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Autore: Aven90    13/07/2015    12 recensioni
Questa storia è stata scritta per il contest "mettiamoci in gioco" del gruppo efp "“Efp recensioni, consigli e discussioni”, a me è capitato un prompt molto specifico e, avendo il vantaggio di avere già un mondo inesplorato, posso considerare questa storia come la descrizione di un luogo fantastico, che cambierà le idee di uno stregone.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia nasce come sfida intitolata “mettiamoci in gioco” del gruppo Facebook “Efp recensioni, consigli e discussioni”

 Consegna numero 27: Storia fantasy con animali strani, persone con superpoteri.

 

Si può parlare di tranquille giornate nonostante quel giorno piovesse?

Eppure, ogni singola goccia che cadeva dal cielo mi ispirava tranquillità.

Abito in mezzo alle montagne per volere del Re Salas, il quale ha voluto che gli Stregoni difendessero i suoi territori delimitati dal confine naturale e anche per osservare il popolo a sud della catena montuosa, il cosiddetto regno di Benjeto, ovvero “Il territorio di Ben”, dal nome di colui che l’ha fondato.

L’unica pecca, è il poco contatto che ho con gli altri Stregoni. È vero, da un lato ho molto spazio per i miei esperimenti e l’elaborazione di nuovi incantesimi, ma d’altra parte so bene che nessun uomo è un’isola. Tantomeno io.

Nel frattempo che quel giorno pensavo a quelle cose e immaginavo come sarebbe stato se ci fosse stata una donna al mio fianco, un piccione viaggiatore sfidava la precipitazione diretto proprio verso di me.

Di solito non ricevo mai dispacci, ma quello in particolare mi avrebbe cambiato la vita per sempre.

Nel biglietto vi era scritto solamente che dovevo recarmi dal sovrano quanto prima, e così feci. Fortunatamente, noi Stregoni siamo versati nelle arti magiche e io in particolare ho studiato per anni un incantesimo che mi permettesse di volare; così non persi tempo e mi diressi, più veloce di un uccello, a Palazzo, dove ad attendermi c’era l’Imperatore in persona, che apparteneva alla dinastia dei Salas, i quali avevano fondato l’Impero tanti secoli addietro, tanto che il termine stesso “Salas” ha preso il significato di “colui che regna”.

Trovarsi al suo cospetto non era semplice, ma non perché il Quarantaduesimo Salas fosse una persona riservata, ma per l’elevata richiesta di udienza. Il popolo chiedeva all’Imperatore qualsiasi cosa, pertanto bisognava segnalare la richiesta al segretario reale e sperare in tempi brevi.

In ogni caso, era lui stesso che mi aveva convocato e dunque quel giorno mi presentai a lui dopo essermi vestito nel modo più consono per uno Stregone. L’abito migliore che avevo, una tunica bianca con fantasie dorate. A seconda di come mi muovevo, il bianco cambiava colore.

Sua Maestà Salas invece era basso, vestito di porpora e seduto regalmente sul trono d’oro tempestato di smeraldi.

“Ti ho chiamato perché ho bisogno del tuo aiuto. Sei l’unico in grado di volare fra i miei Stregoni e dunque il più indicato per ciò che ti chiedo”

Rimasi in ginocchio e senza guardarlo risposi “Tutto quello che desidera Vostra Maestà è un ordine”

“Esatto” rispose quegli. “I nostri esploratori hanno scoperto una nuova isola a ovest del nostro continente. Intendo conquistarla, ma essi non hanno capito se vi possono essere bestie feroci o un’altra civiltà, a causa delle coste frastagliate a strapiombo che rendono difficile l’entrata. Il tuo compito è esplorare questa nuova isola”

Accettai di buon grado. Innanzitutto perché osservare un altro panorama che non fossero state le montagne mi avrebbe fatto sicuramente bene, d’altra parte avevo bisogno di testare la mia potenza, sperimentando i miei incantesimi in una vera prova di forza.

Così partii il giorno stesso, dopo aver ricevuto la solenne benedizione imperiale e i suoi migliori auguri.

La tecnica del volo era molto semplice: dato che bisognava librarsi, il trucco stava nel sgombrare la mente e applicare l’incantesimo che permetteva di farsi spuntare le ali piumate esattamente come le hanno gli uccelli; in tal modo potei prendere la rincorsa e spiccare il volo, tenendo presente di mantenere l’ovest, poiché ad ovest si trovava l’isola mia destinazione.

Bisognava anche fare attenzione al clima, quindi decisi di salire oltre le nuvole per evitare una possibile pioggia che stava per essere annunciata da alcune nuvole particolarmente grigie.

