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Autore: lilyhachi    14/07/2015    4 recensioni
(Alec Lightwood/Magnus Bane; spoiler Città di Vetro; one shot)
Doveva esserci qualcosa di malsano nell’innalzare un muro, per poi sperare che qualcuno potesse abbatterlo…Alexander Lightwood questo lo sapeva. [...] Semplicemente aveva lasciato che quelle mura prendessero il sopravvento, perché non considerava sé stesso importante o essenziale quanto gli altri. Le vite altrui avevano più importanza, rispetto alla sua.
Tuttavia, non se ne faceva un peso prima…prima che arrivasse Magnus Bane.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '~ Fearless'
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Note iniziali: la shot è ambientata nel terzo libro della saga, Città di Vetro, precisamente durante il fantomatico bacio di Alec e Magnus nella Sala degli Accordi. Buona lettura :)
 
 

Between these walls
 
 
“The world is too heavy, too big for my shoulders, come take the weight off me, now”.
 
Doveva esserci qualcosa di malsano nell’innalzare un muro, per poi sperare che qualcuno potesse abbatterlo…Alexander Lightwood questo lo sapeva.
Aveva edificato quel muro per appoggiarvi le spalle, tenendosi in disparte dal resto del mondo ed evitando qualunque cosa potesse somigliare ad un contatto intimo…qualcosa in grado di toccare le corde di quell’anima che per tutta la sua vita non avevano visto note armoniose e delicate, ma soltanto suoni angosciosi e saturi di trepidazione.
Aveva aspettato per tanto tempo, lasciandosi sostenere da quel muro e guardando le vite degli altri scorrere imperterrite, mentre la sua rimaneva piatta e vuota.
Solo che con il passare del tempo, quel muro non aveva fatto altro che crescere, fino ad originarne altri: quattro mura possenti circondavano Alec, rendendolo prigioniero di una trappola di sua creazione, dalla quale sarebbe stato difficile liberarsi.
Semplicemente aveva lasciato che quelle mura prendessero il sopravvento, perché non considerava sé stesso importante o essenziale quanto gli altri.
Le vite altrui avevano più importanza, rispetto alla sua.
Tuttavia, non se ne faceva un peso prima…prima che arrivasse Magnus Bane.
Forse non era altro che un sadico ipocrita: non poteva esserci altra spiegazione atta a giustificare i comportamenti che si stava sforzando di assumere da quando Magnus era entrato a far parte della sua vita, come un tornando improvviso che lo aveva travolto.
Era stato bene, protetto da quelle mura alte e solide, capaci di tutelarlo dalle insidie esterne ma non dalle cicatrici che il suo ruolo di Cacciatore gli provocava ogni giorno. Eppure, dinanzi a Magnus…i mattoni tremavano e cominciavano a cadere, schiantandosi al suolo e dissolvendosi inspiegabilmente come neve che si scioglie al sole.
Alec avrebbe potuto lasciare che Magnus lo aiutasse a portare quel peso che gravava sulle sue spalle, ma aveva preferito negare l’evidenza. Avrebbe potuto permettergli di amarlo e lasciare che si prendesse cura di lui, almeno per una volta nella sua vita. Aveva mentito pur di nascondere ciò che lo legava a quello stregone con i capelli sempre cosparsi di glitter.
Aveva finto di non essere a conoscenza di quella scalata che Magnus aveva compiuto ogni singolo giorno da quando i loro sguardi si erano incontrati.
Era stato un egoista, Alec. Non aveva fatto altro che elevarsi su quel muro di falsità, con le braccia tese ad impugnare l’arco e osservando Magnus che gli lanciava sorrisi compiaciuti, sguardi fulminanti con i suoi occhi da gatto, che gli baciava il collo, fregandosene altamente di lasciargli un succhiotto ben visibile che lui avrebbe dovuto giustificare.
E lui lo aveva colpito…ripetutamente.
Aveva scoccato la prima freccia, quando lo aveva definito come un amico.
Aveva scoccato la seconda freccia, quando aveva nascosto la verità su di loro.
Aveva scoccato così tante frecce contro di lui, che ormai Alec aveva perso il conto.
Magnus aveva cercato di scalare quelle mura, agendo quasi come un ragazzo alla sua prima cotta e non come il Sommo Stregone di Brooklyn all’alba dei suoi ottocento anni.
I suoi palmi erano imbrattati di sangue, le sue unghie sempre perfettamente curate erano tutte rovinate, i suoi abiti logori e il sudore gli scorreva dalla fronte, rovinando la sua capigliatura sempre perfetta e il suo trucco appositamente studiato. Il suo corpo era percorso da graffi sanguinanti causati da quelle frecce che lo avevano mancato per pochi centimetri.
Alec si era finto impassibile, quando, in realtà, avrebbe dovuto vedere i gesti di Magnus per quello che erano: sforzi compiuti per far sì che si lasciasse amare da lui.
La paura di ammettere ciò che non voleva vedere era lì, alle spalle di Alec…sotto la forma di quelle mura pronte a sgretolarsi e a crollargli addosso, punendolo per il suo egoismo.
Aveva lasciato che Magnus rinunciasse, che voltasse le spalle a quelle mura, troppo stanco per proseguire, troppo ferito dall’idea che un ragazzo di appena diciotto anni lo avesse trattato come se non significasse nulla. Alec vedeva la sua sagoma allontanarsi sempre di più nell’oscurità, mentre lui cercava di allungare le dita verso Magnus.
Alec, con gli occhi blu accesi dalla speranza, cercò disperatamente quella stessa figura che per tanto tempo aveva tormentato le sue notti. Nei suoi sogni, tuttavia, non c’era traccia di glitter, abiti sgargianti e ombretti dai colori accesi ad ornare il suo sguardo: Magnus non era altro che un pallido spettro del ragazzo che aveva conosciuto. Non c’era alcuna traccia del suo Magnus, quello che Alec cercava con desiderio nella Sala degli Accordi.
Quando finalmente Alec riuscì ad individuarlo, fu come se il mondo gli mostrasse un caleidoscopio di colori a lui sconosciuti, prima di quel momento.
Magnus era lì, in mezzo a gruppi di persone, Cacciatori e Nascosti, ma ad Alec non importò, perché nell’istante in cui i suoi occhi si erano posati sullo Stregone, le mura avevano ripreso a tremare più violentemente fino ad abbattersi su sé stesse, innalzando un alone di polvere.
Alec lesse la sorpresa sul volto di lui, una volta accortosi della vicinanza improvvisa del ragazzo, e a quel punto il Cacciatore notò un barlume di speranza nei suoi occhi.
Alec avrebbe voluto urlargli che adesso era lì e non sarebbe più scappato via, ma prima c’era qualcos’altro che doveva fare, così semplicemente prese lo stilo dalla cintura e lo avvicinò al braccio dello Stregone. Alzò gli occhi azzurri verso di lui, in una muta domanda che Magnus comprese immediatamente, facendogli un cenno di assenso con la testa.
Alec disegnò la runa sul braccio di Magnus, vedendo il suo pugno chiudersi per il fastidio e le vene in evidenza che si contraevano ad ogni linea da lui incisa.
Quando fu il turno di Magnus, quest’ultimo si concesse la possibilità di accarezzargli il braccio con il pollice, come se fosse un gesto casuale che provocò brividi nel corpo di Alec, il quale sentì chiaramente le guance andargli a fuoco per quel contatto silenzioso.
Poteva percepire già gli effetti della runa, come se Magnus fosse una parte di sé, un pezzo d’anima che non avrebbe potuto lasciarlo neanche volendo…in realtà, pensò che quell’effetto non differiva molto da ciò che provava già normalmente.
Magnus gli porse lo stilo senza dire una parola e Alec piantò gli occhi azzurri nei suoi, che probabilmente dovevano essere lucidi, visto il modo in cui lo Stregone lo guardava…come se fosse rotto ed i pezzi sparsi di sé si stessero lentamente ricomponendo.
Aveva compiuto così tanti passi indietro, Alec, come un passerotto troppo terrorizzato dall’idea di dispiegare le ali e sentirsi libero di volare, mentre Magnus non aveva fatto altro che avanzare, cercando di smuoverlo e mostrandogli lati di lui che non conosceva.
Lo baciò con tutta la forza che aveva in corpo, allacciando una mano al suo collo e ignorando beatamente il fatto che fossero in mezzo a tante persone – compresa la sua famiglia – mentre l’altra mano si poggiava delicatamente sulla sua guancia.
Avvertì il corpo di Magnus rigido contro il suo, impietrito per quel gesto che ovviamente non si aspettava, poi sobbalzò, sentendo le mani di lui che gli avvolgevano la vita.
In quel momento, Alec vide chiaramente ogni cosa tornare al proprio posto mentre le sue labbra riprendevano finalmente confidenza con quelle di Magnus, che per troppo tempo avevano dovuto patire quella lontananza forzata dalla sua stessa paura.
Le mura erano crollate e loro due erano lì, a baciarsi tra le macerie.
 
