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Autore: Letsneko_chan    07/08/2015    2 recensioni
«Isbel».
«S-sì?»
L'angelo posa la sua fronte sulla tua
«Riuscirai a farmi dimenticare il passato?»
«No».
«Ma...»
Gli metti un dito sulle labbra.
«Non puoi dimenticare il passato. Fa parte di te. E più lo allontani da te, più lui ti tormenterà. Pensa al presente: a me, a te… a noi».
Arrossisci nel pronunciare quelle parole e Kalech sorride. Ti dici che non esiste niente di più bello. E vista la sua espressione, è facile capire che Kalech stia pensando la stessa cosa.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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kalech/isbel

Nickname EFP/FFZ: Letsneko_chan (entrambi)

Fandom: originale

Titolo: «Esiste soltanto il noi, adesso, Isbel».

Rating: giallo

Genere: soprannaturale (Angeli)

Avvertimenti: /

Note: /

Fobie: 11) Apeirofobia: paura dell’infinito, 30) Mnenofobia: paura dei ricordi.

Prompt: 42) Angelo

Generi: fantasy, romantico

Lunghezza (One shot o long): one shot

Conteggio parole di Word: 4778

NdA: in questa storia parlo di un angelo. Non è certo inteso come argomento religioso e non è assolutamente mia intenzione offendere la sensibilità di qualcuno.

Partecipante al “Fobie Contest” indetto da Kirame amvs

 

«Esiste soltanto il noi, adesso, Isbel».

 

Ti porti una mano sulla fronte e stringi i denti, cercando di allontanare il dolore.

La testa ti fa male, ma non è niente in confronto al dolore che attanaglia tutto il corpo, partendo dall'attaccatura delle ali.

Abbandoni la testa sull'erba ancora umida per la rugiada: sopra la tua testa, le nuvole nascondono a tratti il cielo stellato. C'è pace, tutt'intorno a te. Ma non sei in grado di apprezzarla.

Sai bene che ogni tanto gli abitanti di Alesem si chiedono perché quella zona sia sempre coperta dalle nubi. Sorridi mesto, mormorando poi la risposta tra te.

Una fitta di dolore più intenso ti fa perdere i sensi all'improvviso. Di nuovo, la pace si trasforma in un buio dolore.

 

Ti svegli di soprassalto. Provi a metterti seduto, ma il dolore te lo impedisce. Gemi appena, artigliando le lenzuola.

«Non agitarti, per carità!»

Una mano ti accarezza il viso ma ti ritrai istintivamente: non riesci a fidarti delle persone. Non dopo ciò che è successo.

«Non voglio farti del male».

«Chi sei?»

«Mi chiamo Isbel».

«Dove sono? Questa non è la foresta!» mormori confuso mentre ti guardi intorno.

«Certo che no! Siamo ad Alesem!» ride Isbel. Lo guardi spaventato.

«Perché mi hai portato ad Alesem?»

Essere in una città di umani – cacciatori di angeli – non è sicuro per un angelo come te.

«Abito qua e non potevo lasciarti mezzo morto nella foresta».

«Io sono Kalech» mugugni.

«Come mai eri svenuto nella foresta?»

Volti lo sguardo dall'altra parte, osservando con aria assente il paesaggio cittadino che si vede dalla finestra. Fa male ripensare agli eventi appena accaduti.

«C'è qualche problema?» ti chiede timidamente Isbel, allungando una mano verso di te.

«No... sto bene...» rispondi con un certo disprezzo.

«Ti agitavi nel sonno. Parlavi anche di una condanna ingiusta».

Ti porti un braccio a copriti gli occhi. Vuoi nascondere quella lacrima che rischia di rigarti il viso.

«Non... Non ricordarmelo... Ti prego...»

«Come vuoi. Desideri qualcosa da mangiare?»

Isbel ridacchia quando il tuo stomaco gorgoglia.

«Nelle tue condizioni è meglio una minestra» ti dice Isbel porgendoti un piatto.

