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Autore: millyray    14/07/2015    1 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO CINQUANTA

SETTE ANNI DOPO

“Tocca a te, tocca a te!” urlarono i bambini in coro.

John sospirò e abbassò le braccia lungo i fianchi leggermente scocciato. Toccava a lui mettersi contro il muro e contare questa volta. Ma in fondo non gli importava, l’importante era che si giocasse.

“D’accordo”. Il biondino cominciò a dirigersi verso l’angolo, mentre gli altri iniziavano a ridacchiare al pensiero di dove si sarebbero nascosti.

“Uno, due, tre…”, iniziò il piccolo Paciock, ascoltando gli altri che correvano qua e là, il viso ben nascosto tra le mani.
James e Ted si nascosero sotto al letto – per qualche strano motivo dovevano sempre fare squadra – Emmie dentro la doccia, Jolie nel vano dell’armadio, Joel si arrampicò sopra e Ariel trovò il primo rifugio libero dietro la porta del salotto.
Quando John ebbe finito di contare, si guardò un po’ attorno e poi si mise alla ricerca dei suoi amici. Prima guardò nei posti in cui si erano nascosti prima e, non trovandoli tornò in corridoio scoprendo che Ted, James e Jolie erano già usciti allo scoperto e si erano salvati.

“Uffa!” sbottò il ragazzino guardando storto gli altri tre.

“E’ così che funziona il gioco. Adesso devi trovare gli altri”, gli disse James gongolando.

John andò in salotto e lì, subito dietro la porta, notò una maglietta gialla che attirò la sua attenzione. Spiò attraverso la fessura e sorrise malandrino. “Ariel! Ti ho trovata”. Cominciò a correre di nuovo verso il corridoio, con Ariel che lo inseguiva per arrivare prima.

“Un, due, tre per Ariel!”

Ariel si bloccò in mezzo al corridoio, sporse il labbro inferiore in fuori in un broncio molto contrariato e strinse le mani a pugno.

“Non è giusto però!” gridò.

“Cosa non è giusto?” chiese John confuso.

“Tu imbrogli. Hai guardato dove mi sono nascosta”.

“Non è vero. Io non imbroglio”.

A quel punto, attirati dalle urla, anche Joel e Emmie si aggiunsero agli altri per assistere alla disputa. Non era la prima volta che Ariel e John si mettevano a litigare per delle sciocchezze.

“Sì, invece!”

“No!”

“Sì!”

“No!”

A quel punto JamesRemus decise di intromettersi. Quando i due si impuntavano avrebbero potuto continuare anche per l’intera giornata; Ariel era testarda come un mulo e John detestava essere accusato di imbrogli. E questo sia James che gli altri lo sapevano bene. John poteva essere qualsiasi cosa ma sicuramente non era un imbroglione e non ingannava mai.

“Ragazzi, smettetela. Chi se ne frega. È solo un gioco”.

Ariel lo fulminò con lo sguardo. “Non è solo un gioco. E lui non deve guardare”. A quel punto la bambina era sull’orlo delle lacrime per la stizza, mentre John la guardava tra l’incredulo e l’arrabbiato.

E proprio nel momento in cui sembrava che si sarebbero messi le mani addosso, arrivò Tonks, attirata anche lei da quelle grida.

“Ragazzi, si può sapere che cosa sta succedendo?”

“Ariel e John stanno litigando”, la informò Emmie onesta come sempre, le mani dietro la schiena.

“E’ stata lei a iniziare”, disse John puntando il dito contro la bimba bionda di fronte a lui che tirava su col naso.

“Non mi interessa chi ha iniziato. Smettetela di fare i capricci e giocate come si deve. I grandi hanno cose importanti di cui parlare di sotto e se voi fate tutto questo baccano non riescono a concentrarsi”.

“D’accordo, scusa”, fece John abbassando lo sguardo.

“Scusa”.

Tonks si abbassò per dare un buffetto a entrambi i bimbi e poi si allontanò con un sorriso. Non appena scomparve, Teddy si sedette per terra a gambe incrociate, tracciando con le dita le linee del tappeto.

“I grandi devono sempre parlare di cose serie”, mormorò.

“Sono fatti così”, gli disse James sedendosi accanto a lui. “E poi lo sai cosa sta succedendo”.

“Lord Voldemort che ammazza tutti!” esclamò Ariel.

“Non dire il suo nome”, la ammonì Emmie, gli occhi color castagna che la guardavano pieni di rimprovero.

“E’ solo uno stupido nome”.

“Perché non torniamo a giocare?” li interruppe John allora.

“D’accordo. Però non voglio più giocare a nascondino”.

“E cosa vuoi fare allora, Lie?”

“Mosca cieca!”

 

“Quindi pensate che il prossimo obiettivo di Voi Sapete Chi sarà questo palazzo?” chiese Kingsley, puntando un dito sulla cartina di Londra che avevano davanti.

“Se sta seguendo uno schema allora probabilmente sì”, disse Remus.

“Ma come possiamo esserne sicuri?”

“Non lo siamo, infatti”.

“E se decidesse di lasciar perdere il mondo Babbano? Potrebbe attaccare il San Mungo o Diagon Alley”.

C’erano troppi se e troppi ma e Kingsley aveva tutte le ragioni del mondo per tirarli fuori. L’Ordine della Fenice lo sapeva bene, stavano tirando a sorte, stavano girando a vuoto ma quello era tutto ciò che avevano: una cartina, alcuni precedenti attacchi, un probabile schema che Voldemort forse stava seguendo. E vittime. Tante, troppe vittime.

