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Autore: merrow_star    15/06/2015    12 recensioni
“Vado a controllare la cassa, aspettami pure qui!” disse Fred sparendo al piano successivo; era di routine ormai: dopo aver verificato che non mancasse nemmeno un quarto di galeone, i gemelli tornavano alla Tana per dormire alla grossa. Insieme, come avevano sempre fatto.
George annuì, ma non riuscì a parlare. Osservando la strada lastricata in pietra al di là del vetro prese la boccetta di quel filtro che mai avrebbe dovuto annusare. Mai, lo aveva promesso.
Ma Fred era di sopra, se avesse fatto in fretta avrebbe potuto finire tutto prima che tornasse, senza che si accorgesse di nulla. Tremando come mai prima di allora, tolse il cilindro a forma di goccia di diamante e… annusò.
Sorrise triste, e gli venne da ridere mentre richiudeva la boccetta. Rise così forte che Fred scese in un attimo a chiedergli come mai. George puntò i propri occhi scuri nei suoi. “Mi dispiace”
“George, che dici?”
Il sorriso alla cannella divenne incerto, ma rimase al suo posto, mentre l’altro continuava a ridere istericamente.
“Mi dispiace”
ATTENZIONE: INCEST FORGE
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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In tutta Diagon Alley non c’era negozio più colorato e stravagante e pieno di visitatori come i Tiri Vispi Weasley. Avevano costruito quel negozio insieme, come del resto avevano sempre fatto tutto. Fred si era occupato degli scaffali dedicati agli strambi dolciumi e ai giochi pirotecnici che erano diventati un po’ il loro marchio di fabbrica, mentre lui, George, aveva avuto il compito di procurarsi filtri di ogni tipo e animaletti pucciosi, carini e coccolosi. Insieme avevano deciso l’arredamento, la disposizione della merce da vendere, i colori delle pareti e gli incantesimi sul soffitto per rendere il loro negozio il più speciale e perfetto possibile. Speciale e perfetto come loro.
I gemelli avevano lasciato Hogwarts alla fine del loro settimo anno, decisi a dare una svolta a quel Mondo Magico che viveva ormai nutrito solo dalla paura di Voldemort e del suo ritorno. Allegria, spensieratezza, stupidità perfino, frivolezze e divertimento dovevano essere le nuove parole chiave per aprire la porta a un’era migliore e ricca di speranza. E chi meglio di loro avrebbe potuto tentare di riuscire nell’impresa?
Una macchia di colore nella grigia Diagon Alley, un sorriso genuino in mezzo a tanti volti tirati e segnati dalla stanchezza e dal timore, un raggio di sole dopo la notte scura e tempestosa.
Ecco, Fred era il sole, la gioia che ancora sopravviveva al dolore, la vivacità che illuminava il mondo.
Quel mondo che George amava soltanto per lui.
Era finita un’altra giornata di lavoro, l’ultimo cliente – un anziano magonò che aveva comprato delle gobbiglie magiche al nipotino di qualche anno – se ne era appena andato chiudendosi la porta alle spalle e facendo suonare quel campanellino che tanto piaceva a Fred, con quel suo tintinnio fresco e squillante che lo faceva sempre sorridere. Quella volta non fece eccezione.
Quando Fred sorrideva tutto il resto sembrava scomparire e George sapeva che, se anche fosse arrivato il Signore Oscuro a prenderlo e a ucciderlo, a lui sarebbe bastato quel sorriso per trovare la forza di staccare quella testa bianca rasata a morsi dal corpo cadaverico. Tutto per quel sorriso, quel sorriso che sapeva di cannella, di foglie autunnali appena cadute, di resina di pino e acqua cristallina.
“Vado a controllare la cassa, aspettami pure qui!” disse Fred sparendo al piano successivo; era di routine ormai: dopo aver verificato che non mancasse nemmeno un quarto di galeone, i gemelli tornavano alla Tana per dormire alla grossa. Insieme, come avevano sempre fatto.
George annuì, ma non riuscì a parlare. Osservando la strada lastricata in pietra al di là del vetro prese la boccetta di quel filtro che mai avrebbe dovuto annusare. Mai, lo aveva promesso.
Ma Fred era di sopra, se avesse fatto in fretta avrebbe potuto finire tutto prima che tornasse, senza che si accorgesse di nulla. Tremando come mai prima di allora, tolse il cilindro a forma di goccia di diamante e… annusò.
Sorrise triste, e gli venne da ridere mentre richiudeva la boccetta. Rise così forte che Fred scese in un attimo a chiedergli come mai. George puntò i propri occhi scuri nei suoi. “Mi dispiace”
“George, che dici?”
Il sorriso alla cannella divenne incerto, ma rimase al suo posto, mentre l’altro continuava a ridere istericamente.
“Mi dispiace”
E una lacrima iniziò ad accarezzargli la guancia. Senza pensarci, Fred allungò una mano per asciugarla, preoccupandosi all’istante. “Ehi, fratel…”
“Non toccarmi” George scattò, schiaffeggiando quelle dita tanto simili alle sue ma così diverse. Quelle dita che avrebbe voluto… ma non poteva. Non doveva. Era sbagliato.
Si guardarono intensamente negli occhi, e in quel momento fu chiaro a entrambi; a Fred sembrava superfluo controllare che ci fosse quella boccetta nei paraggi.
“Mi dispiace” ripeté George. “Ma io… io dovevo…” ormai singhiozzava senza trattenersi.
“Avevi promesso” la voce di Fred era un flebile sussurro. “Angelina…”
“Non è mai accaduto niente con Angelina” e c’era amarezza nella voce di George. “Io dovevo sapere”
“Tu lo sapevi già” e non riuscì a trattenersi dal riallungare la mano verso il viso in lacrime del gemello. Ma George, di nuovo, lo allontanò.
“Anche tu” e vide gli occhi di Fred sgranarsi dalla disperazione.
“George…” Di nuovo quella mano.
“Non toccarmi” e lo scansò per andare al piano di sopra.

