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Autore: lals_    01/08/2015    2 recensioni
Prima fanfiction, prima storia su Tony e Ziva. Fatemi sapere:)
"Sono qui, Ziva.
Tony lo pensa, vorrebbe dirglielo ma non riesce a sentire la propria voce. Forse lo dice, oppure forse no.
Ma poi Ziva chiude gli occhi, dischiudendo le labbra. E Tony sente che non gli può più importare niente, che riguardi lui anziché lei."
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ziva si getta a terra quando la pistola spara.
Il proiettile spinto fuori dalla canna dell’arma le si fa improvvisamente incontro, la mira è perfetta, la pallottola le fa un buco nella pelle perforandola e nel momento in cui ciò avviene l’israeliana trattiene il fiato.
No, non lo trattiene. Semplicemente si interrompe, come un filo troppo teso viene improvvisamente reciso.
- Ziva!
Sente la voce di Tony gridare, attraversare i pochi metri che li separano e giungere alle sue orecchie, dove le parole vengono assorbite. Ma Ziva a malapena se ne accorge.
Cade, le ginocchia si piegano e sente la schiena sbattere contro la superficie fredda dell’asfalto. L’impatto con il cranio gli succede immediatamente e per un attimo non vede niente, gli occhi vengono come ammutoliti da schizzi di petrolio costellato di luci.
Ma poi l’attimo passa.  
Ziva, a terra, ora guarda il cielo sopra di lei. Alcuni rumori di sparo la circondano senza che ella li sappia identificare, non sono altro che suoni confusi di un’orchestra che suona per una platea di sordi.
- Ziva, guardami.
Il volto di Tony prende il posto del cielo, ma lei non riesce a metterlo a fuoco. Sente il peso di un’incudine invisibile premerle sul petto e schiacciarle i polmoni, impedendole di dilatarli, impedendole di respirare.
- Tony…
Ziva non riesce a dire altro. Non riesce a muovere la lingua. Cerca di trovare la propria voce all’interno di se stessa ma non riesce nemmeno a sentirsi le dita, non riesce a muoverle, non riesce a sentire il cemento sotto di lei.
Sente solo delle mani, frenetiche, abili, che le sbottonano la giacca e cercano il foro che il proiettile ha lasciato nella sua carne, bucandole i vestiti.
E poi, una pressione. Le sue mani vengono portate sul petto, lì, dove rimangono bagnate di un liquido caldo, che scorre veloce. Ziva è più che sicura che il calore che sente sia quello del sangue. Del sangue che rapidamente l’abbandona.  
- Tieni premuto. Forte.
Altri spari.
Ziva vorrebbe tenere premuto come Tony le dice ma non riesce a sentire le braccia, non riesce a contrarre i muscoli. Sente solo il liquidio propagarsi, scorrere, macchiarle i vestiti e le dita.
Non riesce a respirare.
- Tony…
Ci riprova, ma tossisce sputando sangue. Tony le sigilla le labbra portandovi sopra il dito, le ripete di tenere premuto e le dice che andrà tutto bene, basta che tenga gli occhi aperti e continui a guardarlo.
- Di Nozzo!
La voce di Gibbs si fa vicina, Ziva cerca il suo sguardo con gli occhi ma non riesce a vederlo, e finisce per tossire di nuovo.
E’ sangue quello che le sta colando lungo il mento?
- Chiama un’ambulanza!
Perché?, si chiede. Non l’hanno ancora chiamata?
- Tony, Tony ti prego…
La mano di Ziva trema mentre cerca quella dell’agente. Il ragazzo gliela stringe, forte, continuando a sussurrare che tutto si risolverà, che l’ambulanza arriverà presto, che lei deve solo resistere ancora un po’, ma lo ripete a voce talmente bassa che sembra quasi che lo stia dicendo per convincere se stesso, invece che lei.
Ziva deglutisce, percependo il sapore amaro del sangue sulla lingua. Si sente morire. Si sente morire ma sa che non morirà. Non può, non può davvero farlo. Non dopo tutto quello che ha passato, non dopo tutto quello che ha fatto per arrivare lì dove è ora.
Tutto si sistemerà.
