Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Nimel17    14/07/2015    5 recensioni
"Terza classificata al contest Come to the Dark Side... Second Edition! organizzato da Elisaherm sul forum di EFP".
Hogwarts AU
Elsa dell'Ordine dei Guardiani si ritrova faccia a faccia con l'Uomo Nero, il Re degli Incubi, Pitch Black.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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No good deed goes unpunished
No act of charity goes unresented
No good deed goes unpunished
That's my new creed
My road of good intentions
Led where such roads always lead
No good deed
Goes unpunished!
 
 
 
Elsa sapeva cosa gli studenti dicevano alle sue spalle.
Ghiacciolo.
Regina delle nevi.
Non erano molti quelli che conoscevano la verità di quelle parole. Era un segreto custodito – più o meno gelosamente – dagli altri insegnanti. A ventiquattro anni, Elsa aveva sufficientemente imparato a tenere sotto controllo i suoi poteri, anche se talvolta, quando sgridava un alunno particolarmente incauto, nell’aula calava un freddo tagliente.
Nessuno si accorgeva mai se il bordo della cattedra si ricopriva di ghiaccio sottile, o se una piccola parte del pavimento intorno ai suoi piedi si gelava.
Nessuno sapeva che ogni sera, quando andava a letto, era stremata dallo sforzo di mantenere quella facciata e che fiocchi di neve le accarezzavano il viso mentre dormiva.
“Elsa?”
La giovane donna si riscosse e riprese a mettere via i suoi libri, sospirando.
“Anna, ti ho detto che durante l’orario delle lezioni preferisco che mi chiami professoressa o signorina Arendelle.”
“Sciocchezze, sei mia sorella in ogni momento!”
Fortunatamente, aveva insegnato a sua sorella solo un anno, quando era appena stata assunta e Anna era già diciassettenne. Peccato che avesse poi deciso di restare anche lei, diventando l’arbitro delle partite di Quidditch: era stata uno dei capitani più amati della scuola e aveva sempre portato onore alla sua casa, Grifondoro.
Come lei stessa aveva fatto emergere i Corvonero, quasi dieci anni prima.
“Allora, sei sempre qui con le tue pozioni?”
“Ho appena finito la lezione, Anna. Non è colpa mia, ti pare?”
“Questo vuol dire che dopo verrai a prendere della Burrobirra con me e Kristoff?”
“Sicura di volere un terzo incomodo?”
Evitò lo sguardo della sorella, affaccendandosi attorno a un calderone particolarmente malmesso. In verità, era stanca di vedere i due fidanzati scambiarsi effusioni sotto il suo sguardo inespressivo; si sentiva completamente esclusa dalla loro situazione, come se si trovassero in dimensioni diverse rispetto a lei.
Non era che considerasse Kristoff, il guardiacaccia, troppo inferiore di status per Anna, come aveva sostenuto maliziosamente Toothiana, supervisore della posta via fatine: non le importava che fosse mezzosangue, o che non fosse un insegnante o un nobile. Era solo preoccupata, visti i precedenti con il principe purosangue Hans.
“Mi stai chiudendo ancora la porta in faccia, Elsa?”
La giovane sussultò a quella domanda diretta e fece cadere il suo libro, ferita.
“No! Certo che no! Solo….”
“Ehm ehm.”
Le due sorelle si voltarono verso la nuova venuta: Jackie Frost aveva l’aspetto di una quattordicenne, con i capelli bianchi dal taglio sbarazzino e il viso da folletto illuminato da due ridenti occhi chiari, ma in realtà aveva più di trecento anni. Anche lei poteva controllare il ghiaccio e la neve – spesso divertendosi a portare scompiglio.
Dopo un periodo particolarmente ribelle, le era stato offerto un posto come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts e quella si era rivelata la scelta giusta. Era molto amata dagli studenti per i suoi scherzi e dai colleghi per il suo coraggio, che l’aveva fatta brillare, decenni e decenni prima, tra i Grifondoro. Elsa la considerava forse la sua unica amica, il suo aiuto nel controllare i suoi poteri era stato indispensabile.
“Dicci, Jackie. Hai bisogno di qualcosa da me o da Anna?”
“L’Uomo nella Luna vuole parlarti, Elsa.”