La sensazione di libertà, di silenzio e di pace che sapeva darmi solo quell’incantesimo durò solo alcuni minuti, poi dovetti controllare la mia posizione, perché sapevo che dalla capitale che si trovava nell’entro terra e la costa c’era solo poca distanza, in linea d’aria.

Così scesi e venni accolto da una brutta tempesta. Il vento imperversava e le onde giganti impedivano una perfetta visione. Scansai per un pelo un fulmine e presi le mie contromisure, creando una bolla di protezione e potendo dunque continuare la mia traversata, lottando contro il vento che minacciava di spedirmi chissà dove.

Ricordo il gelo che mi penetrava nelle ossa e il costante odore del mare, che perveniva dalle onde sempre più grosse, e c’era da dire che non volavo a pelo d’acqua. Nonostante la mia bolla protettiva, non avevo risolto il problema della visibilità, infatti improvvisamente, dopo aver rischiato in più punti di morire, sbattei il naso contro quel muro a strapiombo che doveva essere l’isola scoperta dagli esploratori, i quali avevano avuto molta fortuna nell’aver trovato bel tempo, quel giorno.

“maledizione…” borbottai mentre il mare dietro di me si infrangeva contro quegli scogli infidi. Volai ancora più su ed effettivamente l’isola era interamente circondata dagli strapiombi, rendendo un approdo molto complicato, se non impossibile.

Da ciò che potevo vedere, ad ogni modo sempre molto poco,non sembrava abitata. D’altra parte, chi poteva abitare in quei posti? Solo qualche stregone eremita che come me aveva appreso l’arte del volo.

Scesi a terra, rimuovendo le ali dalle schiena.

Davanti a me, una cintura di alberi che veniva scrollata verso destra, il che poteva comunicare una foresta piena di animali feroci. A causa del fatto che gli incantesimi di fuoco non funzionavano con quel tempo, cercai una grotta e attesi il ritorno del sole.

La grotta che trovai era molto ampia e profonda, ma gli anni di esperienza nelle caverne mi insegnarono che vi era sempre qualcosa di nascosto dentro. Infatti, nemmeno quel luogo faceva eccezione:una specie di orso, del tutto nuova per i miei occhi, dormiva a poca distanza da dove avevo scelto il mio giaciglio.

Aveva la forma e l’aspetto di un orso, ma questo era viola e i suoi occhi fiammeggianti mi inchiodarono sul posto. Inoltre, decise di emettere un grido che mi lacerò le orecchie, prima di attaccarmi.

Per fortuna, sono uno stregone, pertanto mi misi in posizione di difesa e bloccai il primo fendente parandolo col braccio destro, poi schivai anche l’altra zampa che era già pronta per un colpo a sorpresa

L’unico problema era l’eccessiva velocità con cui l’orso mi attaccava, spingendomi sempre più vicino all’uscita, dove ancora la foresta imperversava.

Poi, dietro di me, la poca luce che filtrava venne oscurata da quella che scoprii essere una grande bocca. Ero fra due animali enormi e fuori dal comune, e ancora dovevo conoscere l’identità dell’altro.

Quello che sembrava un orso cominciò a lanciare dardi di luce dagli occhi, costringendomi a muovermi con la magia, che mi permetteva di essere più veloce del normale, ma dopo pochi dardi capii che anche la grande bocca ambiva alla mia testa, in quanto stava cercando di divellere l’entrata della caverna in modo da poter entrare.

Quei denti enormi non promettevano nulla di buono, e inoltre dovevo stare anche attento all’orso che volle un  corpo a corpo, pertanto pensai davvero che quegli animali erano attratti dal mio odore, estraneo per loro.

La lingua della grande bocca si legò al mio piede e venni trascinato per essere divorato, ma l’orso mi salvò la vita, lanciando un dardo che distrusse quella lingua e fece indietreggiare quello che capii essere una grande anaconda, una di quelle creature fino a quel momento esistenti solo nelle favole.

Scappai da quella caverna, incurante della pioggia. Per fortuna non aveva accusato grossi danni, ma dovevo completare la mia indagine. Il volere dell’Imperatore Salas  era quello di conquistare qui luoghi, pertanto dovevo capire se tutti gli animali erano feroci o quei pochi si potevano abbattere.

Dimentico della mia capacità di volare, corsi dentro la foresta, laddove rami fuoriuscenti dal terreno e piccoli animaletti sbarravano la mia strada e dunque fui costretto a saltare così spesso che caddi faccia a< terra nel fango.

Una volta rialzata la testa, mi ritrovai di fronte a me quello che sembrava un cavallo ma aveva il collo così lungo che due bambini potevano salirvi e scivolare tranquillamente.

