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Autore: mamma Kellina    12/07/2015    18 recensioni
Primi anni del Novecento. Il mondo sta cambiando, ma le contraddizioni nate dal vecchio che stenta a morire e dal nuovo che fatica a nascere sono sempre più evidenti. Angela e Fabrizio sono figli del loro tempo dal quale sono pesantemente condizionati: timida e repressa da una rigida educazione lei, libero e insofferente alle costrizioni lui. Sono incompatibili e la loro unione sembra destinata a fallire. Eppure, nonostante le influenze del mondo esterno e i loro stessi errori, alla fine le loro anime si riconosceranno e sarà vero amore. Però non sarà facile perché:
… chi si conosce tanto a fondo da sapere chi è in realtà? Siamo tutti così. Però, anche se sembriamo solo alberi sbattuti dal vento, nel profondo le nostre radici stanno cercando a tentoni la strada nella terra per diventare più robuste e permetterci di resistere alle intemperie della vita …
Sullo sfondo di Napoli, Acireale, Firenze, Parigi, attraverso tanti personaggi, tutti di fantasia, ma che si muovono in un contesto storico ricostruito con grande cura sia per quanto riguarda avvenimenti realmente accaduti che personalità veramente esistite, un viaggio indietro nel tempo ricco di passione, di tradimenti, di gioia e di dolore, che spero possa essere appassionante ed avvincente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Così come aveva previsto, gli ci volle del bello e del buono per congedare quello scocciatore di Pino che sembrava non volersene più andare. Quando finalmente ci riuscì, Fabrizio corse  in camera per riprendere il discorso interrotto poco prima. Angela si era alquanto rivestita e, rannicchiata  sul letto con le spalle appoggiate al muro, stava leggendo la famosa lettera. Anche se ormai non gli importava più che lei scoprisse quanto l’amava, il giovane la rimproverò.
- Sei proprio una scimmietta dispettosa e disubbidiente: mi sbaglio o ti avevo detto che non dovevi leggerla?
Si era aspettato che gli rispondesse con una delle sue simpatiche smorfiette. Lei invece lo guardò con sul viso un’espressione talmente addolorata che lo fece  preoccupare. Le si precipitò accanto e, inginocchiatosi davanti a lei, l’afferrò per le spalle e la scosse piano.
- Angela, che c’è? 
La donna, con il viso chino, gli mormorò pianissimo:
- Perché non volevi che la leggessi? Forse perché queste cose non sono vere?
- Certo che lo sono, non ho fatto altro che pensare a te dopo averti incontrato di nuovo in Sicilia!
L’aveva presa per il mento e, con dolcezza, l’aveva costretta a sollevare il capo e a guardarlo in faccia. Si accorse allora che quei grandi occhi scuri  luccicavano di lacrime.
- Perché fai così? Che c’è, amore?
Le lacrime traboccarono, scorrendole silenziose sul volto, e gli bagnarono la mano mentre lei gli diceva, accorata:
- Se soltanto avessi letto questa lettera quel giorno! C’è dentro tutto quanto avevo sempre sognato di sentirti dire, tutto ciò che desideravo dalla vita. Mio Dio se l’avessi fatto! Sarei corsa da te e avrei evitato di commettere tanti sbagli e forse sarei ancora quella che tu amavi allora … Perdonami se ... io … io … non ti merito più.
Non ce la fece a continuare, abbassò di nuovo il capo e le  lacrime caddero copiose sulla lettera che teneva ancora in  mano. L’inchiostro si sciolse e in alcuni tratti si allargò in grosse macchie azzurre.
Con un sorriso, Fabrizio la strinse forte e le carezzò il capo posato sulla sua spalla.
- Non dire sciocchezze! Chiedi perdono proprio a me che ho commesso tanti errori nella mia vita? Non per questo però sono un diavolo così come tu non sei una santa e hai potuto sbagliare anche tu. Siamo esseri umani, tesoro, e come tali abbiamo bisogno tutti di essere perdonati. Anzi – aggiunse  scostandola per farsi guardare in viso e mostrarle quanto fosse sereno – per quanto ti riguarda devo confessarti che adoro quella che sei diventata oggi e benedico tutto ciò che ha contribuito a farti essere così, ogni tua gioia, ogni tuo dolore, tutte le persone che sono passate nella tua vita, persino gli uomini che hai amato …
Solo a questo punto Angela sollevò di nuovo il viso e lo fissò dritto negli occhi. Fabrizio era meraviglioso in quell’istante, appassionato e sincero, e la guardava con un sorriso dolcissimo.  Non seppe trattenersi. Lo abbracciò forte a sua volta e cominciò a riempirgli il viso di baci. Non riusciva più a smettere e continuava a dirgli:
- Mai, mai,  io non ho mai amato altri che te. Tu sei la mia vita, la mia gioia, la mia unica luce …
Avrebbe proseguito a lungo nella sua incontrollabile frenesia, ma lui la baciò sulla bocca, facendola tacere.
 