Lei sbuffò. Che soprannome ridicolo.
“Che c’è, hai paura di pronunciare il suo nome? Neanche fosse Pi…”
“Ssh!”
“Ssh!”
Elsa roteò gli occhi, ma si mise il suo mantello viola da professoressa e uscì con Jackie senza fare altri commenti, lanciando un’occhiata di scuse ad Anna.
La sorella incrociò le braccia sul petto e la guardò on gli occhi socchiusi e minacciosi.
Il bastone della collega la picchiettò sulla spalla, per richiamare la sua attenzione.
“Su, muoviti. Non c’è molto tempo.”
“Credi che… c’entri lui?”
“Siamo stati richiamati tutti. Non volevo dirlo davanti ad Anna, ma… ha convocato noi..”
Lei deglutì e si accorse che i suoi piedi lasciavano una scia ghiacciata sul pavimento di pietra, così cercò di tranquillizzarsi e di svuotarsi da ogni emozione.
Era il ghiacciolo che doveva subentrare, ora.
“Rallenta, Jackie. Non tutte noi possiamo indossare calzoni stracciati e camminare a piedi nudi.”
“Perché non provi a divertirti anche tu, una volta tanto?.”
La giovane si concesse un piccolo sorriso, mentre la collega si fermava davanti a due gargoyles imbronciati che bloccavano l’entrata di una massiccia porta in quercia.
Stagioni.”
Le statue si spostarono scivolando pesantemente ai lati e le due donne entrarono senza ulteriori indugi. Elsa era entrata in quell’ufficio solo un paio di volte e ogni volta rimaneva sorpresa da quanto spartano fosse: le uniche particolarità erano un soffitto che riproduceva la superficie lunare e una scacchiera molto grande, posta sul tavolo al centro della stanza.
Tsar Lunar stava muovendo un alfiere, concentrato su quel pezzo bianco come se racchiudesse in sé l’enigma più complicato del mondo. Il preside era un uomo basso e tondo, quasi totalmente calvo, a parte una singola ciocca di capelli bianchi legata in un codino che sfidava la gravità, con profondi occhi castani che brillavano sul viso paffuto e liscio come quello di un bambino.
Toothiana stava già sedendosi, le ali che le mulinavano per l’agitazione: Elsa era sempre stata segretamente affascinata dal suo aspetto metà umano e metà colibrì. Il suo corpo, a parte il viso e le mani, era ricoperto da un bellissimo piumaggio verde, verde acqua, blu, giallo e violetto, mentre, al posto dei capelli, aveva un copricapo degli stessi colori.
Vicino a lei Bunnymund sbatteva impazientemente il piede a terra guardando male Jackie: tra i due non era mai corso buon sangue, in quanto il gelo e le piante non erano molto compatibili. Per questo motivo, il coniglio gigante dalla pelliccia tra il grigio e il blu non vedeva di buon occhio nemmeno lei, anche se non aveva mai sabotato le sue lezioni di Erbologia come aveva fatto la sua collega.
D’altra parte, nemmeno lui le aveva mai gettato uno dei suoi boomerang.
 “Elsa! Sei qui, finalmente!”
Prima che lei potesse reagire, Nicholas St. North l’aveva già catturata in un abbraccio da orso. Persino più alto di Bunnymund, con spalle larghe folta barba bianca e brillanti occhi blu incorniciati da due sopracciglia cespugliose ancora brune, l’insegnante di Storia della Magia la metteva a disagio per la sua familiarità. Aveva sempre paura di trasformarlo inavvertitamente in una statua di ghiaccio.
Si sedette, sospirando e massaggiandosi le braccia per far tornare la circolazione del sangue.
“Scusa il ritardo, Nick.”
Un colpetto consolatorio sulle spalle la fece voltare verso il suo vicino, Sanderson. Nonostante fosse ancora più piccolo e rotondo di Tsar Lunar, Elsa sapeva che era molto potente e che era il migliore professore di Astronomia che Hogwarts avesse mai avuto. Era sempre vestito con una tunica tessuta della sua stessa sabbia dei sogni, i capelli biondo ramati erano ritti sul capo perfettamente sferico e gli occhi ambrati sorridevano. Non poteva parlare, ma non era difficile capirlo.
