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Autore: PinkBiatch    06/08/2015    0 recensioni
Non posso certo biasimarti perché non hai sentito quel tuono, in quel giorno di settembre, la prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati. E non posso biasimarti se non hai mai sentito niente quando eri con me.
Però volevo che tu sapessi che quel tuono io l'ho sentito, e continuo a sentirlo sempre, ogni volta che ti vedo, anche solo di sfuggita.
[...]
Nemmeno adesso pretendo di conoscere l'amore, conoscerne i meccanismi e tutte le sensazioni. Ma conosco il colore dei tuoi occhi alla perfezione, e le espressioni che fai quando sei felice, triste, arrabbiato o preoccupato. So capire quando dormi o quando stai soltando riflettendo ad occhi chiusi, perché quando non dormi ti rimane una piccola ruga tra le sopracciglia. So riconoscere la tua risata in mezzo a milioni di risate, e la tua camminata. Ed ho anche capito qual è la tua maglia preferita, e so quali pantaloni ti stanno meglio di tutti.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Buongiorno, fiorellino!” Mi disse Liam avvicinandosi a me appena varcai l'ingresso di scuola.

“Buongiorno, Payno. Perché sei così pimpante?”

“Non posso essere felice, ogni tanto? Devo sempre tenere il muso come te?”

“Io non tengo mai il muso, sono solo stanco. E' già la seconda notte che dormo poco e male.”

“Mi dispiace per te, caro, ma qua ho qualcosa che potrebbe farti perdere del tutto il sonno.”

“Caffè?”

“No. Una festa.”

“Non mi piacciono le feste, ci sono sempre troppi ubriachi..” protestai debolmente avvicinandomi al cortile per uscire a prendere un'ultima boccata d'aria. Fortunatamente quella mattina ero riuscito a salire sul primo autobus, e se anche significava non incontrare Louis, almeno adesso potevo oziare un po' nel cortile prima di dover entrare in classe.

“Ma questa volta ci sarà l'Ubriaco per eccellenza.” Fece lui, con aria altezzosa.

“Guarda che non ti accompagno.” Gli risposi, alzando gli occhi al cielo.

“Non sono io, cretino!”

“E allora chi è? Hai una cotta per qualcuno anche tu e questo qualcuno sarà alla festa?” Risi di gusto vedendo la sua espressione.

“No! Quanto sei bisbetico, Harry.”

“Sono le sette di mattina, Payno, sai com'è”

“Ma almeno fammi parlare!” Sospirò, per poi riprendere a parlare solo dopo essersi accertato che non gli avrei risposto, “A questa festa ci sarà anche Louis.”

“Cosa?” Di colpo ero sveglio, vigile, attento, interessato ed ogni minima parte di malumore era scomparsa da me.

“C'è Louis alla festa. Sabato. La organizza la Calder.” Usò il tono che usava sempre quando sapeva di essere superiore alla persona con cui stava parlando, almeno sull'argomento di cui stavano discutendo.

“Parli di Eleanor?” Cercai di sembrare disinteressato, ma ovviamente il fatto che avessi scoperto il cognome della migliore amica di Louis mi tradiva.

“Non sono l'unico che ha fatto ricerche, vedo.” Io arrossii.

“Ma come pensi di arrivarci a questa festa se non siamo stati invitati?” Cercai di sviare il discorso.

“Non lo so. Magari userò il mio fascino su di lei e raccatterò un invito dell'ultimo momento.”

“Non credo le piacerai...”

“Mi stai offendendo?”

“Sto dicendo che le piacciono altri tipi, come me.”

“Te?!”

“Ieri mattina sull'autobus ha attaccato bottone con me..”

“E quando pensavi di dirmelo?”

“Scusa, Liam, non ci ho più pensato.” Mi ero seriamente dimenticato di parlargli dell'autobus?

Seguì un resoconto molto dettagliato degli eventi del giorno prima, e quando finii per la prima volta Liam non aveva parole.

“Che c'è? Non dici niente?” Chiesi dopo un po', guardandolo.

“Intanto sono allibito dal fatto che tu non mi abbia detto niente, e poi... il comportamento di Tomlinson è un po' strano. Prima fa tutto il carino, arrossisce quando ti cade addosso, si presenta, ti difende dalla sua amica e di colpo comincia a fissarti solo quando tu non lo guardi e a distogliere lo sguardo o incenerirti quando anche tu lo guardi.”

