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Autore: B Rabbit    02/08/2015    2 recensioni
{ Mikayuu | After capitolo 35 | Buona fortuna a tutti voi }
C’erano angoscia e frustrazione, in quei cocci di paradiso, e fra l’incanto di quella vista, di Yuu, e l’incredulità, nel fondo di quei pozzi, giù nel cuore, c’era la paura, il timore di un atto sconsiderato, di un finale tragico dettato dall’istinto.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Yūichirō Hyakuya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The hunter and the predator




Soffi d’aria calda si intrufolavano placidamente nelle crepe e negli squarci di quel grande edificio, simbolo della corruzione e della bramosia umana, della loro caduta. La brezza serpeggiava fra le rovine, giocando con le polveri asfissianti, smuovendo i vivaci, colorati batuffoli d’erba cresciuti fra le memorie di quel luogo, rammentando alla realtà e agli occhi di chi li ammirava la ciclicità della vita, la certezza di un nuovo inizio dopo la fine più orrenda e feroce.
Le dita auree del sole carezzavano il luogo ferito dagli artigli e dalle zanne crudeli del tempo, e dalle fenditure del soffitto, delle pareti, nastri di luce scendevano pietosamente ad illuminare le disgrazie dell’essere umano. Uno di essi, però, bagnava con dolcezza la figura di un inerme ragazzo, smarrito in un sonno innaturale. Intorno a lui, le polveri sottili danzavano libere, leggiadre, immerse nella tiepida luce del sole, creando uno scenario irreale, ammaliante. E a qualche passo dal giovane assopito, una figura scrutava in silenzio la scena, nascosta da un velo d’ombra. Sembrava volersi avvicinare, ridurre la distanza fra i loro corpi, tra la sua mano e la guancia dell’altro, ma qualcosa pareva incatenarlo in quell’angolo sfuggito al sorriso del sole. Era stremato, spossato dalla corsa e dalla resistenza contrapposta al desiderio primitivo che gli annebbiava la mente. Il viso pallido era sudato e le sopracciglia aggrottate. Gli occhi, decisi e penetranti, inquieti, fissavano il ragazzo dormiente – nell’azzurro di quelle iridi le emozioni tremavano come piccole fiamme, insicure sul mostrarsi così limpidamente al mondo scellerato. C’erano angoscia e frustrazione, in quei cocci di paradiso, e fra l’incanto di quella vista, di Yuu, e l’incredulità, nel fondo di quei pozzi, giù nel cuore, c’era la paura, il timore di un atto sconsiderato, di un finale tragico dettato dall’istinto –.
La gola ardeva come metallo rovente, negando alla voce di uscire libera, di chiamare con tenerezza il ragazzo abbandonato a terra. Voleva avvicinarsi, Mikaela, sedersi vicino al corpo di lui e guardarlo fino al risveglio, così da rasserenarlo con il suo viso e le parole calde che sarebbero subito sgorgate. Eppure, appena quell’innocente desiderio gli pizzicava le gambe, invogliandole a muoversi, il vampiro posava la mano su una piccola borsa in cuoio, ricordandosi con disgusto la sua vuotezza. Digrignava i denti, rimanendo impotente dinanzi alla mano della realtà che infrangeva il suo piccolo sogno.
Le labbra si schiusero come boccioli in primavera, rivelando i canini aguzzi, brillanti e minuti. «Yuu…» formò un sospiro di voce, reso fragile dagli ansiti e dall’angoscia. Abbassò il capo e si rifugiò nel buio dietro le palpebre, negando al suo animo la gioia più splendida perduta nell’incoscienza – se lo avesse guardato per un istante, se si fosse smarrito nel contemplarlo, Mika avrebbe vacillato, sarebbe caduto nello sbaglio –.
Il vento sbuffò nella sua direzione e percepì con raggelo l’olezzo del sangue coagulato stuzzicargli le narici dilatate. Il biondo scosse il capo, forte, e si coprì il viso con le mani socchiuse. Boccheggiò, e fra gli ansiti emerse qualche rado, disperato singhiozzo.
«Voglio proteggerti…» gemette. Lo ripeté ancora, più volte, con l’illusione di zittire quella voglia rea, inaccettabile.
«Io n-non…» arcuò la schiena fino a sfiorare le ginocchia con alcune ciocche bionde. Si dondolò leggermente, ripetendo quelle semplici, misere parole, come un bambino spaventato dalla verità.
