “difesa” di fronte ai suoi nuovi amici, anche se mi turbava quel gesto così plateale in pubblico, in fondo c’eravamo appena allontananti dagli occhi dei nostri genitori… eppure l’espressione dimessa di Potter era troppo esilarante per pensarci, in quel momento. Ma in breve capii quanto esagerasse, era come se volesse dimostrare che sarebbe stato capace di tagliare mani e lingua a chiunque avesse provato a fare il cascamorto con me. Volevo bene a Sirius, ma non era così che immaginavo la mia amicizia con lui.

    “Allora cosa ti ha scritto mio padre?”

Dovevo distrarlo, inoltre a me interessava davvero sapere cosa c’era scritto nella lettera, Sirius sprofondò sul sedile con la pergamena in mano, in faccia un’espressione via via più beata, a mano a mano che leggeva, dovevano essere proprio buone notizie.

    “Mio padre ha accettato! Non m’impedirà di farlo! Leggi!”

Mi porse la lettera tutto esultante, quando finii, lo guardai, Sirius era in piena estasi ed io ero felicissima per lui, perché sapevo quanto ci tenesse a prendere le nostre Rune, e perché questo significava che tra noi ci sarebbe comunque stata una lunga amicizia, indipendentemente da come sarei stata smistata, un legame indissolubile, che ci avrebbe unito per la nostra intera vita.

    “Sono felice per te, so quanto lo desideri.”
    “Sarà bellissimo, sarà… Vedrai Mey, anche tu, anche tu vedrai realizzati i tuoi sogni entro stasera…”

Guardai fuori dal finestrino, tra pettegolezzi sulle case, sui professori e sulle materie, la giornata era ormai giunta al termine, il sole che timidamente aveva battuto la pioggia per un breve momento, da un pezzo si era già tuffato tra le montagne e il paesaggio era ormai definitivamente settentrionale e aspro: ero di nuovo a casa. Un brivido mi percorse la schiena, Hogwarts era ormai vicina. Sirius si avvicinò e mi abbracciò, intravidi un ghigno sul viso di Potter e un moto imbarazzato in Remus, entrambi di fronte a me.

    “Speriamo…”
    “Hai intenzione di farle la dichiarazione entro stasera?”

Potter sbuffò la sua battuta continuando a guardare fuori nel buio, saettandoci dal vetro uno sguardo beffardo, io volevo alzarmi e andarmene, non perché mi mettessero a disagio con quell’assurda scaramuccia, ma perché il terrore per Hogwarts ormai era difficile da controllare, soprattutto con “quel” Sirius al mio fianco. Tremavo. E non avrei concesso la visione della mia debolezza agli occhi di nessuno.

    “E’ ora di darci un taglio… tutti e due!”

James rideva tutto preso dal suo sacchetto di cioccorane, io lo guardai con sufficienza, poi fulminai Black, che analogamente non parve prendermi molto sul serio.

    “Vado a sgranchirmi le gambe!”
    “Sbrigati, tra poco dobbiamo prepararci!"

Uscii senza più badargli, vidi Lucius di spalle che si dirigeva verso la testa del treno, così mi diressi nella direzione opposta, verso mio fratello: mi sentivo in fiamme, senza un vero motivo mi trovavo a odiare quel Potter con tutte le mie forze, come se concentrassi su di lui tutte le sensazioni negative che si sprigionavano in me al pensiero di quello che stava per accadere e perchè per colpa sua avevo visto un aspetto di Sirius che non sarei mai stata in grado di sopportare. James aveva ragione, come mi avevano detto anche i miei e Rigel, non potevo comportarmi come avevo sempre fatto in quei due ultimi mesi con Sirius, almeno non in pubblico. Mi prese una profonda tristezza, un infinito senso di solitudine. Cercavo uno scompartimento vuoto solo per poter piangere, anche se era impossibile sperare di trovarlo, ovunque la gente era presa dalla frenesia e iniziava a prepararsi, l’arrivo era pressoché imminente, mi fermai lungo il corridoio, a osservare la pioggia che aveva ripreso a battere con decisione sui vetri. Era calata la notte -non solo su quella giornata, ma sulla mia vita-, era tempo di mettere la divisa -e d’infiocchettarla con una stupida cravatta da Corvonero-, risistemare i bagagli parzialmente aperti e prepararsi all’arrivo -e a dire addio a Sirius, perché sua madre non mi avrebbe più voluta nemmeno per lui, una volta che fossi stata…-.
No, non potevo crollare proprio adesso. Iniziai a tornare indietro e fu allora che li vidi: Lily e Sev stavano in uno scompartimento semivuoto, complottavano come al solito, lui le prendeva le mani e lei, come sempre, pendeva dalle sue labbra. Non mi sentii mai sola come in quel momento, avvolta nel buio del corridoio: c’erano gioia e caos nei vari scompartimenti, i più grandi avrebbero ritrovato i loro amici e avrebbero affrontato con loro un nuovo anno di avventure, i nuovi erano emozionati per la vita che li stava aspettando, per i nuovi amici che avrebbero conosciuto. Io mi sentivo un pezzo di ghiaccio, tremavo, battevo perfino i denti.

    “Vuoi venire da tuo fratello con me?”

Una voce divertita mi accarezzò l’orecchio, mi voltai alzando gli occhi, intercettai nella penombra un ghigno da spirito dei boschi e uno sguardo di ossidiana blu, che mi avevano detto di evitare come la peste. Che sapevo di dover evitare come la peste. Mi ripresi subito, indossando la mia maschera e mettendomi sulla difensiva.

    “No grazie!”
    “Sicura che vada tutto bene, Meissa Sherton?”
    “Va tutto benissimo, grazie, signor Lestrange!”

Mi voltai e rapidamente, ma senza correre, mi avviai al mio scompartimento, trattenendomi dalla forte tentazione di voltarmi per controllare che non mi seguisse, ma ero più che sicura che fosse fermo al suo posto, con quel dannato, stupendo, sorriso in faccia. Avere il diavolo alle spalle: era quindi questa la sensazione? Con il viso in fiamme rientrai nello scompartimento, mi mossi evitando di rivolgere la parola agli altri, scambiando solo un timido sorriso con Remus e Peter e il peggiore dei miei sguardi d’odio a Potter. Non ero ancora arrivata a Hogwarts e già mi ero procurata un “nemico” in più.

    “Tutto bene Mei?”

Sussultai, ritornando con i piedi per terra: Sirius al mio fianco mi aiutò a scaricare i bagagli e a sistemare la gabbia di Ginevra accanto a quella di Caius. Il treno rallentò, fino a fermarsi, le grida di giubilo all’interno del treno si levarono sempre più, fino a diventare un ululato continuo. Il mio cuore smise di battere. Inghiottii a stento, il viso funereo, poi alzai il viso e gli occhi di Sirius cancellarono di nuovo la mia paura. Gli sorrisi, intimidita, mi sistemai una ciocca dietro l’orecchio.

    “Tutto bene, Sir! Alla fine ci siamo!”
    “Non devi avere paura, Mey, ci sono io con te, sempre…”

Mi passò un braccio attorno alle spalle e in coda agli altri, finalmente, ci dirigemmo all’uscita.


*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010). 
Valeria


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