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Autore: CluClu    22/07/2015    2 recensioni
Rory viene rapito dagli Angeli Piangenti e portato in un'altra epoca, e poco dopo ad Amy accade lo stesso. Siamo nella New York del 1940. Lei si risveglia all'interno di un cimitero, ma Rory non è lì con lei. Dovrà cercarlo in una città e un tempo che non le appartengono.
[Post 7x05 di Doctor Who.]
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Amy Pond, River Song, Rory Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Scritto da Claudia Piazza, Valentina Onufrio e Sofia Zaccaria.]

1

Un forte vento gelido attraversa il piccolo cimitero. Tutto è quiete, il sole brilla basso. L'erba splende tra i lievi raggi del sole. In lontananza, un piccolo merlo poggiato su una lapide grigia e lucida. I grattacieli di Manhattan sono silenziosi e imponenti in un sottofondo grigio e tetro. Le nuvole si addensano sopra il corpo disteso di Amy. Si percepisce un respiro pesante e spaventato. Ha gli occhi chiusi. Le sue palpebre tremano leggermente. I capelli rossi sono distesi sopra il verde dell'erba. Si alzano alcune ciocche rosse dal vento pungente. Amy tiene ancora le palpebre abbassate, non osa aprire gli occhi. Si tocca il volto: è bagnato da lacrime che continuano a scendere giù, inesorabilmente. Solo pochi istanti prima si trovava insieme al Dottore. Sa che non c'è più, che non è più con lei. Lo sa, anche se non ha aperto ancora gli occhi. Se lo sente dentro, è sola chissà dove.
«No!» sentì aleggiare questa voce: la voce del Dottore, come un ricordo o una reminiscenza del suo subconscio.
La sua mano si sposta dalle guance al sue labbra. Sono aperte come in attesa di un urlo muto e devastante. Chiude immediatamente la bocca e prende un gran respiro.
Alza le palpebre. Gli occhi sono colmi di lacrime che le pungono il viso dal freddo. Il cielo è così opaco, come ovattato e rinchiuso in una bolla di vetro.
Il cielo osserva e nuota nei suoi occhi chiari. Occhi pieni di dolore e di addii, pieni di storie come quella di una bambina che ha aspettato il Dottore per tanto tempo. Sente ancora risuonare le loro parole d'addio, le stesse che ora ha piantate in gola a morire.
Decide d'impulso di alzarsi.
"Mi devo muovere, fare qualcosa!" pensa Amy.
Amy, viaggiando con il Dottore ha imparato a non stupirsi, a non sorprendersi delle stranezze del Signore del Tempo, ad apprezzare il suo coraggio. Eppure, quella è la cosa più assurda di tutte: il Tardis non c'è più, il Dottore non c'è più. L'ha percepito subito, ma vedere realmente il vuoto che ha lasciato è un'altra cosa. Non esiste più quella gradazione speciale di blu del Tardis, non c'è più.
Non potrà più fare nessun viaggio nello spazio e nel tempo.
Amy è in piedi, tremante, che si strofina le braccia con le mani e si appoggia alla lapide per non cadere da un improvviso capogiro.
Semplicemente lei non è più nella realtà del Dottore, quella dove ha vissuto fino ad alcuni attimi prima.
"Si sentirà in colpa" pensa Amy, "Il Dottore si sentirà in colpa".
Ed è Amy che più di tutto si sente in colpa per aver lei abbandonato il Dottore o come lo chiamava da bambina "l'uomo stropicciato".
«Lui non può stare da solo.» si ritrova a dire ad alta voce al nulla, alle statuarie lapidi davanti a lei. I capelli sferzano ribelli il suo volto, graffiandolo.
Amy ricorda tutto: di lei che da piccola aspettava tutta la notte il Dottore, delle storie grandiose che ha vissuto grazie a lui tra le stelle e lo spazio, sconosciuto a chiunque tranne per chi viaggia insieme a lui. Ricorda ogni cosa, come una piccola cabina blu, più grande all'interno, volava senza fermarsi mai. E continuerà a volare anche senza di lei. E lei persa in chissà quale tempo è bloccata, ma perché?
"Come sono arrivata qui? Cosa è successo?" sono i pensieri che percuotono Amy.
"Prima ero con lui e adesso dov'è? Perché ricordo di avergli detto addio e nient'altro?".
