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Autore: Bryluen    18/06/2015    3 recensioni
Piena estate, il sole brilla accarezzandovi la pelle, il mare vi invita a buttarvi tra le sue onde cristalline. Le sentite le risate di quella piccola comitiva? Due gemelli albini e due amiche del cuore stanno dando vita ad appassionate schermaglie d'amore. Provate a scorgere i fili invisibili che già si annodano e si sciolgono tra di loro.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rinunciò a sistemarsi i capelli, tanto quell'alito di vento continuava a scompigliargli, facendogli cadere un ciuffo proprio davanti agli occhi azzurri. Vergil sospirò, appoggiandosi alla ringhiera del piccolo terrazzo, unì le mani oltre il bordo e si sporse di poco con il busto, in una posa rilassata, inusuale per lui. Osservò con trasporto il tramonto che brillava all'orizzonte: una sfumatura rosa si arrendeva al blu profondo della notte, mentre qualche luce solitaria si era già accesa sulla costa lontana. Era un panorama meraviglioso. L'atmosfera perfetta per fare una passeggiata mano nella mano con la persona amata, o almeno questo era ciò che avrebbe pensato Sveva. Ormai ne era certo, conosceva quella ragazza come le sue tasche. Erano molto più simili di quanto avrebbero mai ammesso, entrambi celavano la propria vera natura per proteggersi dai colpi delle persone che avevano intorno. Non facevano avvicinare nessuno oltre una certa soglia, per non sentirsi esposti, per non doversi difendere. Ma così facendo restavano soli, arroccati in posizioni troppo alte che li condannavano a essere meri spettatori della vita che scorreva vivace proprio davanti ai loro occhi.
Vergil era stanco di tutte quelle barriere. Voleva fare il primo passo e buttarsi nella mischia. Voleva afferrare la ragazza di cui si era innamorato e tenerla tra le braccia, stretta, senza paura di essere ferito o ferire. Per la prima volta, non desiderava essere il migliore in assoluto, ma semplicemente se stesso.
Guardò giù in strada, tra le piccole comitive che passeggiavano chiacchierando. Se Sveva fosse stata lì, l'avrebbe riconosciuta. Lei si distingueva da tutte le altre, non sapeva come aveva fatto a non notarlo subito, ma lei sembrava distaccata da chi le passava accanto, tranquilla, in quella sua sfera di riserbo e timidezza, eppure era bella, non appariscente, ma delicata, femminile. Vergil fu percorso da un brivido, ricordandola nel suo vaporoso abito azzurro, quando era entrata nel bar sfidando le luci dei faretti, che avevano rivelato molto più del lecito di quel suo corpo esile. Immaginò di averla lì, tra le mani avide, le labbra esigenti, e i battiti del cuore impazzito.
Si raddrizzò e rise, non riconoscendosi più. Quella ragazza l'aveva proprio stregato, ancor prima che se ne rendesse conto era ossessionato dai suoi occhi verdi e dalle sue parole taglienti. L'aveva sfidato, stuzzicando il suo amor proprio e il suo orgoglio. Aveva visto in lui ogni nervo scoperto, ogni lato debole. Come fosse capace di leggergli nell'anima. Non si era mai sentito così trasparente, così chiaro. Lui, che si era sempre nascosto nell'oscurità dell'arroganza. E, invece, Sveva aveva portato alla luce ogni debolezza e ogni speranza.
Scosse il capo, rientrando nella propria stanza, alzando le mani per sistemarsi i capelli sopra la testa, in un gesto abituale che gli infondeva sicurezza. Si guardò allo specchio e capì di essere finalmente sereno. All'inizio aveva avuto paura di essere sincero con qualcuno, di essere se stesso. Aveva creduto che arrendendosi avrebbe perso la sua piccola guerra personale, ma non era stato così. La vittoria era stata deporre le armi. Smettere di combattere e cominciare a fidarsi. Sorrise alla propria immagine, percependo una strana allegria invadergli il petto.
L'ultima schermaglia sarebbe stata la più spinosa. Si era comportato come un vero imbecille. Aveva accusato Sveva di essere una manipolatrice (anche se quello un po' lo era), una traditrice (anche se non erano mai stati insieme), e una nullità (accidenti se era stato cieco!). E ora avrebbe dovuto scusarsi per ogni singolo, piccolo, errore. Ci avrebbe messo una vita a convincerla di essere davvero pentito, ma alla fine ne sarebbe valsa la pena, perché se anche lui si fosse umiliato lei non glie l'avrebbe fatto pesare. L'amore cura ogni fragilità e la trasforma in tenerezza.
Non sapeva cosa stava blaterando, ma cercò di memorizzare qualcuna di quelle frasi sdolcinate. Sveva le avrebbe apprezzate.
Era incredibile che lui stesse con una ragazza simile. Va bene, a voler essere onesti non erano ancora una coppia, ma quello era un dettaglio trascurabile.
Se la vide davanti, con le mani sui fianchi e lo sguardo battagliero "Trascurabile?" gli avrebbe urlato, cercando di fargli entrare in testa che anche lei aveva delle chiare opinioni in proposito e che non doveva mai darla per scontata. L'aveva fatto? Sì, l'aveva data per scontata troppe volte, ma quello sbaglio non l'avrebbe più commesso.
Sveva sarebbe stata nella hall alle otto, esattamente tra dieci minuti. Aveva appuntamento con Federica e Dante, che in quel momento dovevano essere ancora nella camera di lui, non si erano separati nemmeno un istante da quando avevano fatto pace. Li aveva incontrati in spiaggia, quella mattina e li aveva visti sprizzare gioia da tutti i pori. C'era anche Sveva, che li osservava con un misto di felicità solidale e triste invidia. Avrebbe voluto stringerla e darle tutto l'amore che credeva perduto. Ma si era trattenuto, perché desiderava qualcosa di più, desiderava che fosse tutto perfetto, parche lei lo meritava.