“Benvenuti, membri dell’Ordine dei Guardiani.”
La voce di Tsar era grave e profonda e la giovane si strinse le mani, nuovamente preoccupata.
Non era usuale del preside quella serietà.
“Salute a tutti voi, cari e valorosi amici. Vi ringrazio per il coraggio, l’abilità e la bravura che avete sempre dimostrato nella lotta contro l’oscurità, per il vostro spirito di sacrificio! Purtroppo, ancora una volta, i nostri studenti e tutti i bambini del mondo hanno bisogno di voi.”
Mosse l’alfiere ed Elsa seguì attentamente quel semplice movimento. Si chiese se fosse solo la sua immaginazione, o se la torre nera si fosse davvero spostata rispetto a pochi secondi prima.
“L’ombra di Pitch Black è comparsa nella Sala Grande, stanotte. Questo non è un buon segno.”
Quasi tutti rabbrividirono a quel nome, ma il preside proseguì meditabondo.
“Non nego che sia più potente rispetto ai nostri precedenti incontri. Con i suoi demoni fatti della sabbia contaminata di Sanderson, dissemina i suoi incubi molto più velocemente e ricopre zone più larghe.”
Quasi ogni discorso d’inizio missione incominciava in quel modo: da secoli era stato costituito l’Ordine dei Guardiani, i cui membri venivano sostituiti nel corso del tempo, ma mai il suo scopo di proteggere i ragazzi. La lotta tra Tsar e Pitch risaliva a quasi un millennio prima e da allora continuava in un susseguirsi di equilibrio tra luce e oscurità.
Elsa non l’aveva mai visto di persona, solo una volta aveva intravisto la sua ombra allungarsi sul muro esterno del castello, quando era ancora studentessa. Si sforzò di contenere l’agitazione che quel ricordo le provocava e prese parola per la prima volta.
“Pitch si nutre di paure. Potrebbe stanziarsi o essersi stanziato ad Arendelle per un po’ di tempo, lì il popolo è terrorizzato da Hans, il nuovo re.”
“Per questo ho già parlato con tua sorella Anna. Re Hans non si aspetterà mai di vedere tornare lei per informarsi su strani avvenimenti accaduti di recente. Jackie, Elsa, voi due sarete le nostre carte vincenti,  dal momento che sappiamo che i poteri del ghiaccio possono mettere Black in difficoltà.”
Entrambe le insegnanti annuirono, stringendosi la mano per infondersi sicurezza a vicenda. O meglio, Elsa attingeva dal coraggio di Jackie, che aveva già dipinto sul viso un mezzo sorriso di soddisfazione: sicuramente stava già pregustando il momento in cui avrebbe trafitto Pitch con una lama di ghiaccio.
Tsar stava continuando a parlare, questa volta a Bunnymund e Nicholas, ma lei non lo stava più ascoltando. Quella era la sua occasione per dimostrare di essere buona.
Sin da quando era bambina era stata additata come mostro, scherzo della natura, a causa dei suoi poteri; isolata dai genitori e dai suoi compagni di classe, quando aveva quindici anni aveva perso il controllo della sua magia e aveva quasi gelato tutto il castello.
Il preside le aveva dato una seconda possibilità e le aveva insegnato a controllare i suoi impulsi, la paura, a reprimere i suoi… talenti. L’aveva assunta come professoressa quando un usurpatore le aveva sottratto il regno a causa di un cavillo e l’aveva fatta sentire a casa.
“Siete congedati. Fate attenzione, miei Guardiani.”
Elsa seguì in disparte i suoi colleghi, lo sguardo chino e il passo misurato, taciturna e pensierosa. Sarebbe stata in grado di uccidere? Senza dubbio, l’Uomo Nero meritava di morire, ma non sapeva se lei ne sarebbe stata capace. Si guardò le mani coperte dai guanti e si morse il labbro, immaginando il ghiaccio e la neve uscire con violenza, per poi conficcarsi nel corpo di un uomo, ma la visione le diede un’angoscia tale da nascondere le braccia dietro la schiena. Andò dritta nella sua stanza, salutando frettolosamente gli altri che la guardavano stupiti, senza fermarsi a rispondere alle domande degli allievi o alla curiosità dei dipinti.