Storci il naso, osservando con disgusto il contenuto.

«Cos'è quella sbobba? Io ho fame!»

«Non è una sbobba. È una minestra» sospira Isbel.

«Ma io ho fame!»

Quello poggia la ciotola su tavolo, aiutandoti poi a metterti seduto.

«Sembri un bambino piccolo» ridacchia il giovane mentre t’imbocca.

Incroci le braccia: quello è un insulto bello e buono.

«E tu con quel visino dolce, quei capelli riccioli e biondi e gli occhi azzurri sembri una bambola...»

Isbel arrossisce lievemente e non puoi fare a meno di ghignare.

 

I giorni passano in fretta ma Isbel si è subito abituato ai tuoi commenti su come si prenda cura di te. Tuttavia, anche se scrolla le spalle e ride insieme a te, non può fare a meno di arrossire.

«Immagino che tu voglia tornare lassù, una volta che sarai in grado di volare...»

Siete distesi sul tetto, intendi a osservare il cielo. Tuttavia, Isbel sembra più interessato a quell'albero nel giardino. Ti è sembrato turbato quando gli hai proposto di osservare le stelle ma non ci hai dato troppo peso. Probabilmente ha avuto una giornataccia.

Il tuo sguardo si rabbuia.

«Non sono ancora in grado di alzarmi da terra... E poi, perché dovrei tornare lassù?»

«Non è il tuo posto, quello?»

«Non più... Lo era...»

«Vuoi raccontarmi la tua storia?»

Stringi i pugni.

«Meglio di no. Non voglio rovinare questa bella serata primaverile con una storia triste. Buonanotte, Isbel».

Isbel ti osserva confuso mentre scendi la scala e sparisci nel buio della casa.

Immagini che sospiri rassegnato: ogni volta che prova a chiederti qualcosa sul tuo passato, tu eludi la domanda. Alcune volte cambi argomento, altre ti chiudi in un mesto silenzio.

«Io vorrei solo aiutarti, Kalech...»

Ripensi a quelle parole, dette in una sera di pioggia qualche giorno prima.

Passando per il corridoio, non resiste alla tentazione di lanciare uno sguardo all'interno della stanza che ha preparato per te.

Sei seduto sul davanzale della finestra: la luna sfiora i tuoi capelli rossi e le piume candide delle ali.

Si ferma un attimo davanti alla porta, indeciso se entrare o no. L'hai notato con la coda dell'occhio ma hai deciso di far finta di niente, almeno per il momento.

Rimase in silenzio, ascoltandoti cantare.

«Che ci fai qui?» gli chiedi voltandoti all'improvviso e guardandolo con astio.

«Io vorrei solo aiutarti...»

Di nuovo quelle parole. È strano come un animo gentile come il suo sia sopravvissuto così a lungo in un mondo spietato e perennemente in guerra.

«Non ho bisogno di niente! Tantomeno di te!» urli prima di chiudere la porta con un tonfo.

Lo senti singhiozzare, poi i suoi passi si allontanano veloci nel corridoio.

 

«Perché ti comporti così con me?»

Alzi la testa, fissando Isbel.

Dopo giorni, passati a curare in silenzio le tue ferite, Isbel ha trovato la forza di rivolgerti quella domanda. Non lo dai a vedere ma ciò ti rende felice.

Scuoti la testa, riprendendo poi a mangiare.

Isbel si alza, borbottando qualcosa su delle commissioni da svolgere. Il giovane esce, sbattendo la porta. Guardi confuso il pezzo di legno e poi scuoti le spalle.

Che idiota.

Per quanto tu abbia cercato di tenerlo lontano da te, Isbel non sembra intenzionato a lasciarti andare senza prima di averti curato.

Grazie alle sue cure sei riuscito a riprendersi piuttosto in fretta; tuttavia, Isbel ha iniziato a fare troppe domande e ciò è una delle cose che non riesci a sopportare.

