Serie TV > Da Vinci's Demons
Segui la storia  |       
Autore: Vale11    11/06/2015    3 recensioni
Una raccolta di drabble e one shots che girano intorno a Riario e Da Vinci. Possono essere ambientate nel rinascimento come ai giorni nostri, possono andare dal comico al romantico, fino al decisamente deprimente.
"C’è chi gli ha detto che è quando sorride che fa più paura. Lui sa che il suo sorriso continuo è una reazione anche alla sua, di paura. Di quando ne aveva, di quando ne ha avuta. Di quando ne ha. Sorridi in faccia a chi ti sta frustando la schiena, e vedrai che gli confonderai le idee. Almeno quello. Ha imparato a sorridere così bene. Un sorriso freddo, falso e senza grazia alcuna."
Occhio, spoiler di brutto!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gli incubi di Leonardo non hanno senso, sul serio. Non sa bene di cosa si tratti, non capisce mai cosa vede, ma sa che gli fanno paura: è una di quelle sensazioni che nascono alla bocca dello stomaco e crescono finché non ti riempiono del tutto, e a quel punto non sai nemmeno più bene cosa fare. Ti paralizzi o scappi? Cosa ti viene più istintivo?


Quando Leo ha un incubo Girolamo se ne accorge subito: ha imparato a leggere ogni movimento degli occhi sotto le palpebre, ogni rumore che gli esce di bocca. Non è facile: Leo è un casinista anche mentre dorme, capire se si tratta di un incubo o di un semplice sogno ha richiesto mesi di esperienza. Se dopo un po’ le sopracciglia iniziano ad aggrottarsi, i pugni stringono disperatamente il lenzuolo e la testa inizia a dondolare a destra e a sinistra vuol dire che è arrivato l’incubo: di solito, a questo punto, Girolamo è sveglio da una decina di minuti e lo controlla con un’attenzione paranoica, pronto a intervenire.
Secondo punto: Leo non si sveglia così facilmente. Girolamo ha provato di tutto, ma non c’è verso di fargli aprire gli occhi subito: è come se i suoi sogni lo risucchiassero così a fondo da impedirgli di riguadagnare la superficie. A volte, gli fa paura. Ha paura che Leo non si svegli, che rimanga incastrato da qualche parte, ha paura di rimanere da solo e oddio, sarà il caso di respirare e dargli una svegliata. 
Terzo punto: Girolamo ormai ha una gamma sperimentata di provvedimenti da prendere. Prova a chiamarlo, prima sottovoce poi a voce più alta, ma non urla mai. Non gli piace, forse non ci riesce proprio. Ha sempre vissuto fra le righe, quasi in sordina, che sia per colpa di suo padre o per carattere non lo sa, ma si trova meglio a dietro le quinte che sul palco. Leo è il contrario, ovvio. Non s’avesse a vedere. Quando lo scuote, fa sempre piano. Ha paura di fargli male. Poi certo, se non si sveglia possiamo parlarne.


Dunque.


Sono andati a letto da un paio d’ore dopo aver fatto lo sforzo di andare al compleanno di Giuliano, il marito di Vanessa, festa durante la quale a Girolamo è salito un mal di testa perforante dovuto all’alcool, al caldo soffocante del locale, al rumore e al casino che hanno fatto il figlio di Giuliano e Vanessa insieme a quello di non hanno capito bene chi. Bambini rumorosi, in ogni caso. A Girolamo piacciono, i bambini. Basta che gli stiano lontani e non siano suoi, per intendersi.
In ogni caso.
Hanno declinato l’invito di Zo a spostarsi in discoteca, per il semplice fatto che a quel punto a Girolamo sembrava di avere un chiodo piantato in mezzo agli occhi (e che hanno l’impressione, a volte, che quella roba che sparano a tutto volume in certi posti sia da decerebrati. Ma non l’hanno detto), Leo ha preso sottobraccio il suo ragazzo e l’ha strascicato fino alla macchina cercando di fargli evitare muri e pali, visto che Girolamo camminava come un cieco con una mano sugli occhi. Gli fa male la luce, quando ha mal di testa in quel modo. Anche quella più bassa, anche solo un lampione acceso. Quando poi incrocia i fari di una macchina, ha quasi voglia di vomitare.
Sono emicranie, funzionano così.
Leo l’ha praticamente cacciato in macchina e gli ha allacciato la cintura, tirando giù il sedile quasi in orizzontale e premendogli una mano sulla fronte per farlo stare sdraiato, ha messo in moto, non ha acceso la radio ed è arrivato a casa il più velocemente possibile.


