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Autore: Carillioon    07/07/2015    1 recensioni
Può una semplice donna risvegliare la fiamma in un uomo che è restato congelato per così tanto tempo?
Ambientato dopo Avengers: Age of Ultron
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Gli uccelli salutano la nuova giornata di primavera appollaiati su un ramo vicino alla finestra di questo piccolo appartamento di Washington. Ci sono poche nuvole che disturbano l'azzurro intenso del cielo. L'aria è colma di tranquillità. Ad un certo punto questa calma viene interrotta dal suono squillante della sveglia che riporta Steve nel mondo reale. Stava sognando di trovarsi in un bar a Brooklyn pieno di gente che festeggiava la fine della guerra. Era un locale tipico, uno di quelli con banconi in legno scuro e sgabelli di ferro con la seduta rivestita da pelle rossa un po' sbiadita. Stava bevendo un boccale di birra in compagnia di Bucky quando vide la figura di Peggy avvicinarsi, quasi come un miraggio. Gli prese le mani e lo fece alzare, senza dire una parola. Steve non riusciva a pensare ad altro che alla sua bocca rosso fuoco. Voleva assaporarla con la sua, ma il suo corpo era come in trance, trasportato da quel vortice di passioni. Piano piano quel trascinamento si trasformò in una danza, in un lento. Lei fece adagiare sulle sue spalle possenti la sua testa che sembrava molto più piccola rispetto al corpo di Steve. Restarono lì abbracciati per molto. Le ultime parole che riuscì a sentire prima di svegliarsi furono: “Mi sei mancato, mio capitano...”.

Le 6:30 del mattino. Steve preme con forse troppa vigorosità la sveglia, schiacciandola sul comodino bianco. Un altro sogno sugli anni '40, un'altra nostalgia. A volte si preoccupava dei sui sogni rincorrenti e pensava di rivolgersi a qualcuno, ma non sapeva chi. Ad un analista o psicologo non se ne parlava, l'avrebbe traumatizzato a vita e poi mette molto in dubbio il lavoro di quest'ultimi, Natasha Romanoff è già troppo occupata con la scomparsa di Hulk per i suoi problemi e con Sam Wilson non è ancora abbastanza in confidenza per rivelargli i suoi segreti.

Prende dal cassetto dell'armadio una maglietta blu con sopra uno stemma e un paio di pantaloni grigi da basket. Si precipita in bagno a lavarsi i denti e a pettinare la chioma rigorosamente bionda. Mette in tasca le chiavi dell'appartamento e esce di casa chiudendosi la porta alle spalle con un grosso tonfo.

Inizia a correre dall'uscita e percorre la stessa tratta che fa da mesi, dove ha conosciuto Wilson. Gli piace correre, lo rilassa. Non lo fa certo per fare sport, non crede che ne abbia bisogno, ma per liberarsi la mente. Nessuno lo riconosce a quell'ora e quindi non deve neanche preoccuparsi più di tanto. Senza la divisa pochissimi civili riescono a riconoscerlo, ma lo mettono lo stesso molto a disagio, è diventato Captain America per servire il suo paese e il popolo, non per la fama o la gloria come Tony Stark.

Si ferma ad una fontanella vicino al parco per bere e rinfrescarsi. Punta l'occhio ad un orologio elettrico appeso vicino ad un bar. Sono le 8.00, è già da un bel po' che corre.

Decide che è meglio tornare a casa prima che si riempi di gente.

Dopo che gli Avengers si sono allontanati per proseguire le proprie strade non ha più visto i suoi amici, nemmeno Natasha. Non riesce a far a meno di pensare alla somiglianza tra la scomparsa di Hulk e la sua di settant'anni fa. Entrambi aerei caduti chissà dove ed entrambi hanno lasciato le proprie amanti a soffrire.

Quello che gli fa stringere il cuore e lo sveglia nel cuore della notte è il dolore che deve averle provocato. La immagina seduta su un tavolino del bar, mentre beve del gin, aspettandolo con gli occhi pieni di lacrime.