Un fruscio lo richiamò dal suo tormento. Le mani scivolarono giù dal viso e gli occhi sbarrati saettarono verso di lui, sveglio e leggermente stordito. Le guance di Mikaela si imporporarono tenuamente e gli angoli della sua bocca tesero all’insù.
«Mi… ka?».
Avrebbe voluto avvicinarsi, raggiungerlo, abbracciarlo, ma quelle poche lettere lo pugnalarono al costato e lui abbassò il capo, non rispose. Udì la sua voce richiamarlo agitata, i suoi passi correre nella sua direzione. Percepì le sue mani arpionargli le spalle e scuoterlo appena. Osservò il suo viso, contratto dalla preoccupazione, e i suoi occhi smeraldini, lucidi di torpore o paura.
Gli prese le mani nelle proprie e le allontanò da sé – indugiò appena nel tocco, saggiò il suo calore stringendogli dolcemente le dita affusolate, ma poi le lasciò, affranto –. «Sto… bene» mormorò il biondo, ma l’altro scosse la testa dinanzi a quella bugia.
«Non è vero! Cos’hai?» chiese il moro, allungando le mani verso il giovane, ma lui fuggì via dalla sua presa gentile, indietreggiando appena; si alzò subitamente, ma a causa della debolezza e della celerità perse l’equilibro. Yuuichiro lo afferrò all’istante e lo attirò a sé, fra le sue braccia.
«Ohi, Mika! Che–» si zittì appena il ragazzo lo spinse via nonostante la stanchezza.
Il moro lo fissò per qualche istante, allibito; studiò il suo atteggiamento schivo, il viso pallido.
Sbarrò leggermente gli occhi. «Mika, tu…».
Il citato, un po’ riluttante, ricambiò lo sguardo, ma sgranò le iridi azzurrine appena il compagno sbottonò leggermente l’uniforme, svelando il collo roseo e pulsante.
Un baleno, un istante. Mika scattò in avanti, raggiunse il soldato con un'unica e agile falcata e insieme caddero rovinosamente a terra – nonostante la rapidità delle azioni, malgrado la forza con cui l’altro gli stringeva la spalla, lo sguardo di Yuuichiro mostrava orgogliosamente la sicurezza che poche anime avrebbero avuto in quella situazione –.
Sentì l’alito caldo del ragazzo lambigli la pelle sensibile del collo e stranamente sorrise. «Bevi» disse; parve quasi un ordine, il suo, e Mika sussultò alle sue parole.
«C-cosa…?». Un’ombra sparì dall’azzurro dei suoi occhi e il raziocinio tornò dolorosamente a regnare. Il vampiro balzò all’indietro e retrocesse appena, spaventato – le membra tremarono pericolosamente di fronte alla verità, allo sguardo deciso del moro, e il cuore diffuse velocemente l’orrore e la paura del gesto appena commesso –.
Ansimò, Mikaela, raggelato. I suoi occhi si socchiusero, colpevoli, e le mani coprirono il viso freddo e sofferente. Urlò, un grido possente e disperato e lacerante riempì d’afflizione l’aeroporto e il petto di Yuuichiro.
«Mika…» lo chiamò con un frullio della voce, ma l’altro scosse violentemente il capo e alzò il braccio.
«Non ti avvicinare!» gemette, il viso celato dalla mano libera. L’altro digrignò i denti, strinse nei pugni la richiesta del compagno e la infranse; si avvicinò a lui, lo colpì al viso con violenza e lo fece crollare sul pavimento. «Non dire scemenze!» abbaiò e, sedendosi al suo fianco, si sbottonò un po’ la giacca dell’uniforme.
Il biondo sgranò gli occhi – sentì i battiti del cuore accelerare dolorosamente, avvertì i denti fremere, vogliosi di perforare e lacerare quella carne morbida, viva –. «No, non voglio!» cercò di farlo desistere, di scostarlo, dosando la forza per non ferirlo in nessun modo, ma l’altro ignorò i suoi dibattiti e afferrò le sue mani, bloccandole nelle proprie.
Il biondo serrò gli occhi, scosse il capo. Trattenne le lacrime, e per un attimo si ritrovò bambino, quando si nascondeva per sottrarsi alle perfidie e cominciava a torturarsi il labbro per non emettere alcun suono.
Il soldato lo afferrò per il mantello e lo strattonò. «Berrai!» ruggì, stringendo di più la stoffa pregiata. Il vampiro posò le mani su quelle dell’altro e cercò di liberarsi, ma appena avvertì dei tremori pizzicargli il palmo delle mani si fermò; aprì lentamente gli occhi, e da predatore divorato dall’impulso primitivo divenne bottino del cacciatore, della sua espressione contratta, addolorata, dei suoi occhi gravidi di lacrime, speranze e paura. «Tu berrai» ribadì con tono perentorio, intenerito dalla tremula e amareggiata voce.
