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Autore: SunlitDays    25/06/2015    6 recensioni
Stai giocando a un gioco rischioso, figliolo.
Ironico che in realtà Hiccup non stesse giocando proprio a niente. O, se proprio questo fosse stato un gioco, lui era un partecipante ignaro e l’unica a conoscerne le regole era Astrid.
[Hiccstrid]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: It’s worth it
Ship: Hiccup/Astrid
Rating: Giallo
Warning: solo adolescenti che pensano e agiscono come adolescenti
Wordcount: 1257 (fdp)
NdA: prima fic di questo fandom SEND HELP!
Stavo plottando una storia sul rapporto padre figlio tra Hiccup e Stoick (e Gobber), e invece mi è uscita una Hiccstrid. Non è una grande sorpresa, dato che li shippo abbestia.
La storia è ambientata da qualche parte dopo I Paladini di Berk e prima di Race to the Edge (che uscirà domani, rendendo questa fic canonicamente AU. Oh well…)
Secondo la cultura vichinga (ho fatto i compiti, ragazzi!) il corteggiamento è fortemente scoraggiato. Se l’uomo vuole portare avanti una relazione con una donna, deve prima chiedere il permesso a lei e poi presentare un contratto di matrimonio al padre, quindi sposarla. Ma se il patriarca dovesse sospettare che l’uomo ha rubato la virtù di sua figlia (e quindi l’onore della famiglia) ha il diritto di ucciderlo. I kid you not! Ecco perché il concetto di fidanzato/fidanzata era mal visto. Nel caso della nostra storia, Hiccup sta rischiando alla grande.
Ho già parlato troppo.
Spero vi piaccia.



 

Stai giocando a un gioco rischioso, figliolo.

Quelle parole gli risuonavano nella testa ogni volta che le loro mani si sfioravano lievemente in pubblico, ogni volta che si trovavano da soli su una nuova isola. Spesso, anche solo l’incrocio sfuggevole dei loro sguardi era in grado di innervosirlo in un misto di trepidazione e paranoia. Qualcuno li aveva visti? Era scaduto il tempo socialmente accettabile in cui potevano stare da soli? La paura che voci maligne potessero parlare e raggiungere le orecchie del patriarca Hofferson non era mai lontana.

Ironico che in realtà Hiccup non stesse giocando proprio a niente. O, se proprio questo fosse stato un gioco, lui era un partecipante ignaro e l’unica a conoscerne le regole era Astrid. In fondo, era sempre stata lei a prendere l’iniziativa e Hiccup non era mai sicuro se gli fosse permesso posarle una mano dietro la schiena.

Astrid… che un minuto prima lo baciava in pubblico e quello dopo gli dava un colpo sulla spalla come se fossero grandi amici. E solo quello.

Qual era il limite tra amicizia e amore, comunque? Un paio di baci a stampo bastavano a definirsi una coppia?

Gli abitanti del villaggio non sembravano provare i suoi stessi dubbi. Pacche sulle spalle e occhiolini erano suoi costanti accompagnatori. A quanto pareva, un solo bacio equivaleva a un contratto di matrimonio per i Vichinghi. Peccato che non esisteva nessun contratto, come suo padre amava ricordargli costantemente.

Avete entrambi raggiunto l’età da matrimonio. Se il padre di Astrid dovesse anche solo sospettare che tu abbia messo a repentaglio la virtù di sua figlia, sei un uomo morto, figlio del capo villaggio o no.

Hiccup non aveva alcuna intenzione di legarsi ai doveri matrimoniali, ed era certo che Astrid condividesse il suo pensiero.

Oh, non erano i suoi sentimenti che dubitava. Hiccup sapeva di amare Astrid da molto prima che lei lo considerasse anche solo degno di un saluto. Ma la parola matrimonio portava connotazioni con sé molto meno piacevoli del semplice aspetto fisico. Responsabilità, figli… tutte cose che Hiccup non era pronto a considerare, non mentre era occupato a esplorare il mondo in groppa al suo fidato Sdentato.

Un Hiccup appiedato è un Hiccup morto, amava ripete Gobber.

Non era neanche certo che la ragazza ricambiasse i suoi sentimenti.

Razionalmente, sapeva che quei rari gesti intimi erano riservati solo a lui, che Astrid non intrecciava i capelli di nessun altro ragazzo o uomo di Berk.

Talvolta, però, le sue vecchie insicurezze facevano capolino, e lui non poteva fare a meno di pensare che quella manciata di baci e quelle rare strette di mani non fossero altro che il modo della ragazza di dimostrare un affetto platonico. Un premio di consolazione: oh, povero Hiccup, ha perso un piede, diamogli un bacio di pietà.

Fallo adesso, figliolo, prima di perdere la ragazza... o la vita.

Il bacio che si stavano scambiando in quel momento, tuttavia, non aveva proprio niente di platonico.

