Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    09/07/2015    7 recensioni
È il 21 giugno, il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, nonché il compleanno di Anna. Dovrebbe essere uno dei giorni più felici per lei, no? Elsa l’ha chiamata per farle gli auguri, Olaf le ha mandato un mazzo di fiori, persino Hans da Copenaghen le ha cantato la canzoncina e Kristoff…beh, lui se n’è dimenticato. Come fargliela pagare? E se gli intenti vendicativi di Anna si risolvessero in qualcosa di totalmente inaspettato?
Piccolo sclero senza pretese/ carrettata di Kristanna Smuff, che è sempre cosa buona e giusta/accenni Helsa/ Enjoy the ride ;)
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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                     Summer Solstice

Nb: prima volta che scrivo roba del genere, non ho idea di come inquadrarla, inoltre sono negata con i rating, quindi se trovate qualcosa che vi disturba o che non coincide con il rating che ho dato io, fatemelo sapere e provvederò a modificarlo.  Grazie per l’attenzione :)

 

Non poteva crederci! Anzi, non voleva crederci!

Eppure i fatti erano chiari e schiaccianti, assolutamente incredibili, per quanto a lei sembrassero impossibili: Kristoff si era dimenticato del suo compleanno! Come aveva potuto dimenticarsene? Lei glielo aveva ricordato almeno ogni giorno nell’ultimo mese, apertamente o con frasi furbe e studiate. Stavano assieme da tre anni, si conoscevano da quando ne avevano dieci, e lui l’aveva comunque scordato. Assurdo!

Quella mattina non c’era stato nessun bacio di buon compleanno, né un muffin con una candelina ad attenderla in cucina, né tantomeno la stupida canzoncina, né nessuno stupido tanti auguri dallo stupido Kristoff!

“Idiota.” sibilò tra sé, digrignando i denti.

In quel momento, chiusa nel suo piccolo ufficio con un’infinità di lavoro da svolgere, non riusciva a pensare ad altro: lo odiava. Non avrebbe mai creduto possibile una cosa del genere, ed invece il germe dell’odio stava intaccando la sconfinata dose di amore e bontà che di solito gli riversava addosso. Lo odiava per non essersene ricordato, e di conseguenza per averle rovinato la giornata.

Gliel’avrebbe fatta pagare cara.

Siglò un contratto e poi si alzò per prendere un bicchiere d’acqua nella sala caffè. Da uno spiraglio nella porta vide un fattorino uscire dall’ascensore, con un immenso mazzo di girasoli tra le braccia. Le sfuggì un piccolo aaaaw dalla bocca e il cuore le fece una capriola quando la segretaria al front office la chiamò. In pochi secondi rinnegò tutto quello che il suo cervello aveva macinato fino ad un attimo prima: Kristoff era il fidanzato migliore del mondo e lei non avrebbe mai potuto odiarlo, nemmeno e soprattutto in un giorno del genere e…i fiori non erano da parte sua.

Alla migliore amica che si possa mai avere. Auguri di buon compleanno. Olaf- recitava il bigliettino in allegato ai fiori. Sorrise poco convinta al fattorino e alla segretaria, prima di richiudersi nel suo studio.

Poggiò i fiori sulla scrivania e mentre ne osservava il giallo brillante, il fiume in piena delle sue idee si concentrò di nuovo su un unico pensiero: come farla pagare a Kristoff.

Un piccolo ghigno sghembo le increspò le labbra quando un’idea le folgorò la mente e la sua vendetta cominciò a prendere forma: niente sesso, per almeno un mese. L’avrebbe stuzzicato fino allo sfinimento, lo avrebbe fatto impazzire e poi non gli avrebbe permesso di sfiorarla nemmeno con un dito. Era certa che avrebbe imparato la lezione.

Non era sicura di poterci riuscire, perché anche lei ne avrebbe risentito, in fondo era un essere umano nel pieno della sua fase ormonale, e poi lui era lui, e lei era lei. Stargli lontano sarebbe stato come mettere un fiammifero vicino al fuoco e aspettarsi che non prendesse fuoco. Ma avrebbe fatto di quella piccola vendetta la sua crociata personale e non avrebbe fallito.

