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Autore: Alice_Jackson    02/07/2015    3 recensioni
I nostri eroi dieci anni dopo la guerra contro Gea, hanno figli e una famiglia.
Dal primo capitolo:
"Prima di andare a svegliare i figli, la figlia di Atena andò a preparare la colazione: una montagna di pancake fumanti, del colore originale per lei e molti blu per la sua famiglia, insieme ai vari succhi di frutta e sciroppi preferiti dei figli."
Dal secondo capitolo:
"Jason aveva chiesto di sposare Piper a ventitré anni e un paio di anni dopo BOOM, la figlia di Afrodite era rimasta in cinta. Per i primi due anni di matrimonio avevano vissuto tra Nuova Roma e il Campo Mezzosangue, ma con la nascita della bambina hanno preferito andare a vivere in una città moderna."
Dal terzo capitolo:
"La figlia di Plutone sbuffò sonoramente mentre cercava di svegliarlo ancora una volta. Vivevano insieme da anni ormai, ma lei non aveva ancora trovato un modo efficace per svegliare il marito, e quasi niente riusciva a svegliarlo."
Dal quarto capitolo:
"Will guardò i due figli dallo specchietto retrovisore, poi prese la mano del figlio di Ade, lui guardò le due mani intrecciate e poi si girò a guardare Will che gli sorrise."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, I sette della Profezia, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà a tutti! Mi è venuta in mente questa cosa... Quindi l'ho scritta. Fatemi sapere cosa ne pensate! Non credo che sarà molto lunga, comunque. È una cosa che racconta le famiglie dopo che hanno avuto figli.
Spero che vi incuriosisca...........
Alice :)

 
La famiglia Jackson

Annabeth si girò nel letto mentre dormiva, una delle poche notti senza incubi. Accidentalmente, però girandosi la sua mano si schiantò sulla faccia di suo marito, il quale mugugnò qualcosa di insensato come "Non ora Zoe...". 
A quel punto la figlia di Atena non poté fare altro che alzarsi e andare in bagno a prepararsi, prima che si alzassero i suoi figli. 
Doveva ammettere che in un certo senso le mancava il familiare dondolio della nave nella loro ultima impresa. Da qual tempo era passata un'infinità di tempo a parer suo, ben dieci anni. Due anni dopo la fine della guerra contro Gea, Percy le aveva chiesto di sposarla in un bellissimo giardino di Nuova Roma, entrambi avevano pensato che fosse presto, ma si amavano come nessun altro poteva. 
Si guardò allo specchio appeso in bagno. Era completamente diversa dall'epoca in cui salvò il mondo insieme ai suoi amici. Tanto per cominciare ora aveva 27 anni, i suoi capelli erano sempre biondi e mossi, ma erano più corti e le davano un'aria più matura, portava anche degli occhiali con una montatura nera e vestiva elegante quando lavorava, già era riuscita nel suo sogno di diventare l'architetto più famoso degli Stati Uniti; ora non viveva più ne al campo ne con suo padre e neanche da sola in un appartamento economico, viveva con suo marito, Percy, in un grande appartamento a Manhattan vicino al suo ufficio, insieme ai suoi tre figli e mezzo, già e mezzo era di nuovo incinta e ora aveva un pancione enorme, era all'ottavo mese. 
Alcune cose erano rimaste invariate però. Rimaneva sempre una semidea iperattiva, i suoi occhi grigi erano sempre uguali, solo che ora venivano truccati, le piaceva raccontare ai suoi figli le sue assurde avventure, che loro ascoltavano con la bava alla bocca, ma a lei mancavano, così come a Percy, gli si era spenta una scintilla da quando erano andati al College a Nuova Roma.
Si fece una doccia veloce e si vestì, quello sarebbe stato l'ultimo giorno di scuola materna per i due gemelli e delle medie per la figlia grande. Non potevano fare tardi.