Quella per loro fu una sera incantata che ricordarono per tutto il resto della vita. Abbracciati stretti, uscirono nella sera tiepida, andarono a cena, passeggiarono, si recarono su a Piazzale Michelangelo a guardare Firenze che risplendeva sotto il cielo notturno. Fabrizio parlava, parlava e lei lo ascoltava rapita e rideva alle sue storie con la sua risata allegra. Ad un certo punto gli chiese di finire per lei quella di Maddalena ed Emanuele. Le fu risposto che dovevano decidere insieme il destino dei due amanti. Lo fecero. Immaginarono che l’amore avesse trionfato  su tutto e fossero approdati sani e salvi in una terra  felice. Non ebbero il coraggio di farli perire perché  troppo si erano immedesimati in loro, ma concordarono nel pensare che alla fine delle loro vicissitudini, anche se lontani dalle ipocrisie e dalle costrizioni, i due giovani sarebbero stati  diversi, profondamente cambiati dalle vicende vissute. Non pensarono a un vero lieto fine perché oramai sapevano bene anche questo: la vita stessa non è mai lieta o triste, può cambiare ogni istante e la felicità che sembra essere a portata di mano, un attimo dopo è già sfuggita per poi ritornare ancora quando tutto appare senza speranza.
Stretti l’uno all’altra se ne ritornarono in carrozza. Erano talmente allegri che il vetturino domandò loro se fossero sposini in luna di miele.
- Sì – gli rispose Fabrizio, divertito – ci siamo sposati oggi.
E in realtà quello fu davvero il primo giorno di una nuova esistenza e la notte che vissero fu la loro vera prima notte di nozze perché oramai sapevano che dietro ogni bacio, ogni carezza, ogni fantasia d’amore, c’era una comunione profonda che li rendeva una sola cosa e li faceva felici.
 
Fu un raggio di sole a svegliarlo la mattina dopo. Ancora un po’ stordito, Fabrizio si affrettò a prendere l’orologio e a guardare l’ora. Erano già le otto e venti. Si voltò verso Angela, sicuro di non trovarla accanto a lui. Invece era lì che dormiva ancora. Aveva assunto la solita posizione: supina, con un  braccio alzato abbandonato sul cuscino e l’altro sotto al seno. Si sentì invadere dalla felicità guardandole le morbide labbra socchiuse nel sonno e le lunghe ciglia scure. Avrebbe voluto accarezzarla ancora e magari baciarla, ma poi si trattenne perché non la voleva svegliare. L’amava tanto e sarebbe stato bello poter rimanere lì a contemplarla in silenzio, immaginando tutti i giorni felici da vivere con la donna meravigliosa che il destino gli aveva messo accanto. Purtroppo era già tardi, il suo discorso era alle dieci e doveva sbrigarsi. Pianissimo, per non farla destare, si preparò e scese giù nella hall. Stava aspettando che il portiere finisse di parlare con una signora inglese per potergli lasciare un messaggio per la moglie, quando scorse Alberto. Gli si avvicinò e gli chiese:
- Che ci fai qui?
Lo sapeva benissimo cosa ci faceva: era venuto a prendere Angela per andare con lei a Zurigo, ma quella domanda era stata quasi un rifiuto all’idea che lei potesse partire quel giorno stesso.
- Tu, piuttosto, che ci fai qui. Io sono venuto a prendere Angela.  Ma dov’è?
- Sta dormendo.
- Angela? A quest’ora!? – esclamò stupito l’altro.
- Sì, stanotte si è un po’ stancata e ora riposa – gli rispose con un risolino malizioso.
L’amico capì.
- Ma scusa, ieri non dovevate andare a discutere dell’annullamento?
- Non ci sarà nessun annullamento. Ci amiamo e siamo marito e moglie. Anzi, fa una cosa, prendilo da solo quel treno e lasciala stare qui con me. Ti segno l’indirizzo della sala dove sarò nelle prossime ore. Per favore, accompagnala da me prima di ripartire.
- Ma, ma  … – obiettò l’altro senza riuscire a spiegarsi un così inatteso cambiamento.
- Non c’è nessun ma. Abbiamo perso già troppo tempo noi due, ora dobbiamo recuperarlo in fretta. Scusami, amico, ora devo proprio scappare.
Arrivò proprio in ritardo e si tenne senza fiatare i rimbrotti di Elena. In ogni modo era così felice e fiducioso nelle infinite possibilità riservate dall’esistenza da farne trarre vantaggio anche al suo discorso che risultò pieno di entusiasmo e talmente trascinante da  meritare gli applausi entusiastici dell’uditorio.
 