Il cellulare che vibrava nella borsa la riscosse dalla sua piccola congiura. Lesse il nome sul display: Elsa.

“Els…” rispose, ma venne bloccata a bocca spalancata dalla voce, o meglio le voci, dall’altro lato, che le cantavano tanti auguri.

“…tanti auguri a te!” Elsa riprese fiato “Allora come procede il compleanno, fiorellino?”

“Andava alla grande fino a che non sono stata assordata da te e da quella campana stonata di tuo marito. Avete urlato così tanto che avrei potuto sentirvi anche senza cellulare.” ridacchiò Anna “Va bene…alla grande.” disse poi poco convinta, rispondendo alla domanda.

“Cos’è successo? Ti sento strana.” la voce della sorella era salita di un’ottava, segno che aveva cominciato a preoccuparsi. Non voleva che stesse in pena per lei per una stupidaggine del genere, ma era difficile controllare l’ansia di Elsa quando in gioco c’era la felicità della sua sorellina.

“N-no, va tutto bene. Davvero.”

“Mmh, non mi convinci. Vuoi che anticipi il mio viaggio? Potrei venire domani o stasera stessa. Hans non direbbe nulla, anzi, gli farebbe comodo una pausa dal lavoro, suo padre non fa altro che vessarlo di compiti ingrati e degradanti, e lui svolge tutto muto e accondiscendente. Credo sia vicino ad un punto di rottura. Dovremmo allontanarci da Copenaghen.” sentì le proteste di Hans dall’altra parte e riuscì quasi a vedere gli occhi di Elsa che roteavano per il nervoso “È inutile che neghi. È assolutamente vero e lo sai.” rispose a qualcosa che le aveva detto il marito.

“Non preoccuparti, sto benone. È solo questo caldo infernale che mi succhia via tutta l’energia. Riesci a crederci qui ci sono 30° gradi…altro che Arendelle, sembra di essere ai tropici.” scherzò sottotono.

“Anna tu ami il caldo e l’estate e tutto ciò che ne consegue, quindi a meno che tu non sia stata licenziata o che non sia finita la tua scorta di gelato al cioccolato nel freezer, questa tua lamentela mi sembra più qualcosa che abbia a che fare con Kristoff o con qualcosa che ha fatto.”constatò il dato di fatto “Non è ancora tuo marito, sai. Puoi lasciarlo quando ti va.”

“Elsa!” la rimproverò “Come ti salta in mente una cosa del genere? Credevo ti piacesse Kristoff.”

“Mi piace fin quando tiene le mani a posto e tratta bene mia sorella.” sbuffò Elsa.

“Lui mi tratta più che bene e mi riempie di attenzioni.” protestò, poi fece silenzio per un secondo “Per quanto riguarda il tenere le mani a posto, beh, siamo due adulti consenzienti quindi non credo di dover chiedere ancora il tuo permesso, anche perché noi ci diamo den-…”

“Ah-ah-ah. Non voglio sentire, grazie.” la stoppò, allontanando il ricevitore dall’orecchio quel tanto che le bastava per evitare di sentire il resto. Sapeva che Anna ormai era una donna in carriera e autosufficiente, ma sentir parlare di quello che lei e il suo fidanzato facevano sotto le coperte, era qualcosa a cui non si sarebbe mai abituata. Lei sarebbe rimasta sempre la sua sorellina esuberante e capricciosa, che la svegliava nel pieno della notte per sgattaiolare in cucina a prendere uno spuntino o ancora peggio per giocare nella neve.

Anna lo sapeva, e lo faceva di proposito per vedere sua sorella arrossire in imbarazzo e anche da lontano, la sua reazione non si era smentita: la faceva sorridere la sua moralità quasi puritana riguardo certi argomenti, anche se dubitava fortemente che lei ed Hans si guardassero solo negli occhi, dopo appena due anni di felice vita matrimoniale.

“Non mi sembra che io vengo a raccontarti quello che accade nel mio letto.” ribatté Elsa.

“Beh, se ti va puoi farlo. Potrei prendere spunto .” ridacchiò Anna, sentendo il respiro di sua sorella bloccarsi in gola.

“Sei una piccola sfacciata.”

