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Autore: mamma Kellina    21/06/2015    8 recensioni
Primi anni del Novecento. Il mondo sta cambiando, ma le contraddizioni nate dal vecchio che stenta a morire e dal nuovo che fatica a nascere sono sempre più evidenti. Angela e Fabrizio sono figli del loro tempo dal quale sono pesantemente condizionati: timida e repressa da una rigida educazione lei, libero e insofferente alle costrizioni lui. Sono incompatibili e la loro unione sembra destinata a fallire. Eppure, nonostante le influenze del mondo esterno e i loro stessi errori, alla fine le loro anime si riconosceranno e sarà vero amore. Però non sarà facile perché:
… chi si conosce tanto a fondo da sapere chi è in realtà? Siamo tutti così. Però, anche se sembriamo solo alberi sbattuti dal vento, nel profondo le nostre radici stanno cercando a tentoni la strada nella terra per diventare più robuste e permetterci di resistere alle intemperie della vita …
Sullo sfondo di Napoli, Acireale, Firenze, Parigi, attraverso tanti personaggi, tutti di fantasia, ma che si muovono in un contesto storico ricostruito con grande cura sia per quanto riguarda avvenimenti realmente accaduti che personalità veramente esistite, un viaggio indietro nel tempo ricco di passione, di tradimenti, di gioia e di dolore, che spero possa essere appassionante ed avvincente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Con il viso alzato verso il cielo, Angela godeva per il calore intenso dei raggi solari dello splendido giorno di maggio. Sapeva bene che il sole dell’alta montagna avrebbe potuto anche scottarla, ma per la prima volta da più di un mese si sentiva in pace. Non si era pentita della sua decisione di tornare a Davos, presa subito dopo che il medico legale l’aveva trovata in grado di intendere e di volere. In effetti aveva rimandato solo di qualche mese il problema, ma aveva intuito che in quel luogo di pace e di silenzio avrebbe potuto ritrovare un po’ se stessa. Aveva giustificato la sua scelta agli occhi di tutti adducendo la scusa di una tosse pungente e fastidiosa che l’aveva tormentata per tutto l’inverno. I motivi più profondi erano diversi.
Il dottor Huber era stato felice di rivederla. Dopo averla visitata con scrupolo, l’aveva trovata sana come un pesce in quanto la malattia di qualche anno prima era oramai  del tutto guarita.
- Basta guardarvi, mia cara – le aveva detto – vi siete fatta così bella e florida che vi terrei qui solo per farci pubblicità.
Lei aveva riso, ma era stato un riso forzato. Nei suoi occhi si leggeva quasi lo sgomento per non avere più il pretesto di restare lì, almeno per un po’. Il medico se n’era accorto e aveva aggiunto, nel suo italiano dal pesante accento teutonico:
- Noi qui curiamo i corpi, non le anime, ve l’ho sempre detto. Però nulla vi impedisce di scendere in un albergo in paese e godervi questa splendida primavera in montagna. Potrà farvi senz’altro bene e non solo al corpo.
Aveva accettato il consiglio e ora, dopo quasi un mese di permanenza, si sentiva come rinfrancata. Non se l’era sentita di tornare ad Acireale, lì c’era Vittorio e la sua famiglia, né di rimanere a Napoli dove, a parte i perfidi zii, era sola. Avrebbe potuto andare a Parigi, da Jeanne che l’aspettava con grande affetto, ma la vita frivola tra i divertimenti e i lussi aveva finito per stancarla. Non avrebbe potuto più darle nulla ora che ne avvertiva tutta l’inutilità. C’era sempre l’invito di Michail di seguirlo a San Pietroburgo, ma lì il discorso si faceva ancora più complesso.
