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Autore: Abby_da_Edoras    04/08/2015    6 recensioni
STORIA IN REVISIONE: PER FAVORE NON LEGGERE
Questa mia ff è l'undicesima della raccolta su Steve e Bucky "Till the end of the line", ma in questa storia c'è anche un crossover con il film "Avengers: The Age of Ultron". La storia si svolge dopo le vicende narrate nel film, ovviamente, perché è stato dopo la sconfitta di Ultron che Steve è andato a cercare Bucky, però ci ritroverete alcuni personaggi di quel film. Il fatto è questo: Bucky si ammala improvvisamente e Steve, preoccupatissimo, chiede aiuto a Stark. L'amico si rivolge al dottor Banner ed è così che entra in scena anche lui e ne sapremo anche di più sulla fine di Pietro Maximoff (che nella mia versione si salva!).
Grazie a chi leggerà e condividerà questo mio mondo di fantasia e sogni! :)
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Till the end of the line'
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Crash

Crash! Boom! Bang! (seconda parte)

 

Al contrario di Steve, Banner non era per niente tranquillo mentre faceva ritorno al nuovo quartier generale degli Avengers. Le insinuazioni di Stark lo avevano turbato parecchio e non capiva che cosa avesse potuto fare per mettergli in mente quella strana idea. Lui con Pietro Maximoff… che sciocchezza! Vero?

Eppure, la sua mente non poté fare a meno di riportarlo a quel giorno, a quei momenti drammatici e concitati in cui lui aveva salvato la vita al ragazzo. Sì, per la prima volta era riuscito a controllare la bestia che nascondeva dentro di sé per salvarlo prima e per prestargli le cure necessarie poi.

 

Ultron sale sul quinjet e comincia a sparare all’impazzata sugli abitanti di Sokovia e sugli Avengers. Barton, vedendo che un bambino è rimasto indietro, si getta coraggiosamente verso di lui per prenderlo in braccio e riportarlo alla madre. Ultron si dirige proprio verso di loro per ucciderli… ed è allora che, contemporaneamente, accadono due cose: Pietro Maximoff si accorge del pericolo e decide di slanciarsi verso i due per metterli in salvo, sfruttando la sua velocità; Banner, che in quel momento è Hulk, con due balzi raggiunge il velivolo di Ultron, afferra l’androide e, senza tanti complimenti, lo scaraventa di sotto.

La raffica di proiettili non ha colpito Barton e il piccolo, ma ha ferito Pietro. Non è stato raggiunto in punti vitali ma, se non venisse soccorso tempestivamente, morirebbe dissanguato.

Hulk vede la scena, vede cadere il ragazzo e… capisce che adesso non c’è più bisogno di lui, ma di Banner. Banner, il dottore che potrà curare Pietro. Riporta indietro il quinjet mentre il suo corpo muta, si trasforma, riprende a fatica le sembianze dello scienziato. Quando il velivolo atterra, è di nuovo Banner, con le vesti stracciate, stravolto, sì, ma comunque lui.

Col cuore in gola raggiunge gli altri sull’helicarrier, dove Steve ha portato anche il giovane Maximoff, ferito e sanguinante. Ignora tutto e tutti, non vede nessuno se non quel ragazzo biondo che ha bisogno del suo aiuto. In pochi secondi è al fianco di Pietro, lo sorregge, approfitta dei pezzi laceri della camicia per improvvisare delle bende e fermare l’emorragia.

“Mi ha colpito… ma io non devo morire, non posso lasciare sola Wanda!” mormora il giovane, con gli occhi sbarrati, sentendosi sempre più debole.

Banner ha fasciato strettamente le sue ferite, il sangue ha smesso di sgorgare, ora è necessario che il ragazzo tenga duro, che resista. Il dottore lo sostiene e gli stringe forte una mano.

“Non morirai, Pietro, stai tranquillo” gli dice. “Va tutto bene, ho fermato l’emorragia e, appena possibile, ci fermeremo in un posto dove potrò curarti come si deve.”

“Non so se ce la faccio…”

“Certo che ce la fai!” insiste Banner, tenendogli forte la mano come per infondergli la sua stessa vita. “Non ci pensare, parla con me, raccontami, raccontami di te, di tua sorella…”

Lo distrae, lo incoraggia, lo conforta e continua a tenerlo stretto.

Quando l’helicarrier atterra e possono arrivare i soccorsi, il peggio è passato. Pietro dovrà essere curato e avrà bisogno di trasfusioni, ma la sua vita non è più in pericolo.