“Ehi, è sempre stato così.” la punzecchiò, scivolando con la sedia verso la finestra che affacciava sul fiordo “Ricordi cosa diceva la nonna? Il diavolo e l’acqua santa. Le cose a quanto vedo non sono cambiate.” sbirciò tra le persiane abbassate per ripararsi dal sole.

“Come dici tu.” sospirò rassegnata “Comunque non mi hai ancora detto il motivo del tuo malumore. Di’ la verità, ci ho preso in pieno: è colpa di Kristoff.”

“Cosa ha fatto Bjorgman stavolta?” sentì chiedere da Hans.

“Lui si è dimenticato del mio compleanno.” buttò fuori amareggiata.

“Cosa?! Nemmeno tanti auguri?” le chiese la sorella incredula, alzando la voce.

“Niente. Nada. Nisba. Niet. Rien!”sbottò alzandosi di scatto “Capisci? È uscito di casa salutandomi a stento e io sono rimasta lì imbambolata come un’idiota. Ho addirittura controllato il calendario per accettarmi che fosse davvero il 21, perché non potevo crederci che se ne fosse scordato. Lo odio!” concluse.

“Vuoi che lo chiami?” le propose Elsa.

“Cosa? No, assolutamente. Voglio che sia lui a ricordarsene, altrimenti la mia vendetta è già pronta.”

“Ho paura a chiederti di cosa si tratta.”-

“Fidati, non vuoi saperlo.”

“D’accordo. Faccio finta che tu non mi abbia detto niente, ma chiamami se hai bisogno: Arendelle è ad un tiro di schioppo da qui, in meno di due ore sarò da te.”

“Tranquilla, saprò cavarmela.” la rassicurò “Ti voglio bene, salutami Hans.”

“Ti voglio bene anch’io, passa una buona giornata.” la salutò, prima di riagganciare.

Parlare con Elsa riusciva sempre a calmarla, ma in quell’occasione nemmeno un intero flacone di Valium avrebbe potuto tenerla a bada.

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Quando alle 17 staccò da lavoro, il sole era ancora alto in cielo, ma il caldo asfissiante di quella mattina si era attenuato, spazzato via da una brezzolina rinfrescante che soffiava dal mare. Le stradine del centro erano ancora in piena attività e i battelli da turismo riversavano dal porto una fiumana di vacanzieri, appena tornati da un giro del fiordo.

Il clip-clap dei suoi sandali sull’acciottolato della strada la rilassava, distraendola dai suoi pensieri vendicativi. Sulla strada di casa, si concesse un gelato rigorosamente al cioccolato: al diavolo la linea e la prova costume, oggi era il suo compleanno poteva fare ciò che più le andava.

Quando arrivò davanti al giardino della piccola casetta che divideva con Kristoff, esitò. Una mano sul cancello e l’altra ancora stretta attorno al cono ormai appiccicoso. La sua macchina era nel garage, quindi di sicuro lui era dentro. Perché si era fermata? Non era lei quella nel torto! Ma comunque non si sentiva pronta ad affrontarlo.

Tirò un lungo respiro, gettò il resto del gelato in un cestino vicino, e finalmente aprì il cancello. Davanti alla porta d’ingresso ebbe un altro momento di esitazione, ma durò solo due miseri secondi.

Non appena varcò la porta di casa un gigantesco mocho marrone le si buttò addosso. “Si, Sven, anche tu mi sei mancato.”disse al grosso setter irlandese, battendogli una mano sulla testa pelosa “Sono a casa.”aggiunse poi alzando la voce, ma con meno entusiasmo del solito, scivolando lungo l’ingresso verso il salotto. Sven le trotterellò per alcuni secondi accanto e poi corse via, verso la cucina o verso il giardino sul retro. Di Kistoff nemmeno l’ombra.

La sua già precaria condizione continuava a peggiorare. “Kristoff?”svoltò in salotto, tenendo in mano le scarpe che si era appena sfilata. Dove diavolo si stava nascondendo? Perché non le rispondeva?

Si affrettò verso la cucina, con un diavolo per capello, pronta ad urlargli contro tutta la frustrazione e il risentimento che aveva covato per tutta la giornata, quando se lo ritrovò davanti, con il volto rosso e il fiatone “Ehi! Già di ritorno?” le diede un bacio sulla fronte, ostruendole la vista della cucina con la sua enorme stazza.