Sì, ogni tassello tornerà al suo posto, deve solo riuscire a respirare. Ecco, così, così va bene. Tony, solleva quella stramaledetta incudine.
Ziva lo pensa, ma non riesce a dirlo. Non riesce nemmeno a sentire le labbra, ormai. Le immagini si confondono danzando come ombre davanti ai suoi occhi, il volto del ragazzo sbiadisce come il colore di un disegno bagnato dalla pioggia.
Tony, ti prego, solleva quella stramaledetta incudine.
L’israeliana sente il sangue scorrere veloce nonostante le dita arranchino per cercare di rallentarlo, la vista le si oscura, non riesce a respirare.
- Sono qui, Ziva. Tieni premuto.
No, non tenere premuto, Tony, solleva quell’incudine!
Ma Tony no, non la solleva. Non la solleva.
E Ziva non ha più la forza per gridare.   
 
 
***
 
 
I pensieri che vibrano nella mente di Tony non hanno nemmeno il tempo di concretizzarsi nella sua testa prima di essere disintegrati e dimenticati, tanto sono veloci, ma l’agente è talmente impegnato a mantenere gli occhi fissi sull’asfalto che vede scorrere sotto di lui che non ha le capacità di pensare più lentamente.
Corre, corre non appena vede il corpo di Ziva cadere, corre senza nemmeno sentire gli altri spari, che rimbombano nell’aria come esplosioni di cannone. Corre nella sua direzione, veloce, mentre già vede il terreno macchiarsi di sangue e la pelle della ragazza perdere colore. Tony è quasi sicuro di sentire la propria voce gridare il nome di lei, ma fatica a sentirla, e a sentire qualsiasi altra cosa al di fuori del rumore dei suoi passi sull’asfalto.
Frena, di colpo, quando la raggiunge, inginocchiandosi al suo fianco, la schiena piegata in avanti, verso di lei. Verso il suo viso.
Eccolo, lo vede, già impallidito. Fisso sul cielo.
- Ziva, guardami.
Tony non sa se la donna lo stia ascoltando, ma per un momento è sicuro che lo veda. E per quel breve, brevissimo momento, è tutto ciò che ha bisogno di sapere.
Perché no, la sua mente non ragiona come dovrebbe, non riesce a seguire una direzione precisa, ma le sue mani sì, le sue mani sono addestrate, Tony ha visto eseguire e ha eseguito lui stesso la procedura almeno un centinaio di volte, con almeno un centinaio di persone diverse.
Ed eccole, le sue dita, rapide e precise nei movimenti, che sbottonano il giaccone della donna e cercano il foro del proiettile, nella speranza che sia uscito e che non sia invece rimasto intrappolato nella carne.
Ziva lo chiama, ma lui non riesce ad ascoltarla. Non può sentirla.
Con una frenesia mascherata da accortezza, prende le sue mani e gliele porta sul pettoo, dove la obbliga a fare pressione.
- Tieni premuto – le dice – Forte.
Come se questo potesse davvero essere sufficiente, e non fosse semplicemente un modo per dire a se stesso che, sì, sta facendo tutto il possibile. Sta facendo tutto il possibile per non vederla morire.
- Tony…
Sono milioni i pensieri che attraversano la mente di Tony – milioni – e tutti meticolosamente diversi l’uno dall’altro, se non perfino opposti.
Un massaggio cardiaco, una respirazione artificiale.
Tieni premuto, Ziva, avanti.
Ma le mani di Ziva non riescono più ad ubbidirle, non riescono a fermare il flusso continuo con cui il sangue cola frenetico e inarrestabile. Le manca il respiro, Tony lo vede, ma non può fare altro che continuare a fare pressione.
Ziva tossisce, sputando sangue. E Tony si sente mancare il fiato, quando vede il rivolo tinto di rosso scivolarle giù dall’angolo delle labbra.
- Shh – trova la forza di dirle, premendovi sopra un dito – Andrà bene, devi solo resistere.
Tony glielo ripete, e glielo ripete ancora. E’ deciso a farlo fino a quando Ziva sarà ancora in grado di sentirlo, di ascoltarlo. Sarà ciò che continuerà a dire fino a quando avrà ancora la forza di farlo.