Cominciò a svegliare tutti a partire dal marito –Percy! Sveglia!– non diede alcun segno di vita così alzò la voce –PERCY! Per tutti gli dei svegliati!– ancora niente, anzi sembrava dormire ancora più profondamente con un rivoletto di bava ad un angolo della bocca, proprio come quando erano piccoli. Ad Annabeth venne da sorridere 'va bene, ora le maniere forti' si avvicinò lentamente al suo orecchio, pronta a sussurrare qualcosa di dolce, funzionava sempre, quando le venne un'idea migliore. Accostò la bocca all'orecchio di suo marito e prese ad urlare –PEERCYYY!!– poi si allontanò di scatto urlando sempre –Un ragno salvamiiiii!! Aaaahhhh!!– 
Il povero figlio di Poseidone apri gli occhi di scatto e afferrò Vortice che era posata sul comodino accanto al letto e gridó –Dove!? Come!? Quando!?–
Annabeth scoppiò a ridere come una matta, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.
Percy mise il broncio –Ehi, non prendermi in giro!– poi sorrise e prese Annabeth per i fianchi trascinandola di nuovo a letto e dandole un luuungo bacio per farla smettere di ridere.
Annabeth sorrise a sua volta sulle labbra dell'uomo che amava –Sarà meglio alzarci se non vogliamo fare tardi anche oggi– si alzò.
Percy la guardò e fece una faccia da cucciolo di foca –Daaiii... Ancora cinque minuti...–
–No e ora alzati– gli ripose lei con voce ferma uscendo dalla porta per andare a svegliare i suoi figli
Lui sbuffò ma poi si alzò dal letto per prepararsi.

Prima di andare a svegliare i figli, la figlia di Atena andò a preparare la colazione: una montagna di pancake fumanti, del colore originale per lei e molti blu per la sua famiglia, insieme ai vari succhi di frutta e sciroppi preferiti dei figli.

Annabeth andò prima dalla loro figlia più grande, Bianca, quell'anno avrebbe dovuto fare gli esami per le superiori, ma non erano un problema, era la ragazza più intelligente della sua classe.
Somigliava un sacco ad Annabeth sia come carattere che come aspetto. Infatti la ragazzina aveva dei lunghi capelli biondi mossi, perennemente spettinati come quelli di suo padre, e gli occhi grigi, anche se i lineamenti erano quelli di Percy, tutti gli amici di Annabeth e Percy, quando era piccola e non solo la chiamavano 'Piccolo clone di Annabeth'.
La figlia di Atena si avvicinò al letto della figlia, osservando la stanza. Non era molto grande, ma molto carina, tre pareti erano bianche mentre la quarta di fronte alla porta con la finestra era blu scuro. Sotto la finestra ci stava il letto e nella parete a destra della porte stava un armadio sempre blu scuro e in quella di fronte una scrivania, sempre dello stesso colore (chissà perché), con sopra poster di varie band rock e metal, era stata diligentemente indottrinata da zia Thalia, la Cacciatrice. Per il resto era un vero casino la stanza, c'erano cose di tutti i generi sparse in giro, a partire dalla chitarra elettrica che suonava piuttosto bene, nuovi poster, libri e vestiti.
Quando Annabeth arrivò finalmente al letto dopo aver scavalcato la qualunque scosse la figlia nel vano tentativo di svegliarla, ecco dormire era una delle poche cose in cui somigliava al padre, non si svegliava mai a meno che non avesse un incubo, in quel caso stava sveglia tutta la notte. –Bianca! Bianca! Sveglia, oggi è l'ultimo giorno di scuola!– 
 Le spalancò gli occhi e si tirò su di colpo –Oh miei dei è vero! Ho una verifica importante oggi e devo aiutare preparare la festa per questa sera!– poi cominciò a frugare nell'armadio in cerca di qualcosa da mettere.
–Sbrigati che ho già preparato la colazione... Ci sono i pancake anche blu...– un'altra delle poche cose che aveva ereditato dal padre. Annabeth uscì dalla stanza mentre Bianca gridava un "SIIII" piuttosto acuto.

Infine andò a svegliare i gemelli, un maschio e una femmina, Luke e Zoe, sempre barcollando come una mongolfiera a causa della pancia enorme. La loro stanza era leggermente più grande di quella di Bianca, erano in due loro, con le due pareti con i letti a destra e a sinistra della porta pitturate di azzurro scuro (indovinate di chi fu l'idea...), mentre le altre due erano bianche. Sotto la finestra difronte alla porta stava una cassettiera per i vestiti, sempre dello stesso colore delle pareti e una piccola nuova scrivania dello stesso colore. La stanza era in ordine solo perché Annabeth l'aveva appena sistemata, se no sarebbe stata peggio di quella della sorella.
Luke e Zoe si somigliavano abbastanza, sia fisicamente che caratterialmente. Avevano i capelli tutti e due neri, i lineamenti erano simili a quelli della madre, ma Luke aveva gli occhi grigi mentre Zoe li aveva verdi. Come carattere al contrario della sorella maggiore somigliavano moltissimo al padre, erano dei casinisti, dormiglioni e amanti del blu, anche se erano molto intelligenti per essere bambini di cinque anni.
Annabeth si avvicinò al centro della stanza con in mano un tamburo, perché l'unica cosa capace di svegliare i due gemelli era proprio la musica, infatti a volte se ne occupava la sorella. Cominciò a battere sul tamburo con le mani fino a creare una melodia, continuò fino a quando entrambi i bambini non si alzarono dal letto e cominciarono e ballare scompostamente e aggrapparsi a lei. Poi diede loro i vestiti e li accompagnò al piano di sotto per fare colazione.

