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Autore: Cladzky    09/06/2015    1 recensioni
Un opera prima pensata come un fumetto, poi, per mancanza di voglia nel disegno, tramutata in un racconto illustrato. Ogni riferimento a qualche altra opera è puramente casuale. Forse.
La storia segue le vicende di Numero 15, clone genetico, creato per l'esplorazione spaziale. Ma la tragica fine del suo viaggio, sarà l'inizio di una grande avventura, in un mondo stranamente simile alla Terra.
Genere: Azione, Comico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Piccola premessa#
Ho deciso di adornare il tutto con delle illustrazioni, ma mi scuso per la renderizzazione del computer, rendendo i disegni peggio di come già lo sono. Ringrazio e buona lettura.

Uno sguardo verso il vuoto. Tante piccole lucine bianche oltre il vetro del ponte. Un asteroide, che a prima vista sembrava vicinissimo e grande poco più di qualche metro, era in realtà distante diverse decine di chilometri, e dal diametro di almeno due o tre, intento a rotolare nell'infinito nulla. Era strano come lo spazio dava grandi illusioni ottiche.
                               
Certo, era uno spettacolo che lasciava senza fiato vedere, sebbene in lontananza Galassie, pianeti, satelliti, nubi spaziali, stelle, detriti rocciosi, comete e altri fenomeni cosmici, che agli occhi di qualunque persona, sarebbe parso il maggior traguardo della propria vita, ma ora, tutto quel vuoto, pieno al tempo spesso di oggetti distanti anni luce, irraggiungibili dalla nave, era uno spettacolo a dir poco terrificante.
Sapere di non poter essere raggiunti da nessuno, e che nessuno avrebbe minimamente cercato di salvarli, o meglio salvarlo, era quello a cui la sua mente era più vicino, ma cercava disperatamente di allontanarsi, trovando riparo nel sicuro e ottimistico rifugio della follia.
Ritornò a fissare il cadavere del Numero 14. Era stato quello più difficile da prendere. Non era uno che si dava per vinto, era deciso a lottare fino alla fine. Ma Numero 15, con la disposizione di un coltello a serramanico, ebbe infine ragione su di lui.
Il sangue, la carne che si lacerava, gli occhi sgranati della vittima. Si ricordava di tutti e quattordici i compagni, morti per mano sua. Si vergognava, si pentiva delle sue azioni. Se almeno avrebbe dovuto morire, avrebbe preferito farlo in compagnia e in fretta. Invece si ritrovava da solo. In tutta la Plutone neanche un essere vivente, se non lui e diversi chili di carne. Carne umana.
Solo, abbandonato e con un peso sulle spalle.
Con tutta quella scorta di alimentari, "raccolta" dopo l'esaurimento dei viveri, sarebbe sopravvisuto fino all'anno prossimo. Per cosa? Morire solo, senza nessuno?
Guardò il braccio del compagno che aveva in mano. Muscoli, ossa e vene e arterie, fuoriscivano dai moncherini, creando una grottesca gocciolata di pesante liquido rosso, sul pavimento metallico del ponte della nave, che ripercorrendo un irregolare scia di sangue, raggiungeva il gomito mozzo del Numero 14.
Carne da macello erano considerati lui e i suoi compagni. E carne da macello sono diventati.
                                                                            
Esperimenti genetici, uomini creati in laboratorio, senza nessun particolare, uguali a qualsiasi umano in circolazione, ma identici l'uno all'altro. Stessi capelli biondi, folti nella parte destra del capo e rasati a sinistra, stessi occhi verde acqua, stessa etnia caucasica, anche stessa lunghezza del pene.
Creati per testare prototipi, siano farmaci, macchine o bevande. Esplorare meandri del cosmo, raccogliendo informazioni sulla sua composizione, in viaggi, di dubbio ritorno. Spesso la maggior parte non sopravviveva a test e viaggi.
Erano l'anello più piccolo e inutile della catena alimentare del grande habitat, chiamato marketing.
Voleva solo farla finita. Ma non ne aveva il coraggio. Come tutti quelli della sua specie, per qualche ragione, per quanto destinati a morte certa, erano incredibilmente attaccati alla vita.
Poi qualcosa in lontananza. La sua via d'uscita da quell'inferno. 
Un piccolo, apparentemente innocuo e monocromatico buco nero.
Doveva farlo. Disattivare il pilota automatico, lo stesso che per un errore di calcolo li aveva mandati fuori rotta, e dirigersi con i comandi manuali verso il vortice. L'idea era semplice, perfettamente realizzabile. Ma esitava. Non voleva morire.
Ma senza volerlo, le sue gambe si dirgevano da sole verso la sala pilotaggio.

Era lì. A meno di pochi chilometri dal buco nero. Oramai l'attrazione orbitale, spingeva la Plutone verso il proprio centro.
No, esitava e spingeva i motori al minimo, lasciandosi il tempo di pensare. Il suo sgardo allucinato, verso il nero cerchio, circonadato da detriti spaziali, che a poco per volta, scomparivano dentro di esso.
Poi, preso dall'istinto cieco, con la mente oscurata dalla furia, dal pentimento, dall'odio verso sè stesso, strinse fra le falangi la leva dell'accelerazione e con un rapido scatto, la portò a folle.
La nave, alla velocità media di 460 Km/h, o almeno così segnato dalla lancetta di uno strumento di bordo, veniva proiettata verso il buco nero.
In preda ad un'insana euforia, sollevandosi dal sedile, Numero 15 urlava all'impazzata, frasi di gioia, quasi macabre.
-Vengo a raggiungervi amici! Non vi scopate gli angeli senza di me!
Il velivolo entrò a contatto con il buco nero. Per un attimo, le tre dimensioni, profondità, lunghezza e larghezza, sembravano alterarsi. L'astronave si allungò innaturalmete con il muso di prua e si catapultatò verso uno strano luogo bianco puro, oltre il buco nero, a velocità impossibile.
 
 
   
 
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