Girolamo vedeva le stelle, letteralmente: pallini luminosi che si muovevano sotto le palpebre chiuse e un dolore sordo, insistente e a tratti quasi assassino che partiva dalla fronte arrivava alle tempie, fin giù alla mandibola. Leo l’ha fatto stendere a pancia in giù con la testa girata di lato, ha abbassato tutte le luci e ha iniziato a massaggiargli il collo e le spalle. La testa gli faceva così male che ci ha messo un po’ per riuscire ad addormentarsi.
Poi si è svegliato di colpo, con la netta sensazione di aver appena sentito una scossa di terremoto, o il letto che si spostava…o Leo che si agitava. 
La terza, Leo che si agitava.


C’è qualcosa che lo insegue, ogni volta che sogna: quando va bene è una sensazione di sottofondo, talmente sottile da essere ignorabile, altre volte sa perfettamente che c’è, è li, sta per andargli addosso, e la cosa più spaventosa è che non sa di cosa si tratti, e non sa cosa gli succederà quando lo prenderà. Perché lo farà, sicuro come l’inferno.
Poi, per la prima volta quella sensazione sparisce, sostituita da un’altra ben più terrificante.


Girolamo si stropiccia via il sonno dagli occhi e si mette ad osservarlo, come fa sempre, per capire se si tratta solo di un sogno particolarmente vivido o di un incubi vero e proprio; quando tutti e tre i sintomi sopraelencati si presentano, inizia a chiamarlo.
“Leo, Leonardo, svegliati”
Niente.
Girolamo prova ad alzare la voce, solo un po’.
“Leo, è solo un sogno - gli dice, levandogli i capelli dagli occhi - svegliati”
Ma Leonardo non reagisce, pare proprio non sentirlo.


Sogna di essere solo, completamente solo. Girolamo non c’è più e, nel sogno, ha la sensazione che non se ne sia andato di sua spontanea volontà: non sa bene cosa sia successo, ma è sparito. E si sente solo da morire.


“Leo, ehi. Leo, svegliati - Girolamo inizia a scuoterlo per le spalle, prima piano poi sempre più forte - non fare così, Leo.”
Niente, anzi. Se possibile, Leonardo si agita ancora più di prima. E’ al punto in cui le spalle deve tenergliele schiacciate contro il materasso per non prendersi una zuccata sul naso.
E Leo niente, non si sveglia.


Non ha più nessuno, nel suo sogno. Non ha più Girolamo, il che fa si che non abbia più nessuno con cui essere completamente se stesso cosa che, a sua volta, fa si che non abbia più un cazzo di nessuno. Ha un buco nel petto grosso come un traforo autostradale e si rende conto che, per la prima volta, la sua felicità, tutto il suo essere, dipendono anche dall’esistenza di un’altra persona. E, nel suo sogno, questa persona non c’è più.


“Leo, Dio santo Leo - non sa più come fare, non era mai arrivato al punto di essere spaventato in quel modo. Si china sul suo ragazzo e gli appoggia la fronte su una spalla - svegliati Leo. Per favore”
Niente, Leonardo sembra entrato in un universo parallelo a cui lui non ha accesso. A quel punto si lascia prendere dal panico, acchiappa la bottiglietta d’acqua che tiene sul comodino, la stappa al volo e gliela rovescia addosso. E, mentre parte del suo cervello gli urla una cosa del tipo ma sei scemo, devi essere impazzito, la parte che rimane è sollevata da morire nel vedere gli occhi verdi di Leo che si spalancano. E’ cos’ sollevata che gli viene da piangere.