“Esco sempre a quest’ora.” fece una pausa studiata osservandolo bene “Cos’è successo?” gli chiese, sollevando un sopracciglio.

“Di che parli?”

“Di questo fiatone e della tua faccia rossa...cosa mi stai nascondendo?”

“Assolutamente nulla.”le sorrise impacciato, appoggiandosi allo stipite della porta “Perché non vai di la a riposarti, mh? Sembri molto stanca.”

“Non sono stanca. Sono arrabbiata. Anzi sono” cercò una parola appropriata “…furiosa!” urlò quasi, fumando di rabbia. “Vuoi mollarmi?” gli chiese, lasciandolo a bocca aperta per la sua reazione “No, perché se è così…” gli puntò un dito contro.

“Frena!” le mise le mani sulle spalle per calmarla “Perché mai dovrei lasciarti? Cosa te l’ha fatto pensare, scusa?”

Anna si scrollò le sue mani di dosso e prese un bel respiro “Beh, per cominciare, sai che giorno è oggi?”

“Il 21 giugno.”

“Esatto, anzi no. Beh si, ma non intendevo la data. Oggi è il mio compleanno, sai quella cosa quando invecchi di un altro anno e di solito ti piacerebbe avere la vicinanza e l’affetto dei tuoi cari per sentire meno l’avanzata dell’oblio finale, ed essendo tu l’unico caro nei paraggi, mi aspettavo come minimo un tanti auguri, che dici? Ed invece nemmeno quello! Ho passato una giornata d’inferno per colpa tua.” concluse col fiatone “E poi cosa mi stai nascondendo? Perché sembra tu abbia appena finito di correre la maratona di New York? Mh?” cercò di aggirarlo, ma lui le si parò davanti, impedendole di vedere oltre le sue spalle che riempivano l’intera larghezza della porta.

“Ascolta, m-mi dispiace averti rovinato la giornata.” si scusò continuando a tenere a bada i suoi vani attenti di superarlo “Sono stato…distratto da altro.”

“Mi piacerebbe davvero sapere cosa ha occupato la tua testa tanto da dimenticarti del compleanno della tua fidanzata.”cercò di assestargli un calcio.

“Potresti fermarti per un attimo?”

“Solo se mi lasci passare.”

“Ehm…no.”

Anna incrociò le braccia al petto e mise su il broncio, sporgendo il labbro inferiore e aggrottando la fronte “Sto ancora aspettando.”

“Cosa? Che ti lasci passare? Aspetterai in vano, furia scatenata.”confermò rimanendo immobile nella sua posizione di difesa della cucina “Vai di là. Ti chiamo tra poco.” le indicò il salotto in fondo al corridoio.

Lei fece finta di voltarsi, ma quando con la coda dell’occhio lo vide rilassarsi e perdere la concentrazione, sfondò la sua difesa.

“No, Anna. NO!” cercò di fermarla, ma ormai lei si era fatta strada attraverso la porta e aveva conquistato la cucina.

Di tutto quello che si sarebbe aspettata di trovare, non c’era nulla: né un’amante, né la distruzione più assoluta, né niente di niente. Quello che invece la lasciò a bocca spalancata fu la fila di candele che partiva dalla portafinestra che dava sul giardino e che raggiungeva il piccolo gazebo di legno, che avevano costruito assieme l’estate precedente (in realtà Kristoff aveva fatto tutto il lavoro, mentre lei lo aveva rifornito di torta di carote e limonata), pieno di luci e fiori (in gran parte girasoli, i suoi preferiti). Al centro, invece del dondolo che di solito usava per rilassarsi all’ombra, un tavolo apparecchiato per due.

“Oh santa montagna del Nord!” sospirò, con la paura che da un momento all’altro gli occhi le sarebbero potuti cadere fuori dalle orbite.

“Io ci rinuncio. Non è possibile farti sorprese! Le rovini sempre.”si lamentò Kristoff alle sue spalle.

Lei osservò rapita ancora per un minuto le candele, non ancora tutte accese, le cui fiammelle danzavano allegre nella brezza estiva, e tutto le fu chiaro.