Più volte durante le passeggiate solitarie sui sentieri di montagna si era interrogata su ciò che provava per il principe Vasilchikiov. A prescindere da ciò che le aveva detto madame Fougez quando le aveva suggerito di non cadere nella rete del nobiluomo che prendeva e lasciava le sue amanti con la massima facilità, era arrivata alla conclusione che, nonostante l’ avesse attratta fisicamente, non era una persona di cui si sarebbe potuta innamorare. Una sera dell’inverno precedente, durante una festa, su un terrazzo illuminato dalla luna che si affacciava sul mare e sulle luci di Montecarlo, lui l’aveva baciata. Allora aveva avvertito come una vertigine e la voglia di provare ancora una volta l’ebbrezza dell’amore fisico. Aveva accettato di seguirlo in camera sua. Michail era bello, dolce, abile, le aveva acceso i sensi con le sue sapienti carezze e i suoi baci appassionati, ma questa volta qualcosa dentro di lei l’aveva fatta ritrarre prima che fosse troppo tardi. Non aveva neanche capito cosa fosse stato, ma ad un tratto si era liberata dalla sua stretta. Per fortuna il principe era un vero gentiluomo e l’aveva  lasciata andare. Comunque il desiderio inappagato lo aveva reso da quel momento in poi ancora più ostinato nel cercarla anche se le aveva promesso di darle tutto il tempo di cui aveva bisogno, sicuro che alla fine gli si sarebbe concessa, superando ogni paura.
Anche lei ne era stata convinta, ma non dopo aver rivisto Fabrizio a Napoli. In quella occasione aveva capito che nessuno mai avrebbe potuto prenderne il posto. Forse la cosa più semplice sarebbe stata di andare a Firenze, dal suo unico amore, e mettersi nelle sue mani. Di una cosa era certa: suo marito le voleva bene, e forse era venuto il momento di andare a riscuoterne l’affetto e accontentarsi di quello, senza pretendere di più. Ma dopo tutto quello che c’era stato tra loro, le delusioni, i tradimenti, la lontananza, un matrimonio in procinto di essere annullato, era possibile riprendere il loro legame come se nulla fosse accaduto? E Fabrizio era cambiato davvero come le pareva dalle lettere che aveva ripreso ad inviarle numerose o magari era solo una sua illusione e l’interesse che provava per lei era soltanto dettato dall’amicizia? Qualcosa la bloccava. Aveva un bel dire Jeanne quando le suggeriva di pretendere di essere amata per ciò che era. Lei si sentiva ancora tanto debole ed insicura, senza davvero niente per cui potersi fare amare.
Era giunta al piccolo cimitero dove tra le sepolture segnate dalle croci di pietra e di metallo c’era anche il semplice monumento funebre  in cui  riposava Paul. Le aveva dato assai conforto ritrovare la sua tomba in quel luogo lontano da tutto e da tutti, dove il silenzio era rotto soltanto dal canto degli uccelli e dal passo felpato di qualche raro e rispettoso visitatore. Aveva preso l’abitudine di andarsi a sedere tutti i giorni lì, a guardare la bella foto dell’amico sulla lapide e a mettere nel vaso i suoi fiori preferiti, le campanelle sbocciate nei prati tutt’intorno che tante volte avevano raccolto insieme. Le pareva allora di parlargli ancora, anche se forse erano i battiti del proprio cuore che le rispondevano come fossero la sua voce. Paul non era andato via, le era accanto e anche se non sapeva come, la consolava, la sosteneva. Poteva ancora raccontagli tutte le pene che si portava dentro.
Lo stava facendo anche quel mattino quando sentì una voce maschile alle sue spalle dire in francese:
- La contessa Angela del Cassano, immagino.
Doveva essere qualcuno che la conosceva. Si girò, ma rimase stupita nello scorgere un uomo piuttosto anziano mai veduto prima. Lo osservò con attenzione: poteva avere una settantina d’anni, portava i radi capelli ancora biondi piuttosto lunghi e nel viso interessante, nonostante la fitta rete di rughe, brillavano due occhi dolcissimi, chiari e trasparenti come il ghiacciaio in lontananza. Gli occhi, quelli sì che le erano familiari. Incuriosita, gli chiese nello stesso idioma:
- Perdonate, signore, ci conosciamo?
L’altro sorrise  e  alzò il cappello in segno di rispetto.
- Scusatemi, – le disse – mi presento: sono Jacques de Savigny, il padre di Paul. Non ci siamo mai conosciuti, ma non ho stentato a riconoscervi anche se siete diversa dalle descrizioni che mi faceva mio figlio. Però il dottor Huber mi ha detto che eravate a Davos e forse questo mi ha aiutato.
