Trouvaille
Gennaio è il mese che preferisce: l’alba si veste dei colori dell’inverno e a lei piace ammirare quello spettacolo affacciata alla finestra, con la sola compagnia di una tazza di caffè fumante. Da poco è trascorso il Natale, eppure è ancora possibile percepire i frammenti di magia che impreziosiscono i volti delle persone, le vetrine dei negozi. Più di ogni altra cosa, tuttavia, adora la pace ed il silenzio che aleggiano in quelle giornate: i suoi genitori lavorano fino a sera e sua sorella trascorre il pomeriggio in compagnia del fidanzato. Così si ritrova sola e, furtiva come un ladro, si rinchiude nella grande stanza che si affaccia sul giardino, imbiancato di neve e vive,
semplicemente.
Oggi non fa differenza. Assicuratasi della sua sola
presenza in casa, è sgattaiolata nel suo rifugio personale,
chiudendosi la porta alle spalle e
abbandonando qualunque pensiero o preoccupazione al di là della soglia.
Sospirando serenamente, Elsa regola il volume delle
casse e lascia che la musica le inebri la mente con il suo ritmo leggero e
cadenzato. Si alza dal morbido tappeto sul quale è sdraiata e inspira l’aria fredda,
che penetra nella stanza dalla finestra lasciata socchiusa. Chiude gli occhi, rilassata e descrive
un arabesque penché, seguito da una
piroetta, un movimento aggraziato di braccia e gambe, coronato da un turbine di
capelli.
Le scappa un sorriso al ricordo della sua insegnante di danza, la quale le raccomandava sempre di raccogliere i
capelli prima di fare riscaldamento. Come un raggio di sole, nella sua mente si
fa spazio un altro ricordo: lei che rincorreva Anna prima degli allenamenti,
per convincerla a legarsi la folta chioma rossa, che la sorella voleva invece
lasciare sciolta e le loro risate cristalline. Anna è proprio come un raggio di sole, capace di rischiarare
anche laddove la luce ha paura ad avventurarsi, riflette la ballerina,
l’amore fraterno che si cela timidamente tra le striature delle sue iridi.
In quel momento la canzone cambia, un istante di
silenzio e le note del pianoforte si diffondono nell’aria. Elsa si volge di tre
quarti verso l’ampia finestra che dà sul giardino, soffermandosi ad osservare
il cielo plumbeo, promessa di neve, immersa nella quale adora danzare.
Azzarda nuovamente, improvvisando una piccola
coreografia di passi, salti e giravolte, accantonando la tecnica, consapevole
dell’imperfezione che ne risulterà, ma per oggi va bene così. La fantasia
viaggia sulle note della musica, esprimendosi nelle torsioni dei suoi arti, una
danza eseguita con il corpo, ma senza l’ausilio degli occhi, che la ragazza ha
preferito tenere chiusi per non distrarsi. Quando avverte gli ultimi tocchi sui
tasti del pianoforte, che preannunciano la fine della canzone, chiude il
balletto improvvisato con una spaccata e lentamente reclina il viso all’indietro.
Solo quando la melodia cessa, apre le palpebre,
prendendosi qualche secondo per godersi i momenti di
pace dopo lo sforzo fisico compiuto. Quando percepisce i muscoli rilassarsi un
poco, si alza da terra e si accosta alla finestra, dove la sua attenzione è
stata catturata da un uccellino, posato sul ramo di un pesco, unico spettatore
del suo ballo.
O quasi.
Elsa solleva lo sguardo e i suoi occhi si sgranano,
dipingendosi di stupore e sbigottimento; solo adesso si è accorta della
presenza di un individuo nel suo giardino, accostato alla siepe che ne delimita
il perimetro. Il primo pensiero che il suo cervello elabora è sbarrare le finestre
e assicurarsi che il portone di casa sia ben chiuso. Tuttavia, prima che riesca
anche solo a muovere un dito, il ragazzo le si avvicina con un balzo,
sorridendo. La fanciulla indietreggia, confusa dal suo comportamento, il respiro
che fuoriesce prepotente dalla bocca socchiusa, sostenendo il ritmo dettato dal
cuore. Lui piega leggermente la testa di lato, osservandola incuriosito e
l’espressione sul suo volto ricorda quella di un bambino, attratto da
qualcosa di sconosciuto ed affascinante. La ballerina corruccia le
sopracciglia, infastidita dall’intrusione e imbarazzata perché ha
assistito a qualcosa che custodisce così intimamente; nessuno in famiglia
(nemmeno Anna, a cui è legata da un sentimento così profondo e con la quale
condivide ogni cosa) infatti, è a conoscenza di come trascorra molti pomeriggi,
chiusa in quella grande stanza a ballare, un segreto che preferisce tenere per
sé.