La conosceva abbastanza bene da sapere che dieci minuti prima dell'appuntamento con Federica e Dante lei sarebbe già stata pronta. Probabilmente, era davanti allo specchio, accigliata, a ripetersi di non essere abbastanza attraente. Piccola stupida.
Bussò con decisione alla sua porta.
-Chi è?-
La voce di Sveva gli giunse tra il rumore di cassetti che venivano chiusi e le note di un brano interrotto. -Il lupo cattivo!-
Lei aprì subito. E Vergil fu abbagliato da una visione in bianco e oro. L'abito monospalla, alla greca, le sottolineava la vita sottile e la figura aggraziata. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle in morbide onde. Avrebbe voluto dire mille cose. Avrebbe voluto scusarsi, o forse tornare a essere gelido e irraggiungibile, ma l'unica cosa che riuscì di fare fu affondare le mani tra i suoi capelli biondi e baciarla con tutto la passione che gli esplodeva dentro. La strinse a sè, sentendola ritrarsi e poi abbracciarlo. Entrò nella stanza, senza vedere nulla, senza sentire la porta che aveva richiuso con un calcio. L'unica cosa che percepiva era il sapore di vaniglia del lucida labbra della ragazza. Si staccò e le accarezzo le labbra con il pollice, mentre lei restava ferma, tra lui e la parete. Proprio come un paio di giorni prima. Era confusa, spaventata, il respiro corto e gli occhi sgranati, ma lui, in fondo a quegli occhi verdi, che tanto aveva imparato ad amare, vide anche la speranza. Avrebbe voluto essere perfetto, ma l'unica persona che riuscì di essere in quel momento fu solamente Vergil, un ragazzo innamorato, forse per la prima volta. Rise, abbassandosi di più, verso la sua bocca.
-Ti amo, ma odio questo rossetto alla vaniglia.-
Sapeva che lei gli avrebbe risposto, ma non lo permise, tornando a baciarla con foga, per recuperare il tempo perduto, per trasmetterle, anche se senza parole, lo smarrimento in cui l'aveva gettato e l'estasi in cui si era ritrovato una volta compresi i suoi veri sentimenti. La lasciò solo quando capì che entrambi avevano bisogno d'aria. Si allontanò piano, restandole comunque di fronte, senza intrappolarla. Doveva essere libera di scegliere se stare con lui, oppure no.
-Tu hai saputo la verità?- gli chiese, confusa.
-Che sono stato geloso della tua migliore amica? Sì. Che sono stato uno stronzo con te e che mi meriterei di essere buttato fuori da questa camera? Sì, so anche questo.-
-Io non riesco a...-
Vergil si riavvicinò a lei, prendendole il viso tra le mani, mordicchiandole il collo. Aspirò il suo profumo, una nota di rosa e zucchero. -Non c'è bisogno di parlare. Ad essere sinceri, finora, con le parole ce la siamo cavata piuttosto male. Non abbiamo smesso di punzecchiarci e negli ultimi tempi siamo arrivati agli insulti veri e propri.-
La sentì trattenere il respiro, poi spingerlo via. Non fece resistenza, ma la guardò con disperazione. Percepiva un gran vuoto, mentre lei stabiliva le distanze, studiandolo con attenzione, come se non lo conoscesse affatto. Tra loro si stava aprendo un abisso, che non avrebbe sopportato un minuto di più.
-Ti giuro che mi dispiace. Sono stato odioso e se non mi vuoi posso capirlo, me lo sono meritato. Ma, andiamo, io lo so che mi ami anche tu, lo hai detto l'altro giorno, proprio qui, forse esattamente nello stesso punto.-
-E tu mi hai dato della bugiarda!-
-Credevo che mi stessi prendendo in giro.-
-A te? Il grande e invincibile Vergil Sparda...- gridò, sarcastica prima di sedersi sul bordo del letto.
Lui dovette sforzarsi per non seguirla. Fosse stata un'altra ragazza avrebbe saputo come convincerla, soprattutto ora che erano tanto vicini a un materasso, ma quello sarebbe stato anche il modo migliore per allontanarla, farla sentire sminuita. L'aveva già ferita e adesso doveva essere la cura.
-Non sono invincibile... ma non dirlo a nessuno- mormorò, inginocchiandosi sul pavimento, davanti a lei, guardandola negli occhi. -Sei stata proprio tu a mostrarmi le mie contraddizioni e per questo ti ho detestata, ma ti ho anche amata. E non potevo accettare di arrendermi a qualcuno. Ho sempre tenuto tutti a distanza, perché se nessuno riusciva ad avvicinarsi a me allora voleva dire che era vero, io ero irraggiungibile, metri e metri sopra gli altri.- Rise, atteggiando la bocca ad una piega amara, ricordando la propria vanità. -E poi ho incontrato una piccola, sciocca, italiana che mi ha detto "non potrai mai vincere, perché fuggi per non confrontarti con gli altri". Sì, hai detto proprio qualcosa di simile, le parole esatte non le ricordo, perché ho cercato di non sentirle, e poi di dimenticarle, ma non ci sono riuscito.-
-Perché?-
-Perché hai eroso tutti i muri che avevo eretto, sei stata come milioni di piccole gocce che hanno picchiato contro la mia corazza, fino a farvi breccia. Ogni volta che tentavo di chiuderti fuori tu mi sorprendevi, mostrandomi un nuovo lato di te o di me stesso. Le altre ragazze sono prevedibili, banali, ma tu sei...prima quasi insignificante, poi diventi sfacciata, e quando credo di aver capito tutto, tu cambi ancora. Dannazione, mi fai impazzire!- Le strinse le mani e la guardò, facendole intravedere la marea che si agitava dentro di lui. La voglia di gettarla all'indietro e porre fine a ogni discorso, per esprimersi solo con i loro corpi, con  carezze ancora proibite e gemiti sommessi era sempre più forte, anche se lui lottava per tenerla sotto controllo.