​*

Era successo tutto l’anno prima, appena era iniziato il Torneo Tre Maghi. Era autunno.
Fred e George avevano avuto la brillante idea di bere una pozione invecchiante per superare la linea dell’età tracciata da Silente intorno al Calice di Fuoco, linea che impediva a chiunque non avesse 17 anni di mettere il proprio nome in quella fiamma azzurra. Avevano bevuto, ma appena oltrepassata un’ondata di magia li aveva risputati indietro con i capelli e dei lunghi baffi bianchi. Era lì che era iniziata la scazzottata, si davano la colpa a vicenda.
E, per la prima volta, George fu consapevole del corpo di Fred, del suo fisico scolpito, dell’addome asciutto e delle spalle larghe. Di come si incastrassero alla perfezione.
Si erano guardati intensamente, e le iridi si erano dilatate a entrambi.
Ne avevano parlato qualche giorno dopo, in riva al Lago.
“Cos’era, George?”
“Io… io non lo so”
“Non mentirmi” e lo aveva spinto sul tappeto di foglie secche sotto il pino, salendogli cavalcioni. “Cos’è questo?”
“Lo sai”
Erano passati interminabili secondi, durante i quali Fred non aveva smesso di fissare le labbra dell’altro. Poi improvvisamente si era alzato, trascinando lui e il gemello dal professore di Pozioni.
“Ci può preparare dell’Amortentia?” chiese Fred. “È per un compito”
Il professor Lumacorno era stato più che lieto di far quel favore ai Weasley, i quali si interessavano alla sua materia – anzi, a una materia in generale – per la prima volta. L’Amortentia emanava l’odore della persona amata, dell’anima gemella, e variava da mago a mago. A pozione finita, i gemelli avevano annusato. Dopo tale operazione, si erano guardati intensamente.
“Che profumo ha?” aveva domandato Fred, pallido.
“Angelina” aveva soffiato George atono. “E per te?”
“… Legno di mogano”
Di nuovo sguardi eloquenti.
“Promettimi, fratellino, che non annuseremo più questa roba”
“Te lo prometto”