Quel quadrupede cercò di rompere la mia schiena, ma fui salvato solo dal riflesso più puro, rotolando verso destra e successivamente mi alzai in  piedi.

 Quella foresta era pericolosa, il mio signore non avrebbe potuto conquistarla facilmente. Gli animali che vi abitavano avrebbero  disturbato la tranquilla vita degli uomini liberi, che se fossero venuti ad abitare in  quell’isola avrebbero contato più morti che raccolti.

Ad ogni modo, dovevo portare almeno la testa di  uno di quei feroci, per convincere il Re a rinunciare.

Non ero nemmeno del tutto certo di poterli chiamare “orso”, “anaconda” o “cavallo”, visto che erano del tutto diversi e disponevano di molti più poteri.

Continuai dunque a scappare, rifugiandomi dietro quello che sembrava un  albero particolarmente grosso ma in realtà si trattava di un animale che aveva solo la forma di albero. Inoltre, parlava.

“Non ammettiamo gli umani in quest’isola sacra” disse.

“Tu sei… il custode di costoro?” chiesi perplesso, mentre ebbi l’impressione che la burrasca andava placandosi.

“Esatto. Sono la Grande Quercia, l’animale che dona la vita agli altri miei simili, ma che in ogni caso ha preferito la forma di un albero, piuttosto che regnare”

 “E quale sarebbe dunque la tua forma originale?” chiesi, anche se non ero del tutto sicuro di vederla.

Una grande luce si sprigionò davanti a me, e mentre le nuvole lassù si diradavano ecco che ebbi di fronte a me la donna più bella che avessi mai visto.

“Desideravo solo un luogo dove non vi fosse nessuna guerra, e l’unico modo per crearlo era bandire gli uomini” spiegò lei.

Al che, capii. E capii anche il suo potere, che fermò tutti gli animali feroci che mi circondavano e piuttosto entrarono in contemplazione.

“Non lo sapevo, e nemmeno il mio re era a conoscenza di questo luogo, che intendeva conquistare e colonizzarlo”

“Davvero?” chiese lei, i grandi occhi grigi spalancati per lo stupore. “Allora devo essermi dimenticata… il tuo re è Salas, vero?”

“Esattamente, il Quarantaduesimo del suo nome” risposi.

“L’unico Imperatore del mondo e dunque accecato dalla cupidigia… non potevo ritrovarmi nemico peggiore” borbottò lei in profonda riflessione. “Temo che dovrò celare quest’isola agli occhi degli Uomini. Vedo tuttavia in te la Magia scorrere”

“Sì, sono versato nelle arti magiche” risposi, in piena contemplazione di quel volto.

“Sei stato inviato dal tuo imperatore, ma effettivamente nessun obbligo ti vincola. Fermati a riflettere, uomo: portando la testa di uno qualsiasi di questi animali attirerai l’interesse del tuo imperatore, che verrà qui in ogni caso con una flotta, per conquistarci e dimostrare al resto del mondo che lui è capace di dominare tutta la natura. Vuoi tu far perdere la libertà a un posto come questo?”

Poi accadde che chiuso gli occhi contro la mia volontà e in un attimo vidi paesaggi che mi fecero mozzare il fiato, come ad esempio catene montuose immerse nel verde, cascate che si perdevano in fiumi baciati dal sole al tramonto, piccoli animaletti rosa con tre occhi che dormivano su uno stagno pieno di ninfee, alberi argentei che producevano semi mangiati da scoiattoli che cantavano…

Volevo io far conquistare tutto quel miracolo al Salas della mia nazione?

“No davvero mia signora” risposi. “Dirò al mio Re che…”

“Dirai al tuo Re che cosa, o uomo?” chiese perplessa la donna.  “E chi ti chiede di ritornare? Se non torni, ti crederanno morto, tu che eri versato nelle arti magiche. Se uno come te dovesse morire qui, chi altri potrebbe approdare in queste terre?”

La donna aveva ragione, facendogli vedere nuovi scenari gli stava facendo capire che finora aveva sprecato la sua vita in mezzo a quelle montagne e obbedendo a dei doveri che non gli piacevano. Perché tornare da dove era venuto, dunque? Perché mettere a repentaglio la pace di quel posto solo per idee astratte come il dovere? Non era forse meglio rimanere con la Grande Quercia e amare come lei gli animali di quelle lande?

Gli animali avevano smesso di cacciarlo e adesso  l’odore dell’erba dopo la pioggia riempiva le mie narici.

“E sia, Grande Quercia” rispose lui. “resterò qui e ammirerò con te le bellezze di questa terra, servendola con la mia magia”

La donna sorrise, tornando a riassumere la forma della pianta. Da allora, vivo qui, lontano dalle guerre e dall’odio dei continenti dell’Est.

   
 
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