“Mi congela.”

“Cosa?”

“Mi congela con lo sguardo, non mi incenerisce.”

“Oh! Mi ero quasi dimenticato la storia del Principe del Ghiaccio” mi disse allora lui, ridendomi apertamente e sguaiatamente in faccia mentre arrossivo.

“Ho detto anche questo?” Chiesi, rassegnato.

“Già.”

“E che tu sappia la storia si sta spargendo per la scuola?”

“Potrebbe, ma non ne sono sicuro. Sarei capace di indagare se tu non mi portassi sempre negli angoli più remoti della scuola per parlare.”

La campanella suonò, e così dovetti abbandonare uno dei miei preferiti angoli remoti della scuola per andare in classe, con Liam dietro che protestava perché eravamo di nuovo in ritardo e, secondo lui, di nuovo per colpa mia.

Pensai che dovesse essere il mio giorno fortunato quando una ragazza si scontrò con Liam.

Lo pensai decisamente quando alzò lo sguardo e vidi Eleanor Calder.

“Oh, Harry!” Sorrise vedendomi, mentre si affrettava a raccogliere i libri da terra con l'aiuto di Liam, che cercava di scusarsi nonostante non fosse colpa sua.

“Ciao”, le dissi io, cercando di non sembrare ostile ma nemmeno troppo socievole rispetto al giorno prima.

“Certo che hai un sacco di amici carini!” Squittì mentre guardava Liam e gli sorrideva, e lui, imbarazzato ed orgoglioso allo stesso tempo si voltava verso di me come per dire “te l'avevo detto”.

La conversazione morì lì, a parte un minuscolo “grazie” di Liam, che immagino lei non avesse nemmeno sentito, ed io mi sentii in dovere di fare l'idiota come sempre.

“Ho sentito che darai una festa!” Le dissi, sorridendole bonariamente per ingraziarmela.

“Sul serio?” Chiese lei, avvicinandomi e cominciando a parlare sottovoce. “Chi te l'ha detto?” Stava cominciando a mettermi paura.

“Io l'ho.. letto.” Cercai di dire, mentre guardavo Liam per chiedere aiuto e lui si limitava a scuotere la testa, rassegnato.

“Ma l'evento è ancora privato su Facebook! Mi devi dire esattamente come hai fatto a scoprirlo.”

“Io non... io credo di....” cominciavo a sudare, “penso di aver sentito qualcuno dire di averlo letto.”

Lei doveva essere veramente stupida, perché ci cadde e mi chiese da chi l'avessi sentito dire.

Fortunatamente, prima che potessi dire qualcos'altro, passò il mio Principe del Ghiaccio.

“El, non hai già importunato abbastanza questo povero sfigato?” Che delicatezza.

“Harry,” disse lei, ammiccando nella direzione di Louis, “mi stava presentando il suo amico Liam. Vero, Harry?” Chiese poi rivolgendosi a me con uno sguardo complice.

“Certo.” Annuii io allora, cercando di rimanere serio e di non fissarlo troppo mentre se ne stava lì, davanti a me con quegli occhi mozzafiato.

“Dovresti smetterla di molestare tutti questi ragazzini.” Fece allora, cercando di sembrare severo mentre stava solo scherzando.

Ed ecco il lato buono del lupo cattivo.

Senza dire altro si allontanò, facendo cenno ad Eleanor di seguirlo, ma lei gli disse di avviarsi e che sarebbe arrivata in un attimo.

“Comunque la festa c'è davvero,” mi sussurrò, “se mi lasci il tuo numero ti mando un messaggio con le informazioni appena deciderò esattamente tutto, okay?”

“Va bene,” annuii io, sorpreso dalla confidenza che mi riservava, come fossimo ottimi amici, “Ma cosa si festeggia, esattamente?”

“E' una festa di benvenuto a Louis, è per questo che deve essere segreto fino all'ultimo.”

Io arrossii violentemente solo sentendo il suo nome, e poi intervenii:

“Non credo di andargli troppo a genio, non so se è il caso che venga...” Liam mi fulminò con lo sguardo.

“Ma certo che gli vai a genio, ricciolino! Se fosse buono con te dovresti preoccuparti molto di più.”

“Cosa intendi?” Le chiesi, incerto, fingendomi disinteressato.

