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Autore: mengo1904    18/06/2015    1 recensioni
Immaginatevi che tutti i libri che avete letto, tutti i film che avete visto, tutte le fiabe e i miti che vi raccontavano, anche quelli più strani, fossero veri, e che ognuno di loro avesse un posto sulla Terra senza mai incontrare esseri diversi da loro. Immaginatevi che ogni essere avesse il suo mondo e non vedesse altro che quello, di conseguenza non saprebbe dell’esistenza di altre specie, per lui ogni cosa sarebbe normale e tutto procederebbe bene. Ma se un giorno due stirpe di mezzosangue ignari gli uni degli altri si incontrassero? Cosa accadrebbe?
Ines, crede di essere una semplice ragazza newyorkese fino a che non viene attaccata da un demone per poi essere salvata, iniziò tutto da quel momento, da quel salvataggio, non doveva andare così, non doveva essere salvata da un mezzosangue, anzi non doveva proprio salvarsi.
Questo ragazzo, ignaro di cosa lei sia, la porta in un certo Campo Mezzosangue per tenerla al sicuro, ma gli occhi di tutti furono sorpresi nel vedere la ragazza che cercava inutilmente di attraversare la barriera.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Più andammo avanti e più il sole si faceva limpido nel cielo. Ad ogni passo che compivamo una foglia si spezzava al solo contatto con le nostre scarpe.
Era autunno inoltrato ormai, e nonostante il leggero calore fornito dai raggi solari il vento freddo del nord muoveva le foglie ad ogni folata congelando il sangue nelle vene come se potesse con così poca forza entrare sotto pelle ed arrivare fin nel profondo.
Non avevo idea di che razza di posto fosse il campo di cui Leo aveva parlato, non avevo idea di quanto dovessi camminare ancora, non sapevo cosa fosse successo la sera prima. Ero all’insaputa di molte cose, fin troppe, e questo non va bene.
Sembrava che fosse capitato tutto all’improvviso, in un istante.

Le bambine dormivano già, avevo portato la cucciola nella sua culla e quella più grande nel suo letto. Aspettavo solo che i genitori rientrassero da quella cena con il sindaco della quale si erano vantati per settimane, così avrei ricevuto i miei soldi e me ne sarei potuta tornare a casa.
La televisione trasmetteva i soliti programmi. Andavo avanti con i canali ed in ognuno di essi era in onda una di quelle strane serie tv che la gente ama tanto. Ognuna molto simile all’altra, come se fossero collegate tra loro dalla loro storia.
Ridicolo, pensai. Guardare quelle cose come se fosse veramente possibile che accadessero; storie d’amore, attività paranormali, mondi futuristici o addirittura quelle serie tv che parlano di vampiri, lupi mannari e qualsiasi altro coso per metà umano che sia mai stato inventato.
Strabiliante però come la mente dell’uomo può aver visto tutte queste cose. Può averle inventate, così di punto in bianco. E come poi? Avere carta bianca e poter inventare qualsiasi cosa partendo da zero? Come può essere possibile?
Ma cosa più importante: perché l’uomo ha bisogno di tutto questo? Parlo dell’inventare, non oggetti ma storie. Credo che le persone lo facciano per rifugiarsi in un altro mondo, dove ha un'altra vita completamente opposta alla sua. Un mondo dove sta bene nonostante sappia che è tutto frutto dell’immaginazione. E’ un modo per ingannare la mente.

