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Autore: B Rabbit    07/08/2015    0 recensioni
{ Buon primo giorno della Laven week a tutti }
E un ragazzo arrivò in quel posto etereo, penetrò la bolla di silenzio in cui era racchiuso quel frammento di creato canticchiando una melodia spensierata, resa amara dalla voce che la modellava.
#prompt picnic, a caso
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Laven Week 2015'
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È buono, sai?




Nuvole adirate coprivano con il loro manto bigio l’insolente volta, indignate da quell’azzurro brillante, limpido come la contentezza racchiusa nei cuori degli infanti, spandendo così sul florido prato sottostante una debole, pacata ombra, lacerata da qualche fascio dorato che illuminava le tenere, candide corolle nate fra quei fili verdi. L’odore della pioggia caduta riempiva il luogo, istillando pace e malinconia nelle anime di chi sarebbe presto giunto.
E un ragazzo arrivò in quel posto etereo, penetrò la bolla di silenzio in cui era racchiuso quel frammento di creato canticchiando una melodia spensierata, resa amara dalla voce che la modellava. Fra le braccia nude, stringeva a sé un cestino un po’ logoro con la medesima delicatezza di una madre, quasi cingesse una vita, un qualcosa di prezioso – imperdibile, come dimostravano le leggere, inconsce carezze fatte con il pollice sulla superficie in vimini –.
Un sorriso curvava armoniosamente le labbra di un delicato rosa corallo, e gli occhi parevano un cielo simile a quello del mondo, ma impreziosito dalla luce dell’entusiasmo.
Appena notò la persona che cercava, lì su quella collina come ogni anno, il giovane uomo scattò in avanti come frustato da qualcosa e corse verso il protagonista dei suoi pensieri.
«Scusa!» urlò quasi nella foga della corsa, bruciando la distanza residua con dei passi affrettati. «E sì, non dirlo, sono in ritardo» aggiunse poi, e si sedette sul soffice prato – una debole risata zampillò dalla sua bocca appena avvertì le ultime gocce di pioggia baciargli la pelle delle gambe –.
Con testa china, unì le mani davanti a sé e si scusò nuovamente a gran voce, ma subito dopo sollevò il capo, mostrando un buffo cipiglio. «Non ridere, stupido!» si lamentò. «Ho avuto qualche problema con il nostro pranzo!» dichiarò, ma gli angoli della sua bocca si arcuarono pian piano all’insù, e una risata si librò cristallina dal suo animo. «Scemo…» aggiunse infine, la voce debole, fragile. Allungò il braccio e, con mano socchiusa, sfiorò il viso dell’altro, il collo. Tutta la sua figura, trattenuta in una piccola e limitata fotografia, che silenziosa e gelida lo fissava, incastonata in quel pezzo di roccia bianca. «Scusa il ritardo, Lavi» mormorò Allen, premendo la mano aperta contro la lapide - trovò in quella cornice il suono delle sue risate, l’affetto sotto i suoi soliti scherzi e il bisogno dei semplici tocchi, dei suoi abbracci improvvisi e dei sussurri con cui gli augurava la buonanotte –.
Socchiuse la mano finché non fu il debole pugno a toccare la lapide, per poi allontanarlo da essa.
Sospirò. Sorrise.
«Credo che questa volta siano venuti meglio» dichiarò, una goccia di orgoglio diluita nella fiele che gorgogliava nel suo petto, nel cuore perennemente vuoto. Aprì il vecchio cestino – lo stesso che i due usavano anni fa nei tempi sfioriti, durante gli studi, gli incontri romantici; il vecchio cestino che rimase in soffitta appena Lavi partì lontano a causa della guerra, per proteggere non la sua terra, ma esclusivamente il suo angelo –.
«Tadàn!» esclamò gioioso, mostrando al silenzio una vaschetta colma di strane, piccole polpette bianche, avvolte in un generoso abbraccio di sciroppo ambrato. «Questa volta sono tondi, vedi? L’aspetto promette bene…» e, portandosi uno spiedino alla bocca, assaggiò un dango. Sgranò gli occhi appena scoprì quanto fossero duri e faticosi da masticare. Mugolò ad ogni movimento della mandibola, ad ogni morso, chiedendosi cosa avesse sbagliato o dimenticato durante la preparazione. «… Oddio, fanno pena» farfugliò, riponendo il contenitore di plastica nel cestino. «Almeno lo sciroppo va bene» aggiunse poi, quasi fosse una scusa.
Sorrise. Piegò la testa in avanti. «Non come il tuo, certo. I mitarashi dango che preparavi la domenica erano buonissimi…». Guardò le proprie mani sbiadire, perdere consistenza e divenire vaghe, irreali. Strinse le palpebre e due perle caddero giù dai suoi occhi, infrangendosi sul terreno come vetro delicato.
Inspirò profondamente, soffiò via l’aria tremula. Puntò lo sguardo sulle lettere scolpite severamente nella pietra e le studiò, quasi fosse la prima volta che leggeva il suo nome affogato nel bianco dell’incoscienza perenne.
«Ti ho fatto questi» e prese delicatamente un fagottino bianco dal cesto; lo adagiò tra i fili d’erba, schiuse il fazzoletto di stoffa e, con mano tremante, formò una piccola collinetta con i dolcetti al cacao. «I… biscotti del ritorno!» affermò, accennando un sorriso. «Ormai sono diventato bravo, no? Forse potrei cambiare l'aspetto, la prossima volta…» e ne prese uno alla base, quello più distante dagli altri. «Magari a forma di coniglio».
Lo avvicinò alla bocca e lo morse. Un singhiozzo vibrò nel suo petto dolorante.



«È buono, sai?».


















Ed eccomi qui, a postare roba a casaccio! xD
Prima di tutto, però, BUONA LAVEN A TUTTI! Laven week, Laven week!

Ok, ok, devo essere seria.
Allora, spieghiamo un po’: Lavi è andato in guerra ed è morto e Allen va a trovarlo ogni volta. Fine.
Spero che la storia vi sia piaciuta almeno un po’ :3
Ed ora scappo, che sono in ritardo.

Che la Laven sia con voi,
Cloud ~

  
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