“Te lo direi, ma devo seriamente scappare! Ci sentiamo!”
“Non ti ho dato il numero!” Le gridai, prima di vederla sparire dietro l'angolo del corridoio.

Lei riemerse e mi urlò un “ci vediamo a ricreazione allora” per poi sparire definitivamente.

Anch'io mi affrettai ad entrare in classe prima che Liam cominciasse ad urlarmi contro, cosa che avrebbe sicuramente fatto.

Nonostante fossimo in classe, niente gli impedì, purtroppo, di cominciare a sgridarmi come un'adorabile mammina.

“Ma che ti è saltato in mente?!” Urlò e sussurrò contemporaneamente nella mia direzione.

“Io non potevo sapere quanto avessi indagato!”
“Non credi che anche tu avresti visto l'evento su Facebook se fosse stato pubblico visto che hai spiato anche il profilo della Calder?”
“Non ci ho pensato, Liam, scusami!”

“Payne e Styles! Devo per caso farvi spostare di banco come i bambini di sei anni per far sì che prestiate attenzione alla mia lezione?!” Gridò il professore, fulminandoci con lo sguardo.

“Ci scusi, professore, non accadrà più.” Intervenne allora Liam, sistemandosi sulla sedia e cominciando a ricopiare le cose che il professore aveva scritto alla lavagna.

Cercai più e più volte di parlargli, ma lui si voltava solo per intimarmi di tacere per poi tuffarsi di nuovo nei suoi appunti.

Decisi allora di cominciare a scrivere sul suo diario per far sì che leggesse ciò che scrivevo.

Sarà una festa per Louis! Non credi sia un po' azzardato andarci?

Lui mi tolse il diario di mano, scocciato, ma quando lesse ciò che avevo scritto fu impietosito dal mio stato di tredicenne con la prima cotta e decise di rispondermi.

Lo adoravo quando diventava accondiscendente.

No che non lo è, Eleanor ha invitato anche me e penso che inviterà un sacco di persone.


 

Come credi che reagirà Louis vedendomi?


 

Magari s'innamorerà perdutamente.


 

Non sono così cretino da non accorgermi che mi stai prendendo in giro, Liam.


 

Buon per te allora.


 

Credi che mi noterà mai?


 

Ti ha già notato. Si ricorda addirittura che sei uno sfigato!


 

Puoi essere carino con me come sempre? Ti ho anche trovato la ragazza.


 

No, perché so che il professore ci beccherà di nuovo e quello che va male in chimica sono io, quindi ci ri


 

Liam non finì mai il suo discorso, perché, come aveva appena previsto, il professore ci sgridò di nuovo.

Stavolta, però, venne da noi a passo deciso e prese il diario di Liam.

Cazzo.

Di tutte le volte che avrebbe potuto beccarci.

Di tutte le cose di cui avremmo potuto parlare.

Louis.

Stavamo parlando di Louis Tomlison e la festa a sorpresa che la sua migliore amica stava organizzando per lui, quella che lei mi aveva raccomandato di mantenere segreta.

Ed io avevo parlato come una gatta in calore.

“Pensi che mi noterà mai?” Ma quanto posso essere deficiente a volte?!

“Styles”, ridacchiò il professore dopo aver letto velocemente ciò che io e Liam ci eravamo scritti, “sei sfortunato. Dopo tutti questi anni so riconoscere la tua calligrafia.”

“Professore, la prego...”

“Non sono certo il tipo di persona che ne prende in giro un'altra per l'orientamento sessuale, ma giuravo di averti visto con qualche ragazza in giro. A meno che tu non volessi scrivere Louise...”

Io ero completamente bloccato.

Incapace di dire o fare qualsiasi cosa.

Incapace di smentire, piangere, urlare, incazzarmi, qualsiasi cosa.

Liam, accanto a me, si limitò a stringere la mia gamba per tranquillizzarmi, forse, o per paura che esplodessi contro al professore.

Avrei potuto pensare ad una risposta da dargli che l'avrebbe fatto sentire una merda, ma non mi venne in mente niente.

Così rimasi seduto, immobile.

Smisi anche di respirare.

Era decisamente troppo.

Due volte in due giorni, la stessa storia.

E ormai lui l'avrebbe saputo.

“Quanti di voi andranno alla festa in onore di... Louis?” Chiese il professore all'intera classe.