Leo si trova, nel giro di pochi secondi, da un universo in cui Girolamo non esisteva più a uno in cui è dritto davanti a lui, e lo guarda con due occhi enormi e terrorizzati. 
Non si accorge nemmeno del fatto che è bagnato fradicio, ne che il gavettone che gli ha rifilato il suo ragazzo abbia inzuppato tutto il materasso: gli si lancia addosso con la forza della disperazione e riesce a ripetere solo “sei qui” in continuazione, come un mantra distorto. 


Girolamo reagisce all’abbraccio di Leonardo abbracciandolo come un disperato a sua volta, bagnandosi la maglietta e i pantaloni del pigiama e lasciando che i suoi ciuffi fradici gli sgocciolino addosso senza farci nemmeno caso.
“Certo che sono qui, Leo - gli dice, sostenendogli la schiena con una mano e tenendogli su la testa con le dita fra i capelli - sono qui. Dove vuoi che vada?”
Quando Leo non risponde e si limita a scuotere la testa capisce che ha davanti una notte bella lunga.
“Ti va una cioccolata calda?”
Leo scuote la testa, e bofonchia qualcosa a proposito del fatto che faccia troppo caldo.
“Un succo di frutta? - rilancia - un bicchiere di latte freddo con la menta?”
Quando un occhio verde sbuca dall’ingorgo di braccia che sono diventati, sa di averci azzeccato.
“Aspettami qui - gli dice baciandogli i capelli bagnati - te lo preparo, vado a prendere un asciugamano e torno”
“No! - Leo gli si aggrappa a un polso - no, per favore. Vengo con te, fammi venire con te”
“Leo, ehi. Ehi - Girolamo se lo stringe addosso di nuovo, rimuginando. Non reagisce così, di solito - certo che puoi venire con me, ho solo pensato che volessi provare a dormire. Va tutto bene - gli dice passandogli una mano sulla schiena - va tutto bene”


Leonardo mugugna qualcosa, poi si lascia tirare su in piedi e resta li, finché una mano di Girolamo non lo trascina in bagno e lo fa sedere sul water chiuso; pochi secondi dopo sente un asciugamano iniziare a frizionargli i capelli, ma non ha il coraggio di chiudere gli occhi: il sogno è ancora troppo vivo sotto le palpebre. E se quando li riapre Girolamo non c’è davvero più? Allunga una mano fino a trovare la maglia del pigiama del suo spilungone preferito, chiude le dita sulla stoffa e si assicura che ci sia davvero.


Girolamo sente le dita di Leo chiudersi sulla sua maglia, limitando decisamente il suo spazio di manovra; butta l’asciugamano nel lavandino e si china davanti a lui.
“Leo, che succede? - gli chiede, cercando di pettinarlo con le mani. E’ un’impresa disperata - che hai sognato?”
Leonardo fa scivolare lo sguardo sul pavimento e lo lascia li, apre e chiude la bocca e poi finisce per stringersi nelle spalle, appoggiandogli la fronte sul petto.


Non può dirglielo, non vuole dirglielo: è una paura troppo infantile per uno che ha passato l’età in cui poteva esserlo da un bel po’. 
Ma ha sempre avuto paura di essere lasciato solo, è una cosa che lo terrorizza: non sa se è per via del fatto che suo padre l’ha praticamente mollato da Andrea appena ha potuto, se è perché sua madre è sparita quando non aveva ancora un anno o cosa, fatto sta che l’idea di essere abbandonato è capace di distruggerlo in pochi secondi. Sa di essere perfettamente in grado di sopravvivere per conto suo, il fatto è che non vuole farlo. Sente Girolamo sospirare, poi si sente prendere per mano e portare in cucina. Tiene sempre le dita artigliate nella sua maglia.
Girolamo non fa niente per fargliele levare, prende una sedia dal tavolo e la volta verso il frigorifero, poi si china di nuovo davanti a lui.
“Leo, ho bisogno di andare in cucina e prepararti qualcosa da bere. Se ti siedi qui puoi vedere dove sono per tutto il tempo - gli toglie di nuovo i capelli dagli occhi, cerca di sciogliere almeno un paio di nodi con le dita - che ne dici?”