Aveva un sapore diverso, e non soltanto per l’idromele che avevano bevuto. Era lento e umido e le labbra di Astrid si muovevano sensuali sulle sue e il suo fiato caldo gli accarezzava le guance e le sue mani erano sul suo petto, e una parte di Hiccup — quella che non era impegnata a controllare le reazioni involontarie del suo corpo — si chiedeva se non bastasse questo a mettere in dubbio la virtù della ragazza, se non avesse trovato suo padre fuori la porta, pronto a sfidarlo a duello per aver osato toccarla.

Voleva allontanarla da sé e dirle che la fucina non era certo il posto più rispettabile, consono e privato per cose del genere, voleva chiederle cosa fosse cambiato dalla sera prima, perché di certo quel bacio non poteva essere scambiato per uno innocente.

Più di tutto, voleva trovare il coraggio di posarle le mani sui fianchi e stringerla finché i loro corpi non si fossero fusi, e che le regole vadano in Helheimr!

Poi, con la stessa brusca repentinità con cui gli aveva gettato le braccia al collo, si staccò.

Hiccup ebbe giusto un secondo per riconoscere l'espressione irritata sul suo volto prima che un pugno gli colpisse il fianco.

«Perché?» riuscì ad ansimare. «Che cosa ho fatto?» Aveva forse messo le mani in un posto proibito? Oh, Freya, Astrid aveva sentito come il suo corpo reagiva alla sua vicinanza?

«Cosa hai fatto? Cosa non hai fatto, vorrai dire!» Tutto del linguaggio del suo corpo gridava pericolo, ma i suoi occhi sembravano raccontare uno stato d'umore ben diverso, un dolore più profondo di quello infertogli dal suo pugno.

«Io... qualsiasi abbia fatto o detto che ti ha ferita, giuro che non era assolutamente mia intenzione...»

«È proprio questo il problema, Hiccup. Non è mai tua intenzione. E sei sempre rigido come un tronco!»

Hiccup arrossì. Non c’era bisogno di mortificarlo in quella maniera, per Thor!  «Non è colpa mia, va bene? Tu sei lì e… e mi baci e… è una reazione involontaria, ok? Non posso fare a meno di… irrigidirmi

Astrid sembrava ancora più offesa. «Avresti potuto dire qualcosa!» gridò e Hiccup guardò fuori la finestra istintivamente, come per controllare che il padre della ragazza non fosse fuori con l’ascia in mano.

Alzò le mani lentamente, come quando doveva calmare un drago. «Sii ragionevole, Astrid. È già abbastanza imbarazzante parlarne in termini generici. Come puoi aspettarti di parlare di… quello

«Non usare questo tono accondiscendente con me, Dragon Master!» rispose lei, avvicinandosi di un passo e puntandogli il dito contro.

Hiccup avrebbe preferito affrontare un drago ostile. Erano molto più facili da domare delle donne. O forse era solo Astrid a essere una forza della natura.

«Avresti dovuto parlarmene,» continuò. E poi aggiunse, imitando alla perfezione la sua voce: «Avresti dovuto dire: ascolta, Astrid, tu non mi piaci in quel modo. Potresti evitare di attaccarmi e baciarmi?»

«Io non muovo le spalle così» replicò, prima che il significato delle sue parole raggiungesse il suo cervello. «Asp— Cosa? Tu non mi piaci? Come hai... ? Non voglio che tu smetta di attaccarmi e baciarmi, ok?»

Astrid batté le palpebre, confusa. «Ma… allora… tu stesso hai detto che non puoi fare a meno di irrigidirti quando ti bacio.»

Con una mano dietro il collo e lo sguardo basso, Hiccup decise di tuffarsi nel lago della vergogna ed essere completamente franco. «Credo che ci stessimo riferendo a due tipi diversi di rigidità.»

«Oh!»

«Già.»

«Quindi non credi che io sia troppo… sfacciata? Non ti senti a disagio quando ti tocco?»

«Credimi, milady, il disagio che provo quando mi tocchi non ha nulla a che fare con il non volere che tu mi tocchi.»

«E perché non hai mai preso l’iniziativa?»

Hiccup scrollò le spalle. «Cosa mai ne posso sapere io di quello che è permesso e quello che non lo è? Sei tu quella armata.»

Adesso Astrid era molto vicina. Lentamente, posò le mani sul suo petto. «Non c’è niente di male nel chiedere, sai? Se c’è qualcosa che non mi piace, o a cui non sono pronta, sarò io a dirtelo, ok?»

«E non ci sarà violenza coinvolta?»

«Nessuna. A meno che tu non rifiuti di fermarti. In quel caso...»

«Mai, milady.»

«Bene allora.»

Con esitazione, Hiccup posò le mani sui fianchi della ragazza. «Questo va bene?»

«Questo va benissimo.»

La strinse a sé. «E questo?»

«Anche questo.»

«Sto per baciarti, milady.»

«Era ora, fifone.»

Se il padre di Astrid fosse passato in quel momento per la fucina, gli avrebbe senza alcun dubbio staccato la testa.

Ma ne sarebbe valsa la pena.

 
   
 
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