“Era tutta una finta?” gli chiese a corto di parole voltandosi verso di lui, che si grattava con sguardo colpevole la nuca. Gli si avvicinò e senza preavviso gli assestò una sberla sulla spalla “Potevi almeno dirmi tanti auguri!” lo rimproverò.

“Ehi!” si lagnò lui, più per il gesto inaspettato che per il dolore inesistente “In realtà” cominciò facendo un passo indietro e allontanandosi di poco da lei “Mi sono davvero dimenticato di farti gli auguri, perché l’idea della cena a sorpresa mi ha totalmente preso e il dover preparare tutto, volevo che fosse tutto perfetto per te:  i fiori, le candele, la cena al tramont…”

E poi Anna gli saltò addosso, aggrappandosi a lui come un koala ad un ramo di eucalipto, e gli stampò un sonoro bacio sulle labbra, facendolo sbandare all’indietro “Solo tu saresti capace di una cosa del genere: dimenticarti il motivo per cui stai facendo una cosa. Ti ho già detto che mi rimangio tutto quello che ho pensato su di te oggi e della vendetta che avevo in programma?”

“Cosa? Avevi pensato addirittura ad una vendetta? Devo averti fatta arrabbiare parecchio.” le passò un braccio attorno alla vita per tenerla meglio, mentre con l’altra mano le spostava delle ciocche di capelli dagli occhi.

“Già, ho imprecato per l’intera giornata, chiamandoti con vari appellativi che preferirei non ripetere e sono anche arrivata a considerarti un pessimo fidanzato. Ma ora rinnego tutto, possa il cielo fulminarmi se metterò di nuovo in discussione le tue capacità di mantenere insieme questa coppia.” Indicò entrambi e giurò in tono solenne, sciogliendosi in una scarica di risate un secondo dopo “E non mi perdoneresti mai se ti dicessi a quale modo avevo escogitato per fartela pagare.”

“È così terribile?” le chiese alzando un sopracciglio, incuriosito dal sorrisino sghembo che Anna aveva sulle labbra.

“Per me lo sarebbe stato. Una vera tortura, anche per te immagino.” gli fece l’occhiolino e lo baciò di nuovo, ma con più lentezza stavolta, premendo appena le sue labbra contro le sue, leccandogli il labbro inferiore. Poi con altrettanta lentezza spostò la sua bocca verso il suo orecchio sinistro e gli rivelò le sue precedenti intenzioni con voce melliflua.

“Non sapevo potessi essere così vendicativa.”

“Non per niente mi chiami furia scatenata.” le loro labbra si incontrarono di nuovo a metà strada.

La miccia s’era accesa, ora niente avrebbe potuto spegnerla.

 “Sai che giorno è oggi?” gli chiese di nuovo sfiorando il suo naso in un bacio eschimese.

“Dio Anna, cominci già a dimenticare le cose?” la prese in giro, ridacchiando sommessamente.

E un colpo di vento spense la miccia e l’entusiasmo di Anna.

Lei alzò un sopracciglio e divenne tutto d’un tratto seria “Sei il solito! Hai ammazzato l’atmosfera.” Si liberò dalla presa sicura del suo abbraccio e fece per andarsene, ma Kristoff la fermò tirandola per un braccio e poggiandole l’altra mano sulla vita, bloccandola lì sul posto.

“Non puoi andartene così.” scosse la testa “Illuminami. Che giorno è oggi, oltre ad essere il tuo compleanno?” le soffiò nell’incavo del collo, facendola rabbrividire di piacere. Come aveva pensato di potergli stare lontana per così tanto tempo? I loro corpi si cercavano disperatamente, reagivano alla loro vicinanza.

Sorrise tra sé. Era una perdente, si arrendeva con troppo poco: baci e languide carezze erano il suo tallone d’Achille.

“Oggi” cominciò posandogli una mano sul petto “è il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, il sole quasi non tramonta a queste latitudini” la mano cominciò a vagare tra le valli e le alture del suo corpo, scolpito dal duro lavoro “Sai che significa?” gli sussurrò all’orecchio.

“Cosa?”le chiese con il fiato corto.