Lei dovette intuire i suoi pensieri, perché si alzò, scavalcandolo. Agitava la testa, ogni tanto tremava, il suo viso passava dal rosso al bianco, con una rapidità stupefacente. Pestò un piede per terra, prima di squadrarlo con rabbia.
-Io ti ho detto che ti amo e tu mi hai risposto "ci saremmo potuti divertire!"- Gli puntò contro un dito, per una volta sovrastandolo. Lui era rimasto seduto per terra, le spalle contro il letto. -Vergil perché dovrei crederti? Perché dovrei rischiare di essere abbandonata il giorno dopo? Se questo è uno dei tuoi sporchi giochetti, io...-
Non sopportava di vederla così sconvolta. Leggeva nei suoi occhi la voglia di credergli, ma allo stesso tempo era troppo spaventa per cedere. Mio Dio, cosa le aveva fatto? Era stato un tale bastardo da indurla ad avere paura di lui, di ciò che poteva farle. Non doveva meravigliarsi di quella reazione, aveva giocato con i suoi sentimenti fin dal primo giorno, però adesso era tutto cambiato. Il suo amore, ora profondo e consapevole, poteva davvero modificare ogni cosa? Poteva cancellare la cattiveria, la sfiducia, l'umiliazione?
-Ti prego, calmati amore mio. Sì, ti ho chiamata proprio così.- La voce gli mancò per qualche secondo, mentre le toccava le braccia gelide, poi l'abbracciò, cullandola. - Guardami negli occhi, tu capisci sempre quando sono sincero e quando ti sto prendendo in giro. Sei una delle poche persone che riesce a vedere anche ciò che non voglio far uscire. Ti ho detto quelle cose solo perché ero arrabbiato, perché sapevo che ti avrei ferito. Ero convinto che mi stessi ingannando e ho dato di matto, ho affondato la lama dove faceva più male e ti giuro che mi dispiace. Non lo farei più, mai più.-
-Io sono stanca di dovermi difendere, di dover urlare per farti capire che esisto. Non ce la faccio più a sentirmi un sacco da prendere a pugni.-
-Sveva, tu mi ami?-
-Lo sai.-
Vergil la rincorreva per la stanza, ogni volta che lei si allontanava lui le tornava accanto. Non le avrebbe più permesso di fuggire. La osservò, sorridendo di quell'aria triste e indignata. Gli sembrò di guardarsi allo specchio. Era esattamente l'atteggiamento che aveva avuto lui fino a poco prima. Sapeva che lei voleva lasciarsi andare, ma che temeva le conseguenze.
-Hai ragione. Io so che tu mi ami e che ti amo anche io.- sussurrò baciandole delicatamente una guancia, accarezzandole i capelli che iniziavano a spettinarsi.
-Tu sai sempre tutto.-
-Sì, sono l'invincibile Vergil Sparda. Ricordi?-
Rise, baciandola, ma sentì che lei non ricambiava il contatto. -Lo so che non vuoi fidarti dell'idiota di cui ti sei innamorata. Però, se c'è una cosa che ho capito è che arrendersi, fidarsi, non vuol dire perdere il controllo, ma conquistare il cuore dell'altro. E il mio ce l'hai qui.- Le posò la mano sul proprio petto, prima di attirarla di più a sè, ma non riuscì a guardarla negli occhi. Percepiva il sangue affiorargli al viso, con quel rossore tanto stonato sulle sua pelle bianca. Vergil detestava mostrare le proprie reazioni, ma aveva giurato di non nascondersi con Sveva. La sincerità era divenuta a un tempo punizione e liberazione. Per un tempo che gli parve eterno nessuno parlò, nè si mosse. Nella stanza c'era un silenzio irreale, un vuoto che inghiottiva tutte le loro emozioni. Poi lo avvertì, un movimento leggero. Le mani di Sveva sulle spalle, e poi intorno al collo. Lo stava attirando verso di sè. Sentì che si lasciava andare, come un fiume che rompe gli argini, lo baciò con tutta la passione che aveva represso, con tutto l'ardore che aveva tenuto sotto le ceneri, aspettando che lui smettesse di fare lo stronzo. Vergil percepiva i sentimenti di Sveva come se fossero i propri, come se fossero una cosa sola. Erano diventati il tramonto che aveva ammirato poco prima, il rosa che brillava sfacciato e il blu profondo che si perde nel mare.
La stanza era sempre più calda, mentre lui non riusciva a frenare l'istinto. Ogni traccia di prudenza gettata al vento e tutti suoi desideri stretti tra le mani. Le dita non rispondevano ai comandi, esplorando avide e arroganti il corpo sotto di loro. La mente vuota, il cuore in tumulto, le labbra affamate. Sentì Sveva sbottonarli la camicia, che poi gli scivolò dalle spalle. Rise di quell'insospettabile audacia. Non attese molto prima di ricambiare il favore. Il vestito di lei diventò una macchia candida sul pavimento. Il calore diventava assordante, gli abiti insopportabili. Si spogliarono a vicenda, senza rendersene conto, il controllo ormai perso da tempo.  Vergil si prese qualche istante per osservala, non per ricordare l'esatta tonalità della sua pelle, perché era sicuro che quella sarebbe stata solo la prima volte di tante, ma per comprendere che adesso si appartenevano. Quella consapevolezza oscurò tutto il resto, la realtà si limitava a quella camera, in cui non penetrava più alcun suono, se non i loro sospiri sempre più veloci, smarriti, famelici.