Bene, benissimo. Ci mancava solo questo.

I miei compagni di classe, invece di difendermi, salvarmi o che so io, ridacchiarono e bisbigliarono tra loro soltanto, senza proferire parola sulla festa di cui, ovviamente, non sapevano niente.

“Qua c'è scritto che inviterà un sacco di persone!” Continuò il professore, noncurante del mio colorito che diventava sempre più rosso.

“Professore, la festa doveva essere un segreto.” Ebbe il coraggio di farfugliare Liam debolmente.

“Payne, tu vai male in chimica.” Rispose freddo il professore, arrabbiato con Liam per avergli tolto il divertimento.

“Lo so, signore.” Ebbe il coraggio di rispondere lui, la voce tremante.

“Quindi, invece di andare a quella festa e di rispondere alle paranoie da ragazzina del tuo amico, perché non pensi a studiare?” Gli urlò contro il professore, sbattendo il diario di Liam sul suo banco per poi tornare verso la cattedra.

Liam era rosso in viso per l'umiliazione, sia la mia che la sua, se ne stava seduto composto, a fissare il vuoto con gli occhi che diventavano lucidi.

Mi maledissi, perché di nuovo era tutta colpa mia.

E decisi che prima o poi l'avrei fatta pagare a quel cazzo di professore.


 


 


 


 


 

Liam, in fondo in fondo, era sempre stato debole. Fin da bambino, coi suoi mille problemi di salute. Era stato debole quando l'avevano ferito, da bambino, solo a rispondere a mille offese, a fronteggiarle, a fingere che non gli importasse finché non arrivava a casa e cominciava a piangere.

Non aveva mai avuto grandi amicizie, solo qualcuno che l'abbandonava prontamente quando cominciava ad essere preso di mira quanto lui.

Due anni fa, finalmente, io avevo trovato lui e lui aveva trovato me. E alla fine, insieme, eravamo riusciti ad uscire dal tunnel e nessuno adesso insultava più Liam.

Ce l'avevo fatta, ce l'aveva fatta, ce l'avevamo fatta insieme.

Da quando il nostro rapporto aveva cominciato a rafforzarsi, anche lui l'ha fatto. Ed io ho scoperto una cosa: Liam non era forte per se stesso, ma lo era per gli altri.

Sapeva cosa volesse dire stare solo a fronteggiare tutto quello che ti potesse accadere di male, ed è per questo che era un amico tanto leale: nonostante avesse potuto incazzarsi col mondo e decidere di isolarsi ulteriormente, lui ha deciso di aiutare le persone.

Ha deciso di continuare a credere nella bontà degli esseri umani, ed ha deciso di volerla cercare, quando essa non veniva fuori.

Ma ogni tanto trovava altra cattiveria, come quel giorno di inizio settembre.

E non esserci più abituato gli faceva ancora più male.

“Sembra sempre che le cose stiano finalmente andando per il meglio, e poi torna tutto di nuovo”, diceva tra un singhiozzo e l'altro, “non ce la faccio, Harry. Non posso chiudermi a piangere in bagno come le femminucce solo perché un professore mi ha urlato contro. Non posso.”

“Il professore non può urlarti contro, ma tu puoi starci male. Vuol dire che sei sensibile, niente di più. E' un bene, riuscire ad avere dei sentimenti e a non nasconderli.” Cercai di consolarlo mentre se ne stava seduto sulla tazza del bagno fuori uso.

“Sono debole, debole, debole”, continuava a dire, con la testa tra le mani.

“Non sei debole. Il fatto che tu riesca ad avere delle emozioni e ad esternarle significa che sei forte, Liam. Sei la persona più forte che conosca.”

“Ma a che serve essere forti se poi continuo a piangere così?”

“Serve a me e a tutte le persone che ti circondano. Mi serve vederti ogni mattina, quando cerchi di sorridere anche se tutto ti va male, mi serve che ogni tanto tu mi faccia da balìa e mi fermi prima che rovini tutto, mi servi quando mi aiuti a controllarmi, quando mi servi a stare meglio. E non riusciresti a fare tutte queste cose se tu non fossi forte, ed io non ti ascolterei se non ti avessi visto piangere.”

“Tutto questo non ha senso.”

“Sai cosa non ha senso?”

“Cosa?”