I secondi trascorrono lentamente, entrambi attendono
pazienti la mossa dell’altro ed Elsa ne approfitta per studiare quello strano
ragazzo, sbucato dal nulla nel suo giardino. Con lo sguardo descrive la forma
del suo corpo asciutto, coperto da jeans scuri che ne evidenziano la
muscolatura definita, seppur non eccessiva e da una grossa felpa, per
raggiungere il viso, lì dove gli occhi rimangono incatenati.
“Che begl’occhi…” pensa, osservandone il taglio ed il
colore insolito, simile a quello dell’oceano in tempesta.
Al
giovane non sfugge l’ispezione di lei e la bocca
gli si curva in un sorriso intriso di malizia: non è un tipo
vanitoso, ma non
disdegna le attenzioni che gli vengono riservate, soprattutto da parte
di una
bella ragazza. Quando la ballerina fa correre lo sguardo dai suoi occhi
alle
sue labbra, si accorge del sorriso che le dipinge e comprende di
essersi soffermata
troppo a lungo ad osservarlo. Con uno scatto volta il capo,
interrompendo
bruscamente il contatto visivo che si è creato, mentre avverte
un insolito
calore pizzicarle le guance e si morde il labbro, consapevole del
rossore che
ne nascerà. Il ragazzo scoppia in una fragorosa risata,
osservando le sue
reazioni e, curioso di scoprirne di nuove, si avvicina di più
alle ampie
vetrate, soffia su di esse per appannarle e scrive qualcosa. Elsa
solleva la
testa, richiamata dal picchiettio che proviene dalla finestra e legge
l'inconsueta proposta di uscire. E’ conscia che dovrebbe
chiamare la polizia o
quantomeno allontanarsi, eppure non riesce a resistere. Accosta la mano
sul
vetro dell'anta, sospira, come per convincersi che sì,
quella non è la scelta
migliore, ma non le importa ed esce in giardino.
«Ehi, non pensavo saresti venuta fuori!»
La ballerina sbatte le palpebre contrariata e
incrocia le braccia sotto al seno: «C'è un estraneo nel mio giardino e vorrei
capirne il perché.»
Il ragazzo ridacchia, scostandosi i capelli che gli
sono ricaduti sulla fronte e fa un passo avanti, portandosi di fronte a lei, un
gesto compiuto di proposito per provocarla e sollecitare il suo carattere, che
promette non essere semplice. Elsa lotta contro l'istinto che le consiglia di
retrocedere, ma desiste e solleva il mento, per
puntare risoluta lo sguardo sul suo viso.
Pessima
idea.
Da vicino, le sue iridi sono ancor più spettacolari e
il respiro le si incastra in gola.
«Che scortese, non mi sono presentato. Mi chiamo Jack.»
esclama il giovane, abbozzando un piccolo inchino.
La ballerina stringe le labbra, trattenendo un piccolo
sorriso che minaccia di sfuggirle. Esala un respiro, come per darsi un contegno
e riacquistare i suoi modi freddi e composti.
«Allora, Jack, che cosa ci fai nel mio giardino?»
Come risposta ottiene un sorrisetto furbo, di quelli
che, si sa, promettono guai e lei vuole evitarne accuratamente,
desiderosa di ritornare alla sua precedente occupazione, questa volta senza
spettatori abusivi.
«Te lo dirò…» incomincia lui e lascia
volontariamente in sospeso la frase, cercando e scavando attraverso le sfumature
dei suoi occhi, incredibilmente azzurre, una qualunque reazione di meraviglia,
agitazione o vergogna, ma senza successo: Elsa lo osserva imperturbabile.
«A patto che mi dica il tuo nome.»
«Non capisco cosa te ne possa importare.»
«Sarebbe alquanto fastidioso non potermi ricordare il
nome di una ragazza così bella.»
La ragazza si morde un angolo del labbro, nel (vano) tentativo di placare il battito
del suo cuore, che pare aver ricevuto una scossa elettrica. Ne è certa: ha volutamente pronunciato
l’ultima parola in quel modo, come se l’avesse accarezzata dolcemente con la
lingua e la bocca prima di lasciarla andare.