Lui, l'uomo solitario che aveva vissuto mille vite e solcato milioni di stelle, sconvolto tante vite e salvate contemporaneamente. Dopo aver vissuto con il Dottore non le sarebbe mai più bastata la solita vita quotidiana.
"Non devo dimenticare nulla! Devo ricordarmi ogni cosa di lui! Non posso dimenticarmi di lui!" urla dentro di sé la ragazza dai capelli rossi in quel piccolo cimitero solitario.
Si guarda intorno, cercando di riconoscere qualcosa. Manca qualche altra cosa insieme al Dottore e a River, sua figlia, e al Tardis.
«Cosa manca? Cosa? Amy ricorda!» cerca di spronare sé stessa a rimembrare e a scacciare quella sensazione di vuoto.
Improvvisamente, come veloci flashback, lei sa. Sa ogni cosa.
“Sono qui a causa degli Angeli Piangenti. Sono stati loro.
Gli Angeli Piangenti sono una razza aliena antica che può muoversi silenziosamente e molto rapidamente soltanto quando non sono visti. Quando li si osserva gli Angeli si bloccano, diventano delle statue di pietra e possono muoversi solamente quando l'osservatore distoglie lo sguardo o batte le palpebre. Si nutrono di energia temporale, per questo motivo se toccano l'osservatore lo spediscono indietro nel tempo”.
E ad Amy è successo proprio questo.
«Rory!» urla d'improvviso Amy, «Rory! Rory, dove sei?»
"Come ho potuto dimenticarmi di lui? Di mio marito?" sgrida interiormente sé stessa. Stringe i pugni e grida il nome dell'uomo che ama con tutta la voce che possiede.
«Rory! Rory! Sono io, Amy! Rory!».
Il vento sempre più freddo, il sole sempre più basso iniziano a farle battere i denti e a non farle più riuscire a emettere una sola lettera. La paura e la preoccupazione si insinuano in lei. Si gira intorno continuamente, crede di sentire la sua voce, di vedere la sua ombra, ma è solo il silenzio ad accoglierla. Rinuncia quando dopo ore nessuno si fa vivo. È da sola.
«E adesso cosa faccio?» parla con sé stessa. Soltanto guardandosi intorno, ancora una volta, si accorge della città in lontananza.
Si incammina verso il cancello principale che ha intravisto durante la ricerca di suo marito.
"E se non lo avessero portato in questo mio stesso anno?" continua a domandarsi la ragazza dai capelli rossi, "In che anno sono io?".
Una volta uscita fuori da quel cimitero grigio, ad accoglierla ci sono persone e automobili completamente più vecchi di lei. Ai suoi occhi da viaggiatrice del tempo, tutto questo non le sarebbe mai bastato, se ne sarebbe sempre meravigliata.
Gran cappotti lunghi e piccoli cappelli ricoprono ogni singola persona, persino le bambine sono infagottate e al caldo. Le auto moderne, di quel periodo, girano indisturbate tra le strade. Un tram le passa a fianco suonandogli un fortissimo clacson. La sorpresa è tale da non avere più brividi di freddo. Osserva se stessa riflessa su una vetrina: indossa un giubbotto marrone, una maglietta bianca a righe nere, dei jeans e delle scarpe scamosciate.
È troppo moderna, è troppo leggera per quel freddo. E di colpo, una punta di ghiaccio scivola lungo la sua guancia. Alza lo sguardo in alto e nota che piccoli fiocchi di neve iniziano a scendere dal cielo.
«Dannazione!» impreca sottovoce. Non ha l'abbigliamento adatto per la neve.
Si guarda attraverso le vetrine: è così fuori luogo, così sola in quel posto. Qualcuno la osserva, qualcun'altro si tiene stretta la borsa al proprio fianco e qualcuno, ancora più perfido, chiude a chiave la porta del proprio negozio.
Amy continua a camminare, non può permettersi pensieri tristi.
Le pareti dei palazzi e dei negozi sono tappezzati da locandine pubblicitarie. Piccole carrozzine scure sono spinte dalle madri magre e alte. Camminando, si accorge di una folla piuttosto numerosa davanti a una scalinata. Sono lì per una mostra pittorica. Si avvicina, cerca di capire chi sia il pittore in questione e meravigliata legge che si tratta del suo caro amico Vincent Van Gogh. Lo aveva incontrato tempo fa grazie al Dottore, lo aveva conosciuto e amato, era un uomo incredibile e incompreso. Sorride, ricordando quei giorni.