“Che la cena al tramonto può aspettare, il sole rimarrà lì ancora per un po’.”gli suggerì con un’oscurità contagiosa negli occhi.

“Hai qualche suggerimento per ammazzare il tempo?”

“Decisamente si.”ridacchiò lei, pregustando quello che stava per arrivare.

Kristoff la prese tra le braccia e si avviò a passo svelto verso la loro camera da letto, mentre Anna continuava a ridere come una ragazzina con il volto nascosto sulla sua spalla. Sven comparve all’improvviso, richiamato dalla voce allegra di Anna, ansioso di divertirsi anche lui con il suo padrone e la sua compagna umana, trotterellando alle loro spalle lungo il corridoio.

Ma quando Kristoff cercò di chiudere la porta con un piede, l’enorme cane vi andò a sbattere contro “Scusa amico, non è un pigiama party.”si giustificò, facendogli l’occhiolino. Sven guaì il suo dissenso e fece dietro front: si sarebbe consolato con la torta triplo strato di cioccolata che Kristoff aveva fatto preparare per Anna.  Quando sarebbero riemersi dalla loro stanza, avrebbero trovato una bella sorpresa ad attenderli.

Ma di quello che pensava il setter, i due fidanzati erano totalmente all’oscuro, tanto presi dalla foga della loro passione. Nel giro di pochi secondi il vestito estivo di Anna venne sfilato con tanta facilità da sembrare un trucco di magia; stessa sorte toccò alla maglia di Kristoff mentre lei, con la prontezza di mani di una scassinatrice, gli slacciò la cintura dei pantaloni.

A tempo di record finirono distesi sul letto, in un intreccio di gambe e braccia, di bocche incatenata l’una all’altra e mani vagabonde, incapaci di fermarsi. Conoscevano i loro corpi a memoria, palmo per palmo: lui aveva mappato tutte le costellazioni di lentiggini su ogni centimetro di pelle candida di lei, e lei aveva imparato a memoria ogni punto sensibile del corpo di lui, tutti gli anfratti segreti che stuzzicati a dovere avrebbero prodotto come risultato versi di piacere.

Per loro non c’era una via di mezzo tra fare sesso e fare l’amore: mettevano eguale passione ed energia in ogni singola situazione, così che il confine tra l’uno e l’altro fosse davvero indefinibile. Che si rotolassero tra le lenzuola o che lo facessero nella doccia o contro un muro, per loro era lo stesso.

I “ti amo” e gli “oh mio dio” si sprecavano in quella camera da letto, e si perdevano in una sinfonia di gemiti e sospiri mozzati. Anna era ubriaca della passione di Kristoff, del modo in cui si muoveva sopra di lei, contro di lei, dentro di lei, delle sue mani grandi che la sfioravano, della scia infuocata di baci che le aveva lasciato lungo tutto il corpo, dal collo, giù tra la valle dei suoi seni fino al ventre piatto. Lui si inebriava del suo profumo, della sua voce acuta che sussurrava il suo nome tra i singhiozzi strozzati a ritmo delle sue spinte, delle sue piccole mani che si aggrappavano ai suoi capelli, alle sue spalle, e tutto quello che riusciva a pensare era Anna, Anna, Anna e solo Anna. Non c’era nient’altro. Il suo piccolo mondo era lì, tra quelle quattro pareti, tra le sue braccia.

 

 Alla fine, diverso tempo dopo, entrambi caddero giù dalla loro montagna russa di beatitudine, lei gridò il nome di Kristoff e lui le sussurrò il suo all’orecchio con il fiato mozzato, lasciandosi andare.

Sven abbaiò in giardino, ignaro dei festeggiamenti all’interno, mentre si rotolava nell’erba insieme a quello che rimaneva della torta di compleanno di Anna.

Dopo aver ripreso fiato, entrambi si ritrovarono a fissare il soffitto, con le mani ancora intrecciate e i cuori lanciati al galoppo.

“Wow.”sbuffò Anna.

“Solo?”si indignò Kristoff.

“Doppio wow! Questa va direttamente nella mia top 3 delle mie volte preferite, subito dopo la volta nella sauna di Oaken, e quella è stata da oh mamma.” esclamò lei, alzandosi a fissarlo, con la testa poggiata pigramente su una mano “Il miglior regalo di compleanno di sempre!”