 

Perso nei suoi pensieri, Banner giunse al quartier generale degli Avengers quasi senza accorgersene. Si stava dirigendo verso il suo laboratorio, quando avvertì dietro la schiena una sorta di spostamento d’aria che ormai aveva imparato a conoscere fin troppo bene. Un braccio gli circondò le spalle e una voce allegra lo apostrofò.

“Buongiorno, Doc, dov’eri finito?”

Pietro Maximoff, ovviamente. Banner, intimidito da tanta familiarità, cercò di darsi un contegno.

“Sono andato alla Stark Tower” iniziò a rispondere, ma non ebbe il tempo di spiegare ulteriormente.

“Stark ti ha chiamato? E perché? Cos’è successo? Qualcuno ci minaccia?” Pietro sembrava ansioso di partecipare alla sua prima missione in veste di Avenger ufficiale.

“Niente di così grave, in realtà era Steve Rogers che aveva bisogno di me. Il suo amico, Barnes, ha un’infezione, aveva la febbre molto alta e così…”

“Ho letto tutto di Rogers e del suo amico Bucky Barnes, sai?” lo interruppe di nuovo Pietro. “Ho ricercato tutti i files su Captain America, è una storia davvero triste, quello che è successo a Barnes è vergognoso, l’Hydra non avrebbe dovuto… Però, allora tu hai visto il Soldato d’Inverno! Ci hai parlato? Che tipo è?”

“Non ci ho parlato perché aveva la febbre alta e non era cosciente” rispose Banner, travolto da tanta irruenza e anche molto imbarazzato.

“Quando anche io e Wanda eravamo sottoposti agli esperimenti dell’Hydra ho sentito tanto parlare del Soldato d’Inverno, sarei davvero curioso di conoscerlo. Se solo avessi saputo che andavi là…”

“Domani dovrò tornarci per controllare come sta, se gli antibiotici stanno facendo effetto” si lasciò sfuggire Banner prima di rendersi conto della portata della sua affermazione. Troppo tardi si rese conto che non avrebbe dovuto dirlo…

“Davvero? Allora mi porti con te!” decise Pietro, senza esitazioni. Strinse più forte il braccio attorno alle spalle del dottore e gli rivolse un sorrisetto furbo. “Posso venire con te, non è vero, Doc? Ci tengo tanto, veramente tanto, mi porti con te? Per favore!”

Banner era totalmente sconvolto.

“Non so se sia il caso, Barnes sta male e forse…” provò a dire.

Inaspettatamente, Pietro lo abbracciò forte, causandogli un mezzo infarto.

“Lo sapevo che avresti detto di sì!” esclamò, soddisfatto. “Grazie, Doc, grazie davvero, sei sempre tanto gentile con me. Allora ci vediamo dopo!”

“Io veramente non…” cercò di dire Banner, ma il ragazzo era già sparito.

Pietro Maximoff ha un effetto strano su di me… possibile che non sia capace di rifiutargli niente? E va bene, domani lo porterò con me, troverò un modo per spiegarlo a Rogers. Steve è sempre molto comprensivo e non si offenderà, però… in che razza di situazioni mi mette quel ragazzo! Ed io non riesco mai a dirgli di no, è questa la cosa peggiore!

 

Bucky aveva dormito tranquillo per alcune ore e Steve si era occupato di preparare un pranzo leggero e nutriente per rimetterlo in forze. Quando, finalmente, il giovane Soldato aprì gli occhi, Steve era accanto a lui e lo guardava con un sorriso dolce.

“Hai riposato bene, per fortuna” gli disse con tenerezza. “Ti senti meglio?”

“Mi sento… strano” rispose Bucky, guardandosi attorno perplesso. “Cosa mi è successo?”

“Stanotte hai avuto la febbre molto alta, mi hai fatto preoccupare tantissimo” spiegò Rogers, accarezzandogli i capelli e scostandoglieli dal viso. “Il dottore che ti ha visitato ha detto che si tratta di un’infezione dovuta all’arto di vibranio, ti ha prescritto degli antibiotici e molto riposo. Guarirai presto, vedrai!”

Gli occhi del giovane si fecero sospettosi.

“Un dottore? Qualcuno è venuto qui?”

“Non preoccuparti, Bucky, si tratta del dottor Banner, è un amico fidato che fa parte degli Avengers, come me, Stark, Natasha… Ti ho parlato degli Avengers, ricordi? Non avrei mai lasciato entrare un estraneo, lo sai.”