“Piangere per un cretino e fare tardi alla lezione successiva.” Dissi allora io con tono risolutivo, mentre prendevo il suo braccio e lo tiravo per farlo alzare.

“Posso dire alla professoressa che sto poco bene?” Chiese, come un bambino piccolo, mentre si alzava a testa bassa.

“Certo che puoi. Tanto quella ti ama. Vuoi che ti accompagni?”

“No, Haz, non importa.”

Ci avviammo verso la classe ed entrammo, Liam chiese di poter andare in infermeria perché si sentiva poco bene e si scusò per il mio ritardo, perché non l'avevo lasciato solo dopo aver visto che si sentiva poco bene.

La professoressa sorrise a Liam, che era in assoluto il suo preferito, e mi fece cenno di sedermi.

“Che cosa aveva?” Mi chiese una volta che io mi fui seduto e che Liam ebbe chiuso la porta alle sue spalle.

“Ha avuto un diverbio col professore di chimica.”

“E' successo qualcosa di grave?” Si informò, sinceramente preoccupata.
“L'ha umiliato.” Dissi io, deciso, sperando che lei riuscisse a parlarci e a dirgli qualcosa in merito che lo facesse sentire anche minimamente in colpa.

“Ci parlerò io.” Fece infatti prontamente, prima di ricominciare la lezione da dove io e Liam l'avevamo interrotta.


 


 


 

Dopo venti minuti di lezione, la professoressa mi chiese di andare a vedere come stesse Liam e mi dette il permesso, se avessi visto che stava ancora molto male, di rimanere con lui fino alla fine dell'ora.

Io colsi l'occasione al volo ed uscii, avviandomi di corsa verso l'infermieria.

La mia corsa fu interrotta bruscamente da un'altra figura che era sbucata da un corridoio laterale e che mi era finita inevitabilmente addosso.

“Scusa”, farfugliai io alzandomi da terra.

L'altra persona non rispose, ed io alzai lo sguardo per vedere chi fosse.

Ovviamente, chi poteva essere se non Louis Tomlison?

Aspettai che dicesse qualcosa, ma non accennava né ad andarsene né a spiccicare parola, né tantomeno a guardarmi negli occhi. Fingeva di essere impegnato a spazzolare la polvere inesistente dai suoi jeans.

Così “Scusa,” ripetei, questa volta più forte, “non pensavo di incontrare nessuno.”

“Non ti preoccupare”, mi rispose allora lui, che sembrava un po' scosso.

“Ti sei fatto male?” Chiesi allora prontamente.

“No, non penso. Ho solo urtato il ginocchio, ma non penso sia grave. Forse ci verrà un livido” mi sorrise amichevolmente, incrociando finalmente il mio sguardo e “che ci fai da queste parti?” mi chiese.

“Liam non si è sentito tanto bene, così stavo andando in infermieria per controllare che fosse tutto apposto.” Dissi, ricambiando il sorriso e cercando di mettere bene in ordine le parole e non dire qualche stronzata.

Stavo per allontanarmi, divorato dall'imbarazzo, quando mi accorsi che c'era un taglio sulla sua fronte che cominciava a sanguinare.

“Io... Louis”, lo guardai, indicando la sua fronte. Lui sembrò prendere la scossa quando pronunciai il suo nome, ma io proseguii, “la tua fronte sta sanguinando.”

“Cosa?” Chiese lui allora in preda al panico, portandosi una mano alla fronte.

Dopo aver visto il sangue che gli era rimasto sulle dita dopo quel breve contatto, mi guardò per un istante e poi sussurrò solo “ho paura del sangue”, prima di cadere a terra.

Io lo raccolsi un attimo prima che anche la sua testa sbattesse contro il pavimento, e, prendendolo in collo, lo portai velocemente in infermieria.

“E' svenuto!” Quasi gridai mentre lo adagiavo con estrema cura sul lettino, quasi potesse rompersi da un momento all'altro.

La signora che si stava occupando di Liam e Liam stesso si alzarono per venire a vedere e mi chiesero spiegazioni.

“Ci siamo scontrati in corridoio e a lui ha cominciato a sanguinare la testa e poi è svenuto” dissi io, di fretta, agitato.

Era la prima volta che eravamo da soli e lui era svenuto. Bella roba.

Vidi Liam chiamare l'ambulanza e non capii, era solo un taglietto ed era svenuto perché spaventato, che bisogno c'era di chiamarla? Provai a fermarlo, ma era già troppo tardi.