“Su fratelli, su compagne, su, venite in fitta schiera: sulla libera bandiera, brilla il sol dell’avvenir”…
Quando, tutti in piedi, le molte voci unite in una sola, si cominciò a cantare “L’inno dei lavoratori”, Fabrizio sentì un brivido scorrergli lungo la schiena. Per la prima volta dopo tanto tempo, ebbe la certezza che tutto ciò in cui aveva sempre creduto, tutti i suoi sogni, tutte le sue speranze, potessero davvero realizzarsi.
Tra i visi emozionati di quegli uomini e quelle donne cercò il volto di colei a cui per tanti anni aveva confidato le sue  aspirazioni. La sensibile, dolce, delicata donna che più di ogni altra persona al mondo sentiva vicina  nella carne e nello spirito.
Con un moto di angoscia però si avvide che Angela non c’era. Gettò un rapido sguardo all’orologio a muro e vide che  erano già le undici e mezza. In preda ad un’agitazione febbrile, comunicò ad Elena che aveva una cosa importante da fare. Incurante dei suoi rimproveri, si allontanò in gran fretta per andare alla stazione. Per fortuna Santa Maria Novella era lì a pochi passi e non ebbe neanche la difficoltà di cercare perché accanto ad un vagone di un treno in partenza per Milano scorse Alberto che stava fumando.
- Dov’è Angela? – lo investì.
- È già  sul treno. Fabrizio ascolta …
Non gli diede il tempo di finire. Si precipitò sul treno e guardò nei vagoni finché non scorse la moglie. Aprì la porta  e, senza curarsi di un ufficiale in divisa che sedeva di fronte a lei, proruppe appassionato:
- Perché te ne stai andando, perché?
Angela sollevò stupita gli occhi da una lettera che stava scrivendo intanto che il militare, capita la situazione, con molta discrezione, prese congedo e si allontanò. Rimasti soli, Fabrizio si sedette accanto a lei e la prese tra le braccia.
- Ti prego, non mi lasciare! – la implorò.
La donna lo abbracciò forte e gli abbandonò il capo sulla spalla.
- No, non ti lascio,  come potrei farlo ora che finalmente ti ho ritrovato?
- Eppure stai andando via da me e senza dirmi una parola.
- Ne abbiamo parlato stanotte, non ricordi? Ti ho detto che non posso fare a meno di andare, anche se non lo vorrei. E poi ti ho lasciato una lunga lettera nella quale ti dico quanto ti amo e ti prometto che sarò lontana solo per un po’. L’ho data “all’arpia” insieme ad una lauta mancia. Vedrai, te la darà non appena torni a casa.
- Che me ne faccio di una lettera? Io voglio te. Ho bisogno di averti accanto, di toccarti, di averti. Non te ne andare.
Lei gli carezzò il viso con grande amore.          
- Sarà solo per un poco, te lo giuro.  Per volontà mia ci sono delle persone che hanno lasciato la loro casa: adulti, vecchi, bambini, persino un cane e un gatto! Come faccio adesso a lasciarli da soli a Davos quando sono stata io a farli imbarcare in questa strana avventura?
- Sono più importanti di me?
- No, ma sono persone care e devo loro il mio rispetto. E poi, tesoro, non sarà una breve lontananza a dividerci, questo lo sai anche tu, vero?
Addolorato e non ancora convinto, lui abbassò il viso.
- Io ti amerò per sempre, lo sai – le mormorò appassionato.
- Anch’io ti amerò per sempre e appena avrò sistemato le cose, tornerò da te oppure verrai tu quando sarai libero. Dobbiamo avere il coraggio anche di stare lontani ora che sappiamo che i nostri sentimenti sono autentici. Non sarà certo soffocando le nostre aspirazioni o i nostri progetti che potremo essere felici. Non credi sia così?
- Sì, hai ragione, però io ho davvero bisogno di te e vederti andare via così presto mi fa star male.
Intanto Alberto era salito sul treno.
- Guarda che stiamo per partire. – avvisò - Vieni con noi anche tu?
- No, Alberto, questo signore ha troppe cose da fare, deve diventare una persona importante e io sono sicura che ce la farà perché nessuno è altrettanto meraviglioso  - rispose Angela.       
Non smetteva di carezzargli il viso e di guardarlo con un’espressione innamorata.
- Se non torni entro un paio di settimane, lascio tutto e vengo io da te, sei avvisata. E poi devi scrivermi, mi raccomando.
- Lo stavo già facendo – gli sorrise lei indicandogli la lettera che stava scrivendo quando era arrivato.
Si baciarono, incuranti dell’amico che sorridendo tra sé e per non mostrare il suo imbarazzo, si tolse gli occhiali e cominciò a pulirli nel candido fazzoletto. Un fischio annunciò che il treno stava per partire e Fabrizio si affrettò a scendere, mentre Angela corse ad affacciarsi al finestrino.
Dopo poco infatti il convoglio partì, ma loro due rimasero a fissarsi fino a quando furono troppo lontani per vedersi ancora. In entrambi rimase la dolcezza di quel saluto e la consapevolezza del bene che si volevano.