«Elsa.» risponde semplicemente. «Adesso posso sapere?»
«D’accordo… affare fatto.» sorride Jack, abbassando
il cappuccio, che fino a quel momento ha coperto i ciuffi del
colore della luna, che svolazzano sulla sua testa sospinti dal vento.
E’ un attimo e la curiosità prende il sopravvento,
vorace: «I tuoi capelli… sono tinti?»
«No, ma a quanto pare non sono l’unico singolare.» replica lui, indicando
con un gesto della mano il corpo sinuoso della ballerina, fasciato solo da un
paio di shorts, fatti di un morbido materiale, per permetterle di muoversi
agilmente e una maglietta a maniche corte, di una taglia più grande.
Elsa sbatte ripetutamente le palpebre, segno che non
abbia compreso le parole del ragazzo, il quale ridacchia.
«E’ pieno inverno e sta per nevicare, non senti
freddo?»
La fanciulla guarda il cielo, come a cercare conferme
nelle sue parole e, quando il vento le accarezza le spalle nude, capisce di non
essersene accorta, troppo interessata a scoprire l’identità del suo ospite.
«No, il freddo non mi dà fastidio, ma non hai ancora
risposto alla mia domanda.»
«Giusto!» esclama Jack. «Diciamo che mi sono scordato
di un impegno che avevo preso e una ragazza era parecchio arrabbiata.»
L’inizio
del disastro era cominciato quando Kristoff, un suo amico gli
aveva chiesto se nel pomeriggio, dopo i corsi in università, avesse voglia di uscire e lui aveva
accettato, scordandosi di aver già preso appuntamento con una
ragazza,
conosciuta qualche giorno prima. Così, mentre passeggiavano per le
vie della
città, l’aveva incontrata con un gruppo di amiche, con cui
si stava sfogando
perché non si era presentato all’incontro, lasciandola ad
aspettare il suo
arrivo per un’ora buona. Quando poi si era accorta della presenza
di Jack, che
rideva in compagnia di un ragazzo dalle spalle larghe e i capelli
biondi, era
andata su tutte le furie e aveva cominciato a gridargli contro. Lui
aveva tentato
di giustificarsi e per andarsene aveva accampato le scuse più
assurde (una fra
le quali: «Scusa, ma a mia sorella è caduto uno dei denti
da latte e mia mamma
vuole che ritorni a casa.»), ma invano. Quando aveva notato
dall’altro lato
della strada un numeroso gruppo di bambini, gli era
venuta un’idea: attraversando la via, avrebbero sicuramente
creato un po’ di
confusione e lui ne avrebbe approfittato per dileguarsi. Peccato che,
nonostante la folle, seppur buona trovata, lei avesse cominciato ad
inseguirlo
ed era stato costretto a scappare, fino a quando aveva trovato la casa
di Elsa e vi si era intrufolato. La volta
seguente, prima di invitare una ragazza ad uscire, l’avrebbe
conosciuta un po’
più a fondo, almeno per accertarsi del suo stato di salute
mentale!
All’udire le parole del ragazzo, Elsa inarca un
sopracciglio, la sua espressione una muta richiesta di spiegazioni. Jack allora
le riassume brevemente l’accaduto, mentre la ballerina ascolta il racconto in
silenzio e alla fine una risata cristallina le scappa dalle labbra,
dietro a cui ha cercato di trattenerla.
«Tu sei pazzo!»
esclama, mostrandogli un ampio sorriso, il primo da quando si sono conosciuti.
Il giovane avverte la pelle del viso arrossarsi e
comprende di essere fregato: il sorriso di lei è incredibilmente bello, nella
sua semplicità, da lasciarlo sbalordito. Forse è questo ciò che si cela dietro
i suoi modi di comportarsi quasi regali, lo sguardo intenso, riflesso di una
personalità complessa, che vorrebbe poter scoprire, catturato da avido desiderio.
«Jack?»
Il flusso dei suoi pensieri viene interrotto
bruscamente, come se gli avessero lanciato addosso una palla di neve. Si passa
nervosamente una mano fra i capelli, tentando di ricostruire l’ordine del
discorso per rispondere, evitando una pessima figura.
«Dici a me che sono pazzo… ma lei lo è più di me!»
replica dopo qualche attimo di silenzio, ridacchiando per dissimulare
l’imbarazzo.