Con un sorriso radioso la donna si alzò in piedi e gli si avvicinò, le mani tese in un gesto di simpatia.
- Mio Dio, barone! Neanche immaginate quanto vi abbia cercato a Parigi, ma mi avevano detto che eravate andati via dalla città.       
Lui le prese le mani tra le sue.
- Infatti è così. Dopo la morte del nostro ragazzo,  mia moglie ha preferito seguire l’altro nostro figlio che è militare in Marocco. Io non mi sentivo portato alle imprese coloniali né avevo voglia di restare a Parigi. Così ho preso casa a Zurigo e sono venuto a stare qui, vicino a Paul.
- Sì, lo so, eravate molto legati, lui mi parlava sempre di voi e di tutte le cose che gli avevate insegnato.
- Anche a me parlava molto della giovane contessa italiana, anzi, nelle lettere dell’ultimo anno parlava solo di lei, oramai. Era molto innamorato, sapete?
Nonostante Jacques le avesse detto quelle parole con un sorriso dolce, Angela se ne sentì imbarazzata. Arrossì.
- Mi dispiace, mi dispiace tanto!
- E di cosa? – si affrettò a rassicurarla l’anziano signore – Vi dispiace di aver regalato un sogno a un povero giovane che stava per morire?
- Forse gli ho fatto del male, ma senza volere, credetemi.
- No, mia cara. Paul era perfettamente consapevole che per lui non c’era altra via, ma non per questo non ha apprezzato la vostra dolcezza e la vostra amicizia. Anche i fiori che stanno per appassire hanno bisogno della rugiada e voi, con la vostra sola presenza, lo avete aiutato a essere felice, almeno per quel poco tempo che gli era stato ancora concesso di vivere.
- Io gli volevo bene come a un  fratello. Davvero, gli volevo tanto bene!
Angela ora aveva gli occhi colmi di lacrime.
Insieme, rimasero in raccoglimento sulla tomba del loro caro, dopo si avviarono verso il paese, fermandosi a tratti ad osservare l’incantevole panorama e il lago in lontananza. Chiacchierarono del più e del meno. Il discorso cadde, com’era naturale, sulle convinzioni religiose di Paul trasmessegli dal padre che aveva dedicato l’intera vita alla ricerca spirituale.
- È  stato lui a insegnarmi tutto quello che so in materia, anche se forse non è stato un bene – gli confidò la ragazza a un certo punto.
- Perché dite questo?
- Perché prima la mia semplice fede mi consentiva di camminare sicura. Dopo che lui ha confutato tante mie certezze, l’ho persa e ora i miei passi sono ancora più confusi.
- Però non avete smesso di cercare la vostra strada, non è così?
La donna sorrise con tristezza.
- Per cercare cerco, sono sicura che qualcosa c’è da qualche parte, ma sono così delusa, ferita. A volte non ho neanche la forza di pensare a cosa dovrò fare domani.
- Bene, allora vuol dire che siete pronta a trovare quanto cercate.
- Voi dite? Magari fosse così!
- Certo, state per arrivare alla vostra stessa essenza. Sarà un’impresa entusiasmante benché difficile. Dovete sentirvi pronta a rinunciare a tutto ciò in cui avete sempre creduto, ma sono sicuro che alla fine troverete davvero voi stessa e Dio.
Lei sorrise ancora, un po’ diffidente, un po’ incredula. Erano arrivati intanto all’albergo dove alloggiavano entrambi e dove, nei giorni successivi, le loro conversazioni si sarebbero fatte sempre più frequenti e i loro rapporti sempre più confidenziali. Infatti, appena pochi giorni dopo averlo conosciuto, la ragazza arrivò ad aprire il suo animo alla paterna dolcezza di un uomo in cui il dolore per la perdita del figlio non offuscava mai la saggezza e la serenità conquistate con fatica  in tanti anni di lavoro spirituale.
