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Autore: Severia85    08/07/2015    3 recensioni
I Mangiamorte hanno catturato un giovane ribelle, ma non trovano il modo di farlo parlare. Voldemort convoca allora al suo servizio Fenrir Greyback.
Questa storia si è classificata seconda al "Contest a bivi" indetto da Cloe Sullivan.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fenrir Greyback, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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PEGGIORE DELLA MORTE
 
Greyback si materializzò poco lontano da Villa Malfoy. Non amava ricevere ordini e dover ubbidire all’istante: era un lupo ed era abituato ad obbedire solo al proprio istinto. Questa volta però l’ordine era arrivato direttamente da Lui e preferiva non farlo attendere: sapeva che non era un tipo paziente.
Si fermò davanti all’inferriata, provando un moto di risentimento: se avesse avuto il Marchio, il cancello si sarebbe dissolto in fumo, senza bisogno di farlo aspettare. Ma non aveva ricevuto questo privilegio: quelli come lui erano disprezzati perfino da Voldemort il quale però, in certi casi, non disdegnava i loro favori.
Un elfo comparve e lo fece entrare. Il lupo camminò a passi svelti, concedendosi di ammirare lo sfarzo di quel giardino: le alte siepi ben curate che costeggiavano il vialetto d’accesso, la fontana in marmo da cui zampillava acqua limpida e i pavoni che scorrazzavano qua e là, facendo mostra delle loro code. Storse il naso di fronte a quell’ostentazione di ricchezza, lui che di galeoni d’oro ne aveva visti ben pochi nella sua vita.
La villa si ergeva maestosa nel crepuscolo di quella che era stata una giornata calda e soleggiata. Il portone si spalancò, quando mise il piede sul primo scalino.
Entrò in un ampio salone, illuminato da un enorme lampadario.
L’elfo lo guidò sulla destra, verso la sala da pranzo, dove erano riuniti diversi Mangiamorte. Erano seduti intorno ad una lunga tavola di legno massiccio. Chiacchieravano sottovoce, ma si zittirono quando fece il suo ingresso nella stanza.
Voldemort era seduto a capo tavola: nonostante l’espressione del suo viso fosse indecifrabile, sembrava rilassato. Accarezzava distrattamente Nagini che teneva la testa sulle sue ginocchia, come un qualunque animale domestico.
“Fenrir.” Lo apostrofò. “Vieni avanti, non essere timido.”
Il lupo avanzò, ben consapevole degli sguardi schifati che giungevano dalla tavolata. Lo ritenevano un abominio, indegno di interloquire con il loro Signore. Si facevano beffe di lui, ora che erano tutti insieme, eppure, se lo avessero incontrato di notte da soli, avrebbero tremato, implorandolo di risparmiarli. Poveri sciocchi, pieni di sé!
“Mio Signore, mi avete convocato?” disse, sforzandosi di essere riverente.
“Sì: ho bisogno dei tuoi servigi.”
Greyback si limitò a fare un gesto con le mani, per incitarlo a proseguire. Notò infastidito che non lo aveva invitato ad accomodarsi. Restò in piedi, curioso di sapere che cosa gli sarebbe stato richiesto e, soprattutto, di quello che avrebbe potuto ottenere in cambio.
“Negli ultimi mesi, ho avuto dei problemi nell’Ovest, nella zona di Liverpool. Un gruppo di giovani maghi si è messo in testa di contrastare il mio potere. Hanno teso alcuni agguati ai Mangiamorte che avevo inviato. Come ben sai, non tollero che qualcuno intralci i miei piani.”
“Non capisco che cosa posso fare per voi.” Rispose il lupo che aveva ascoltato quel racconto con crescente meraviglia.
“Vedi, ho deciso di occuparmi del problema. Abbiamo catturato uno di quei ragazzi, ma è risultato essere un tipo piuttosto ostinato: non ha voluto riferirmi dove si trova il loro covo e chi è il loro capo.” I suoi occhi mandarono un lampo di puro odio. “Si è rivelato anche un ottimo Occlumante: non ho ricavato molto dalla lettura della sua mente. Solo qualche notizia frammentaria. La tortura non ha sortito effetti, nonostante mi ci sia dedicato con particolare cura.”
Greyback non aveva dubbi in proposito.
“Mi è stato suggerito di ucciderlo e di trovare da soli il covo di questa banda. Un saggio consiglio, tuttavia sono restio a concedergli la grazia della morte. E qui entri in scena tu.”
Fenrir cominciava a capire dove volesse arrivare l’Oscuro. Sentì dentro di lui crescere il desiderio di sangue. Con un gesto istintivo, si leccò le labbra.
“Sono certo che tu sapresti convincere il nostro giovane prigioniero. La minaccia di un tuo morso dovrebbe persuaderlo. Tu cosa ne dici?”
C’era sadico piacere nei suoi occhi: era più contento dell’imminente tortura, che non di ricevere le informazioni sperate.
“Mio signore,” intervenne Bellatrix. “Se mi lasciaste tentare ancora una volta, sono sicura che potrei …”
Voldemort la zittì con un gesto brusco della mano: “Hai già provato, Bellatrix, senza risultati. Ora voglio che sia Greyback a occuparsi di lui.”
“Sì, mio signore.” Rispose la donna evidentemente delusa, chinando però il capo, in segno di rispetto.
“Posso tentare. Ma vorrei sapere prima quale sarà la mia ricompensa.” Dichiarò il Mannaro, con una punta d’orgoglio nella voce: Voldemort si rivolgeva a lui invece che alla sua seguace più fedele.
“Che cosa desideri? Denaro? Donne? Vittime da torturare? Posso darti ciò che vuoi.”
 