“Aiuto, sì, c'è un'emergenza, un ragazzo sta sanguinando dalla testa ed è svenuto!” Lo sentii dire, anche lui agitatissimo.

Oh, dio santo. Cosa avevo appena detto?

“Liam”, gli dissi appena ebbe attaccato, ma lui non mi rispose, troppo preso da Louis. “Liam!” Gridai allora, quando vidi Louis aprire gli occhi.

“Resta con me, resta con me” gli diceva Liam, che poi si rivolse a me, “Che fai lì impalato? Aiutami! Quello dell'ambulanza ha detto di tenerlo sveglio!”

“Liam, è svenuto perché ha paura del sangue!” Gli gridai allora, guadagnando la sua attenzione.

Lui si voltò verso di me e, “Cosa?” Chiese, smettendo di fissare Louis e cominciando a fissare me.

“Ha solo un taglietto in fronte, vedi?” Gli dissi, pulendo la ferita e mostrandogli un tagliettino minuscolo.

“Ma io ho...” Cominciò a guardarsi intorno, spaesato, “ho appena chiamato l'ambulanza per un taglietto sulla fronte!”

“Che sta succedendo?” Gridò allora Louis.

Io spostai Liam e mi avvicinai al suo fianco, tentando di spiegargli cosa fosse successo.

“Santo cielo”, fece lui appena ebbi finito, “sta arrivando un'ambulanza a prendermi?”

E nello stesso momento sentimmo delle sirene e in qualche secondo una squadra di paramedici fece irruzione nell'infermeria.

“Chi è che sta male?” Chiese un ragazzo alto, entrando e squadrandoci.

“Io, suppongo” disse Louis, fattosi piccolo piccolo nel suo letto.

“Ma non era...?” Fece allora un altro paramedico.

Lasciai che Liam spiegasse la situazione, e quando ebbe finito i paramedici vollero comunque esaminare Louis.

“Senti, ormai siamo qua” sentii dire dal primo che aveva parlato, “che ne dici se ti portiamo in ospedale, così siamo certi che tu non abbia una commozione celebrale? Dopotutto non si può mai sapere con certezza, hai sicuramente sbattuto la testa anche quando sei svenuto.”

“No,” intervenni io allora, “l'ho preso prima che cadesse.”

Louis mi guardò e mi sembrò quasi grato, e questo mi fece arrossire, così mi voltai perché non lo notasse.

“Che facciamo?” Sentii un paramedico chiedere all'altro.

“Non ne ho idea. Alla fine il ragazzo mi sembra apposto, non vedo perché dovremmo portarlo in ospedale se non ha niente.”

Decisero di andarsene, lanciando sguardi torvi sia a me che Liam mentre uscivano dalla stanza.

“Grazie” sentii allora Louis dire nella mia direzione.

Io mi voltai e mi avvicinai di nuovo al suo lettino, mentre Liam si metteva in disparte per lasciarci soli.

“Non devi ringraziarmi, anzi, scusa per il casino con l'ambulanza.” Dissi io, cercando di nascondere il rossore.

“Non parlavo solo di questo..”

“E di che parlavi, allora?”

“Della festa. La voce si è sparsa in fretta e così ho saputo cosa vuol fare El, non potrò certo proibirle di farla ma... almeno sarò preparato.”

“La voce...” cominciai ad arrossire, e stavolta non c'era nessun modo per nasconderlo. “Che voce si è sparsa, esattamente?”

Louis sembrò capire dal mio tono, così cercò di far finta di niente, sebbene mi fossi accorto benissimo del sorriso che gli era spuntato quando gli avevo posto quella domanda. “Solo della festa. Perché, c'è altro che debba sapere?”

“No, no. Affatto.” Dissi, con poca convinzione. Perché ero così pessimo a mentire?! “Eleanor lo sa?”

“Sì, ma le ho già parlato proibendole di seppellirti o bruciarti vivo” rise, e dopo un momento di silenzio imbarazzato aggiunse “e anche di bandirti dalla festa.”

“Guarda che non è necessario, alla fine io non ti conosco...”

“Hai evitato che sbattessi la testa cadendo” disse allora lui sicuro, cercando inutilmente di mettermi a mio agio.