Solo quando si chiuse la porta alle spalle, lasciò andare il singhiozzo represso e una lacrima le cadde sulla guancia: Hans l’aveva dipinta al suo stesso popolo come un’assassina e ora stava per diventarlo davvero.
Pitch Black se lo merita.
Pitch Black se lo merita.
È malvagio.
Respirò profondamente una, due, tre volte, poi andò davanti allo specchio: vide un viso serio e minuto, dagli occhi troppo grandi, incorniciato da capelli biondo platino raccolti perennemente in un severo chignon.
Non era il volto di una donna cattiva. Quello che doveva fare, l’avrebbe fatto per salvare i suoi cari e i ragazzi affidati alla sua tutela.
“Non avere paura. Farai ciò che è giusto.”
Elsa sussultò e si voltò, cercando chi poteva avere parlato: la voce era dolce, femminile, ma sconosciuta.
Il fantasma di una ragazzina di non più di dieci anni la fissava, sorridendo fiduciosa. Aveva lunghi capelli neri, lisci, che le sfioravano i fianchi esili e tranquilli occhi scuri, luminosi sul visetto tondo.
“Chi sei? Non ti ho mai vista nel castello.”
“Sono la protettrice della Foresta Proibita. Qualcuno mi chiama Madre Natura, ma il mio nome è Emilie.”
Lo spettro le si avvicinò, il sorriso scomparso: all’improvviso, sembrava vecchia di secoli.
“Ascolta, Elsa, questa storia.”
“Una storia? Non ho tempo per…”
“Ti sarà utile, credimi.”
La sua voce conteneva una tale urgenza, che Elsa l’accontentò senza protestare ulteriormente.
“Mio padre era un valoroso generale, privo di poteri magici, ma il suo coraggio e la sua dedizione erano tali da farlo rispettare anche dai maghi. Quando l’Uomo nella Luna dovette rinchiudere in una stanza di Hogwarts il Male puro, occorreva qualcuno che lo tenesse d’occhio, che non si lasciasse sedurre dai suoi sussurri e che allontanasse gli incauti e i curiosi.”
“Scelse tuo padre?”
“Sì. Il giorno della sua partenza fu l’ultimo in cui lo vidi.”
“Mi dispiace.”
“Per mesi e mesi lui sorvegliò la porta, situata all’ultimo piano del castello. L’unico suo conforto era un mio ritratto.”
La giovane sospirò, desiderando che anche suo padre fosse stato così affezionato a lei, invece di negarle ogni abbraccio e di guardarla con la paura e la diffidenza negli occhi.
“Sei stata molto fortunata, Emilie.”
“Lo so. Sfortunatamente, dalla serratura uno di quegli spiriti malvagi dovette vedere il medaglione e, un giorno, il mio povero genitore venne attirato dentro la cella dalle mie urla di terrore simulate dai suoi prigionieri. Non appena aprì la porta, lo attaccarono.”
“È… morto?”
“No. Qualcosa di peggio. Lo trasformarono, lo resero il loro re e cancellarono ogni traccia del buon generale.”
“Mi dispiace moltissimo. Tsar lo sa?”
“Sì, ma non poté fare niente.”
“È terribile, ma cosa…”
“Mio padre si chiamava Kozmotis Pitchiner.”
Il nome suonava familiare a Elsa, ma quando fece per chiedere chiarimenti allo spirito, si accorse di essere nuovamente sola. Si passò una mano davanti agli occhi, chiedendosi se non avesse sognato la bambina per acquietare le sue paure.
La paura sarà tua nemica…
Madre Natura aveva detto che quella storia l’avrebbe aiutata con il suo dilemma, ma più ci rifletteva, più sentiva che la soluzione doveva essere semplice e immediata. Con un risolino isterico, s’immaginò di raccontare anche lei del valoroso soldato a Pitch, per rallentarlo.
Pitch…
Pitchiner… Kozmotis.
Poteva essere quella, la verità? L’Uomo Nero, maledetto e posseduto? Sembrava l’antitesi di tutto quello che aveva sempre dato per scontato.
E Tsar lo sapeva.