****
 
Scese gli stretti gradini di pietra che portavano verso i sotterranei del maniero. Il ragazzo, un certo Lucas Wright, era tenuto prigioniero in una cella, nelle segrete.
Man mano che scendeva, l’aria si faceva più fredda e umida. Le pareti erano debolmente illuminate da alcune torce che disegnavano strane ombre.
Quando si ritrovò di fronte alla cella, lo chiamò.
“Lucas Wright!”
Non udì nessuna risposta, solo un debole tintinnio di catene.
Sferzò l’aria con la bacchetta e le sbarre si aprirono.
Il giovane era seduto sul pavimento, con le mani incatenate a degli anelli, fissati alla parete. Aveva la testa reclinata di lato e, quando la alzò per guardarlo, vide che aveva il viso gonfio e tumefatto.
Doveva essere alto e con un fisico asciutto e muscoloso. Un giocatore di Quidditch, sicuramente. Aveva i capelli scuri che gli ricadevano sulla fronte. Gli occhi erano neri e ancora intensi, nonostante fosse provato e stanco. Greyback pensò che il suo sangue avrebbe avuto un sapore speciale. Sempre che avesse potuto morderlo: se il ragazzo avesse ceduto, gli sarebbe toccata altra sorte.
Lucas non disse nulla quando lo vide. Forse non sapeva chi fosse e che cosa stava per succedere. Probabilmente, si aspettava altre torture.
“Quindi sei tu il mago che non vuole parlare.”
“Non parlerò nemmeno con te, qualunque cosa tu faccia.”
Aveva fegato il giovanotto, doveva ammetterlo.
“Non sono qui per cruciarti. L’Oscuro ha pensato a qualcosa di particolare per te.”
“Non mi importa.”
C’era fierezza nei suoi occhi, nonostante la paura che traspariva dalla sua voce.
“Io credo che invece ti importerà.”
Greyback si concesse una risata, lasciando l’altro a domandarsi cosa sarebbe accaduto.
“Sai chi sono io?”
“Un Mangiamorte assetato di sangue e potere? Disposto a vendersi l’anima per compiacere quel pazzo?”
“Hai coraggio, ragazzino. Ma mi dispiace deluderti: non un sono un Mangiamorte.” Disse, sollevando al manica e mostrando il polso sinistro. “Non ho avuto questo onore. E per quanto riguarda la mia anima, non ne ho più una da un pezzo!”
Lucas sembrava disorientato da quelle parole.
“Non dovrei nemmeno considerarmi un essere umano: io sono un lupo, un lupo mannaro!” esclamò digrignando i denti, in un’espressione feroce. Godette nel vedere il terrore attraversare gli occhi del ragazzo. Lo stesso sguardo che aveva visto in tante vittime prima di lui. Una paura primordiale, che aveva radici antiche, tanto quanto la sua maledizione.
“Vedi,” ricominciò a spiegare tranquillamente, cercando di frenare il suo desiderio di sangue fresco. “Il piano è questo: o tu parli e riveli le informazioni che Lui vuole da te, oppure io aspetterò la luna piena e affonderò i miei denti nella tua carne morbida.”
“Non tradirò i miei amici!” rispose Lucas, mostrando a parole un coraggio che il suo cuore non sosteneva.
“La cosa ti fa onore, ma forse non hai valutato bene il rischio.”
“Non mi importa di morire!”
Greyback scoppiò in una fragorosa risata.
“Morire? No, mio caro: tu non morirai. Ti trasformerai in un lupo, proprio come me. E ti posso assicurare che, alla successiva luna piena, invocherai la morte con tutto te stesso.”
Lucas rimase in silenzio, incapace di controbattere.
“Sai, dentro di te sentirai un istinto animale e saprai che è inutile combatterlo. Proverai un dolore intenso in ogni fibra del tuo corpo, mentre ti trasformi. A quel punto, non sarai più te stesso: ti dimenticherai di te, delle persone a cui vuoi bene, di tutto ciò in cui credi. Desidererai solo uccidere per nutrirti.” Fece una pausa ad effetto, poi aggiunse: “La morte sembra uno scherzo in confronto, non trovi?”
Il giovane strinse i pugni e cercò invano di liberarsi dalle catene che lo imprigionavano.
“Hai due giorni di tempo per pensarci, poi ci sarà la luna piena e io tornerò qui. Buona riflessione.” Disse, sogghignando.
Risalì le scale. Era contento di averlo terrorizzato, ma sapeva che il prigioniero, alla fine, avrebbe ceduto. Un vero peccato non poter azzannare quella pelle così chiara e morbida: i giovani era sicuramente il suo spuntino preferito. Ma di fronte alla condanna eterna che lo attendeva, il mago avrebbe chinato la testa. La morte poteva anche non spaventarlo, tuttavia diventare un mannaro rappresentava qualcosa di assolutamente peggiore. Lui lo sapeva bene. Ricordava i primi tempi: il dolore, la paura negli occhi della gente che lo teneva a distanza, il desiderio di sangue, il disprezzo di tutti. Solo dopo molti anni, aveva imparato ad accettare ciò che era e lo aveva sfruttato per arricchirsi e per concedersi qualunque tipo di piacere.
Di nuovo nella sala da pranzo, si rivolse a Voldemort.
“Mio signore, sono certo che il ragazzo vi dirà ciò che volete. Lasciatelo macerare nella paura ancora per un poco e vedrete che canterà come un uccellino!”
“Ottimo lavoro.” Commentò con calma, per nulla sorpreso che il suo piano sarebbe andato a buon fine.
Greyback colse alcuni sguardi malevoli da parte dei Mangiamorte: Bellatrix lo guardava piena di odio, altri, come Piton o Malfoy, gli riservavano occhiate di puro disgusto. Che facessero pure: se un giorno avessero esagerato, avrebbe saputo come fargliela pagare, come ottenere il rispetto dovuto.
 