“Lentiggini, sei una donna di poca fede: credi davvero che non abbia pensato ad un altro regalo?”

“La cena?”

“No, quella era solo per rabbonire la tua parte golosa. Questo” le disse sfiorandole le labbra “è servito a placare la tua parte lussuriosa e poi ho in serbo anche qualcosa per la tua parte romantica.” le sorrise.

“Oh mio dio, cos’è?” si illuminò, saltandogli al collo.

Con la mano non impegnata a trattenere lei, rovistò nel cassetto del comodino al suo fianco e ne cacciò una scatolina blu di velluto, e gliela porse.

Il sorriso sparì dalla sua faccia e gli occhi le si sgranarono all’inverosimile. Kristoff era riuscito a tenere segreta almeno quella sorpresa e lei c’era rimasta di sasso.

“Dimmi che non è quello che penso.”disse trattenendo la scatolina nel palmo della mano.

“Ti dispiacerebbe se lo fosse?”s’incupì.

“No…cioè, oh mio dio, assolutamente no!” urlò tirandosi a sedere. Restò a fissare la scatolina ancora per alcuni secondi, prima che la voce di Kristoff la risvegliasse dalla trance in cui era caduta.

“Allora, che aspetti ad aprirla?”

“Se qui dentro c’è un per sempre e me lo stai offrendo, sappi che non si torna indietro, sarai condannato a vivere con me, a sopportarmi, a sostenermi… a vedermi invecchiare!”

“Cavolo, non pensavo fosse la dannazione eterna.” scherzò, sbuffando per il suo tono melodrammatico.

“Sei sicuro di questa scelta?” gli chiese, indicandosi con gesti ampi e teatrali.

“Più di ogni altra cosa nella mia vita. E poi mi sembrava d’avertelo già detto e di avertene regalato già uno.”

“Eravamo al liceo, quello non conta. Eravamo giovani e sconsiderati.” Gli disse con un mezzo sorriso, abbassando lo sguardo ancora una volta sulla scatolina tra le sue mani.

“Sta di fatto che ne sono assolutamente certo.”

“Davvero?”

“Davvero.” Confermò, scendendo a catturare le sue labbra.

Quando si separarono, Anna aprì la scatolina “Allora è per sempre?”

Kristoff prese il piccolo anello dalla scatolina che Anna ancora teneva tra le mani tremanti, e glielo infilò al dito che un giorno non troppo lontano avrebbe ospitato un altro anello, quello che avrebbe confermato quella promessa d’amore.

“Per sempre.”

 

 

 

AngoloScleroXD

Mi chiedo da dove salti fuori questa cosa…* rilegge il tutto allibita * non doveva finire così!

Ehm, volevo dire ben ritrovati miei cari fiocchi di neve! Vi sono mancata? *lettore random: “e tu chi cavolo sei?”* Ah si salve, io sono quella che deve aggiornare millemila ff da un anno e non lo fa, molto piacere! Avete notato che il mio stato di pazzia è incrementato dall’ultima volta che sono sbucata fuori da queste parti? Vi chiedete il perché? O anche no, chissene? Ecco a voi una metafora: avete presente una pentola a pressione che ogni tanto deve cacciar fuori uno sbuffo di vapore per non esplodere? Beh ecco, la mia mente è la pentola a pressione, tutto il vapore dentro sono le idee che sto covando per le mie altre long e lo sbuffetto è questa one-shot demenziale XD Dovevo pubblicarla il 21 giugno appunto, il giorno del compleanno della mia principessa preferita, ma quelli di voi che già mi conoscono, sanno che faccio pena ad attenermi alle scadenze, quindi bubbole, eccola pubblicata quasi un mese dopo. Comunque spero vi sia piaciuta anche un minimo e se vi va di farmi sapere il vostro parere, lo sapete che i feedback sono sempre ben accetti da parte mia, anche perché in base al vostro grado di piacimento, potrei decidere di scrivere altro in questo universo moderno.

Stay tuned, snowflakes! Ci si legge molto presto!

Ps: metà di quello che ho scritto è colpa del caldo che toglie ossigeno al mio brillante cervello XD

   
 
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