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Autore: Topy    27/02/2005    10 recensioni
E sorrideva. Sempre. Comunque. Nonsense autocreatasi parecchi anni fa, ho rimesso in sesto l'html.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voglio raccontarvi una storia

Voglio raccontarvi una storia. È vera? Probabile. È il frutto della sfrenata e folle fantasia di un’autrice con seri problemi di ipersensibilità? No, di storie così ce ne sono ovunque. E adesso capirete perché nessuno le racconta…

C’era una volta, come in tutte le storie serie, una donna che aspettava un figlio.

Nacque una bambina, né bionda, né con gli occhi azzurri, come ogni principessa: nacque una bambina con cappelli castani tendenti al chiaro e due occhi verdi scuri, quasi marroni. Bellissima per la madre, il padre e la famiglia, una neonata strillante per tutto il resto del mondo. Una normalissima nascita, avvenuta senza complicazioni dopo nove mesi di noiosissima gravidanza.

Solo una cosa impedì alla bimba di vivere una normalissima vita, immersa nell’anonimato più assoluto; la bimba nacque sorridendo. Sorrideva, con quella boccuccia sdentata, quando aveva appena pochi istanti di vita, mente strillava con forza, urlando a tutto l’ospedale la sua venuta, sorrideva quando prese per la prima volta il latte materno, sorrideva tra le braccia dei genitori quando lasciò l’ospedale, avvolta in una morbida copertina rosa. Inutili furono le numerose visite dai migliori medici; la bimba era sanissima, senza nessuna malformazione facciale, senza il minimo problema. I due genitori smisero di farsi problemi, e allevarono con amore e ramanzine quella loro creatura sempre sorridente. Inconsapevolmente, però, cercavano di farle cambiare espressione; a ogni sgridata osservavano il faccino rotondo inondato da lacrime, che finivano inevitabilmente in una bocca schiusa in un sorriso.

Arrivò un giorno importante per la bambina: il primo giorno di elementari, il primo contatto con altri bambini della sua età; fin dal primo istante in cui posò il suo piede fasciato da graziose scarpette nere, la bimba illuminò la classe con il suo sorriso. Con il passare del tempo, la bambina trovò grandi amicizie fra i suoi compagni, specialmente tra i maschi, attirati da quel sorriso, che ricordava quello della loro mamma, o quello che si fa per sfidare un amico; il sorriso della bimba aveva moltissime forme, centinaia di significati, che riscuoteva la fiducia della gente: quando giocava con le sue amiche a prendere il thè, faceva la padrona di casa, sempre cordiale e sorridente; quando giocava a palla avvelenata con i suoi amici rimaneva nelle retrovie del campo, pronta a liberare i suoi amici catturati.

Crescendo, incontrò inevitabilmente il suo primo amore, in quinta elementare: divennero amici, come succedeva sempre, ma nulla più: il ragazzo aveva paura di perdere un’amica così fidata, così sincera e leale, e l’ultimo giorno di scuola, sapendo che non si sarebbero più rivisti, le disse semplicemente:- Sei davvero simpatica.- e se ne andò, per non vedere le lacrime solcare il viso della sua amica, finendo inevitabilmente nella bocca dischiusa nel perenne sorriso. La delusione e i rimpianti la soffocarono per tutta l’estate, senza riuscire a vincere il sorriso che la contraddistingueva: quello stesso sorriso l’accompagnò alle medie, dopo conobbe l’odio, la rivalità, l’ipocrisia e la falsità che distrussero per sempre il suo mondo di sorrisi. Vide migliori amiche con centinaia di facce, una per ogni istante, vide piccoli, crudeli gesti quotidiani ripetersi ogni giorno per ferire tante persone; vide delle certezze che le sembravano d’acciaio sciogliersi come burro per un niente. Vide lacrime e volti disperati, vide l’odio trasformarsi in amore e l’amore svanire nel nulla. E tutto questo con quel suo sorriso sulle labbra. E alle medie cominciò una catena che l’avrebbe imprigionata per tutta la sua vita, racchiusa in tre semplici parole, gridate in un sussurro…:- Ti prego, aiutami…- e così fece.

Cominciò ad aiutare amiche vere e false, a fare una relazione, a trovare un modo per uscire, per dimagrire, per sembrare un po’ più alta: aiutò a conquistare il ragazzo dei propri sogni, che a volte era anche il suo; aiutò anche a dimenticarlo, con quel suo sorriso che agli altri appariva come uno scoglio, una luce nel buio, e che per lei era solo una prigione. Finirono le medie, e il suo sorriso continuò a far accorrere povere vittime, bisognose di affetto, consigli e consolazione.

La bambina, ormai divenuta ragazza, incontrò tante altre volte l’amore, e fu il suo stesso sorriso a impedirle di essere felice: i ragazzi avevano bisogno di quella sua smorfia benevola, anche a costo di rimanere solo amici. Ogni volta che la ragazza sentiva ripetere quella terribile frase…:- Tengo troppo a te, non voglio perderti!! Rimaniamo amici.- sentiva le lacrime bruciare sotto gli occhi, senza potere uscire: anche loro si erano arrese a quel sorriso così tenace. Continuò a passare il tempo, e la ragazza divenne donna, poi vecchia, continuando ad aiutare le persone, nella speranza di dimenticare il suo dolore; non si sposò, troppo occupata a far sbocciare nuovi amori e a incollare cuori infranti; non ebbe figli piccoli da coccolare e figli grandi da guidare, troppo indaffarata a curare e a far ragionare quelli degli altri. Non ebbe nipoti a cui raccontare storie, impegnata a portare a spasso quegli degli altri. Morì da sola, senza gli amici che aveva aiutato, sorridendo, e venne chiusa in una scatola e sepolta in un cimitero. A ricordarla, una lapide, con scritto nome e cognome, data di nascita e di morte, con una semplicissima frase incisa…

“Il tuo sorriso ci illuminerà sempre”

ma la bambina, ragazza, donna, vecchia riuscì a vincere la sua battaglia, proprio un attimo prima di lasciare questo mondo; per la prima volta, in tutta la sua vita, riuscì a sorridere per se stessa, non per gli altri… pensò a tutto quello che aveva fatto, all’amore che non era riuscita a dare, per occuparsi di quello degli altri; pensò alle sue lacrime, morte nei suoi occhi, consapevoli di non poter dare sfogo al suo dolore, racchiuso nella prigione sorridente che l’aveva perseguitata.

 E sorrise.

Un attimo prima di morire, sorrise veramente, con tutto il suo cuore, con tutto il corpo, con tutta la sua anima. Mise tutta se stessa nel suo primo vero sorriso. E sapete perché? Era felice. Aveva vissuto per gli altri, ma sarebbe morta per se stessa. Capito perché storie come queste non ve le sentirete mai raccontare? Chi ha voglia di ricordarsi di qualcuno che non può più aiutare nessuno? Ecco perché Lei sorrideva sempre…. Sapeva che sarebbe morta, e che la sua tortura avrebbe avuto fine.

 

  
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