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Autore: Nocturnia    26/06/2015    5 recensioni
Non puoi fidarti di Gotham.
Gordon è nato con questa consapevolezza, qualcosa che è stato inciso a forza nel DNA di ogni suo abitante.

[Terza classificata al contest "Ciò che non ci hanno detto" indetto da visbs88 sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, James Gordon, John Blake aka Robin John Blake
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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End of all hope
Disclaimer: Jim Gordon e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



"Time flies over us, but leaves its shadow behind."

- Nathaniel Hawthorne -




 End of all hope



Non puoi fidarti di Gotham.
Gordon è nato con questa consapevolezza, qualcosa che è stato inciso a forza nel DNA di ogni suo abitante.
A volte si chiede se siano nati prima loro, i cittadini, oppure Gotham, un'entità brutale e che non prende mai prigionieri.
A volte si chiede perché rimangano; perché, nonostante tutto quello che è successo...

e succederà

... rimangano fedeli a lei.
"È una bella serata, vero?"
La sigaretta illumina la notte, Gotham tace, bugiarda - illusoria.
"Sì." annuisce Gordon "Lo è."
John sorride, porgendogli una tazza di caffè istantaneo.
"Sono giorni difficili." inizia, scusandosi "Da quando Bane ci ha isolato dal resto del mondo il caffè è diventato quasi un bene di lusso."
Gordon inspira, il fumo un filo caldo e denso giù per la gola.
"Va bene così, ragazzo." e ne beve un sorso, ascoltando il silenzio di Gotham "Va bene così."
Blake chiude gli occhi e coglie il respiro di una città morente.


Gotham gli ha portato via tutto. O quasi.
Sono passati quattro mesi dall'ultimo avvistamento di Batman e la speranza sta morendo, sepolta da una neve pesante quanto il suo rimorso.
"Tornerà." gli dice Blake, stringendosi in una coperta sdrucita e pallida "Deve tornare."
Gordon ride, un suono asciutto, privo d'ogni ironia.
"Ho pronunciato anche io quelle parole, una volta."
Blake alza lo sguardo, sfrega le mani tra loro.
"E come andò a finire?"
Jim prende una sigaretta dal pacchetto, stropicciata.
La fissa, se la rigira tra le dita; la rimette al suo posto con un sospiro.
"Tornò."
"Lo farà anche questa volta."
"Cosa te ne dà la certezza?" replica Gordon, irritato da tanta fiducia - infastidito da una sentimento che non è più in grado di provare.
John sorride, il volto del futuro.
"Perché Batman non può morire. Perché Batman è Gotham."
Jim vorrebbe tanto credergli.


Immobile. Inerte. Tragicamente quieta.
Gotham annaspa sotto i loro piedi, ringhia e sbava e non rinuncia a una vita che le appartiene dall'alba dei tempi.
"Credi davvero che questa sia la soluzione?" bercia Gordon, puntandogli il dito contro "Credi davvero che Bane non ti verrà a cercare?"
Foley storna lo sguardo, stringe il bordo del tavolo.
"Ho una famiglia, Jim."
"Stronzate." sibila l'altro, alzandosi in piedi "Tutti hanno una famiglia, Peter. Tutti. Sono passati cinque mesi da quando la città è stata isolata, cinque mesi!"
Il palmo della mano sul legno, il bicchiere che si rovescia.
"Almeno siamo vivi." sibila Foley "Almeno Bane..."
Gordon scatta in avanti, quasi gli afferra il bavero del cappotto.
"Bomba o non bomba, questa non è vita, Peter. Fino a quando durerà, uhm? Fino a quando Bane non deciderà di mettere fine alle nostre sofferenze? Fino a quando non sarà il governo americano a deciderlo, una bella squadra di missili e via? Quando sarà troppo, Peter? Quando?"
Foley digrigna i denti, lo fissa negli occhi.
"Ti farai ammazzare."
Gordon stira le labbra in una piega amara, l'imitazione di un sorriso.
"Forse." arretra, raccoglie il bicchiere caduto "Ma almeno saprò il perché."
"Se Bane ti scopre..."
Jim si stringe nelle spalle, si dirige verso l'uscita.
"Tornerò." gli promette, la mano già sulla maniglia "Tornerò, Peter. E sarà allora che dovrai decidere chi essere. Per cosa vivere." Per cosa morire.
Gotham ruggisce tutta la sua rabbia in un tuono che squarcia il silenzio.