Leonardo lo sta spaventando: ha gli occhi vitrei, quasi annebbiati, e non è normale per niente. Si attacca a lui come farebbe un bambino, ed è terrorizzato dalla sola idea di lasciarlo andare. 


Leo è colpito dalla reazione di Girolamo: non sa se ha già capito cosa gli passa per la testa, ma il fatto che cerchi di tranquillizzarlo cercando di essere sempre visibile gli fa piacere in un modo che non credeva fosse possibile. Annuisce stringendo le labbra, obbliga le sue dita a lasciargli la maglietta e stringe la seduta della sedia fino a farsi diventare bianche le nocche. Fissa la schiena del suo ragazzo che si china nel frigorifero, tira fuori il latte, lo versa in un bicchiere e ci aggiunge un po’ di succo di menta, poi lo guarda mentre mescola e gli si avvicina di nuovo, appoggiando la bevanda sul tavolo e mettendogli le braccia incrociate sulle ginocchia. Gli indica il bicchiere con un cenno della testa.
“Bevi piano - gli dice, passandogli le dita di una mano su un fianco - è freddo. Non voglio che ti svegli fra mezz’ora perché devi scappare in bagno”
Sorride.
Si porta il bicchiere alle labbra, tira giù un sorso e deglutisce con un po’ di fatica quando si rende conto che, evidentemente, Girolamo ha ancora un bel mal di testa con cui fare i conti. Riconosce i segni: gli occhi ridotti a due fessure, cerca continuamente di rimettersi a posto il collo facendolo scrocchiare, cosa che gli fa sempre venire i brividi, si passa spesso le mani sulla fronte e si stira la schiena di continuo. Si sente in colpa.
“Sto bene, Giro - gli dice, cercando di suonare convincente - torniamo a letto?”


La faccia che fa dev’essere davvero interrogativa, perché Leo annuisce e fa per alzarsi.
“No, no. Ehi - gli appoggia le manu sulle ginocchia e lo obbliga a sedersi di nuovo - finisci di bere con calma, poi se vuoi torniamo a dormire. Ok?”
Non ha il cuore di dirgli che quando uno ti dice che sta bene con le mani che tremano in quel modo non è esattamente credibile. Leo butta giù un altro sorso di latte e menta e abbandona la schiena contro la sedia.
“Hai ancora mal di testa”
“Sta passando”
“Mi dispiace”
“Smettila - gli sorride, allungandosi un po’ e mettendogli i capelli dietro un orecchio - mi hai stressato per tutta l’università dicendomi che non dovevo chiedere scusa quando avevo un incubo, e ora inizi a farlo tu?”
Leo gli sorride, quasi.
“Non hai ancora smesso di chiedere scusa ogni volta che ne hai uno”
“Abitudine”


Leonardo annuisce, finisce di bere e appoggia il bicchiere sul piano del tavolo.
“Torniamo a dormire?”
Vede Girolamo continuare a guardarlo, non ancora esattamente convinto, lo prende per mano e si lascia guidare fino alla loro stanza; è il primo a stendersi di nuovo, tenendo gli occhi fissi su Girolamo che si sposta dalla sua parte del letto, si sdraia accanto a lui e si volta a guardarlo.
“Spengo la luce? Sei più tranquillo?”
Senza nemmeno rendersene conto, gli prende di nuovo la maglia con una mano. Annuisce, e la stanza diventa buia.
Non lo vede più, e per pochi secondo ha una paura folle che sia sparito di nuovo, poi lo sente avvicinarsi, obbligarlo a stendersi su un fianco e a farlo aderire contro il suo petto. 