 
 
Epilogo

 
 
Certo Fabrizio ed Angela erano solo due esseri umani e in quel momento non potevano sapere ciò che la vita avrebbe loro riservato. Era tutto ancora oscuro, persino l’immediato futuro. Ignoravano, ad esempio, che durante la magica notte fiorentina appena vissuta, Angela aveva concepito Ferdinando, il primo dei loro quattro figli o che poche settimane dopo Fabrizio sarebbe stato eletto parlamentare.
In seguito la donna lo raggiunse a Roma anche se non abbandonò mai la conduzione dell’albergo da lei stessa voluto su quella “montagna incantata”  che solo pochi anni dopo sarebbe stata resa famosa in tutto il modo da Tomas Mann. Negli anni a venire la sua attività incontrò molto successo, rendendola ancora più ricca, mentre invece Fabrizio dovette patire non poco anche nell’incolumità personale per tenere fede al suo connaturato pacifismo che lo fece persino tacciare di vigliaccheria in un periodo in cui l’interventismo dei più finì per far  abbattere anche sull’Italia l’immensa tragedia della Grande Guerra. Invece non era un vigliacco e lo dimostrò dopo la disfatta di Caporetto, quando, contrastandosi con la moglie che temeva per lui, si arruolò volontario per difendere la Patria in pericolo. Furono mesi lunghi e difficili in cui come ufficiale di complemento, dovette combattere al fianco di tanti poveri giovani e affrontare con loro ogni giorno la morte. Per i suoi uomini avrebbe dato volentieri la sua stessa vita e per questo fu molto amato dalla propria truppa.
Quando la guerra finì e tornò a casa sano e salvo, parve che la felicità fosse oramai perfetta. Invece arrivò l’epidemia di spagnola che si portò via alcune delle persone a loro più care e i due giovani dovettero di nuovo affrontare il dolore.
Fabrizio non lasciò mai la vita politica e fu più volte rieletto in Parlamento, anche quando  il fascismo salì al potere. Nonostante la trepidazione di Angela e le sue preghiere di non esporsi troppo,  restò coerente con le proprie idee e, insieme ad altri parlamentari, intraprese una dura opposizione al regime, soprattutto dopo la sparizione e l‘omicidio dell’amico Giacomo Matteotti.
Una notte angosciosa del 1924, un suo ex soldato, ancora grato al proprio tenente che gli aveva salvato la vita durante la guerra, lo aiutò a fuggire con la moglie e i figli in Svizzera prima che fosse preso dalle squadracce fasciste che stavano organizzando anche la sua eliminazione.
Ebbe così inizio per loro un lungo e doloroso esilio, ma anche il periodo felice in cui Fabrizio incominciò ad insegnare letteratura italiana all’Università di Zurigo e pubblicò le opere che gli avrebbero dato la notorietà. Finalmente più tranquilla, Angela si occupò per lunghi anni  della famiglia e dell’albergo. Le sembrava di aver raggiunto la pace tanto agognata, quando la Seconda Guerra Mondiale portò di nuovo dolore e morte  e dovettero trepidare per i due figli maschi che vollero tornare in patria per partecipare alla Resistenza.