“Ci stiamo fidando troppo delle probabilità”.

“Hai ragione ma vedi per caso qualche altra possibilità?” gli chiese James, mandando giù un altro sorso di whiskey incendiario.

“Harry, non hai avuto qualche altra… visione… su quello che Voldemort farà?” domandò Sirius guardando verso il figlioccio seduto all’altra estremità del tavolo.
Il ragazzo, poco più che ventenne ormai, scosse il capo in segno di diniego. Era migliorato in Occlumanzia rispetto a un tempo. A volte capitava che il Signore Oscuro cercasse di entrargli nella mente ma lui lo chiudeva sempre fuori. Per quanto gli sarebbe stato comodo sapere che cosa questi stesse facendo, sapeva anche che era una strada a doppio senso e poteva essere davvero molto rischioso.

Ginny gli si avvicinò da dietro e gli massaggiò le spalle.

“D’accordo…”, sospirò Sirius, girando la cartina verso di sé.

 

“Pronta per andare a dormire?”

“Noooo!” gridò Jolie allegra, aggrappandosi alle spalle di Harry perché non la mettesse giù. Il ragazzo allora la sollevò in aria e la fece volare come un aeroplano tenendola sospesa sopra la testa. La bambina teneva le braccia aperte e rideva divertita.
Harry fece il giro dell’intera stanza e poi, avvicinatosi al letto, la depose tra le coperte.

“E’ ora di dormire, piccola peste”.

“Uffaaaa!”

“E’ tardi”.

“Harry?”

“Sì?”

“Lo sconfiggerai l’uomo cattivo, vero?”

Harry le sorrise teneramente e le pose un bacio sulla fronte. “Certo che lo sconfiggerò. Non avere paura”.

“Io non ho paura”.

“Brava, Lie. Sei la bambina più coraggiosa del pianeta”.

“Come te”.

“Anche più di me”.

“Sarò una Grifondoro”.

“Certo che sarai una Grifondoro! Non ho dubbi su questo”.

Il Ragazzo che è Sopravvissuto rimboccò le coperte alla propria sorelle, pensando che sì, avrebbe sconfitto Voldemort e lo avrebbe fatto soprattutto per sua sorella, per dare a lei e agli altri bambini un mondo migliore in cui vivere. E anche per il bambino che lui e Ginny presto avrebbero avuto. Era una promessa.

“Adesso dormi”.

 

Quando Sirius si avvicinò alla stanza di Ariel, dopo aver messo a letto James e Joel, rimase fermo sulla soglia per ammirare la sua piccola bambina che, già dentro il suo pigiamino, ballava per la stanza con la spazzola in mano a mo’ di microfono mentre canticchiava una canzoncina che aveva scritto lei e che parlava di coniglietti bianchi e ranocchie.
Rimase lì per qualche minuto, sorridendo come un ebete. Una volta che ebbe terminato le fece pure l’applauso.

“Ti è piaciuto?” gli chiese

“Assolutamente! Hai il talento di tua madre”.

Il viso della bimba si aprì in un ampio sorriso, mostrando la piccola dentatura a cui mancavano i denti davanti, saltò sul letto e si infilò sotto le coperte.

“Buonanotte, principessa”.

“Notte, papà”.

E con un colpo di bacchetta Sirius spense la luce.

 

“Allora, continuiamo da dove siamo rimasti?” fece Remus, afferrando il libro delle fiabe di Beda il Bardo. “Vi ricordate dove eravamo rimasti?”

“Alla storia dei tre fratelli”, gli ricordò Emmie, stesa alla sua destra mentre il fratello stava dall’altra parte, permettendo così al padre di stare in mezzo affinché raccontasse loro la storia della buonanotte.

“Oh, giusto, la storia dei tre fratelli”.

“Ma, papà, io questa storia la conosco già. Me l’ha raccontata James”, disse Ted.

“James dovrebbe smetterla di rovinarmi le sorprese”, fece Remus in tono fintamente offeso.

“Non è colpa sua”.

“Ma certo che no, tesoro”.

“Io però non la conosco. Voglio sentirla”, protestò Emmie.

“Allora, Teddy, ti toccherà risentirla”.

“Pazienza”.

 

 

MILLY’S SPACE

Lo so, è da un secolo che non aggiorno più le mie fanfiction. Ed è abbastanza vergognoso da parte mia. Ma cosa vi posso dire per scusarmi. Nulla. Temo. E temo anche che vi dovrete abituare a questi lunghi periodi di attesa. Purtroppo è così con l’università, il trasferimento in una nuova città e abitudini di vita decisamente diverse.
Spero possiate avere pazienza e sopportazione. Ci tengo a continuare le mie fanfiction e a non lasciare i miei lettori insoddisfatti (sempre che io ne abbia ancora alcuni ^^).

Detto questo, ditemi cosa pensate del capitolo. Siamo in una nuova fase della storia. I piccoli malandrini sono tornati nel loro tempo, dopo aver cambiato la storia, e ora tutto scorrerà in maniera lineare.

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio,

Milly.

POTTER_92: eccolo! Nemmeno il mantello dell’invisibilità ti nasconderà ai miei occhi u.u allora, non direi propriamente che siano scappati con la coda tra le gambe. Hanno fatto quello che dovevano fare e se ne sono andati, altrimenti avrebbero commesso altri casini. Giocare con il tempo non è consigliabile. E hanno pensato fosse meglio andarsene a quel modo perché così era più facile per tutti.
Comunque, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e scusa per il ritardo.
Un abbraccio, M:  

  
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