Elsa si chiese se lo sapessero anche gli altri Guardiani, ma ne dubitava. Sicuramente, il preside aveva preferito tenersi per sé quella informazione, per non destare in nessuno di loro compassione verso la creatura oscura; ma allora, perché proprio lei era stata resa partecipe da quello spirito? E come avrebbe potuto aiutarla? Voleva dire che doveva mostrarsi magnanima e pietosa?
Ed era così stanca di essere tenuta all’oscuro… prima i genitori sui loro veri sentimenti nei suoi confronti, poi Anna con Hans e Kristoff; ognuna di quelle omissioni aveva avuto conseguenze pesanti nella sua vita, ognuna di esse l’aveva isolata sempre di più.
Ormai tutto il pavimento della camera era ghiacciato, anche le pareti si stavano ricoprendo di lastre di gelo sottile, ma la giovane donna non riuscì a calmarsi.
Uscì dalla sua stanza e scese le scale deserte, avventurandosi fuori dal castello per andare nella Foresta Proibita. Doveva ritrovare Madre Natura, chiederle chiarimenti, qualsiasi cosa pur di placare l’agitazione che la tormentava: per la prima volta, si ritrovava a dubitare di Tsar, l’unica persona che le avesse mai dimostrato fiducia. Si tolse i guanti, nel caso fosse necessario usare la magia.
“Elsa! Ehi, Elsa! Dove vai? Tra poco farà buio!”
Ignorò i richiami di Anna, ignorò l’erba che si ricopriva di brina sotto i suoi piedi e s’inoltrò tra gli alberi fitti, respirando affannosamente.
“Emilie! Emilie!”
Nessuna risposta. Proseguì, senza badare al fatto che, mano a mano che camminava, il cielo si era fatto sempre più scuro, rendendo la foresta ancora più spaventosa del solito.
Solo quando vide due occhi dorati che la osservavano si rese effettivamente conto del pericolo in cui era incorsa: poteva affrontare tranquillamente i licantropi, ragionare con i centauri, ma non sapeva se era abbastanza forte da affrontare un assalto d’Incubi, i cavalli demoniaci di Pitch.
Tentò di ricordarsi, mentre indietreggiava, cosa le avevano detto Bunnymund e Nick su quelle creature.
“Vengono attirati dalla paura, Elsa. Ne sentono il profumo nell’aria e lo seguono, come un ragazzo incantato da una Veela.”
Prima che potesse provare a tenere a bada il terrore, uno dei destrieri la attaccò, saltandole addosso; lei riuscì a scansarsi per un pelo e gli lanciò contro, a sua volta, una lama appuntita di ghiaccio.
L’Incubo s’impennò e si raggelò, con le zampe anteriori ancora sollevate sopra la sua testa: Elsa non poteva permettersi di rimanere bloccata dallo shock, così continuò a scagliare dardi magici alle altre creature, colpendole quasi tutte. Non riuscì tuttavia a evitare uno zoccolo sulla spalla, che le fece perdere l’equilibrio e la concentrazione.
Si ritrovò per terra, intenta a massaggiarsi il punto ferito e a indietreggiare contemporaneamente per evitare d’essere calpestata. Si creò una barriera per darsi il tempo di alzarsi e notò, con la coda dell’occhio, che una mano era sporca di sabbia nera, ma i granelli le sfuggirono subito via dalle dita e lei dovette continuare a difendersi dagli Incubi, fortunatamente rimasti in pochi.
I capelli le si erano in parte sciolti per lo sforzo, ansimava e si chiese per quanto ancora avrebbe potuto usare i suoi poteri: se fossero arrivati altri nemici, non sapeva se la sua forza sarebbe resistita a lungo.
All’improvviso, successe una cosa altrettanto terribile e i cavalli, invece di aumentare, alzarono il muso allungato e scomparvero del tutto, ritraendosi silenziosi nelle ombre, lasciandola sola. Elsa non era una sciocca e, per quanto inesperta di scontri aperti, era ovvio per lei che avevano obbedito a un ordine.
E c’era una sola persona che poteva comandarli.
Lasciò che il timore la dominasse per un istante, liberando un fortissimo concentrato di potere intorno a sé, raggelando tutto ciò che le stava intorno.
“Devo ammetterlo, è stato ammirevole.”