 
Quattro settimane dopo Angela e Jacques ritornavano dalla passeggiata. Dopo un giorno di pioggia, il sole era riapparso da dietro le nuvole giusto in tempo per tingere di porpora il cielo prima di tramontare. La donna aveva freddo e si stringeva nel cappotto. Anche se si era in giugno, la sera si presentava gelida e lei, nonostante la presenza dell’amico, era di pessimo umore. Era venuto ormai il tempo di prendere una decisione sull’avvenire.
- Non posso rimanere qui in eterno – stava dicendo – ho delle persone che mi vogliono bene. Loro, ne sono certa, mi seguirebbero ovunque decidessi di andare, ma il problema è che io stessa non so dove. Da una parte vorrei tornare in Sicilia, lì mi sentivo libera in mezzo alla natura, dall’altra penso che sarebbe meglio tornare a Parigi perché è una città stupenda, moderna, senza pregiudizi dove si vive momento per momento, nel lusso, nel benessere, nella gioia di vivere.   
L’uomo scosse la testa, in pieno disaccordo.  
- Non pensate che ci si possa star bene? – gli chiese allora.
- Le persone più superficiali forse sì. D'altronde è tutta la vecchia Europa che comincia a scricchiolare.
- Cosa volete dire?
- Basta guardarsi intorno e vedere quanta sopraffazione, quanta sete di potere e di guadagno ci sono nel mondo per capire che presto qualcosa accadrà e non sarà piacevole.          
- Non potete essere così pessimista. Siamo nel Novecento, un secolo di progresso e di giustizia.
- È tutto falso, tutto gonfiato. Quello che viene offerto alla gente sono solo promesse e nessuna di esse sarà mantenuta. Questo mondo dorato fatto di illusioni presto andrà in pezzi anche se tutti fingono di non saperlo per sentirsi più tranquilli.   
Lei rimase qualche attimo in riflessione.          
- Come sul Titanic. Ricordo che i sopravvissuti a quell’orrendo disastro hanno raccontato che l’orchestra suonava ancora il valzer mentre la nave stava affondando – commentò.
- Infatti. Purtroppo i primi a perire furono i più poveri stipati nell’ultima classe. Sono sempre loro quelli che pagano il conto più salato quando la sciagura si abbatte sull’umanità.
- Jacques, mi fate spavento. Ve le ha dette uno dei vostri spiriti queste terribili profezie? – gli chiese,  essendole nota la sua mania per l’occultismo.
- Forse – scherzò l’altro.
- Allora me ne torno ad Acireale. Là, sulla mia spiaggia, la cosa più spiacevole che potrà accadermi sarà pungermi con un riccio, farmi urticare da una medusa o, peggio ancora, incontrare Clara Orsini – provò a sdrammatizzare la giovane ridendo.
Anche Jacques sorrise. La prese sottobraccio e le fece una proposta.
- Venite con me a Zurigo.
- A Zurigo? E che ci faccio a Zurigo?
-Tanto per cominciare è una città bellissima e cosmopolita. Ci sono tanti intellettuali nelle università e una libertà di pensiero come non c’è in nessun’altra parte d’Europa, neanche a Parigi. E poi vorrei che foste mia ospite per continuare le nostre conversazioni. Siete un’allieva magnifica e sono sicuro che con un po’ di lavoro riusciremo a far convivere bene la vostra personalità con la vostra essenza.
-  Siete così convinto che ci sia tanta differenza tra le due cose?
- Non sono io a dirlo, ma il grande Georges Gurdijeff al cui insegnamento ho avuto modo di avvicinarmi lo scorso anno in Russia. Il maestro sostiene che la nostra personalità è nata dall’educazione che ci è stata impartita e dalle influenze che il mondo esterno ha avuto su di noi; l’essenza è ciò che siamo veramente e anche se è la parte di noi che meno conosciamo, è l’unica alla quale dobbiamo giungere per essere in pace con noi stessi e consapevoli di cosa davvero vogliamo. Anche in amore, vedete, spesso ci accontentiamo di chi ci soddisfa appena, dimenticandoci che soltanto due anime che si riconoscono possono amarsi davvero e in modo duraturo. Non mi guardate così, lo dico per esperienza personale. Prendete me e mia moglie, siamo persone diverse, facciamo esistenze diverse eppure niente e nessuno potrà mai separarci l’uno dall’altra perché sono le nostre anime a essersi conosciute e amate.