La sua mente è interrotta da un suono sordo e una botta. Si accorge di essersi schiantato contro una ragazza che è stesa a terra dolorante. Si precipita a tenderle le mani per aiutarla ad alzarsi.

“Scusi, ero sovrappensiero e non l'ho vista. Mi dispiace tantissimo. Le ho fatto male? La porto all'ospedale più vicino.”

“Non ce n'è bisogno. Non mi sono fatta niente” risponde la giovane. Quando è in posizione eretta, Steve si accorge che è veramente una bella donna, ma non una bellezza classica del ventunesimo secolo, qualcosa di più originale. Ha i capelli ricci scuri tagliati corti fino al mento, un viso dolce, leggermente allungato con degli occhi nocciola all'insù. E' restato catturato da quegli occhi da gatta, forse un po' piccoli, ma irresistibili. Porta una gonna alta in vita a righe blu e bianche corta fino alle ginocchia aderente e sopra un maglioncino dello stesso blu della riga. Non è molto alta e come fisico gli ricorda la Romanoff. E' molto giovane, deve aver appena superato la ventina.

“Mi chiamo Steve Rogers” dice stringendole la mano.

“Sofia Swart”. Si presenta con un vago accento inglese.

“E' sicura di sentirsi bene? Dove sta andando?” le chiede notando il trolley azzurro dietro di lei.

“Ehm.. Sono appena scesa dall'aereo e non riuscivo a trovare un taxi quindi ho deciso di camminare fino al mio nuovo appartamento.”

“Allora lasci che l'aiuti” prende il trolley per il manico e lo trascina incamminandosi. “Da dove arriva?”

“Inghilterra, da un paesino vicino a Londra, Canterbury. Mi sono trasferita qui per studiare. E lei cosa stava facendo?” domanda Sofia un po' per timore del suo soccorritore/aggressore, un po' perché le piaceva veramente quel tipo.

“Stavo correndo. Dove ha detto che abita?”

“In quella via la in fondo vicino all'uscita del parco”

Rimasero zitti per un po'. L' imbarazzo si fece sentire. Steve è contento che non lo abbia riconosciuto, ma forse in Inghilterra gli Avengers non sono poi così tanto conosciuti.

“Che cosa studia?” le chiese per rompere il silenzio.

“Fisica. Astrofisica. Sono riuscita a vincere una borsa si studio e mi hanno mandato qui a finire la laurea”.

“Wow, è molto brava allora. Sa, io non mi intendo molto di scienza, anzi sono cresciuto in una casa dove i valori principali erano la lealtà e il dovere verso il proprio Paese e non era importante studiare. Per questo mi sono arruolato”

“E' un militare? Di che grado?”

“Sono capitano”

“Veramente? Sembra molto giovane per essere già diventato capitano..”

“Mi hanno promosso dopo aver salvato degli uomini in Germania..”

“Allora hanno fatto bene... Questo dev'essere il mio nuovo appartamento” dice controllando il numero civico “Sì, sì è questo. E' stato un piacere conoscerlo, magari qualche volta potremmo vederci per un caffè” cerca disperatamente dentro la borsetta il portafoglio e tira fuori un biglietto da visita che porge delicatamente a Cap.

“Anche per me” le risponde afferrando il numero.

“Arrivederci” saluta la ragazza entrando per la porta di questo palazzo non proprio messo benissimo.

Rigira fra le mani il bigliettino

Sofia Swart

studentessa

Market way, Canterbury London

2346780939

Se lo mette in tasca, non sa se la chiamerà. Lei è una persona normale, resterebbe scioccata nel sapere che l'uomo che l'ha aiutato è un esperimento di laboratorio.

Steve non ha ripensamenti di quello che gli è successo, pur di aiutare il suo Paese questo ed altro.

Torna a casa e si fa una lunga doccia fresca assaporando quel momento.