Quando pure quel periodo orribile ebbe fine, con la Liberazione potettero finalmente tornare a Napoli. Ma ormai tante cose erano cambiate, soprattutto loro due che non erano più né giovani né pieni di sogni e di speranze.
Fabrizio ed Angela non avevano potuto decidere il loro destino così come avevano fatto con quello di Maddalena ed Emanuele,  però in fondo anche la loro vita fu  fatta di gioie e dolori, di momenti belli e di momenti brutti, di incomprensioni e di solidarietà reciproca. Nonostante ciò nessuno dei due, neanche con il passare degli anni e l’appassire della bellezza e della gioventù, perse l’amore che avevano scoperto di provare in quei giorni lontani.
Erano ormai ottantenni quando un loro nipote che aveva trasformato la villa della nonna  ad Acireale  in un albergo alla moda,  li accompagnò con una barca a motore alla magica spiaggetta dove più di cinquant’anni prima si erano amati appassionatamente.
Con grande emozione ritrovarono la grotta con la cascata d’acqua termale, riudirono il silenzio incantato rotto solo dal canto degli uccelli e, seppur con gli occhi un po’ annebbiati  dalla vecchiezza, guardarono di nuovo l’acqua del mare di un blu profondo. Commossi, si strinsero allora in un tenero abbraccio e ridendo come due bambini, sotto gli occhi stupiti del nipote che li considerava solo due vecchietti un poco rimbambiti, ringraziarono il Padre Mare per averli fatti trovare così come, tanto tempo prima, avevano immaginato avesse fatto il marinaio Ibrahim insieme alla sua donna, bella come l’angelo che aveva parlato a Maometto.
 
Fine



 
NdA
Ed eccoci arrivati alla parola “fine”. Spero che vi sia piaciuta la storia di questi due giovani che vi ho raccontato  da quando erano rispettivamente una ragazza complessata e spaurita ed uno scavezzacollo impunito fino alla loro vecchiaia. Ad essere onesta mi costa un po’ lasciarli dopo tanti mesi ed ancora di più mi costa lasciare il nostro appuntamento settimanale e la suoneria sul cellulare che mi avvisava dell’arrivo di una recensione. Siete state molto buone con me, lettrici di sempre e lettrici incontrate per la prima volta, mi avete dato tanto coraggio con i vostri elogi e le vostre osservazioni. Mi avete riempito di gioia e di orgoglio perché so bene che le vostre parole erano sincere ed allora, se questo “romanzo” è piaciuto a tante di voi, posso esserne davvero fiera, cosa che di sicuro non mi farà male considerato il mio carattere così poco propenso alla fiducia in me stessa.
Ho solo un altro desiderio: di non tornare con questa e le altre mie storie nel dimenticatoio. Ed allora, non prendetemi per sfacciata, vi chiedo di continuare a leggere qualcosa di mio se non l’avete ancora fatto o, magari, di farmi un po’ di pubblicità. Il regalo più bello che potrete farmi è lasciare che io continui a sentire quella famosa suoneria che mi  dice che ancora qualche amica ha letto un mio racconto ed ha condiviso con me qualche momento nel mondo della mia fantasia.
Vi lascio con l’augurio di trascorrere una splendida estate ed un abbraccio fortissimo a tutte.

 
   
 
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