Ti avvicini alla finestra, osservando il cielo: il desiderio di volare è troppo forte.

Scuoti la testa - probabilmente sei ancora troppo debole e le ali non ti reggerebbero - cercando di scacciare quel pensiero.

Decidi di fare una passeggiata nel giardino: per tua fortuna, Isbel vive piuttosto lontano dalla confusione cittadina e, soprattutto, lontano dagli sguardi famelici dei cacciatori. Dalla finestra della cucina si vede la città che si erige maestosa.

Inspiri una boccata d'aria fresca, godendoti la leggera brezza primaverile. Ti togli le scarpe, lasciando che l'erba del prato, costellato di boccioli colorati, ti solletichi le piante dei piedi.

Ti arrampichi velocemente su un albero, fermandoti su uno dei rami più alti.

Lasci penzolare una gamba e incroci le braccia dietro la testa. Osservi le nuvole che si muovono in cielo, cercando di reprimere il desiderio di volare.

Chiudi gli occhi, canticchiando una vecchia canzonetta d'amore.

Li riapri poco dopo, asciugandosi delle lacrime con il dorso della mano.

«No... Lasciatemi stare... Andatevene...» mormori tra i singhiozzi.

Guardi il terreno: per la prima volta senti un senso di disgusto mentre osservi un roso.

E dire che tu ami le rose! Adori ogni cosa di quei fiori: il colore, il profumo e soprattutto, la loro caducità. La brevità della loro vita ti trasmette un senso di tranquillità. Non hai mai saputo dare una risposta a chi ti chiede per quale motivo le rose ti tranquillizzino.

Dimentico per un attimo delle raccomandazioni di Isbel, ti alzi in volo.

 

***

 

Tornato a casa, ti lasci sfuggire un grido di puro orrore. La busta che porti tra le mani cade a terra, rovesciando il suo contenuto. Guardi appena le mele che rotolano sul pavimento, precipitandoti poi in giardino. In fondo, la scena che hai appena intravisto dalla finestra è più importante di quei miseri frutti. Il cuore batte all'impazzata, non riesci a formulare un pensiero coerente.

T’inginocchi accanto a Kalech – quell'angelo dal passato tanto oscuro – e gli scosti dei ciuffi rossi dalla fronte.

Non appena sei entrato, attraverso la finestra, hai visto l'angelo disteso sul prato.

Lo stringi a sé mentre una lacrima ti riga il viso.

«Stupido... Stupido Kalech! Io te l'avevo detto...»

Lo prendi in braccio, portandolo con qualche difficoltà nella camera che gli hai preparato. Non riesci ad ammetterlo nemmeno a te stesso, ma più passano i giorni, più ti senti perso senza la sua compagnia. Un solo sguardo di fuoco – Kalech te li rivolge spesso – è capace di farti mozzare il respiro in gola.

Lo distendi a letto, cercando di sistemargli le ali nel miglior modo possibile.

Ti avvicini alla finestra guardando l'unico elemento che dava – sì, dava. Ormai il tempo di quel fiore è scaduto – un po' di allegria alla stanza: la prima rosa che è fiorita nel giardino.

Quando Kalech ti ha detto di amare le rose, hai aspettato con ansia che il tuo adorato roso fiorisse. Non appena hai visto la prima rosa, l'hai colta, sistemandola in quel vaso. Sapevi che non sarebbe resistita a lungo ma Kalech ha insistito affinché la lasciassi lì anche una volta appassita. Ma adesso, quel fiore appassito ti trasmette solo un senso di tristezza.

Rimani a lungo con la mano sul vetro, indeciso se restare lì o andartene. D'altra parte, è stato lo stesso Kalech a dirti di non aver bisogno d'aiuto.

Sospiri, dirigendosi poi verso la porta. Mentre passi accanto al letto, senti la mano dell'angelo sfiorare la tua. Il cuore perde un battito, il respiro ti si mozza in gola eppure...

«Isbel...»

Eppure stringi i pugni.