 

 

Quella sera decide di chiamare Wilson per andare a prendere una birra.

“Arrivo a prenderti alle 10. Intanto te preparati non farmi aspettare” gli aveva risposto.

Apre le ante dell'armadio e prende una camicia bianca ed un paio di jeans. Si sposta in bagno e si pettina i capelli con le dita. Apre il portafogli per controllare quanti soldi dispone, si ferma un attimo ad ammirare la foto di Peggy dentro alla tasca trasparente. Chiude e si precipita fuori ad aspettare Sam.

 

“Hey amico!” lo saluta vedendolo “Come stai, tutto bene? E' da un po' che non ti sento, pensavo fossi fuori città in qualche missione per salvare il mondo”

Steve gli sorride “Tranquillo niente missioni pericolose, almeno oggi. Io sto bene, comunque, te?”.

“Non mi posso lamentare. Sai la ragazza che ho conosciuto qualche mese fa? Mi ha chiesto di trasferirmi da lei. Io non so cosa risponderle. Se fosse per me mi trasferirei all'istante, il mio appartamento fa schifo, ma se poi lei non mi piacesse? Se è una pazza e vuole mangiarmi mentre dormo?”

“Non credo che Annah voglia mangiarti” salgono su un taxi “E' così piccola e magra non credo proprio voglia ucciderti e anche se fosse saprai difenderti se è questo che ti preoccupa.” lo rassicura Steve e vedendo lo sguardo inquieto dell'amico si mette a ridere. Poi facendosi serio gli chiede se lui la ama e vuole vivere con lei.

“Sì capitano, lo voglio”
“Allora non ti angosciare, andrà tutto bene. A proposito, dove mi porti?”

“In bar carino, appena ristrutturato. Ci vanno molti giovani di solito universitari. Magari troviamo Miss America”

“Certamente” risponde Cap spingendo leggermente la spalla di Sam.

 

Entrano nel locale e si siedono negli scalini vicino al bancone. Ci sono grossi schermi attaccati alle pareti che trasmettono tutti lo stesso canale musicale dove ci sono donne mezze nude che ballano strusciandosi su un uomo di colore che canta. Steve vede Wilson che è come ipnotizzato da quelle immagini. Lo spinge per attirare la sua attenzione.

“Ai miei tempi le donne non andavano in giro così e noi ragazzi non le guardavamo come fai tu. Un po' di rispetto Santo Dio”.

“Stai sciolto Cap! Adesso puoi divertirti!” risponde ridendo.

La loro conversazione viene interrotta da un gruppo di ragazzi entrare rumorosamente. Si girano entrambi a guardali. In fondo al gruppo c'è Sofia con un vestito bianco a fiori stretto in vita.

“Non può essere..”

“Perché cosa succede?” gli chiede Wilson.

“Vedi la ragazza in fondo? Oggi sono andato a correre e le sono andato addosso, quindi per chiederle scuse l'ho accompagnata fino a casa. E' inglese e piuttosto simpatica, anche se non abbiamo parlato molto. Mi ha dato il suo numero di telefono, ma non pensavo di richiamarla?”

“Perché? E' carina. Non ti piaceva? Non ti piace l'accento inglese??”

“Ma certo che mi piace. Immaginati la scena. Lei che mi chiede che lavoro faccio adesso e io gli rispondo che combatto contro esseri che le persone normali non riuscirebbero mai a sconfiggere perché sono un esperimento di laboratorio avvenuto più di 70anni fa. Scapperebbe a gambe levate”

“Non devi dirle tutto adesso. Su va a parlarci ti tendo io la birra”

“Va bene..”

Steve si alza e si avvicina al tavolo dove si è seduta quella compagnia. Sofia non sembra partecipare molto alla conversazione, si vede che ha appena conosciuto quelle persone. L'unica con la quale ha confidenza è la ragazza che le sta a fianco. La saluta con un cenno della mano e lei risponde allo stesso modo. Si alza sussurrando qualcosa all'orecchio dell'amica e gli va incontro. E' leggermente più truccata della mattina: ha un rossetto rosa e una riga di eyeliner sugli occhi contornati dalle folte e lunghe ciglia.