****
 
Due giorni dopo, poco prima del tramonto, Greyback si ritrovò a Villa Malfoy. Il prigioniero fu scortato nel salone, alla presenza di Voldemort e di tutti i Mangiamorte. Trattenuto da due uomini, camminava con lo sguardo fiero, tuttavia appena vide il lupo mannaro si bloccò. Doveva aver capito che la minaccia ricevuta era reale: se non avesse parlato, sarebbe stato morso e condannato alla dannazione. Provò a divincolarsi, ma fu inutile. Nei suoi occhi si leggevano rabbia e paura.
Greyback gli sorrise, leccandosi le labbra. Lucas sentì un brivido gelato percorrergli la schiena.
Fu gettato ai piedi dell’Oscuro, senza troppi riguardi.
“Allora, hai intenzione di rivelarmi dove si trova il vostro rifugio?”
Silenzio.
“Non ho intenzione di ripetermi. Greyback!”
Era evidente che Voldemort aveva perso la pazienza e voleva risolvere quel problema al più resto. Fenrir si avvicinò.
“Sono qui, mio signore.”
“NO!”
L’urlo del giovane attraversò la stanza. Seguì un silenzio assoluto.
“Vi dirò ogni cosa.”
Le lacrime rigavano il suo volto, privandolo di quella fierezza che lo aveva contraddistinto fino a quel momento.
 
****
 
Mezzora dopo, un Voldemort particolarmente soddisfatto aveva già inviato un gruppo di Mangiamorte in missione. Greyback aspettava la sua ricompensa con una certa ansia: la luna stava sorgendo e lui sentiva l’istinto del lupo invadere il suo corpo. Non vedeva l’ora di lasciarsi andare.
“Mio fedele compagno,” lo apostrofò Voldemort. “Hai fatto un ottimo lavoro. Il tuo premio ti aspetta nelle segrete. Seconda cella.”
Fenrir scese un’altra volta gli stretti gradini di pietra. Gli tremavano le gambe: non sarebbe riuscito a trattenersi ancora per molto.
Davanti alle sbarre di una piccola cella, si fermò. Dentro c’era una ragazza: non doveva avere più di quindici anni, anche se l’espressione terrorizzata la faceva assomigliare più ad una bambina.
“Alzati!” le intimò.
Lei rimase immobile, con gli occhi spalancati.
“Ho detto: alzati!”
Questa volta si mosse e si mise in piedi, restando appoggiata alla parete di pietra, nel vano tentativo di trovare un riparo o un aiuto.
Era in carne e formosa, come l’aveva richiesta, con i capelli castani lunghi fino alle spalle. Quando avesse finito con lei, non ne sarebbe rimasto molto.
Finalmente, poté dare sfogo al suo istinto mannaro. Il suo viso si allungò e si ricoprì di peli, i denti si svilupparono e le mani e i piedi divennero zampe dotate di lunghi artigli. La sua mente umana si offuscò, liberando completamente il lupo. Con forza sovrumana, allargò le sbarre della prigione.
Il grido della ragazza si perse nelle segrete.

N.d.A.
Questa fic partecipa al "Contest a bivi" indetto da Cloe Sullivan.
I prompt da utilizzare erano: Villa Malfoy, segrete, dopo il ritorno di Voldemort, Greyback
  
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