Cambiai di nuovo canale, anche la pubblicità mi sarebbe andata bene. Ma non trovai quella, sul sesto canale della televisione veniva trasmesso il telegiornale. Decisi di non cambiare nuovamente, anche se solitamente non lo guardavo.
C’era una donna dietro la scrivania, aveva dei fogli in mano e parlava senza sosta. Lo scarso volume della tv non mi fece capire bene cosa stava dicendo, fortunatamente dopo poco iniziarono a riprodursi nelle immagini.
All’inizio non era bene chiaro, era una distesa d’acqua, il mare, o un fiume forse. L’immagine era sfuocata ma poco più sotto si potevano vedere dei rifiuti. No, non rifiuti. Resti. Ma di cosa?
Una struttura forse, oppure una barca.
La giornalista continuava a parlare a vanvera ma ormai non mi concentravo più sulle sue parole, ma anzi sulla piccola striscia infondo, proprio sotto all’immagine. Lessi.
Crollato il ponte di Brooklyn. New York in caos!
Susseguita subito dopo da un'altra immagine, più chiara sta volta.
Raffigurava la stessa distesa d’acqua di prima, ma la scena era stata fotografata da più lontano, così da vedere l’intero ponte ormai quasi a pezzi e sott’acqua.
Alzai di poco il volume incuriosita dall’evento.
“Cinque sono le vittime del disastro avvenuto oggi a Brooklyn, ventisette i feriti che non si sanno ancora spiegare l’origine della distruzione del ponte.
Credevano che il crollo fosse stato causato da una bomba, un attacco terroristico forse, ma i presenti giurano di non aver sentito scoppi, dicono infatti che il ponte abbia iniziato ad inclinarsi lentamente tanto che la maggior parte delle persone hanno abbandonato la struttura molto prima che codesta si sia spezzata definitivamente.
In corso le indagini sul come e sul perché della tragedia a New York.”
La porta si aprì facendo entrare la signora e il signor Darwey, leggermente brilli e eleganti con l’aria di chi ha bisogno di andare a letto e farsi una dormita fino alle tre del pomeriggio.
“Buonasera Ines, spero che le bambine abbiano fatto le brave con te.” Disse il signor Darwey slacciandosi la costosa cravatta dal collo.
“Certamente. Dormono entrambe come angioletti nei propri letti.”
“Perfetto allora! Io vado a dormire caro, indossare questi tacchi è una tortura! Tu paga la babysitter e poi raggiungimi di sopra!” disse Lily Darwey. Poi ammiccò al marito e salì le scale che portavano alla camera da letto.
Lui le fece un leggero sorriso e tirò fuori il portafogli.
Mi alzai dal divano e rimisi le mie poche cose in borsa. Indossai la mia felpa e mi avvicinai all’uomo che subito mi porse i dollari che mi doveva. Ringraziai, salutai e uscii dall’appartamento.

Non avrei mai pensato che potesse succedere una cosa simile. Il ponte di Brooklyn, crollato. Così, di punto in bianco. Senza nessuna spiegazione.
Mi sistemai il cappuccio in testa ed iniziai a camminare verso casa.
Anche se i signori Darwey vivevano in un area molto frequentata non c’erano molte persone per strada. Era tardi e l’aria era umida, aveva già piovuto nel pomeriggio e sicuramente lo avrebbe fatto pure la notte.
Stavo passando davanti ad un vicolo quando sentii un ringhio. Feci qualche passo indietro e mi accostai per guardare nella rientranza buia.
Non vidi molto all’inizio, era tarda notte, e i lampioni non arrivavano ad illuminare fin lì. Poi però due occhi grandi e gialli si aprirono, stavano fissando proprio me. Era come se quell’essere stesse dormendo, appostato dove nessuno lo avrebbe visto, e al mio passaggio si fosso svegliato, suscitando in lui una scarica di adrenalina e in me di terrore.
Vedevo solo quegli occhi gialli, fissi su di me, che pian piano si alzavano sempre più su, fino ad arrivare alla mia stessa altezza. Sentii un altro ringhio e feci qualche passo indietro. Iniziò a venirmi contro lentamente, una zampa enorme sbucò fuori dall’ombra. Un atro ringhio ancora e mi misi a correre più velocemente possibili verso casa mia.

E adesso invece mi trovavo lì. In un qualsiasi bosco, con una persona che non conosco, camminando verso una meta a me sconosciuta.
Leo non parlava più, sembrava che avesse capito che ero un po’ scombussolata per quel che era successo. Meglio così, infondo non avevo voglia di parlare.
“Hey, ci siamo quasi” disse Leo facendo spuntare un enorme sorriso. Probabilmente anche lui era stanco di camminare.
Camminammo ancora per un centinaio di metri, poi finalmente iniziai a vedere un arco, un enorme arco di pietra. In cima erano incise delle parole. Ma non riuscii a decifrarle.

*Angolo autrice*

Rieccomi finalmente con un nuovo capitolo tutto per voi!
Mi scuso per il mio enorme ritardo, mi dispiace tanto!
Comunque, come promesso questo capitolo è più lungo di quello precedente, spero che lo apprezziate!
Alla prossima!
   
 
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