*

George aveva rotto una promessa fatta all’altra parte di sé, e ciò rendeva tutto più difficile.
Perché Fred non era solo un fratello per lui. I pensieri che faceva su Fred non erano puri. Non immaginava Fred come qualcuno dovrebbe immaginare il proprio fratello.
Nella mente, aveva solo quelle dita. Quelle dita dalle quali non si era lasciato toccare.
“George”
L'interpellato sollevò lo sguardo, era seduto con le ginocchia tra le braccia sulla scala in legno di mogano. Lo sguardo diceva tutto.
“La mia Amortentia aveva il tuo profumo” mormorò. “Ha ancora il tuo profumo”
Fred gli si avvicinò. “Lo so” e gli appoggiò la mano sulla guancia, il pollice ad accarezzargli lo zigomo ancora bagnato di lacrime.
“Ti prego non… non farlo...” sussurrò George. Non avrebbe retto, per niente. Avrebbe ceduto, la diga che tanto faticosamente aveva costruito per contenere quel fiume di sentimenti sarebbe crollata. Quel tocco, il suo tocco, lo avrebbe annientato. Perché non poteva assaggiarlo e riuscire a vivere sapendo che gli sarebbe poi stato sempre negato; era come se, dopo aver fatto esplodere il primo fuoco d'artificio gli avessero detto che sarebbe stato anche l'ultimo. Non poteva resistere.
Fred spostò il pollice sul labbro inferiore del fratello, facendo una leggera pressione. “Perché no?”
Era sleale, così stava solo dandogli false speranze. “Perché non risponderei di me” e mentre parlava Fred gli infilò quel dito in bocca. Era calda, accogliente, morbida. Era… perfetta.
George non poté trattenersi e iniziò a succhiare, inconsciamente, e fu l'inizio della fine. Perché quando Fred tolse il dito, capì che sarebbe potuto sprofondare da un momento all'altro, che il gemello avrebbe potuto disintegrarlo con un battito di ciglia. Gli occhi di Fred brillavano cupi, fissi nei suoi. Sorrise.
“Anche la mia ha il tuo” e lo baciò. Catturò il labbro superiore di George con le proprie, mentre iniziò a stuzzicare l'inferiore con quelle dita affusolate. Il bacio si fece intenso, caldo, a bocca aperta, si respirarono a vicenda e, per la prima volta, vissero davvero.
“Non sono sicuro di riuscire a fermarmi” ansimò George, afferrando il colletto della camicia dell'altro.
“Non voglio che ti fermi”
“È sbagliato, lo sai anche tu”
“La mia Amortentia sa di te” e lo spinse sui gradini scuri. Curioso, legno di mogano. George quasi non ci credette, doveva essere uno scherzo, si bloccò per un attimo e fissò quegli occhi così simili ai suoi. Ma quando Fred gli soffiò sulla pelle “Tu sei mio” comprese che invece era la verità.
“Sempre”
E la notte si chiuse su di loro. Mani che vagavano sul corpo, labbra che si cercavano, lingue che danzavano accarezzandosi e coccolandosi, gemiti e ansiti e attimi di paradiso.
Due anime si erano trovate, due cuori uniti, due destini fusi insieme. Era amore, puro e perfetto nella sua sbagliata imperfezione.

Un raggio di luce entrò dalla finestra, illuminando il loro abbraccio: la testa di George sembrava essere nata per incastrarsi nell'incavo del collo di Fred, che gli passava con dolcezza le dita tra i capelli mentre l'altra mano stringeva quella del gemello sul petto, vicino al cuore.
Era accaduto ciò che si era promesso non sarebbe accaduto mai, aveva imbavagliato la ragione e agito d'istinto, lasciandosi attrarre come una calamita da George. George che sembrava un angelo sceso in terra ma anche il più tentatore dei demoni, con quelle labbra gonfie di baci, le ciglia che sfioravano gli zigomi arrossati, gli occhi scuri che si stavano lentamente aprendo per osservarlo.
Come poteva aver vissuto fino a quel momento senza quello sguardo puntato su di sé senza vergogna per l'atto consumato, senza timore di vivere un amore chiaramente contro natura?
Ma come poteva essere contro natura quel sorriso, quella fossetta sulla guancia destra, quel calore nel petto? Semplice, non poteva.
“Buongiorno” la voce di Fred era roca, bassa.
George si avvicinò al suo viso e lo baciò, un leggero bacio a stampo. “Ehi”
Non servivano le parole, non per loro. Ciò che era successo si spiegava da sé, e non si poteva combattere. E non perché fosse così devastante e potente per essere fermato, o perché avesse reso quella notte la più bella della loro vita; no, semplicemente perché era un tesoro prezioso e inestimabile che era stato loro donato, qualcosa che sempre li aveva uniti nel profondo e ora che sapevano, comprendevano la forza del loro amore non avrebbero potuto ignorarlo nemmeno volendo.
Si appartenevano dalla loro prima alba, si sarebbero appartenuti fino all'ultima notte.
Senza dire niente perché si erano già detti tutto si alzarono e si rivestirono, pronti per iniziare una nuova giornata ai Tiri Vispi.
Prima che George potesse aprire la porta e far suonare quel campanello, Fred gli fece una carezza sulla guancia e gli baciò la punta del naso. “Hai davvero un buon profumo”