Elsa alzò il capo verso la direzione della voce: tutto era ricoperto di neve e ghiaccio, tranne uno spirito alto, magro, dal colorito grigiastro. I corti capelli neri erano tirati all’indietro e gli occhi dorati la fissavano con freddezza; le braccia intrecciate dietro la schiena, una tunica nera lunga fino a terra, tutto lo faceva sembrare un maestro severo.
Dovette aggrapparsi all’albero alle sue spalle per non cadere, le gambe vacillanti; lei era completamente sola, stanca dalla lotta contro gli Incubi, a pochi passi dall’Uomo Nero, l’essere  oscuro più temuto e potente di tutte le ere.
“Pitch Black.”
“Nemmeno Jackie Frost mi chiama per nome.”
“Tsar lo fa.”
“Coraggiosa. Eppure, io conosco tutte le tue paure.”
Elsa respirò profondamente e cercò di non farsi intimidire da quelle parole: sapeva fin dall’inizio che avrebbe provato a ritorcere i suoi timori contro di lei, doveva rimanere salda.
“Povera, piccola principessa. I tuoi stessi genitori avevano paura di te, del tuo… talento. Per quanto tempo sei stata perseguitata dall’idea di deluderli? Lo sei ancora adesso.”
Lei chiuse gli occhi, ma riuscì a non chinare la testa.
“Dimmi qualcosa che non so, Pitch Black.”
“Temi di ferire ancora tua sorella. Sai che lo stai facendo tuttora, con il tuo atteggiamento orgoglioso e distante. Ma è nella tua natura, il ghiaccio non può amare davvero, non può fare altro che del male.”
Quello la ferì, come se l’avesse colpita con la sua famosa falce, ma inghiottì il dolore come aveva sempre fatto e si portò una mano al cuore.
“Lo so.”
“Hai paura di rovinare tutto. Credi di avere una nuova famiglia – i tuoi colleghi Guardiani, il caro preside che è stato come un padre per te, Anna e il suo amato. Ti rassicurerò su questo punto, mia cara: non puoi perdere quello che non hai.
“C-cosa intendi?”
“Non ti hanno mai veramente accettata. Tua sorella ti ha rimpiazzata con il suo fidanzatino, Bunnymund considera il tuo potere un nemico naturale, Toothiana è invidiosa di te, St. North è troppo concentrato su se stesso per conoscerti davvero. L’unica che ti abbia mai capita è Jackie Frost, ma in fondo siete troppo diverse per diventare amiche.”
“Tsar…”
“Per l’Uomo nella Luna non sei che una pedina, non l’hai ancora realizzato? Frost è stata l’unica a mettermi in difficoltà e, per una fantastica coincidenza, qualche anno dopo ti accoglie nella sua scuola. Ti ammette nella sua cerchia e, a parte pochi casi, reprime i tuoi poteri, insegnandoti solo il necessario per combattermi.”
Elsa sapeva che doveva chiudere fuori dalla testa quelle parole velenose, ma non riusciva a non riconoscerne la verità. Se fosse morta, uccisa da Pitch, chi l’avrebbe davvero pianta? I fiocchi di neve le scivolarono sui capelli e sul viso, riscuotendola in parte. Doveva resistere…
“Non ti credo. È vero che non sono la prima scelta di nessuno di loro, ma questo non vuol dire che non tengano a me.”
“Affronta la realtà, Elsa. La prima volta che perderai il controllo della tua magia, non ti tratteranno più come una ragazzina inesperta, ma ti guarderanno con orrore e ti cacceranno, come è successo con quelli che dovevano essere i tuoi sudditi. Il ghiaccio e la luce non sono compatibili, non t’ integrerai mai.”
“Non avremmo mai dovuto fidarci di te!”
“L’avevo detto a Tsar che era una pazzia!”
“Non fai altro che chiudermi porte in faccia!”
“Non sei degna dei tuoi poteri!”
“Non sei utile come avevo sperato, Elsa. Non c’è posto qui, per te.”
La giovane tremava, improvvisamente tornata la bambina allontanata dai suoi cari.
“Non devi restare da sola per forza. Io ti capisco. So cosa vuol dire essere esclusi, cacciati, vivere in solitudine…”
“Io non sono come te!”