–Buongiorno a tutti!– esclamò Percy entrando in cucina e dando un bacio alla moglie.
–Buongiorno... Avete preso tutto ragazzi?– chiese Annabeth scostandosi dal marito.
–Si, mamma– rispose Bianca con tono ovvio continuando a leggere un libro e abboffandosi di pancake blu.
–Si, mamma!– esclamarono i gemelli in coro continuando a mangiare come dei maialini, con decisamente più entusiasmo della sorella.
I due adulti fecero colazione insieme ai figli e si prepararono ad uscire. Raggiunsero il garage sotto l'edificio e presero la macchina di Percy, una Pirus blu come quella del suo patrigno, ci si era affezionato.

Portarono a scuola prima Bianca. Lei esitò prima di scendere dalla macchina, si fermò a pensare a tutti gli ultimi giorni di scuola che suo padre aveva rovinato quando era ragazzo, i suoi poteri non erano ancora saltati fuori, ma potevano farlo da un momento all'altro.
–Andrà tutto bene– la rassicurò suo padre. Lei annuì velocemente e si diresse verso l'ingresso della scuola dove una ragazza si stava sbracciando per farsi vedere.
I Jackson proseguirono il loro viaggio verso l'altra scuola. Percy parcheggiò la macchina e scese andando ad aprire la portiera ai figli e alla moglie.
–Annie!– una donna con la pelle caramellata e dei lunghi capelli scuri si avvicinò a loro tenendo per mano una bambina dell'età di Zoe e Luke con dei lunghi capelli scuri, la pelle caramellata e gli occhi azzurri elettrici.
–Gwen!– la salutarono Zoe e Luke felici di aver incontrato la migliore amica.
–Ehi Pips! Come stai?– chiese Annabeth indicando il pancione grande quanto il suo.
–Come stai tu piuttosto? È il tuo quarto figlio!–
–Non me ne parlare... Jason è al lavoro?– il lavoro di Jason non era esattamente un vero e proprio lavoro, stava ancora sistemando i templi dei campi, ma avevano deciso di stabilirsi a New York comunque quando era nata Gwen.
–Si, ma credo che sia spaventato dal secondo figlio, è un grande passo da uno a due!– disse lei sarcastica.
Cominciarono a parlare del più e del meno intanto che Percy accompagnava i bambini nella scuola, quel giorno ci sarebbe stata la recita di fine anno della scuola materna, quindi tutti i genitori erano invitati.
Quando Percy uscì dalla scuola prese a braccetto le due donne –Pronte per l'ultima recita di fine anno di quelle tre pesti?–
–Ovvio che si!– rispose Piper stando al gioco.
Passarono tutta la mattina a guardare quei bambini di al massimo cinque anni ballare, cantare e fare casino, poco prima di pranzo dalla porta della palestra entrò un uomo biondo, Jason.
–Papà!– Gwen abbandonò il palco per andare ad abbracciare il padre.
–Ciao amore... Ora però è meglio che tu torni la sopra prima che la maestra si arrabbi.–
La bambina tornò correndo sul palco e la recita continuò ancora per mezz'ora, poi andarono tutti via.
–Jason, Piper ci vediamo tra una settimana al campo!– li salutò Annabeth mentre prendeva per mano i due bambini e li portava nella macchina dove li stava aspettando Percy.

Tornarono a prendere Bianca a scuola, la trovarono che parlava con la ragazza di quella mattina, appena li vide la salutò e corse in auto.
–Come è andata tesoro?– chiese Annabeth.
–Tutto bene, non è successo niente di particolare– disse nascondendo un sorriso –Questa sera la festa è nella palestra della scuola alle otto–
–Bene... Ce l'hai cosa metterti?–
–Si–
Arrivarono a casa e nessuno aveva voglia di cucinare, come sempre. 
–Cosa ne dite se ordiniamo una pizza?–
–Direi che è un'ottima idea– concordò Annabeth.
–Si! Pizza!– esultarono i gemelli.