«Oh… non ci sono dubbi!»
«Già…» sussurra, intento a contemplare il
viso di Elsa, seguirne i contorni grazie ai fini lineamenti, frutto dei disegni
di un pittore eccezionalmente abile. Socchiude gli occhi, una strana luce ne
illumina le sfumature e un sorriso accattivante sboccia sulle sue labbra,
dimentico dell’insicurezza.
«Balli molto bene… cosa ci fai rinchiusa in una
stanza anziché sul palcoscenico di un teatro?»
Le lusinghe sono l’arte che predilige, come se fosse in grado di modellare le emozioni che suscita nelle persone, come
argilla nelle sue mani. Tuttavia Elsa è diversa e lui sembra averlo intuito, per questo le
piace.
La ballerina si sofferma qualche istante a scrutare
Jack, ripensa alla sua risata, così contagiosa e agli atteggiamenti bizzarri,
semplice maschera che in realtà oscura i suoi occhi da attento
osservatore.
«Perché non è al mondo dello spettacolo che aspiro.»
replica, svelando una verità che a molti avrebbe precluso e a lui ha
concesso, senza sapersi spiegare il perché, ma intimamente
consapevole.
«E allora a cosa aspiri?»
«Fino a qualche minuto fa, a danzare senza
spettatori.»
Il ragazzo scuote la testa e sorride, sorpreso dalle
risposte ponderate che riceve, abituato a monosillabi stropicciati
nell’imbarazzo e risatine frivole.
«Sei una ragazza interessante, sai?»
La ballerina ride, mentre percepisce il cuore
sussultare instabile, come se le risate potessero sovrastare il suono che
proviene dal suo petto e replica: «E’ un modo per provarci con me?»
Jack nega con il capo, sorridendo: «Con le ragazze con
cui flirto, non mi comporto in questo modo. Inoltre, saresti troppo
intelligente per cedere a qualche moina.»
«Lo prendo come un complimento?»
«Se lo disideri…» mormora il giovane, stendendo una
mano nella sua direzione.
Elsa guarda incuriosita le dita che protendono verso di lei, dalla forma affusolata e sottile, simili a quelle di un
pianista. Avanza di un passo, guidata dai soffi del vento,
quasi la invitassero ad avvicinarsi ed intreccia le dita alle sue.
«E’ stato un piacere conoscerti.» e il ragazzo stringe la presa
sulla sua mano, attirandola a sé. Osserva i suoi occhi sgranarsi, illuminati di
sorpresa e le posa un bacio delicato sulla guancia.
«A presto, Elsa.» sussurra sulla sua pelle candida.
Si scosta da lei ed indietreggia, sventolando una
mano in segno di saluto e poi scompare, così come è arrivato, oltrepassando le
siepi. La ballerina serra a pugno la mano con cui ha stretto quella di lui,
mentre le guance le si colorano vivacemente e avverte i piedi inumidirsi.
Solleva lo sguardo, corrucciando le sopracciglia e fissa il cielo, adombro di
nuvole bianche e grigie.
Ha
cominciato a nevicare.
Elsa abbozza un sorriso, immergendo le dita in una matassa argentea e ne accarezza delicatamente i morbidi fili.
«Hai ancora i capelli umidi per la neve.» mormora al
ragazzo che le è steso accanto, scostandogli dalla fronte
alcune ciocche.
«La felpa è ridotta peggio.» replica Jack, indicando
con un cenno del capo i vestiti sparsi per la stanza, la stessa nella quale la
giovane stava danzando, inconsapevolmente osservata da occhi di ghiaccio, il
giorno in cui si sono conosciuti. Avvicina il naso alla pelle della giovane, per
poter godere del suo profumo più intensamente e appoggia la testa
alla sua spalla. La visuale che gli si offre è il volto di lei e, mentre pensa
che di non riuscire a resistere, posa le labbra sul suo mento, un bacio mancato che
prosegue lento lungo il collo, per poi risalire e fermarsi sulla sua bocca
rossa.