“Che hai sognato? - gli chiede, chiudendogli le braccia intorno alle spalle e baciandogli il collo, appena sotto ai capelli - che è successo?”
Lo sente scuotere la testa, ciuffi castani che gli fanno il solletico.
“E’ una cosa stupida”
“Non può essere stupida se ti lascia in questo stato, Leo”
“Non è niente”
Girolamo si avvicina ancora di più, ormai non c’è spazio per un filo d’aria fra il suo petto e la schiena di Leonardo.
“Bugia”
Ci sono pochi istanti di silenzio, poi la voce di Leonardo gli arriva, bassissima.
“Non c’eri più”
E’ tentato di minimizzare, li per li, ma poi si rende conto della pesantezza della cosa: se Leonardo sparisse, sparirebbe con lui anche tutto il suo mondo, o quasi. Non avrebbe più nessuno con cui essere se stesso senza vergognarsene o averne paura, non ci sarebbe più nessuno a conoscerlo come lo conosce Leonardo. Dovrebbe ricominciare tutto da capo, dovrebbe imparare a fidarsi di qualcun altro, dovrebbe rifare i conti con la solitudine in cui, prima, si trovava quasi a suo agio. Adesso no. Adesso dipende anche da un’altra persona, e la cosa lo terrorizza e lo rende felice. Gli appoggia il mento su una spalla e gli bacia una guancia.
“Non vado da nessuna parte”
“Lo so - sente una delle mani di Leonardo trovare le sue, stringergli le dita - ma non avevi scelto tu di andartene. Non c’eri, e basta. Non so perché, però non c’eri più, e ho panicato”
“L’ho notato. Ti senti più tranquillo se ti volti verso di me?”
Leo si stringe nelle spalle, poi si volta e gli incastra la testa sotto il mento. Girolamo sorride al buio della stanza e gli infila le dita fra i capelli.


Il giorno dopo si sveglia con l’odore di caffè che gli arriva alle narici, e apre gli occhi trovandosi davanti Leo e un vassoio con sopra la colazione per due.
“Mi hai portato la colazione a letto? - gli chiede, con gli occhi spalancati - non mi era mai successo. Giuro, mai nella vita”
Leonardo scoppia a ridere, appoggia il vassoio sul materasso e spinge una delle due tazze di caffè verso di lui.
“Quando ti ammali ti porto sempre da mangiare”
“Certo - Girolamo riesce a sedersi con la poca coordinazione che ha appena sveglio - ma quello non vale”
Spalma un po’ di marmellata su una fetta biscottata e la passa a Leonardo, poi ne prepara una per sé e se la caccia in bocca, lasciando che Leo gli tolga le briciole dai baffi quando ha finito.
“A cosa devo l’onore?”
Leo fissa il caffè nella sua tazzina, facendolo ruotare con un movimento continuo del polso.
“Così, mi andava”
“Ah si?”
“No”
“Ah”
Beve un sorso di caffè, rigorosamente nero.


“E’ che…il sogno sai, ieri notte - vede Girolamo annuire e continua - ecco, mi è venuto in mente che ormai do per scontato che tu ci sia, e non va bene. Voglio dire, non è giusto nei tuoi confronti ed è stupido da parte mia. Potrebbe succedere qualsiasi cosa, no? Potrebbe cambiare tutto in cinque secondi, e io sono qui a dare per scontato quello che ho e…” 
Va nel panico di nuovo, si piazza una mano sulla faccia e biascica un paio di parolacce. Quando apre gli occhi vede che Girolamo lo fissa con un mezzo sorriso, uno di quelli che fanno sembrare il suo viso meno aguzzo e angolare.
“Questo caffè è così dolce - gli dcd con un ghigno - non è che ci hai messo lo zucchero per sbaglio?”
Sbuffa.
“Splendore, sei un tale cretino”



 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Da Vinci's Demons / Vai alla pagina dell'autore: Vale11