Film > Captain America
Segui la storia  |      
Autore: SasuSweeTeme    05/07/2015    2 recensioni
E se la memoria di Bucky non fosse stata cancellata?
Sono ufficialmente entrata nel mio girone Stucky dopo settimane passate a parlare di Sebastian Stan e di come Chris Evans sia tutte le cose belle di questa terra. Poi ho rivisto con amiche Captain America e Captain America Winter Soldier e si è scritta la mia fine.
Un grazie a Zarte per il titolo.
---
Era ancora assorto nella sua contemplazione dell’angolo tra finestra e parete portante, quando un movimento che percepì con la coda dell’occhio lo distolse dal ricordo dei tempi andati e lo costrinse a voltarsi per incontrare una figura che mai si sarebbe sognato di vedere.
Il soldato d’Inverno.
James Buchanan Barnes.
Bucky.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Da quanto non rientrava in quell’appartamento?
In un certo momento aveva temuto persino il peggio, aveva avuto paura che una volta fatto tutto il tragitto in macchina –accompagnato dalla parlantina animata di un Phil Coulson che più vivo non si può- avrebbe trovato solo macerie, un relitto di quello che un tempo era stato il condominio e la casa di Steve Rogers.
No, non Captain America, solo Steve Rogers.
L’emozione di trovare lo stabile ancora in piedi, nelle condizioni in cui solo un edificio sopravissuto a due scontri mondiali e a settant’anni di abbandono poteva vertere, grigio e scolorito, crepato in più punti ma con quella bellezza che solo un vecchio ricordo sicuro nella vita di una persona impiantata nel posto giusto ma dell’epoca sbagliata come lui poteva percepire.
La solidità delle fondamenta, le mura in cemento armato e l’intonaco bianco screpolato in alcuni punti della parete accolsero l’eroe –ormai solo dato che l’agente Coulson era risalito sulla sua Lola per mete sconosciute- abbracciandolo con l’odore di chiuso e polvere, riportandolo per un breve istante agli anni ’40.
Era ancora assorto nella sua contemplazione dell’angolo tra finestra e parete portante, quando un movimento che percepì con la coda dell’occhio lo distolse dal ricordo dei tempi andati e lo costrinse a voltarsi per incontrare una figura che mai si sarebbe sognato di vedere.
Il soldato d’Inverno.
James Buchanan Barnes.
Bucky.


[…]

Seduto davanti al tavolo dove loro, per anni, avevano consumato e condiviso i pasti, discusso e riso, letto giornali e bevuti caffè, c’era lui.
Quello che non ricordava chi fosse, chi fosse lui, ma che aveva ritrovato la via di casa per istinto, che lo osservava senza muovere un muscolo –bionici e non- e privo di quella voglia distruttrice che gli aveva visto sul volto mesi prima a Washington. Piuttosto leggeva sul suo viso, in quell’espressione vuota, domande a cui mai quel soldato avrebbe mai dato voce.

Chi sono?
Come fai a conoscermi?
Rispondimi, raccontami del vecchio me.


E magari quelle erano solo supposizioni, una mera illusione del biondo – i suoi sogni che si guadagnavano un posto nella realtà, che gli raggiungevano gli occhi dandogli magre consolazioni- ma decise comunque di credere in ciò che era sicuro di aver visto, nell’espressione smarrita che aveva letto sul viso dell’amico perduto e ritrovato, decise di aggrapparsi disperatamente all’ipotesi che, da qualche parte, in quel soldato d’acciaio ci fosse ancora il suo James.
Si mosse attento, certo che l’altro non si sarebbe mosso dalla sua gelida e composta posizione tuttavia in uno stato di allarme,  raggiungendo la sedia e prendendo posto; portò gli occhi azzurri in quelli dell’altro, una volta del medesimo colore ma mutati nel corso del tempo, scuriti da un velo d’insensibilità e di gelo, come una tristezza perenne che al Capitano sarebbe tanto piaciuto cancellare.
Si impose un controllo ferreo sulla propria voce che altrimenti sarebbe uscita sconnessa e tremante, a causa di un’emozione molto simile –ma più forte- a quella provata una volta entrato nell’edificio decadente e socchiuse le labbra dopo essersele umettate, troppo secche per articolare anche solo una parola.
« Il tuo nome è James Buchanan Barnes, sei nato nel 1925 e vivevi qui, con me. »

Deglutì, ritrovandosi già con la gola secca dopo nemmeno venti parole. Tornò poco dopo a parlare, senza lasciare che lo sguardo abbandonasse anche solo per un momento il viso dell’altro, come se sentisse il bisogno di guardarlo e non ricordasse a memoria le linee decise della mascella o le fossette che apparivano sulla pelle candida quando le labbra si inarcavano un sorriso, come se dovesse abbozzarne un ritratto da un momento all’altro.

« Prima di essere convocato dall’esercito hai svolto molti lavori diversi, ma tutti dicono che il tuo meglio l’hai dato in guerra. A me piace pensarla diversamente. »

Il capo dell’eroe americano, in un movimento di cui non si rese nemmeno conto lui stesso, si chinò verso il basso e si staccò faticosamente dal viso sporco del moro.
Come parlare con qualcuno che mesi prima gli aveva urlato di tacere? Cosa dire a qualcuno che era stato parte integrante della tua vita, il fulcro delle tue giornate, e che adesso non sapeva nemmeno dove si trovasse? La bocca del capitano finì per diventare nuovamente secca, la lingua si impastò abbastanza da impedirgli di pronunciare una sola parola.
Ma fu l’altro a rompere quel silenzio dolorosamente vuoto, in uno slancio verbale che mai, mai si sarebbe aspettato.

« Mi sono risvegliato in un laboratorio di criogenia tre mesi fa, gli uomini dell’Hydra mi hanno assoldato per ucciderti, ma io ti conosco. »

Gli occhi azzurri di Steve – umidi di qualcosa che anche uno come lui avrebbe chiamato come quello che erano effettivamente: lacrime- saettarono in alto verso il moro, socchiudendo le labbra e richiudendole poco dopo, privo della forza necessaria per tenere sotto controllo la voce, esaminandolo; si tese addirittura in avanti, allungando una mano per incontrare il braccio sano e vestito di pelle scura ed ottenendo una reazione del tutto imprevista.
Lo sguardo incupito dalla stanchezza di Bucky si portò fulmineo sulla mano rosea e poi al viso dell’altro, guardandolo alla stregua di un cervo davanti ai fari di un auto e si ritrasse di scatto.
Ma certo, non doveva essere pronto a una cosa simile, si disse Rogers.
Senza mostrare la delusione che quella reazione gli aveva procurato, ritrasse la mano e finse un’espressione neutra.

« Temo che per farti ricordare tutto ci servirà più tempo.. »

Un guizzo interessò il viso trascurato del soldato d’Inverno e un sorrisetto, un’espressione che quasi non fece piangere Steve di nostalgia, prese forma sul suo viso.

« Non credo di avere molti impegni. »
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: SasuSweeTeme