«Non andartene...»

«L'hai detto tu stesso di non aver bisogno di me».

«Allora perché mi hai salvato di nuovo?»

Rimani spiazzato da quella domanda.

«Lo vedi? Non riesci a darmi una risposta».

«Se vuoi startene a dormire all'aperto, sai come arrivare al giardino».

Kalech sospira.

«Non vuoi perdonarmi?»

«Non perdono le persone senza un motivo ben preciso».

«Ti ho trattato come il più infame degli esseri, dovrebbe bastare come motivo!»

«Non intendo questo. C'è qualcosa di più profondo che ti ha spinto a fare ciò. Io voglio sapere questo qualcosa» rispondi serio, sedendoti sul letto e facendo cigolare le molle del vecchio materasso.

Lo sguardo di Kalech si rabbuia e l'angelo volta la testa di lato.

Aggrotti la fronte, infastidito da quella reazione.

«Forse... Forse è la mia paura...»

«Anche gli angeli hanno fantasmi che li tormentano?» chiedi alzando un sopracciglio.

«Be'... Presumo di sì... Non siamo quelle creature dolci che tutti immaginano...»

«Siete guerrieri spietati».

«Come fai a saperlo?»

Abbassi la testa.

«Nella mia famiglia tutti sono cacciatori d'angeli... Io... Io ci non sono riuscito e mi hanno escluso... Vivo qua da solo, curando il mio giardino e passeggiando nella foresta...» ammetti imbarazzato.

Kalech si mette a sedere, stringendoti a sé.

«Cosa non sei riuscito a fare?»

«Quando mio padre decise che era giunto il momento, mi portò con sé a caccia. Fu un giorno fortunato – se così si può dire. Tuttavia, quando mi ordinò di uccidere l'angelo che aveva appena catturato, mi rifiutai».

«Con il tuo visetto dolce, dubito che tu possa far del male a qualcuno...»

«Mio padre si adirò, dicendomi che non voleva più vedermi. Né come persona né come figlio».

«Hai avuto timore dell'ira divina?» chiese Kalech ridacchiando.

Isbel scosse la testa, alzandosi e ritornando davanti alla finestra.

«Non fu quello. Eravamo sull'altopiano, davanti a noi si estendevano solo nuvole e campi. Era impossibile vedere le Montagne Nere».

«E con ciò? Non dirmi che hai paura dell'infinito!»

«Esatto. Iniziai a tremare e a piangere. Mi rannicchiai contro un albero mentre mi sentivo impotente. Le cose senza un limite, una fine mi fanno paura. Non riesco a guardare neppure cielo senza sentire un senso di oppressione».

Stringi forte la coperta, così forte che le nocche sbiancano.

Kalech ti si avvicina, abbracciandoti da dietro e posando il mento nell'incavo della tua spalla. Il cuore inizia a battere all'impazzata, le guance diventano rosse: Kalech è troppo vicino. Vorresti scrollartelo di dosso ma non ce la fai. Ormai, ogni sera, prima di dormire, sogni ad occhi aperti le sue labbra che si posano sulle tue.

«Posso tentare di farti passare questa fobia?»

«Se ci tieni... A proposito, prima stavi parlando della tua ma non mi hai detto di cosa hai paura».

Cerchi di mostrarti forte ma in realtà lui è riuscito ad abbattere ogni tua difesa.

«Prometti di non ridere?»

«Promesso».

«Sono i ricordi a terrorizzarmi».

 

***

 

Tra battibecchi e risate, un mese è passato in fretta, ma la preoccupazione di Isbel verso di te ha raggiunto livelli che mal sopporti. Abituato a una libertà pressoché totale, il fatto di avere Isbel quasi sempre tra i piedi ti irrita abbastanza.

«Non voglio che tu svenga di nuovo!» ti dice una mattina prima di uscire. Annuisci ma non appena quello esce, ti precipiti alla porta che da sul giardino, nella speranza di fare una passeggiata. E perché no, avresti potuto provare a svolazzare un po'.