Bucky annuì, tranquillizzato.

“Domani il dottor Banner tornerà a controllarti, così lo conoscerai di persona. E’ davvero un brav’uomo e… beh, insomma, anche lui ha avuto i suoi guai con il siero del Supersoldato” disse Steve. “Facciamo così: adesso ti porto il pranzo e mi metto qui anch’io a mangiare con te e, mentre pranziamo, ti parlerò un po’ di Banner e degli altri Avengers.”

Steve andò in cucina a prendere i piatti di entrambi: una semplice fettina di carne alla griglia con insalata. Quando tornò in camera, si accorse che gli occhi di Bucky erano lucidi di lacrime.

“Bucky, che cos’hai? Ti senti male?” chiese Rogers, preoccupato, mettendosi a sedere accanto al compagno.

“Sto bene, è solo che… Steve, tu sei sempre così dolce e paziente con me ed io…” mormorò il giovane, chiaramente commosso e intenerito.

“Bucky, non faccio niente di particolare” si schermì Steve, porgendo il piatto al Soldato. “Io ti amo e per me è naturale occuparmi di te. Del resto, tu hai fatto lo stesso per me, per anni, quando eravamo due ragazzini a Brooklyn. Ricordi quella volta in cui mi portasti in bicicletta a Coney Island?”

“Quando ci prendemmo tutto quel temporale lungo la via del ritorno?”  

Steve sorrise.

“Sono felice che tu non l’abbia dimenticato” continuò. “Eri preoccupato per me e mi copristi con la tua giacca, restando in maniche di camicia, avevi il terrore che io mi ammalassi!”

Anche Bucky si lasciò sfuggire un debole sorriso.

“Arrivammo a casa tutti bagnati, ma io mi ero infradiciato fino alle ossa… a te non successe niente, ma io mi presi una polmonite!” disse Bucky, proseguendo il racconto del compagno. “Rimasi a letto per quasi un mese, ma ero contento che tu non ti fossi ammalato: con la tua asma sarebbe stato molto più pericoloso…”

Steve, commosso, lo abbracciò e lo baciò a lungo, con dolcezza e affetto infiniti.

“Lo vedi che anche tu ti sei sempre occupato di me, Buck?” mormorò poi. “Io non sto facendo niente di speciale. Adesso mangiamo e ti racconterò qualcosa di più su Bruce Banner e gli Avengers.”

Così fecero. Bucky non aveva fame, ma si sforzò di mandare giù qualche boccone per non preoccupare Steve. Distratto dalla storia appassionante che l’amico gli raccontava a proposito delle sue missioni con gli Avengers e della drammatica vicenda di Banner/Hulk, il giovane Soldato riuscì a mangiare tutto quasi senza accorgersene, con grande soddisfazione di Steve.

“Vuoi dire che l’Hydra ha continuato con i suoi esperimenti su cavie umane anche dopo… di me?” domandò Bucky, sconvolto, quando Steve gli ebbe raccontato di Pietro e Wanda Maximoff e di come anche loro, adesso, facessero parte degli Avengers.

“In realtà i due gemelli si erano offerti volontari, non com’è accaduto a te” precisò Steve. “Però sì, Von Strucker ha proseguito gli esperimenti iniziati da Zola e Pierce. Tu non hai mai incontrato i Maximoff?”

Bucky scosse il capo.

“Io rispondevo a Pierce, mentre loro, a quanto pare, erano creature di Von Strucker” rispose. “Inoltre non avevo tante occasioni per fare amicizie a quel tempo… quando non ero in missione, mi ibernavano.”

Quelle parole amare colpirono al cuore Steve, che abbracciò stretto il suo Bucky e lo baciò in fronte.

“Non pensarci più, quello è il passato. Adesso siamo insieme” gli sussurrò.

“Lo so, e so anche che non potrei essere qui con te ora se… se non avessi passato quelle esperienze. Per cui… beh, ne valeva la pena!”

Steve lo strinse più forte e un lungo bacio unì i due giovani.

Bucky era sincero: nonostante le terribili sofferenze patite, sapeva che era solo grazie agli esperimenti dell’Hydra se era sopravvissuto e adesso poteva trovarsi accanto a Steve.

In fondo al cuore, il giovane Soldato era contento anche di essersi ammalato, perché questo significava potersi abbandonare totalmente alle premure affettuose di Steve.

Ma, questo, non l’avrebbe mai ammesso apertamente!

 

 

FINE

   
 
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