*

Non avevano mai pensato a quanto la guerra potesse essere brutta. Era un aggettivo semplice, 'brutta', ma esprimeva in modo esemplare quel senso di vuoto, paura, disperazione, angoscia che opprimeva il cuore di chiunque. La guerra voleva dire morte e dolore, la guerra era brutta, perché le uniche scintille non erano quelle divertenti di quei fuochi d'artificio che vendevano al negozio di Diagon Alley, ma incantesimi proibiti, maledizioni senza perdono, anatemi mortali.
Correvano lungo il corridoio, Fred e George, dopo aver messo fuori gioco alcuni Mangiamorte. Svoltarono l'angolo, trovando Angelina con una ferita al fianco sanguinante. Gli occhi le si illuminarono vedendo George, e gli chiesero aiuto. Doveva portarla via da lì. Con un incantesimo le cicatrizzò la ferita, lei non aveva potuto avendo rotto la propria bacchetta, e le ordinò di rimettersi in piedi e fuggire.
“Vai con lei” la voce di Fred era lontana anni luce. “Vai con lei e proteggila”
George sgranò gli occhi. “Non puoi dire sul serio”
Rumori e risate isteriche dal fondo del corridoio. Stavano arrivando.
“George, lei ha bisogno di te”
“Io ho bisogno di te”
Voci sempre più vicine, passi sempre più pesanti e veloci.
“Non rendere tutto più difficile, ti prego. Vai, io li trattengo e poi torno da te”
“Ma Fred...”
“No, fratellino, no. Ascoltami e fai ciò che ti dico per una volta! Sarò con te quando finirà questo schifo, te lo prometto. E ora, vai!” e lo spinse in direzione di Angelina. George, però, gli afferrò il gomito e lo attirò a sé, baciandolo con foga e disperazione, mettendo in quel bacio tutto sé stesso, tutto il suo amore.
Fu un istante, ma fu eterno. Di nuovo, si respirarono. Nessuno dei due disse quelle parole, perché ci sarebbe stato, ci doveva essere, un momento per farlo dopo la caduta di Voldemort.
George corse, Fred rimase. Le voci divennero volti.
Occhi negli occhi, sorriso alla cannella, poi fu solo paura. Poi fu solo il nulla.

Harry Potter aveva vinto, aveva sconfitto il Signore Oscuro, nella morte aveva trovato il modo per darla all'altro. Il Mondo Magico era salvo, libero, anche se il sole ancora non splendeva.
George era lì, a cercare lui, il suo sorriso. Si aspettava gli corresse incontro e lo abbracciasse forte, per non lasciarlo più andare via. Ma di lui neanche l'ombra. D'altra parte, però, non vedeva nessuno della sua famiglia, a parte un Percy trafelato che correva verso di lui. Si strinsero un attimo, poi Percy disse “Vieni”
Lo condusse in Sala Grande, stracolma di gente in lacrime. Stracolma di gente morta.
Una macchia rossa, in un angolo. Qualcuno disteso. Il respiro gli si mozzò in gola.
“Fred...”
“Fratellino” un sussurro lieve come le ali spezzate di una farfalla.
George si inginocchiò vicino a lui, gli prese una mano tra le sue, toccandogli il viso e il collo con delicatezza. A malapena aveva notato che tutti si erano allontanati da loro.
“Fred, cosa…? Anzi no, non parlare, non sforzarti. Riposa, starai meglio, vedrai che...”
“George, non ci credi nemmeno tu” e infatti stava piangendo, la maglia di Fred non era zuppa solo di sangue.
“Ma me lo avevi promesso”
“Ho mantenuto la promessa, la guerra è finita e io sono qui con te, semplicemente non potrò rimanere” e gli appoggiò la mano sulla guancia, leggera e tremante.
“Io non posso farcela da solo, senza di te io...”
“Tu andrai avanti, terrai aperto il negozio, vivrai la tua vita come il sole che sei e come hai sempre fatto”
“Il mio sole sei tu...” ma Fred aveva iniziato a tossire. Tossire sangue.
“Promettimi che vivrai anche per me, fratellino”
George sapeva che non avrebbe potuto, lo sapeva. Una metà non avrebbe mai potuto essere un intero. Non rispose, si limitò a guardarlo, per fissarsi nella mente quel sorriso che si sforzava di mantenere.
“Io sarò sempre con te, ricordalo, nemmeno la morte può separarci, lo sai. Promettimelo, George”
“Te lo… te lo prometto, Fred” e lo baciò. L'ultimo, un bacio d'addio.
“Ti amo”
“Ti amo anch'io” gemette Fred, prima che la sua mano scivolasse via dal viso del gemello e la sua stretta delle dita si allentasse. Gli occhi rimasero a fissarlo, ormai spenti e vuoti. Il sorriso gli era morto sulle labbra, la cannella non avrebbe profumato più.
Il grido disperato di chi ha perso l'unica cosa per cui ha vissuto e combattuto.
Il sole è tramontato.
 