Elsa
socchiude le palpebre, assaporando quell’intimo
contatto e incastra le mani ai lati del suo viso, per portarselo
più vicino. Il
giovane le morde un labbro, consapevole delle sensazioni che le
provoca, preludio ad un piacere che minaccia di travolgerla. Le mani
corrono ad accarezzarle la
schiena nuda, scoprendola dal lenzuolo e ne percorre il profilo in
punta di
dita, dai glutei al collo e a ritroso e ancora. Conosce ogni anfratto di quella pelle, che ha imparato a
scoprire e deliziare con baci umidi e carezze voluttuose, eppure non riesce a smettere. La ballerina inarca la schiena di riflesso, sensibile a
quei tocchi di fuoco, che sembrano arderla fin dentro l’anima e sospira.
«Elsa.» la
richiama Jack, interrompendo quella deliziosa tortura.
La ragazza volta il capo nella sua direzione,
producendo un’onda con i capelli sciolti, che dalle spalle si dispiega sul
tappeto, dove ricade in morbidi boccoli e lui è costretto a deglutire, per
riacquistare il controllo di sé stesso. Osserva i suoi occhi, lucidi di
lussuria e la bocca socchiusa e pensa che è così tremendamente bella che il
desiderio di farla sua lo farà impazzire. Elsa gli si avvicina, posandogli una
mano sul collo e lo bacia. Jack schiude le labbra, per accogliere le sue e la
prende tra le braccia, facendola distendere sotto di sé. Si ritrae da lei un attimo
prima di perdere il controllo, schiavo della passione e intrappola una mano tra la
sua chioma, il sostegno a cui si aggrappa come un naufrago.
«Ricordi il nostro primo incontro?»
La ballerina annuisce, il fiato corto e le guance
spruzzate di rosso, in netto contrasto con la frescura della sua pelle e
affonda le unghie nella sua spalla. Sono trascorsi mesi da quel giorno
d’inverno, eppure ricorda perfettamente il viso sorridente e spavaldo di Jack e il
palpitare furioso del suo cuore.
«Avrei voluto baciarti come adesso.»
«E quando ci siamo visti per la seconda volta?»
Il ragazzo sogghigna, abbassandosi sulla sua clavicola
e scendendo lentamente con la bocca sul suo sterno, accarezzando con soffici
morsi i suoi seni e la pancia. Quando arriva alla zona del pube, rialza il capo
e mormora: «Avrei voluto guardarti ballare ancora e poi baciare ogni centimetro
del tuo corpo, per scoprire che profumo avesse.»
Elsa piega le labbra in un sorriso sensuale e,
accostandosi al suo orecchio, sussurra lentamente: «E di che cosa profuma?»
«D’inverno.» risponde Jack. «Il profumo che hanno le
notti invernali, quando apri le finestre e inspiri l’aria.» e, prima che lei
possa rispondere, la cattura in un bacio ardente.
La giovane artiglia il suo corpo e le loro membra
si intrecciano e si accarezzano, tra gemiti e sospiri soffocati da labbra rosse
di morsi. Si concede un piccolo sorriso, un attimo di distrazione per
osservare il paesaggio fuori dalla finestra, dormiente sotto una coltra bianca.
Anche in quel momento sta nevicando.
Riguardo la storia vorrei aggiungere un paio di precisazioni. Il titolo, “Trouvaille”, è una parola francese che indica una scoperta casuale, un incontro del tutto fortuito con qualcosa di inaspettato e meraviglioso. Di solito si usa in campo artistico, ma anche per le esperienze suscitate da un viaggio. In questo caso ho preso la parola e, licenza poetica alla mano, l’ho calata in un altro contesto – mi sembrava appropriata, ecco.
La nota AU l’ho utilizzata per indicare che Jack ed Elsa sono due universitari di circa 20 anni. Per le fan di KristoffxAnna ho una buona notizia: nelle prime righe, quando parlo del fidanzato della ragazza, mi riferisco proprio a lui.
Un ultimo appunto: nella frase “Si ritrova sola e, furtiva come un ladro, si rinchiude nella grande stanza che si affaccia sul giardino, imbiancato di neve e vive, semplicemente.”, ho scritto che Elsa vive, alludendo alla sua passione per la danza. Ciò che intendo è che, ballando, lei si sente ancor più viva, non che, senza ballo, la sua vita sia insulsa o nulla riesca a renderla felice. Ho aggiunto questa precisazione perché ho spesso riscontrato la sua tristezza e solitudine nelle storie lette e non voglio che fraintendiate le mie parole.
Spero di essere stata chiara, ma se ci fossero dubbi, sono a vostra disposizione per chiarirli. Ringrazio di cuore chi leggerà il mio esperimento, un abbraccio♥