“Beh, ma tu le hai proibito di bandirmi già da prima.” Aggiunsi io, pensando alle mie parole nel momento stesso in cui le pronunciavo. Perché glielo aveva proibito?

Stavolta fu il suo momento di arrossire, “Mi stavi simpatico”, disse, tenendo lo sguardo basso, “E poi non posso già cominciare ad odiare tutti qui dentro, no?”

“Immagino di no”, gli sorrisi io, notando Liam alle sue spalle che mi faceva l'occhiolino.

“Qualcuno di voi ha intenzione di tornare in classe?” Chiese allora l'infermiera che se ne era stata in disparte fino a quel momento, lanciando sguardi severi a tutti e tre.

“Penso che andrò io”, disse Liam allora.

“Sei sicuro di stare bene?” Gli chiesi, premuroso, sentendomi in colpa per non averlo degnato nemmeno di uno sguardo.

“Certo che sì”, disse, sfoggiando il suo sorriso migliore, “Se Louis ha intenzione di rimanere qua puoi fargli compagnia, parlerò io con la professoressa” mi assicurò, facendomi di nuovo l'occhiolino.

“Ma abbiamo letteratura...” protestai debolmente.

“Tanto il tema l'hai già consegnato, no?” Fece allora Liam, guardandomi in cagnesco.

“Okay, okay.” Mi voltai verso Louis, “Pensi di stare un altro po' qua?” Gli chiesi.

“Immagino che me ne approfitterò un po', sì.” Disse allora sorridendo e mettendosi a sedere sul lettino.

“Posso approfittarne anch'io?” Chiesi, timido.

“Certo.” Acconsentì lui, indicando una sedia nella parete di fronte a lui.

Io lo presi come un invito a sedermi, e così lo feci, mentre Liam usciva salutandoci un'ultima volta. Louis, però, mi fece cenno di avvicinarmi a lui.

“Almeno fingi di farmi compagnia!” Scherzò, mentre mi avvicinavo portando la sedia con me al fianco del suo lettino.

Cominciò a fissare l'infermiera finché non si sentì di troppo e se ne andò da un'altra parte, farfugliando qualcosa sui giovani ingrati.

“E così ti sei trasferito” attaccai bottone io quando la donna corpulenta uscì dalla porta.

“Già” disse semplicemente, facendomi credere che avrebbe aggiunto altro.

Quando mi accorsi che non avrebbe detto altro, mi sforzai a fare altre domande.

“Perché ti sei trasferito?” Accennai, mentre cercavo di incrociare di nuovo il suo sguardo. “Sempre che tu voglia dirmelo” aggiunsi poi in fretta quando mi accorsi che sembrava scocciato dalla mia domanda.

“Non ho troppa voglia di parlarne, in effetti, no. Scusa, Harry.”

Rimasi pietrificato dal modo in cui la sua voce fredda riusciva a sembrare più calda mentre pronunciava il mio nome, dal modo in cui le r si arrotolavano l'una sull'altra, dall'intonazione tutta sua che usava per pronunciarlo.

Ci furono un paio di minuti di silenzio, dopo. Forse eravamo troppo timidi, o forse troppo assorti nei nostri pensieri per dire qualsiasi cosa.

Decisi di rovinare tutto, come sempre.

“Puoi darmi il numero di Eleanor?” Cercai di giustificarmi con me stesso dicendo che lei voleva il mio numero, ma ormai la ricreazione era passata e così non avrei più potuto darglielo, ed io dovevo avere più informazioni sulla festa. E poi, a lui non sarebbe importato.

“Cosa?” Sembrò non capire lui, da principio. Non era una domanda, sembrava l'avesse chiesto più a se stesso che a me. Non risposi ed aspettai che fosse lui a parlare. “Certo, sì. Tieni pure.” Disse, allungandomi il telefono.

Era stata salvata in rubrica come “El” con tante emoji coi cuori e le stelline ed una corona da principessa. Stavo per ridergli in faccia, ma mi trattenni e trascrissi il numero sul mio telefono.

Sarei stato tentato di prendere anche il suo, ma lui parlò ed io avevo troppa paura che mi scoprisse, così non lo feci.

“Non pensavo che El fosse il tuo tipo.” Disse, continuando a guardare nel vuoto, le sopracciglia aggrottate.