Elsa mise in quella frase tutta la rabbia e il dolore che le sue parole le avevano procurato e lasciò che il suo potere lo attaccasse. Per la prima volta,  nonostante quello che aveva sempre creduto, desiderò che uccidesse, voleva vedere il suo nemico trafitto, il colore rosso scuro del sangue mescolarsi a quello azzurrognolo e trasparente del ghiaccio. Pitch scattò all’indietro e si protesse con la sua sabbia nera, ma non fece nulla per attaccarla.
“Sciocca! Vogliamo entrambi la stessa cosa – che qualcuno creda in noi!
“Non voglio che mi temano!”
“Hanno già paura di te! Non sei stanca d’essere guardata con diffidenza, senza averne colpa? Stanca di subire, di vederti sottrarre ciò cui tieni?”
Il viso di Hans le comparve alla mente, quando le aveva tolto la corona dalle mani.
“Io…”
“Come puoi non essere stanca di vivere un’esistenza che non ti appartiene? Non sei nata per essere una pedina, Elsa, ma una regina. Unisciti a me e riavrai il tuo regno. Il tuo nemico sarà vittima di un terrore tale da consumarlo, te lo garantisco.”
“Non ti aiuterò mai a diffondere la paura tra i bambini! È… barbaro!”
“È il mio lavoro. Non ho scelto io d’essere il Re degli Incubi. I tuoi cari Guardiani vorrebbero eliminarmi e, senza di me, certo s’immaginano un mondo migliore. Beh, mia cara, spiacente di far crollare il vostro castello nelle nuvole, ma con me fuori dall’equazione nulla più fermerebbe i dolci pargoli dal mettersi nei guai. Non avrebbero paura delle conseguenze, né di farsi del male, o del fuoco, degli animali pericolosi… credi che sarebbe giusto?”
Elsa sentì i suoi attacchi farsi sempre più deboli, mano a mano che le sue parole affondavano e prendevano senso. Si sentiva così stanca…
Pitch le si avvicinò e le pose una mano sui capelli, come per consolare una bambina.
“Non negare l’oscurità che avevi in te mentre mi attaccavi. Volevi vedermi morto, non è vero? Come puoi ancora pensare di appartenere a loro, di essere dalla parte degli angeli?”
Lei si guardò intorno, pallida, ma tranquilla. Gli occhi si soffermarono sugli Incubi raggelati, sulla sabbia nera rivestita di ghiaccio.
“Nonostante quello che ti avranno detto, non sono malvagio per natura. Cattivi non si nasce, si diventa e io ho avuto ben poco arbitrio in questo.”
“Dunque è vero. Tu eri il generale Kozmotis Pitchiner.”
“Una volta era il mio nome. Ora sono solo Pitch Black.”
La giovane non sapeva più cosa pensare. Non riusciva più a distinguere il Bene dal Male, il torto dalla ragione. Le due schiere si mescolavano nella sua mente: un uomo posseduto dai demoni, una persona in cui aveva riposto tutta la sua fiducia e che l’aveva usata, le persone che amava e che la credevano un mostro, un nemico che diffondeva la paura nel mondo…
Pitch aveva ragione. Era stanca.
“È vero. Il gelo si sposa meglio con l’oscurità che con la luce.”
 
 
One question haunts and hurts
Too much, too much to mention:
Was I really seeking good
Or just seeking attention?
Is that all good deeds are
When looked at with an ice-cold eye?
If that's all good deeds are
Maybe that's the reason why
No good deed goes unpunished

 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: piccola precisazione su Jackie. Di solito non faccio mai il genderbend di un personaggio, ma qui ci tenevo a farlo per due motivi: eliminare ogni possibilità di ship Jelsa (chiedo scusa agli eventuali fan, ma non riesco a farmela piacere) e dare a Elsa un accenno di amicizia (la vedo legare più facilmente legare con una donna che con un uomo, soprattutto se hanno gli stessi poteri).
La storia di Pitch, anche se “trasportata”, è vera e tratta dai libri di William Joyce dei Guardiani dell’Infanzia. 
 
 
Nickname EFP/forum: Nimel17.
Fandom: Frozen/Le Cinque Leggende.
Personaggi/coppia: Pitch/Elsa (implicita); personaggi secondari: Guardiani e Anna.
Prompt: Stanca.
Eventuali note: Hogwarts AU; genderbend.
 
 
  
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