Caddero sul letto.
Non aveva pensato a quel finale, non aveva creduto potesse succedere quella sera. Avrebbe voluto aspettare, solo per assicurarsi che fosse tutto perfetto, che lei fosse tranquilla tra le sue braccia, ma, come al solito, quando lui prevedeva qualcosa, Sveva lo sorprendeva. Assaporò la sua pelle morbida, alla base del collo, poi alzò la testa e li vide. Quegli occhi verde veleno, incatenati ai suoi. E fu davvero tutto perfetto.


Si svegliò lentamente, aprendo un occhio solo, circospetta. Ma Vergil era proprio lì, con la testa appoggiata sulla mano a guardarla in viso.
-Credevo di essere io quello da non sottovalutare, e invece tu mi giochi sempre brutti scherzi - le disse, sornione.
-Mmm, questo era un brutto scherzo?- chiese, mentre cercava di nascondersi col cuscino, ricordando di essere completamente nuda, ma lui intuì il gesto e il cuscino finì lanciato dall'altro lato della stanza.
-No, niente affatto. Questo era un magnifico inizio...di qualcosa ancor più magnifico- mormorò, baciandola con malizia, per poi staccarsi controvoglia. -Adesso dobbiamo andare. Mio fratello e la tua amica hanno chiamato già quattro volte. A proposito, sai che quando dormi non ti svegliano neanche le cannonate?-
-Grazie, è la cosa più romantica che potessi dirmi!-
-Scusa.-
Sveva distolse lo sguardo, mentre Vergil si alzava per rivestirsi. Che diamine le era saltato in testa? Andarci a letto così presto! Eppure, in quel momento, non si sentiva davvero a disagio, solo un po' imbarazzata. Non riusciva a ricordare quando avesse deciso di abbandonarsi a lui. Forse, non l'aveva affatto deciso. Si era solo persa in quella marea oscura che le galleggiava dentro. Tutto il dolore era scivolato via, inghiottito da qualcosa di tanto splendido da stordirla, e al tempo stesso farla sentire più viva di quanto fosse mai stata. Si era sentita sua, ma aveva compreso che anche Vergil, sì, anche lui, finalmente le apparteneva. E non avrebbe mai voluto un finale diverso. Si era comportata in modo avventato, insolito, impulsivo, ma non riusciva a pentirsene. Osservò Vergil muoversi tra le sue cose e un senso di intimità l'avvolse, era tutto così naturale, come se si conoscessero da una vita. E fu certa che non fosse per il sesso, ma perché erano stati onesti l'uno con l'altra. Finalmente tra loro non c'erano più paure, incertezze, inganni. Ridacchiò, mentre si allungava ad aprire il cassetto del comodino.
-Che stai facendo, streghetta?-
Si voltò verso di lui, con le dita ancora affondate nella busta di confetti al cioccolato al latte. -Mi è venuta a fame- ammise con aria colpevole.
-E non me ne offri nemmeno uno? Perfida!-
-Attento, stai diventando sempre più romantico! In effetti hai proprio bisogno di addolcirti un po'- Gli passò la busta, mentre perlustrava con lo sguardo la stanza alla ricerca dei suoi vestiti. Malgrado quello che era appena successo era ancora reticente ad abbandonare la copertura del lenzuolo, faticosamente conquistata durante un attimo di distrazione del compagno. -Ti facevo più tipo salutista, da cioccolato fondente.-
-Mi piace che per te l'essere salutista si riconduce al cioccolato. E comunque, formalmente sono proprio tipo al cioccolato fondente, ma...-
-Ma in realtà hai il cuore tenero!-
Sveva sorrise e gli spettinò i capelli. Lui alzò un solo sopracciglio e li riportò in ordine con le mani. -Ti lascio rivestirti, cerca di non metterci una vita!-
Gli lanciò un'occhiataccia, ma gli fu grata per la sensibilità. Aveva percepito l'imbarazzo e non gliel'aveva fatto pesare. Ah, era sempre più innamorata ogni momento che passava! Afferrando velocemente gli abiti, sbirciò oltre le tende, si chiese se lei e quel ragazzo fantastico sul suo balcone sarebbero andati davvero d'accordo. La sola idea che il loro rapporto potesse non funzionare la fece avvilire. Dovette ammettere che sarebbe stato tutto molto complicato, lei era spaventata dall'enormità di quello che provava e Vergil era come un riccio, che non voleva saperne di smettere di pungere. Sorrise al proprio riflesso. In realtà, lui aveva accettato di abbassare le armi, si era scusato, si era messo in gioco. Per lei! Dalla gioia si sarebbe messa a ballare, ma farsi scoprire dal nuovo fidanzato a fare le piroette in una stanza senza musica non era proprio il massimo. Caspita, Vergil era il suo nuovo fidanzato!
-Sembri felice- gli sentì dire.