“Oh, no, non lo è. Mi aveva chiesto il numero per aggiornarmi sulla festa, avevo detto che glielo avrei dato a ricreazione ma la ricreazione è passata, e così...” Vederlo con quello sguardo mi faceva sentire come se avessi sbagliato qualcosa, e questo mi faceva essere ancora più impacciato del solito, facendo sembrare tutto una scusa, quando non lo era.

“Beh,” disse alzandosi e lanciandomi un ultimo sguardo disinteressato, “avresti potuto chiedere il mio, ma questo fa capire molte cose. Ci metterò una buona parola, buona fortuna!”

Non si voltò più indietro, e la sua espressione era quasi sofferente.

Che fosse geloso di Eleanor? Che avesse paura che gliela rubassi?

Ma sì, Harry, sii ancora più idiota. Corrigli dietro e spiegaglielo.

“Senti!” Gli urlai dietro mentre lo rincorrevo.

Lui si voltò, squadrandomi dall'alto al basso. “Non hai ancora imparato a non correre nei corridoi, specialmente quando ci sono io in giro?”

“Oh, io...”

“Stavo scherzando, riccio, che volevi dirmi?”

Riccio.

Mi sentii avvampare.

“Che non importa che tu sia geloso di Eleanor, a me lei davvero non interessa, puoi farti avanti quando vuoi!”

Lui scoppiò a ridere tanto da doversi tenere la pancia e stette almeno due minuti piegato in due, poi si raddrizzò e mi passò un braccio intorno al collo mentre io mi sentivo bruciare dentro.

“Ci sono un po' di cose che devo spiegarti, Styles, ma sono ancora troppo poco ubriaco per farlo. Cercami, sabato, e ti spiegherò.” E se ne andò senza aggiungere altro, lasciandomi in quel corridoio deserto a cercare una spiegazione ad almeno una delle cose che mi aveva detto durante quella folle mattinata.

Mandai un messaggio a Liam intimandogli di uscire subito di classe, troppo scosso per rientrare e desideroso di parlargli prima che l'emozione mi facesse dimenticare qualcosa che mi aveva detto, rendendo il mio resoconto ancora più confuso.


 


 

“Ti ha detto di cercarlo sabato quando sarà ubriaco?!” Chiese sbigottito Liam, guardandomi e fermandosi di colpo.

“Sì. Cosa pensi che volesse dire? Pensi mi volesse picchiare per marcare il territorio?” La mia domanda fece sì che Liam scoppiasse a ridere, se possibile ancora più forte di Louis quando gli avevo detto di potersi tenere Eleanor. “Perché oggi mi ridete tutti in faccia e non mi spiegate mai perché?!” Protestai allora io a gran voce.

“Dammi un attimo per riprendere fiato e ti spiegherò ciò che vuoi”, disse Liam, il fiato reso corto dalle grasse risate mentre mi prendeva sottobraccio e mi portava nel cortile.

“Ti ha detto così perché è chiaramente gay e chiaramente interessato a te” mi spiegò saccente una volta che fummo fuori, accendendosi una sigaretta.

“Non ci credo, non dire cazzate.” Dissi io, mettendo il broncio pensando che mi prendesse in giro.

“Non ti sto prendendo in giro, Haz, è proprio gay.”

“Ne sei sicuro?”

“Ha paura del sangue, dai!”

“Conosco un sacco di ragazzi che sono etero ed hanno paura del sangue!” Protestai allora io.

“Ma lui non è uno di questi, rassegnati. Chissà che ti farà sabato...”

“Liam!” Gli tirai un pugno debole sulla spalla, e lui finse di farsi male, come sempre.


 

Nota: mi scuso per il ritardo, avevo pensato di aggiornare una volta a settimana ma purtroppo sono stata confinata in un posto sperduto in montagna e non avevo abbastanza connessione per aggiornare. Questo capitolo non mi convince particolarmente, anche perché è un capitolo molto di passaggio e più in chiave comica per altro, però è necessario per capire la storia e quindi deve starci. Ringrazio tutti quelli che hanno letto, la recensione e chi ha messo la storia fra seguite/ricordate o quel che è. Grazie mille davvero, spero di non deludervi! (Credo che aggiornerò un'altra volta nei prossimi giorni, perché non vedo l'ora di pubblicare l'altro capitolo e perché sono già abbastanza avanti, quindi, se vi interessa, controllate nei prossimi giorni)

All the love x

Rachele

  
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