“I'm like a kid who just won't let it go, twisting and turning the colours in rows.
I'm so intensified thats what it is. This is my Rubik's Cube and all i can't figure it out”.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • Come ho già precisato all’inizio, la shot è ambientata in Città di Vetro;
  • Il titolo è inventato, volevo rendesse l’idea delle “mura” che circondano Alec;
  • I versi sono tratti dalla canzone “Rubik’s Cube” degli Athlete, se non la conoscete…vi consiglio di ascoltarla perché è davvero splendida.
Lo so, sono una pessima persona ma mi sono innamorata della saga di Shadowhunters e la sto divorando come non non capitava da tempo, e sono PAZZA di questi due bambini qui. Mi sono innamorata di Alec alla sua prima apparizione e ho deciso di farne il mio personaggio preferito, prendendolo sotto la mia ala protettiva perché lo trovo meraviglioso. Per di più, lui e Magnus mi fanno disagiare tanto, ma proprio tanto. E’ la prima volta che approdo in questo fandom e sono abbastanza nervosa al riguardo, so che sono personaggi molto amati (sia insieme che singolarmente) e volevo evitare di scrivere su di loro per paura di rovinarli ma alla fine ho ceduto perché ormai sono caduta in un vortice senza fine, quindi spero di aver fatto bene. Smetto di ciarlare, e ringrazio quella santa donna di Marti Lestrange (responsabile del mio disagio) che ha revisionato la shot prima della sua pubblicazione, aiutandola a vedere la luce  un ringraziamento va anche ad Helena Kanbara, che ha sperato scrivessi qualcosa su questi bimbi adorabili…ed ecco il misfatto :3
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e, se vi va, fatemi sapere cosa ve ne pare.
Liberi di lanciarmi pomodori e ortaggi vari (vi assicuro che vi capirei!).
Alla prossima,
Lily.
   
 
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