-Lo sono.-
-A che stavi pensando?-
-Allora è così che andrà tra noi? Dovrò continuare a nutrire il tuo ego gigante, confessando che quando sorrido, per un motivo apparentemente misterioso, sto pensando a te?-
-Non sarebbe affatto male.-
-E tu farai lo stesso con me?- gli chiese, inclinando il viso per guardarlo meglio. -Non so se potrei sopportare di essere sempre quella che ti insegue, quella che ti mette su un piedistallo, Ver'.-
Lui si abbassò per mordicchiarle il labbro inferiore, ma lei si staccò, anche se a fatica. - Puoi stare tranquilla, non sarà così. Ho ammesso di essere stato battuto e chino il capo alla mia degna avversaria.-
-Avversaria, sono questo per te?- sussurrò con angoscia.
-Cavolo, Sveva, sii comprensiva! Sono un novellino con il vero romanticismo. Posso adularti quanto vuoi, ma non è così che voglio essere con te, non mi comporterò come ho fatto fino ad oggi. Non sei più la preda da conquistare, la rivale da soggiogare. Tu sei mia e io voglio trattarti come meriti, voglio che ridiamo insieme, come abbiamo visto fare a mio fratello e Federica. Voglio che tu ti senta libera con me, senza preoccuparti di quello che potrò pensare, del mio esame o di mostrarti all'altezza. Io so che tu sei all'altezza, e so che io spesso sono caduto parecchio in basso.-
-Mi sembra strano...-
-Cosa?-
-Ridere con te. Di solito sei così algido.-
-Ci sono tante cose che non sai di me, ma le scoprirai tutte, da stasera. E io farò lo stesso con te- mormorò, accarezzandole le braccia e poi dandole un bacio sulla fronte.
-Sembra una bella storia.-
-Lo è sempre stata, ma il capitolo migliore è iniziato oggi.- Le fece l'occhiolino, e si impossessò di nuovo dei confetti mentre lei dava una sistemata al trucco. -Era davanti allo specchio quando lo vide trasalire. -Senti, tesoro...-
-Vergil non chiamarmi "tesoro", almeno non quel tono mellifluo. Mi fa accapponare la pelle.-
-Ok, è che pensavo...insomma, noi abbiamo tante piccole abitudini da limare. Dovremmo venirci incontro su alcune cose. No?-
Sentì un sudore freddo imperlarle la fronte. Era tutto troppo bello per essere vero, ecco che arrivava la bastonata. Cosa le avrebbe chiesto, di sopportare un'amante, di mettere biancheria intima indecente, di  ricordare la Divina Commedia a memoria e al contrario? Balbettò, sentendo la salivazione azzerarsi. -S...sì.-
-Ecco- Vergil le si avvicinò osservando i prodotti di makeup sparsi sul tavolo. Sveva sbattè le palpebre, cercando di capire cosa ci fosse di sbagliato. -Non stavo scherzando prima: odio davvero il tuo lucidalabbra alla vaniglia!-
Sveva si piegò dalle risate nel vedere l'espressione disgustata del fidanzato. Impugnò il cosmetico e centrò perfettamente il gettacarte. -Così va meglio?-
-Mmm, credo di dover verificare- mormorò, prima di assaporarla con un bacio esigente.

Fu difficile riemergere dal piacevole torpore in cui erano sprofondati come per magia, ma Vergil insistette per non perdersi la festa del paese.
-E poi quei due rompiscatole ci darebbero per dispersi, ce li ritroveremmo addosso in trenta secondi. Penserebbero che ti ho sequestrata e ti sto torturando- sbuffò, alludendo al gemello con Federica. Lei sorrise, appoggiandoglisi contro, cercando una scusa per toccarlo, per confermare a se stessa che era tutto reale.
Uscirono in strada e furono investiti dal chiacchiericcio della gente e dal ritmo delle percussioni diffuso da decine di altoparlanti. Ovunque c'erano persone che si tenevano per mano, accennavano qualche passo di danza e ridevano. Sembravano tutti ebbri di felicità, e per un istante gli sguardi di Sveva e Vergil si incrociarono, complici.
Perlustrarono le bancarelle, grondanti di peluche, gioielli da quattro soldi e articoli d'artigianato già visti. Sveva tentò inutilmente di comprare qualcosa, perché Vergil continuava a criticare qualunque cosa scegliesse e non si rivelò affatto un fidanzato pronto a viziare la sua dolce metà, come gli rinfacciò lei più tardi, solo per intravedere ancora quella piega furba delle labbra. Sveva sospettava che ci fosse qualche altra sorpresa, ma lui la lasciva morire dalla curiosità. Si scoprirono affamati e storditi dai profumi contrastanti che gli solleticavano le narici. Indecisi tra dolce e salato, scorrazzarono tra i camioncini di hot dog e patatine fritte per poi fare incetta di caramelle dalle forme improbabili.
Sveva nascose un sorriso nel vedere Vergil muoversi a tempo con la musica e addentare una scorzetta d'arancia e cioccolato. Arrossì, desiderando di essere assaggiata in quello stesso modo, rise specchiandosi in una vetrina. Non si era mai vista con gli occhi tanto luminosi. Il braccio muscoloso di Vergil le cinse la vita, mentre una scorzetta le picchiettava contro le labbra. Gustò più gli sguardi pieni d'invidia delle altre ragazze che quella prelibatezza, ma Sveva si rifiutò di analizzare la propria reazione. Voleva solo godersi quella sensazione di totale euforia.