E quando arriva la notte, la notte,
e resto solo con me
la testa parte, va in giro,
in cerca dei suoi perché.
Né vincitori né vinti,
si esce sconfitti a metà.
La vita può allontanarci,
l'amore poi continuerà.
 

Non aveva mai dormito da solo, senza il suo braccio a cingerlo e le sue mani a coccolarlo. E il letto a una piazza e mezza sembrava più vasto dell'oceano e più arido del deserto.
Erano passati già diversi giorni, ma quella era la prima notte che passava alla Tana dopo… dopo. Non aveva mai parlato, a nessuno, si era spento, era una lucciola senza luce, una falena senza fiamma. A malapena mangiava e raramente beveva. Non voleva sentir nemmeno nominare Diagon Alley. Però era tornato a casa, nel loro letto, e aveva chiuso gli occhi nonostante sapesse che non avrebbe dormito.
Nel buio, sentì delle dita sfiorargli le labbra. Ehi, fratellino. No, non aprire gli occhi, non ancora.
“Fred sei… sei tu?” sussurrò singhiozzando.
Certo, chi altri?
“Ma sei vivo? Sei qui?”
Io sono sempre con te, e lo rimarrò fino alla fine; io vivo in te, tu vivi per me, ricordi?
“Mi manchi” quelle dita continuavano a toccarlo, ma era una sensazione eterea e fuori dal tempo e dallo spazio, una sensazione dell'anima.
“Abbracciami forte, e non andartene. Promesso?”
Promesso.
Ma quando aprì gli occhi, non c'era nessuno accanto a lui, il letto era vuoto. Sentì solo un profumo.
Cannella.



NdA
Ciao a tutti ^^
E' la prima Forge che scrivo, e un pochino mi imbarazza saper di aver dato vita a una storia d'amore tra due fratelli, gemelli per giunta. Però la conoscenza di una certa persona (sì, my queen, mi sto riferendo a te!) mi ha fatta appassionare talmente tanto che... voilà, ecco Profumo. Il titolo è stato un po' difficile da trovare e spero sia azzeccato, però a me piace un sacco - e qui devo ringraziare uno dei miei migliori amici per avermi aiutata.
Spero che vi sia piaciuta, anche se non è propriamente allegra, e che non vada contro il regolamento: secondo me è ancora nei limiti, ma se dovessi sbagliarmi non esiterò a cancellarla (ovviamente spero di non arrivare a questo, tengo molto a questa storia ^^”). La canzone che ho citato è La Notte, di Arisa, poiché mi sembrava molto calzante.
Ringrazio infinitamente chiunque sia arrivato a leggere sin qui e vorrà lasciarmi un commento (ma anche chi leggerà in silenzio) - so che l'incest non è pienamente apprezzato da tutti, quindi mi scuso con tutti coloro che dovessero essere stati colpiti negativamente dalla fic.
Dedico Profumo alla mia queen (che ha versato tante lacrime e sta provando a convincermi che Fred se ne sia andato nascondendosi con il Mantello dell'Invisibilità), alla mia princess e alla mia lover (Alice, ti voglio tanto bene <3), e un pensiero anche a Annie, da poco tornata in quel gruppo di matte quale siamo: love you all!
Bacioni, merrow :*

 
   
 
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