Legge sulla locandina della mostra le scritte "Dall’1 Gennaio al 1 Aprile".
Si guarda intorno per capire in che epoca possa essere o se qualcosa potesse farle capire l'anno.
Finalmente, dopo aver superato diversi isolati, nota un uomo in giacca e cravatta gettare un giornale in un cassonetto. Aspetta che si allontani e allunga la mano. Il giornale raccolto è ancora nuovo, ha pure l'odore di inchiostro fresco tra le pagine.
La prima pagina riporta la data "2 Gennaio 1940".
«1940...» mormora Amy.
"Cosa devo fare? Cosa faccio?" si domanda. Accartoccia il giornale e lo rigetta nella spazzatura, spazientita.
Si controlla le tasche del giubbotto, si svuota le tasche dei jeans. Non ha con sé soldi, tranne un orologio, una collanina, l'anello di fidanzamento, l'anello di matrimonio e una foto sua insieme a Rory.
Il flusso di persone tra i marciapiedi comincia a diminuire e le luci della città risplendono forti.
"Si sta facendo buio" sono i suoi pensieri preoccupati.
Inizia ad avvicinarsi a qualcuno per chiedergli dove potrebbe andare a dormire, ma sempre un secondo prima rinuncia. Si rincuora solamente quando nota una gioielleria. Si stringe la collanina con una mano, pensierosa.
Entra nella gioielleria, prendendo un grosso respiro.
«Posso farcela, posso farcela!» cerca di autoconvincersi.
Tutto, lì dentro, è così sfavillante: i gioielli dentro le loro teche di vetro brillano e ammaliano i clienti.
Clienti, tutt'altro che di tasche povere come lei. Gran soprabiti di tessuto pregiato avvolgono le loro spalle, scarpe lucide e cappelli pregiati li scaldano dall'inverno.
I loro sguardi altezzosi fingono di non vederla nel suo abbigliamento umile. Un bambino tira per un braccio la propria madre sussurrandole all'orecchio e indicando Amy con il suo ditino paffuto.
Amy sorride e volge il suo sguardo al commesso. Si avvicina al bancone di mogano lucido. Due signore con pellicce vistose bisbigliano e ridono senza smettere di guardarla.
Un signore dai capelli bianchi e piuttosto robusto le sorride da dietro il bancone. Lei gli rivolge la più completa attenzione.
«Salve.» saluta Amy.
«Buona sera, signorina. Cosa posso fare per lei?»
Amy nota come la stia trattando come una comunissima cliente. Gli sorride grata della gentilezza.
«Ho letto fuori che comprate gioielleria usata...» comincia Amy.
«Che cosa vorrebbe vendere?»
«Io avrei questa collana. Vorrei vendere la catenina d'oro.
Quanto potrebbe essere il valore stimato?»
«Posso vedere, signorina?»
«C-Certo!».
L'uomo afferra delicatamente la catenina e la osserva bene con i suoi occhiali dalla montatura dorata. Soppesa la collana, la lascia cadere su una bilancina e batte i tasti di una calcolatrice.
«Non posso darle più di 200 dollari. Le vanno bene?»
«Sì, molto gentile!».
Lui le sorride, afferra la catenina e la mette sotto il bancone. Apre la cassa e le porge i soldi accordati.
Prima di andarsene, però, Amy tenta di parlargli ancora.
«Posso esserle ancora utile?» domanda il commesso che comprende la sua indecisione.
«Io vorrei chiederle se può consigliarmi un hotel dove dormire...»
Il commesso, questa volta, la osserva dall'alto e in basso.
Ha assunto l'aria snob come quella di tutti quei clienti in quel negozio.
«A pochi isolati da qui troverà un hotel dagli umili prezzi.» pronuncia quasi sgarbato, «Giri a destra e prosegua dritto per un paio di isolati, troverà sicuramente il Manhattan Brothers Hotel.»
«Grazie mille, arrivederci.» mormora Amy, congedandosi il più presto possibile. Stringe i denti ed esce dal negozio. Gli volge un'ultima occhiata e si augura di non doverci rientrare mai più.
  
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