-Che delirio!- urlò Vergil, cercando di sovrastare il rumore. Si guardò intorno e la trascinò verso un tratto meno affollato del lungo mare. La musica era lontana e si riusciva a sentire perfino il rumore delle onde alle loro spalle. Sveva strinse forte il suo braccio, temendo che se lo avesse lasciato si sarebbe svegliata nel suo letto, con l'insopportabile consapevolezza di aver fatto il sogno migliore della sua vita. Vergil, però, restava lì, forte e sicuro di sè. -Sei una piccola opportunista, sai?-
-E tu hai molto da lavorare sul romanticismo. Siamo vicino al mare, sotto le stelle, ci siamo appena messi insieme e mi dai dell'opportunista?-
-Sì, ma tu hai tentato di estorcermi un regalo!Se ti può consolare mia madre, che pare essere una tua fan, vuole costringermi a darti una specie di quaderno rosa, molto elegante. Mi pare di averne visto uno uguale in camera tua, era mezzo nascosto sotto il letto.-
-Cosa hai visto il mio diar...ehm, la mi agenda! Ci segno solo qualche appunto insignificante, insomma, niente di che. Ma tu non ti sei azzardato ad aprirla, vero?-
-Ho come l'impressione che se ti dicessi di sì, tu mi uccideresti.-
Si accasciò contro di lui. -Siamo proprio un disastro: è il nostro primo appuntamento e parliamo di omicidi.-
Vergil scese dal muretto e restò in piedi davanti a lei, guardandola negli occhi. -Ho davvero una cosa per te.-
Sveva sapeva che non poteva essere un regalo, gli era stata attaccata tutto il tempo e non avrebbe mai potuto comprarle niente senza che se ne accorgesse. Si aspettava un bacio, assolutamente romantico e indimenticabile, anche se un po' prevedibile. Gli fece un sorriso sbilenco e aspettò senza dire niente.
-Sono certo che ti piacerà.-
-Sei sempre troppo sicuro di te, mio caro. Credevo di averti insegnato un tantino di umiltà.-
-Amore, se c'è una cosa che ho imparato in queste settimane è che tra noi due non ci sono certezze... ma sento che sei importante per me, e ti giuro che mi morderò la lingua prima di dire qualcosa che possa ferirti.-
Sveva lo attirò a se e appoggiò la fronte alla sua. -So che ti costerà tanto e lo apprezzo. E io? Cosa vuoi che faccia?-
-Tu devi essere paziente quando sarà pesante avere un fidanzato egocentrico. Dovrai essere velenosa, come solo tu sai essere, quando esagererò; e irresistibile, come oggi, quando mi sentirò confuso e avrò bisogno di un porto sicuro. Voglio che tu sia forte, perché tenterò di sovrastarti, e che tu sia dolce, perché per me sarà difficile ricordare che con te non desidero vincere, ma arrendermi. Accetti le condizioni?-
-Insomma, sei di poche pretese, eh?-
-Non sto scherzando- sussurrò, serissimo.
Sveva annuì, accarezzandolo con commozione. Lui aveva compreso ogni lato del suo carattere, chiedendole di essere ciò che era e ciò che non si permetteva di essere. Lui pretendeva tutto, e lei non gli avrebbe mai rifiutato nulla, perché amava ogni minuscolo pezzo di quell'arrogante principe azzurro. Non doveva comportarsi semplicemente come la ragazza impeccabile, ma poteva tirar fuori la tempesta che spesso la scuoteva e che si ostinava a nascondere. Sarebbe stata una relazione burrascosa, ma irrinunciabile.Vergil trattenne la sua mano destra, e poi tirò fuori dalla tasca un piccolo involucro di stoffa.
-Dobbiamo suggellare il nostro patto. Dici che un baciamano andrebbe bene?- Le lasciò cadere il pacchetto tra le dita e poi tirò la cordicella che lo teneva legato. Sveva trattenne il fiato, riconoscendolo. Era il gioiello indiano che aveva visto al centro commerciale, settimane prima. Lo aveva desiderato tanto, se l'era anche provato, ma poi l'aveva appoggiato con reverenza sullo scaffale, credendolo troppo prezioso e imponente, per una come lei. Vergil doveva averla osservata per tutto il tempo. Tanto tempo prima. Quando le cose tra loro erano ancora confuse e lo credeva invaghito di Federica.
-Come hai fatto ad accorgertene? Mi piaceva moltissimo, però non credevo che l'avessi notato.-
-Ho sempre notato tutto di te. Ci ho messo un po', però poi ho aperto gli occhi. Anche se quando ho comprato il baciamano non avevo ancora compreso i miei sentimenti. L'ho preso sapendo che era la cosa giusta da fare, ma non chiedendomi il perché. E poi, qualche giorno fa, è stato tutto più chiaro. Ho iniziato ad amarti, a poco a poco, ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo. Posso?-
Sveva lo vide infilarle l'anello al dito e poi voltarle il polso per chiudere la catena. Le prese la mano, sulla quale scintillava un intricato disegno di cristalli, e si piegò appena, mimando un galante baciamano, proprio come aveva fatto durante il loro incontro. Sveva sentì la gola chiudersi e le lacrime pizzicarle gli occhi. Tutto ciò che aveva desiderato tanto ardentemente era davanti a lei, ma non ebbe il tempo di pensare ad altro, perché Vergil la tirò a sè. E non ci fu più nulla da dire.