- Pensate sia possibile una cosa del genere? A me sembra solo un bel sogno romantico.
- Romantico un corno! Provate a mettere accanto due persone che pur essendo simili nei comportamenti sono diverse nel loro intimo. Sarà un vero disastro, neanche il sesso sarà vera unione tra di loro, ma solo l’istinto che spinge gli esseri viventi a perpetuare la propria specie. Purtroppo molti si ostinano a  scambiare anche quello per amore.
- Quindi voi pensate che anche due persone molto lontane per carattere e abitudini di vita possano amarsi senza saperlo?
- Amarsi certo, ma non senza saperlo, dentro di loro lo sapranno. Devono solo cercare la strada insieme e questo è ancora più difficile se sono entrambe già smarrite per conto proprio.
Angela restò un attimo silenziosa a riflettere. Tra lei e Fabrizio, sin da quando si erano conosciuti, c’era sempre stato un legame speciale fatto di tenerezza, di comprensione reciproca e perché no, anche di attrazione fisica. Ora che avevano ripreso a scriversi con una certa regolarità, avvertiva che quel sentimento non aveva mai cessato di esistere, nonostante tutto. Perché allora non erano mai riusciti a trasformarlo nel vero amore che entrambi non erano mai riusciti a trovare?
- Va bene, mi avete convinta, verrò con voi a Zurigo - sospirò infine.
- E farete bene, così forse avrete un po’ più le idee chiare su quello che c’è tra voi e Fabrizio. Perché è a lui che stavate pensando, non è così? – scherzò  Jaques.
La ragazza stette allo scherzo.
- Ma brutto impertinente che non siete altro, volete fare il maestro o il pettegolo?
- Andiamo, figliola, si vede lontano un miglio che siete ancora innamorata di vostro marito. Però, come dice la vostra saggia amica Jeanne, che per inciso mi farebbe molto piacere conoscere, è meglio che scopriate prima cosa ha da amare in voi il pover’uomo, altrimenti rischiate di rovinare di nuovo tutto.
- Io sono pronta ad essere quello che lui vuole.
- Ed ecco che ricadete di nuovo in errore! Voi siete quella che siete e lui, se vi riconoscerà, vi amerà di certo, anche se siete una piccola cosa e la stessa cosa accadrà a voi. Non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo essere eccezionali, basta fare del nostro meglio ed essere sinceri, soprattutto con noi stessi.  Ma adesso andiamo a scrivere ai vostri amici, staranno molto in pena per voi, quei poverini.



NdA
Dite la verità, non vi sareste mai aspettate che il nuovo personaggio fosse il papà di Paul. Eppure mi è sembrato bello che la rinascita di Angela, iniziata in un certo senso a Davos proprio grazie all’amico ormai scomparso, trovasse una nuova spinta nello stesso luogo e grazie a qualcuno che era già stato la guida spirituale di questo giovane e sfortunato uomo. D’altronde solo grazie all’immaginario personaggio di Jacques de Savigny, studioso di discipline esoteriche e mistico, potevo introdurre i concetti relativi all’amore  di Georges Gurdijeff  che mi avevano molto colpita quando li ho letti in suo libro. Certo, nella nostra epoca in cui buona parte delle unioni sembrano destinate a fallire, le sue teorie possono apparire più che mai un bel sogno romantico, come lo ha definito Angela, ma essendo lei stessa e Fabrizio solo personaggi di fantasia allora perché non abbracciarle e far sì che, almeno per loro, il legame speciale che hanno avvertito sin da quando si sono conosciuti possa essere indice di due anime che si sono riconosciute e sono destinate ad amarsi per sempre?
Nei prossimi  tre capitoli, anche se pian piano, i miei protagonisti si ritroveranno. Vi chiedo di non lasciarli andare proprio ora che il loro happy end si avvicina e di continuare ad immergervi con me nel loro amore, nel loro mondo, nella loro epoca.
A domenica prossima e grazie a tutte. 

 
   
 
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