“Salve, l'ho vista seduta lì e ho pensato di venire a salutarla”

“E' stato davvero carino. Puoi darmi del tu, comunque.”

“Va bene. Posso offrirti da bere?” le appoggia la mano dietro la schiena e l'accompagna verso il balcone dove Wilson lo sta guardando.

“Certo”

“Lui è un mio amico e collega, si chiama Sam Wilson”

“Molto piacere” i due si stringono la mano.

“Adesso è meglio che vada. E' stato un piacere signorina, ciao Capitano” il soldato si alza ed esce dal bar, lasciando Steve da solo. Pensava di poter contare su di lui e invece è scappato via. Glielo farà pagare.

“Cosa bevi?”
“Quello che prendi tu. Non sono molto esperta in drink o cocktail, non bevo molto.”

“Allora è meglio qualcosa di leggero” le sorride.

Ordina due Brooklyn e sorseggiano. Il whisky brucia leggermente la gola di Steve.

“Raccontami qualcosa di te, Capitano” resta sorpreso che l'abbia chiamato così, forse ha solo voluto riprendere il saluto si Sam. “Fai parte ancora dell'esercito oppure ti sei ritirato?”
“In un certo senso sono ancora un soldato. Mi chiamano per qualche missione, però sono tutte top-secret quindi mi dispiace..”

“Capisco.. Dove hai combattuto prima di diventare questo soldato-spia?”
“Germania e Londra”

“Non pensavo ci fossero guerre, soprattutto a Londra!”

“Ehm.. sono solo stato addestrato li” doveva ricordarsi, sono molti anni che la guerra in Europa è finita. “Chi sono quelli con cui sei venuta?”

“Sono amici di Lauren, mi ha detto che saranno miei compagni del corso che inizierà la settimana prossima. Ahn già, Lauren è una mia amica che ho conosciuto molti anni fa,ero ancora al liceo, quando sono andata a New York.”

“Ti andrebbe di uscire da qui? Facciamo una passeggiata”
“Non hai paura ad uscire a quest'ora? Sono ormai le 11e mezza”
“Tranquilla, ti proteggo io” le risponde con un sorrisetto complice sulle labbra. Lei finge di sentirsi offesa anche se in realtà è divertita.

Iniziano a incamminarsi non sapendo dove andare, lasciando che il vento primaverile spettini i loro capelli. Sofia continua a sistemarli dietro le orecchie, invano.

Alla luce fioca dei lampioni, Steve non riesce a non guardare le forme del suo corpo. Il punto vita stretto dalla fascia del vestito gli ricorda quello di una vespa. Si sente attratto da quella donna. Anche se la conosce da poco, gli ispira un senso di fiducia molto forte. Vorrebbe parlare con lei per ore.

Si fermano su una panchina e si siedono. Riesce a sentire il profumo della fanciulla, alla lavanda forse, ma non n'è sicuro.

Sofia cerca nella borsetta azzurra il cellulare e guarda l'ora. “E' mezzanotte e mezzo, è meglio che io vada.” compone un numero sulla tastiera del telefono e chiama un taxi.

“Quando posso rivederti?” le chiede Steve.

“Cosa ne dici di sabato pomeriggio? Potresti portarmi a vedere la città”

“Ottima idea. Allora ti chiamerò per farti avere i dettagli. Buonanotte” le bacia delicatamente la guancia prima di lasciarla salire sul taxi.


NOTA DELL'AUTRICE

ringrazio moltissimo chiunque abbia letto questa storia. questo è solo il primo capitolo ma conto di pubblicarne uno ogni settimana, se ha successo. mi piace molto scrivere questa storia quindi spero sia di vostro gradimento :D lascite una recensione per dirmi qualsiasi cosa. CIAOOO ;)

   
 
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