Poco prima della mezzanotte raggiunsero l'altra coppia. I gemelli si immersero in una vuota conversazione, anche se era evidente che si stessero studiando con molta attenzione. Sveva sentiva i loro pensieri nella propria testa "Ti sei comportato bene?",  "Fatti gli affari tuoi", "Che cos'è quel sorriso sornione?", "Vuoi dire lo stesso che c'è sulla tua faccia? E non venirmi a fare la predica". Sorrise a entrambi, sventolando la mano per salutarli, mentre Federica la scortava a passo di marcia verso la metà miracolosamente libera di una panchina. Rabbrividì, sentendo il freddo del marmo penetrare oltre il vestito impalpabile. Si rese conto che con l'andar della notte era scesa anche la temperatura, ma fino a che era stata vicina a Vergil non aveva sentito freddo. Cercò di concentrarsi su Federica, ancor più raggiante di lei. Avevano tentato di chiarirsi dopo la feroce litigata, quando Sveva aveva saputo dei falsi messaggi. La rabbia era troppo profonda per sparire di colpo, e il terrore di aver perso Vergil era ancora più radicato dentro di lei. Eppure, la gioia perfetta dell'amica aveva reso Sveva più malleabile. Aveva sempre avuto un debole per il lieto fine.
-Allora, sputa il rospo principessa: che avete fatto tutto il pomeriggio?-
Si agitò sulla panchina e non rispose, anche se sentì tutto il sangue affluirle verso il viso.
-Andiamo, io ti ho raccontato di ieri, della cena...e del dopo cena!- L'amica non si arrendeva, avrebbe fatto qualunque cosa per salvare la loro amicizia. -Senti, lo so che ti ho fatto del male, che ho rischiato di allontanarti per sempre dal ragazzo che ami, però...- Federica abbassò lo sguardo, per non leggere una sentenza inappellabile negli occhi di Sveva.
-Non voglio sentire più una frase simile. Non riesco nemmeno a sopportare l'idea di perderlo. Per fortuna, le cose sono andate diversamente.-
-Sei ancora arrabbiata con me?-
-Certo che lo sono! Hai agito senza pensare, soprattutto senza pensare di parlarmene.-
-Non è vero, ti ho detto tante volte di lasciarlo stare.-
-Tra l'avvertirmi e lo scavalcarmi c'è una bella differenza!- Sveva si passò le mani sulle braccia, sempre più fredde, mentre osservava  le gambe di Federica dondolare agitate. Capiva la sua ansia, e avrebbe voluto rasserenarla subito, ma dovevano chiarirsi.
-Lo so, ma mi conosci. Sono una persona impulsiva, ma stavolta ho capito la lezione.-
-Sarà meglio per te!-
Federica strabuzzò gli occhi e osservò con sorpresa la biondina. -Come sei battagliera. Questa è un'altra cosa di cui ti volevo parlare. Quando ti ho vista arrivare con Vergil ho capito ancora di più il mio sbaglio. Lui ti ha messa in difficoltà innumerevoli volte, e in modi insopportabili, eppure tu non hai mai mollato. Lo hai compreso, e hai lavorato su te stessa. Quello che sto per dire non giocherà a mio favore, ma non credevo ci saresti riuscita.- Tornò a distogliere lo sguardo, ma poi si fece coraggio e la guardò negli occhi. Doveva affrontare l'amica, si erano sempre dette tutto...quasi tutto, e non dovevano smettere adesso. Si aspettò una reazione violenta, ma Sveva aveva iniziato a ridere in modo incontrollato.
-Il bello è che non ci credevo nemmeno io! Fede mi conosci meglio di chiunque altro, la mia insicurezza, le mie paranoie. Avrei dovuto arrendermi, avrei dovuto rinunciare fin da subito. Tu hai previsto il disastro incombente, con me in lacrime a singhiozzare per giorni e chiudermi in casa per mesi. Avevi ragione, sarebbe dovuta andare così. E tu volevi solo proteggermi.-
-Ecco, detta così suona meglio.- Federica iniziò a rilassarsi, fissando Sveva e tenendo d'occhio anche i gemelli, tanto per evitare che qualche sciacquietta poco vestita li credesse liberi.
-Quello che hai fatto è grave, e sono ancora arrabbiata, ma non voglio perdere la mia amica. E non voglio che una lite tra noi rovini uno dei momenti più esaltanti della mia vita.Insomma, quando ripenso a oggi pomeriggio...-
-Adesso devi proprio dirmi tutto, quello sguardo sognante mi incuriosisce troppo. Su, parla!- 
-Ok, ok, confesso.-
-Brava, tanto non sarà successo niente di indicibile.-
-Ehm, veramente...-
-Sveva!-
-E non urlare- la supplicò, tirandola per il braccio e osservando l'occhiata sdegnata della vecchietta seduta poco più in là. -Per la cena, diciamo che siamo passati direttamente alla portata piccante...- mormorò, sperando di non essere sentita anche dal resto del paese, e parlando per metafore, così per essere sicura. Percependo il totale silenzio accanto a sè, si voltò verso Federica, che la scrutava. Le sue sopracciglia formavano una lunga linea ininterrotta, tanto che erano aggrottate, e gli occhi erano ridotti a una fessura. -Che c'è? Non vorrai farmi la predica? Mi hai appena fatto i complimenti per il mio coraggio!-
-Vorrei chiederti se sei sicura di aver fatto la cosa giusta. Insomma io e Dante stiamo insieme da un po' a differenza tua e di Vergil...-
-E non avete aspettato molto nemmeno voi- osservò Sveva. -Io non faccio domande, ma so molte cose!-
-Sì, non c'è bisogno di fare la Bond Girl. Comunque, se mi avessi lasciato finire, ti avrei detto che non farò altre domande, perché non ti ho mai vista così felice. Era spaventoso ammetterlo, ma si vedeva che Vergil era quello giusto per te.-
-E Dante è quello giusto per te.-
Sveva incontrò lo sguardo di Federica e si sorrisero, con la gioia di condividere ancora una volta lo stesso sogno. Quell'estate le aveva unite ancora di più, avevano vissuto un'esperienza indimenticabile: giorni che erano sembrati anni, per l'intensità con cui li avevano trascorsi. Avevano imparato a conoscersi, a lasciare da parte le loro fragilità e le false corazze, per affidarsi a due paladini un po' strambi e complicati, ma irresistibili.