- Non chiudere gli occhi, Ziva, mi devi guardare. Hai capito?
No, no che non ha capito. Le sue palpebre si stanno chiudendo, tra poco non riuscirà più a vedere niente. E il suo petto a malapena si solleva ancora.
- Chiama un’ambulanza!
Tony non sa a chi stia parlando, lo ignora come ignora le persone che gli sono intorno, che riesce a intravedere con la coda dell’occhio a qualche metro di distanza da lui, ma non gliene importa, qualcuno lo avrà sentito. E quel qualcuno – chiunque esso sia – chiamerà un’ambulanza. Deve farlo.
Perché altrimenti Ziva morirà.
- Tony, Tony ti prego…
L’agente speciale non sa più che cosa dire, non sa più che cosa deve fare. Continua a tenere premuto sulla ferita, continua a macchiarsi le dita di sangue e a sentirne l’odore travolgente. Continua a cercare un contatto con la donna, un contatto visivo, un contatto di qualsiasi tipo.
Ma lei non riesce a respirare.
Sono qui, Ziva.
Tony lo pensa, vorrebbe dirglielo ma non riesce a sentire la propria voce. Forse lo dice, oppure forse no.
Ma poi Ziva chiude gli occhi, dischiudendo le labbra. E Tony sente che non gli può più importare niente, che riguardi lui anziché lei.
 
 
In preda al panico, grida il nome di Gibbs. Forse più forte di quanto dovrebbe fare per non rendere troppo evidente il terrore che si sprigiona nelle sue vene. Tony riesce a sentire la presenza del capo alle sue spalle, sente il suo tono burbero parlare con quella che spera sia un’ambulanza in arrivo, sente la sua agitazione e le parole impulsive, ma non ciò che invece agogna tanto: il suono di una sirena sempre più forte, e lo stridio delle ruote sull’asfalto.
Tony si sente soffocare.
Resisti, Ziva. Resta con me.
Non è che questo il suo unico pensiero. Qualche volta cambia leggermente forma, si traveste, le parole si invertono, ma il concetto rimane il medesimo, e si ripete come una cantilena nella mente dell’agente. Una mano premuta forte sul petto, l’altra sul polso, per cercare il battito. Le dita sono sporche di sangue, l’odore gli sta facendo venire la nausea, sente di dover vomitare ma non può permettersi di lasciare Ziva.
No, davvero non se la sente.
- L’ambulanza sta arrivando.
Le parole di Gibbs vorrebbero forse essere di incoraggiamento, vorrebero forse infondere speranza, e tuttavia non hanno l’effetto sperato, anzi.
E’ insufficiente.
Tutto ciò che stanno facendo in quel momento per Ziva, è insufficiente.
L’ambulanza dovrebbe già essere lì, avrebbero dovuto prevederlo, evitare la sparatoia, fermare quel pazzo prima. Tony davvero non riesce a spiegarsi come possa trovarsi in una situazione tale, con il corpo di Ziva a terra e il sangue che si espande dalla ferita aperta e profonda.
- Come sta?
Le dita di Tony tremano.
- Continua a sanguinare. Ha perso i sensi.
Gibbs si è inginocchiato accanto a lui, le sta esaminando la ferita.
- Tieni duro, Ziva – lo sente sussurrare. Le appoggia una mano sulla fronte pallida che suda freddo, sfiorandole i capelli. Tony sa che sta pensando a Kate. Anche lui ci pensa, probabilmente provando al contempo le medesime emozioni: rimorso, colpevolezza. Mancanza.
La mancanza di Kate si era fatta sentire a lungo, in Tony forse più che in tutti gli altri componenti della squadra. E ora non può permettersi che, come lei, Ziva muoia davanti ai suoi occhi. Continuerebbe a rivederla per troppo, troppo tempo.
- Dobbiamo fermare l’emorragia.
- Continua a comprimere.
E Tony lo fa, non può fare altro. Continua a tenere premuto perché non esiste altro che sia in grado di fare, che la possa aiutare, che la possa far restare in vita abbastanza.
Abbastanza per sentire la sirena di un’ambulanza investirgli i timpani con una violenza disarmante, portando con sé la promessa di salvarla. 
   
 
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