Annabeth entrò nella camera di Bianca alle sette e mezza. La ragazzina correva per tutta la stanza cercando qualcosa e imprecando in greco antico.
–Che succede?– chiese la madre osservando la figlia che, dei! Per la prima volta in vita sua si era messa un vestito e delle scarpe con il tacco.
–Non trovo i trucchi!– disse lei lanciandosi sul letto.
La figlia di Atena lanciò un'occhiata alla scrivania –Trovati!–.
Bianca si alzò di scatto e corse a prenderli per poi truccarsi di nero come faceva sempre.
–Per quale motivo il vestito?–
–È il ballo della scuola lo mettono tutte– 
Annabeth alzò la sopracciglia, sua figlia non era il massimo a mentire.
–Va bene, va bene...– sospirò lei mettendo giù i trucchi e sistemandosi i capelli –Dylan Fox mi ha invitata al ballo– Dylan era il ragazzo più popolare è bello di tutta la scuola, glielo aveva detto qualche anno prima. Annabeth tirò un grido nello stile 'figlia di Afrodite' –Mamma! Non dirlo a papà... Potrebbe trafiggerlo–
–Non ti preoccupare, non glielo dirò–
–Grazie!– Bianca abbracciò la madre.
–Chiedo a papà se ti accompagna?–
–Sarebbe una grande idea– rispose Bianca prendendo la chitarra e mettendola nella borsa per la chitarra e mettendosela in spalla.
–Che fai con quella?– Annabeth indicò la chitarra.
–Oh, hanno solo chiesto alla mia band di suonare qualche pezzo... Niente di che– era euforica.
–Bene, andiamo.–
Ovviamente Percy accettò di accompagnare la figlia alla festa, anche se disapprovava il suo vestito.

Bianca, inutile dirlo, si divertì moltissimo a quella festa, la sua band fece un gran successo, manco fosse figlia di Apollo, e Dylan Fox le chiese di ballare un lento, inutile dire che poi si baciarono anche.
Janet, la sua migliore amica le si avvicinò dopo che i due ragazzi si furono divisi, con un sorriso che le arrivava da un orecchio all'altro –Ehiiii! La nostra Bianca ha fatto coolpooo!– Bianca arrossì ma non disse niente. –Io... Ehm, dovrei andare a bere qualcosa...– abbandonò la sua amica li dove era per andare verso i tavoli pieni di bevande, prese una coca cola. 
Mentre beveva qualcuno che ballava la urtò facendole rovesciare la coca sul vestito nuovo. –Ehi! Sta...– la voce le morì in gola, le sue mani e i suoi vestiti erano completamente asciutti quando avrebbero dovuto essere fradici. –Cazzo.– il potere da suo padre si era appena fatto vedere.
Janet le si avvicinò di nuovo mentre ballava –Perché quella faccia?–
–Quale faccia?– chiese per poi rendersi conto che la sua espressione non doveva essere delle migliori –Ah, si, scusa, torno subito.– corse fuori dall'edificio, questa non era affatto una bella cosa.
Digitò velocemente il numero di suo padre, lui le aveva detto che se le succedeva qualcosa del genere avrebbe dovuto chiamarlo subito, più che 'detto' 'ordinato' –Papà!–
–Che succede?!– chiese lui preoccupato dall'altra parte del telefono.
–Mi è arrivata la coca addosso e non mi sono bagnata, per niente, neanche una piccola gocciolina–
–Capisco...– alla ragazza sembrò che allontanasse il telefono –Annie, devo andare a prendere Bianca, è nei guai– poi riavvicinò il cellulare –Arrivo subito, aspettami davanti all'ingresso.– e mise giù.
Bianca sapeva che prima o poi sarebbe successo e sapeva anche cosa ciò comportava: mostri, allenamenti e chi più ne ha più ne metta.
La macchina di suo padre non tardò ad arrivare.
–Bianca!– una voce dietro di lei –Dove vai? La festa non è ancora finita!– Dylan.
Lei si girò e gli si avvicinò –Ascolta, ora devo proprio andare, ci vediamo agli esami, ok?– gli disse guardandolo negli occhi scuri.
–Certo. Ci vediamo la.– le diede un piccolo bacio sulla guancia e mentre le si allontanava agitava la mano in segno di saluto, come un bambino piccolo con la sua mamma.