"Forse ho un piano."
Jim alza un sopracciglio, lo invita a proseguire.
"Sono in contatto con uno dei poliziotti imprigionati nei tunnel."
Un altro cenno, un movimento brusco delle dita.
"Se riuscissi a trovare un punto non pattugliato dagli uomini di Bane, allora forse potrei farne uscire un piccolo gruppo."
"Forse. Ma c'è sempre la bomba da sistemare."
John sbuffa, incrociando le braccia al petto.
"Ci sto lavorando."
"Non ho dubbi."
Blake cerca l'orizzonte oltre la finestra, accompagnando un tramonto pallido e malsano.
"Sei mesi." mormora poi, chinando il capo "Sei mesi e ancora nessuna notizia."
Gordon accoglie una notte vuota di stelle e speranze.


I momenti peggiori non sono quelli passati tra le strade, cercando di sfuggire agli uomini di Bane e agli altri - criminali, vagabondi, gli aborti mai compiuti di Gotham.
I momenti peggiori non sono quelli in cui litiga con John, quelli in cui è quasi messo all'angolo, e neppure quelli in cui si chiede che senso abbia combattere.

Perché non sai fare altro, Jim. Non hai mai voluto fare altro.

Un sospiro; una zuppa di verdure dall'aspetto poco invitante.
La fiamma ondeggia pigra, balla sui rintocchi di una campana che sta suonando a morte.

Ding, dong. Ding, dong. La senti, Gordon? Viene per me, viene per noi.

Gotham gli scivola al fianco, guardinga.
È una presenza costante, un respiro che s'infrange tra le pareti umide del palazzo in cui si è nascosto.
È un bambino che piange, un uomo che muore.
È la donna che si è opposta ai soldati di Bane con solo un bastone da passeggio in mano, è il vecchio che impugna il proprio orgoglio e non rinuncia.
È una femmina che ha scorto tra gli angoli sporchi del buio, occhi tristi e gesti colpevoli.

Gotham è.

No, non sono quelli i momenti che teme di più; quegli istanti che passa raccolto attorno a una zuppa fredda e con la neve sotto al culo.

No. Non sono quelli.

Stringe le mani in pugni chiusi, contrae il petto - il cuore.

Sono quelli in cui torno a sperare. Quelli in cui mi sveglio alla mattina su di un pavimento sudicio e penso che lui tornerà. Quelli in cui mi permetto di credere: in lui, in lei.

I momenti peggiori sono quelli nei quali si concede il lusso di sperare in un futuro diverso.


Gotham c'è ancora.
Gordon può sentirla pulsare sotto le sue dita, contorcersi come in preda a un dolore insostenibile.
"Manca anche a te, vero?"
Il vento si alza, il fiume rumoreggia dalla sua prigione di ghiaccio.
"Ci speravo, sai?"
Gotham scivola nel sangue (il suo) e nella disperazione (la loro) tentando di rialzarsi.
"Volevo crederci."
Gotham inspira, espira - il cigolio di una nave abbandonata, il crepitio di foglie morte.
"Volevo guardare John negli occhi e dirgli che , sarebbe andato tutto bene. Che lui non ci avrebbe abbandonato."
Gotham guaisce sotto di lui, china il capo, lo rialza; si scrolla come un leone ferito - prostrato - ma mai domo.
"Sei mesi sono tanti. Troppi per tornare dal regno dei morti."
Gotham irrigidisce le gambe, cerca di fermare il tremito che le scuote le ginocchia.
"Dovremo cavarcela da soli."
Gotham raddrizza la schiena, percepisce tutte le ossa tornare al loro posto: pedoni, cavalieri, re, regine; tutti pronti sulla sua personale scacchiera. Tutti pronti al destino che è stato scelto per loro.
"Sei con me?"
Gordon accarezza una pietra sbeccata e divelta, un muro che un tempo sorvegliava i confini di una città bellissima e mostruosa.
Gotham afferra la sua mano senza incertezze.


"Domani."
Foley cerca d'ignorarlo, dandogli le spalle.
"Domani è l'ultimo giorno, Peter."
La neve scivola a terra, le parole rimangono invece sospese tra di loro.
"Gotham non merita tutto questo."
Un movimento del collo, quasi impercettibile.
"Se la tua divisa è mai contata qualcosa..."
Foley si riflette in un distintivo senza più alcun valore.


Sei mesi e tre giorni.
Tanto è durata l'agonia di Gotham; tanto ci è voluto perché suo figlio tornasse a casa.
Gordon sorride, perché la speranza di Blake è diventata adesso quella di tutti loro.
Sorride, e fissa quella sigaretta che non ha mai fumato.
Sorride, e ne ripercorre la forma stropicciata, l'odore pungente, il sapore sotto la lingua e sul palato.  
La schiaccia poi  tra le dita, lasciando che diventi cenere e ricordo.

Com'è giusto che sia.

"Pronta, vecchia mia?" chiede al silenzio, cercando una risposta che già conosce.
Un sospiro nell'aria immota della notte, un cuore che ruggisce e fuga ogni dubbio.
Gordon guarda il suo simbolo bruciare e brucia con lui.

   
 
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