Il vampiro serrò forte le palpebre fino a percepire un leggero male agli occhi. «Non voglio…».
«Mika!».
«Non voglio essere come loro!» e con uno strattone si liberò dalla sua presa. Puntò lo sguardo negli smeraldi che aveva sempre dipinto nella sua mente durante quegli anni, nelle notti e nei giorni in cui la malinconia e la solitudine ridevano maggiormente di lui. Allungò la mano sinistra e, con un tocco lieve, morbido, catturò una di quelle perle, sfere di desideri infranti e limpide paure. «Non voglio, Yuu…».
Il moro stette immobile, silente, beandosi di quelle eteree ed effimere carezze. «Tu non sei come loro» sussurrò, perdendosi in quegli occhi chiari che per anni furono il suo cielo, in quella prigione sotterranea; congiunse la mano a quella del compagno, la prese dolcemente e la scostò dal viso, intrecciando le dita nelle sue. «Non sei come loro, perché tu non ruberai il mio sangue». L’altro aprì la bocca per replicare, ma lui lo zittì con un solo, affabile sorriso. «Sono io che voglio donartelo» continuò, sbottonandosi completamente la giacca e la camicia dell’uniforme con un’unica brusca tirata, noncurante dei bottoni strappati via. «Accettalo» mormorò con voce cortese e vellutata.
Mika sgranò gli occhi. Percepì la sete arpionargli dolorosamente la gola, instillando in lui la mania di sangue umano. «I-io… io non–» ma il giovane lo strinse a sé, facendogli affondare il viso nell’incavo fra la spalla e il collo – l’odore di Yuu era gradevole e fresco, sapeva di gentilezza, di tenero affetto, avvelenato dall’effluvio pungente del sangue, della guerra e della bramosia umana –.
Un tremulo sospiro uscì dalle sue labbra e si infranse contro la pelle tiepida del moro. «Yuu…» lo chiamò, le iridi offuscate dalla stanchezza. Avvertì una mano affondare nei suoi capelli e giocare con quelle onde dorate.
«Bevi…» portò la brezza al suo udito. «Fallo, e non svanire più come quel giorno».
Una supplica, una preghiera celata egregiamente dietro un tono spento, spoglio di qualunque emozione – un’intonazione completamente estranea all’indole del ragazzo, quindi fu chiaro, al biondo, il vero sentimento racchiuso nelle sue parole –.
Mikaela abbandonò la testa contro quella del ragazzo. Lo chiamò, una volta in più e un’altra ancora.
«Sono qui…» rispose lui, immergendo le dita in quella chioma preziosa.
«Sono tornato» sussurrò l’altro e, aprendo di più le labbra, morse il suo collo palpitante. Il liquido rovente gli colmò subito la bocca, la gola, lenendogli gradevolmente la sete e, insieme ad esso, qualcosa gli scaldò il cuore, spandendo in lui una sensazione commuovente – era l’affetto di Yuu, il suo desiderio di averlo accanto a sanargli le ferite dell’animo, apertesi durante quel lasso di tempo infinito in cui, per scorgere il moro, doveva chiudere gli occhi e pensare ai giorni morti, al passato, non al presente o al futuro che gli erano stati negati –.
Socchiuse gli occhi, Yuuichiro, vinto da un improvviso torpore. Si abbandonò all’indietro, trascinando l’altro con sé – inspiegabilmente, il morso di Mikaela non gli doleva, e le labbra posate sulla propria pelle risultavano essere gradevoli –.
Cinse il compagno tra le braccia indebolite e un sorriso arcuò tenuamente gli angoli della sua bocca. «Bentornato, Mika».

















Eeeee io mi sto innamorando di Owari no Seraph. No, davvero, non mi succedeva da un bel po’. Adesso ho tre manga che amo alla follia.

Piacere di conoscervi, sono Cloud e, per vostra disgrazia, sono sbarcata anche qui, perché un’amica mi ha consigliato questo manga – che poi ho visto anche l’anime perché sì –.
Spero mi perdoniate per aver postato ciò, ovvero uno sclero, ma volevo tanto scrivere qualcosa su ‘sti due patati, e quindi eccomi qui :3
Spero, inoltre, che qualcosina vi sia piaciuta – forse l’ultima frase, visto che annunciava la fine della vostra tortura –.
E niente, forse tornerò con qualcosa di decente, sì. Forse.

Bye bye,

Cloud ~

  
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