Si voltarono verso i gemelli, che ci misero solo pochi secondi a raggiungerle, come intuendone i pensieri.
Sveva e Vergil, Dante e Federica. Un solo gruppo, una doppia coppia che sarebbe diventata ben presto indissolubile. La mezzanotte scoccò, e li sorprese vicini ad ammirare i fuochi d'artificio che, esplodendo nel cielo scuro, si riflettevano nei loro occhi sognanti.


--- FINE ---



Ma è successo davvero? "Doppia Coppia" è finita?


Non ricordo nemmeno più quando ho iniziato a scrivere questa storia. Ero al liceo, e la mia folle compagna di banco mi parlava di questo portale on line e della sua ossessione per i gemelli di Devil May Cry. Tra le due, io sono sempre stata la romantica,  l'idea di creare una storia, un piccolo angolo di mondo, in cui noi avremmo potuto essere accanto ai nostri beniamini, mi conquistò subito.
L'inizio della fiction vi fa sbirciare nella mia vita liceale. Sveva ero proprio io, con tutte le mie mille insicurezze, e la splendida Federica è quell'amica che io ho sempre considerato molto più carina e forte di me. Tutto ciò che avete letto finora è un tributo all'amicizia. Alla speranza che i sogni, anche quelli più semplici, possano avverarsi.
Ma la strada è stata lunga e, come sapete bene, ci sono state tantissime interruzioni. Credo di aver passato almeno un anno e mezzo senza scrivere una riga, allontanandomi sempre di più da EFP e dalla mia fiction. Tanto a chi importava?
E poi mi arrivò un messaggio. Lo lessi una sera, a casa di un'amica con cui stavamo rivangando il passato da fanwriter accanite. Entriamo a dare un'occhiata alle vecchie storie, per sfizio.
Katherine.
Se non ci fosse stata lei, se non mi avesse scritto quelle righe, dicendomi che stava aspettando il lieto fine, che si era appassionata alle (dis)avventure delle mie sciocche protagoniste... bhe, non avreste letto la parola fine.
Sono una da rincorrere, lo ammetto. Perdo l'entusiasmo, la fiducia, il credere in me stessa. Tanto a chi importa?
Sapere che c'era anche solo una persona che si prendeva il disturbo di mandarmi una riga, per chiedermi di tornare, è stata una scarica di adrenalina. Mi ha ricordato perché scrivo. Per condividere. Per la speranza di ricambiare il favore, perché sono una lettrice che si è rifugiata nelle trame altrui, e ha desiderato di poter creare dei posti sicuri anche per gli altri.
Scrivo da molto tempo, ho anche avuto le mie piccole soddisfazioni, pubblicando racconti e avendo contatti con alcune case editrici. Ma non ho mai scritto una storia lunga. E "Doppia Coppia" è lunghissima.
Non ci sarei mai riuscita se non ci fossero state Federica e Katrine, ma anche tutte voi, RockMantick, Mizzy (ma quante volte hai letto la ff? Ti farei una statua!), DantexR, RebeccaJung... Nomino solo le ultime, ma vorrei nominarvi tutte, tutte le persone che hanno inserito la storia nelle liste, che l'hanno commentata. E io vi ringrazio per tutti i commenti, perchè spesso mi avete fatto notare delle inesattezze, che mi hanno portata a migliorarmi, perchè ho avuto la fortuna di avere delle lettrici (e dei lettori ?) attente, appassionate ed esigenti.
Il mio percorso è stato tortuoso, da ragazzina che scrive senza alcuna esperienza, a collaborare con un'editor, a fare un corso di scrittura creativa. E in tutto questo la FF ha subito i miei sbalzi d'umore, le cose che imparavo, quelle che mi lasciavo indietro.
I miei personaggi si sono evoluti con il tempo, tutto la storia, dalla trama, allo stile, è cambiata. Probabilmente, è cambiata insieme a me. Quando rileggo i primi capitoli mi vengono i brividi, e se poi salto agli ultimi quasi non riesco a credere di essere la stessa autrice. Eppure sono felice, perchè tutti gli errori, e tutte le parole giuste, mi hanno portato fino a qui. Fino al capitolo 40 e alla parola FINE.
Mi sono commossa quando l'ho scritta, perché è stata un'enorme soddisfazione. E spero che un pochino di questa splendida emozione si sia trasmessa anche a voi. Spero che mi perdoniate per le discrepanze, i cambi di registro, le stranezze. Mi avete accompagnata lungo un pezzo di strada e io non posso che esservi grata per l'entusiasmo, per avermi fatto capire che "Sì, a qualcuno importava."

E ora non ho altro da dire. Vi saluto e non so se ci sarà un seguito per me su EFP, se tornerò con altre storie, se modificherò questa per migliorarla, se la stravolgerò. In sintesi, non so quasi niente, ma so di essere felice di trovarmi qui, a scrivervi.
Vi lascio con tre canzoni: La prima mi ha sempre fatto pensare a Vergil, all'inizio della storia. Le altre due le ho usate per scrivere l'ultimo capitolo. In realtà, ho ascoltato Ed Shareen a palla, per il 40esimo capitolo. Bloodstream andava a ripetizione per la scena più "hot", mentre Photograph l'ho usata per il risveglio e per la fine.

Grazie di tutto,
Bryluen.

  
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