–Non mi piace quel ragazzo– il commento di suo padre appena fu salita in macchina.
–Papà! È venuto a casa un sacco di volte e tutte hai detto che ti piaceva!– ribatté lei.
–Questo prima che vi metteste insieme!– Bianca scosse la testa all'affermazione di suo padre. –Comunque i poteri... Dimmi cosa è successo, esattamente.–
La ragazzina gli raccontò tutto, dell'incidente ovviamente. –Non ha senso... Cosa è successo appena prima?– 
Oh, no... Decise di dirlo lo stesso –Beh, prima... Uhm... Prima, Dylan mi ha baciata e abbiamo ballato un lento e prima ho suonato con la band...–
–Certo, emozioni. Quando provi emozioni forti si manifestano i poteri, non quando vuoi tu.– le spiegò Percy gesticolando –Devo dirlo ad Annabeth– concluse.

Intanto a casa Annabeth tentava di cambiare argomento con i due gemelli. Era cominciato tutto con la solita domanda che le facevano tutte le sere –Ci racconti una delle TUE storie?–
–Cosa volete che vi racconti?–
–Una storia triste!– chiese Zoe
–Una storia di morte!– esclamò Luke –Ho sentito bianca parlare di un Luke, come me... Era un eroe? Ci racconti la sua storia?–
Annabeth rimase pietrificata, proprio quella dovevano scegliere!?
–È una storia triste e di amore?– chiese Zoe alla mamma.
–Si, tesoro.– Annabeth sorrise –Ma non sarebbe più divertente una storia di avventura piena di mostri e con le persone che conoscete?– avrebbe tanto voluto avere la lingua ammaliatrice di Piper in quel momento!
–No. Vogliamo questa.– dissero insieme. Loro sapevano benissimo che quando parlavano insieme niente e nessuno poteva contraddirli.
Annabeth sospirò, ma poi cominciò a raccontare –Luke era un bambino, un semidio a dire la verità. Era figlio di Ermes. Scappò di casa a nove anni, a causa di sua madre May che era diventata pazza a causa di un'errore che aveva fatto da giovane. Il bambino vagava da solo per le città quando incontrò un'altra bambina, un'altra semidea come lui, figlia di Zeus, i anche zia Thalia. Fecero un patto, si sarebbero guardati le spalle a vicenda. Così vagarono per anni, poi un giorno si imbatterono in una bambina, un'altra semidea, figlia di Atena, ero io. Luke le promise che sarebbero stati una famiglia perché i loro genitori li avevano ignorati, sia i mortali che gli immortali.– le scese una lacrima silenziosa, mentre i bambini ascoltavano rapiti quella storia –Dopo qualche settimana trovarono un ragazzo, un satiro, zio Grover, che li portò al Campo Mezzosangue. Però i ragazzi erano stati inseguiti per tutto il loro viaggio da centinaia di mostri. Così erano sfiniti e i mostri li raggiunsero, la ragazzina più grande, Thalia appunto rimase indietro a combattere e morì, ma prima che potesse farlo Zeus la salvò trasformandola in un albero per proteggere il campo per semidei. Luke era distrutto e dopo un po' di tempo passato al campo gli diedero un'impresa, ma lui la fallì e questo gli lasciò un profonda cicatrice, sia sul viso, che sul cuore. Cominciò ad odiare gli dei più di quanto non facesse già prima, e arrivò a tradirli, a 17 anni. Rubò la folgore di Zeus e diede la colpa a Percy. Io partii in missione con lui e sistemammo le cose. Poi però cercò di uccidere di nuovo vostro padre. Da quel punto Luke fece scelte sempre più sbagliate nel nome di Crono, fino a quando non divenne il suo corpo. Alla fine della battaglia finale sull'Olimpo, quando Cromo stava per distruggerlo riuscii a fargli cambiare idea dicendogli che mi aveva promesso una famiglia, che mi aveva promesso di tenermi al sicuro. Lui allora distrusse sia se stesso che Crono. Mi disse di amarmi, ma io amavo già Percy e lui per me era solo come un fratello. Dopo la morte ha deciso di reincarnarsi.– stringeva i pugni mentre le lacrime la rigavano le guance. I due bambini erano sdraiati a guardare il soffitto ed erano in silenzio. Annabeth si alzò e uscì dalla stanza asciugandosi le lacrime, andò in camera e trovò suo marito già a letto.
–Annie... Che è successo?–
–N-Niente... I bambini hanno chiesto la storia di Luke–
–Ah. Dai vieni qui– la donna si infilò nel letto accanto a suo marito e lo abbracciò forte.
–Annie, non è niente. Ora siamo insieme e non può succederci niente, ricordi.–
–Insieme– concordò Annabeth prima di addormentarsi.
   
 
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