Rimani spiazzato quando capisci che Isbel non ha chiuso soltanto la porta del giardino ma anche tutte le finestre. Da quanto gli hai rivelato che i ricordi - belli o brutti che fossero - ti terrorizzano, Isbel si è sempre premurato di distoglierti da essi. Tuttavia, quando sei da solo, sei vittima di crisi e forse pensi – se fosse così, ne saresti veramente felice – che Isbel abbia paura che, volando da solo, tu potessi cadere di nuovo.

Sbuffi rassegnato, sedendoti sul tavolo: ti guardi intorno, nella speranza di trovare qualcosa da fare. In qualche modo devi passare la mattina.

 

 

«Kalech? Ci sei?»

Sei sicuro che Kalech abbia notato che, negli ultimi giorni, i tuoi occhi s’illuminano ogni volta che lui ti sta vicino.

È questo, dunque, ciò che chiamano amore?

«Sì» risponde l'angelo affacciandosi dalla ringhiera del piano superiore.

«Vuoi qualcosa di particolare per pranzo?»

«Qualcosa di diverso dalle solite minestre, se possibile! E appena puoi, vieni qua. Ti devo far vedere una cosa!»

Ridacchi e annuisci, affaccendandoti poi ai fornelli. Cerchi di fare il più velocemente possibile: fremi all'idea che Kalech abbia qualcosa per te. Un regalo?

«Allora... Cos'è che volevi farmi vedere?» chiedi mentre sali le scale.

Kalech ti viene incontro e non puoi fare a meno di notare che gli luccicano gli occhi.

L'angelo ti allunga un oggetto coperto da un piccolo pezzo di stoffa e tu lo prendi in mano timidamente.

«Su, forza! Scoprilo, dai!»

Lasci cadere a terra la stoffa, osservando stupito l'oggetto.

«Allora? Ti piace?» ti chiede Kalech con apprensione. Si vede che l'angelo è felice di averti fatto quel regalo, eppure...

«Be'... Cos'è?»

Pur osservandolo in ogni parte, non riesci proprio a capire cosa sia.

Alzi lo sguardo su Kalech: sembra che il cielo gli sia appena crollato addosso.

«Sei un ingrato!» urla correndo verso la tavola.

Lo raggiungi poco dopo, poggiando l'oggetto sul tavolo.

«Sei arrabbiato?»

Kalech ti rivolge un'occhiataccia, continuando a mangiare in silenzio.

«Mi vuoi dire gentilmente cos'è?»

Kalech sbuffa, chiudendosi in uno strano mutismo per qualche ora.

Poi, all'improvviso, mentre sei intento a giocare un solitario, sbotta: «È tanto difficile capire che è una rosa?»

«Be'... Sì...»

Osservi divertito la sua reazione: Kalech sta guardando attentamente la sua creazione. Anche se lui non parla, è chiaro che, mentre la intagliava, gli fosse sembrata una rosa perfetta. Tuttavia, il risultato finale si è rivelato pressappoco un ammasso di legno appena sbozzato.

Gli metti una mano sulla spalla, cercando di tirargli su il morale.

«Non ti scoraggiare, è il pensiero che conta».

«Se lo dici tu...»

Gli accarezzi una guancia, sorridendogli dolcemente.

«Pensavo... adesso potresti provare a volare... Sei guarito, no?»

«Ma se mi hai lasciato chiuso in casa per timore che provassi a volare!»

«Be', l'ho fatto perché non ti mettessi nei guai!»

«Adesso mi lasceresti davvero provare?»

«Certamente, ma io ti starò a guardare».

Gli occhi di Kalech s’illuminano e senti solo il tonfo di una sedia sul pavimento prima di ritrovarti stretto tra le braccia dell'altro.

«Kalech... Mi stai soffocando...»

Kalech ride, allentando appena la stretta.

«Grazie».

«E di cosa? Di lasciarti volare di nuovo? Sei un angelo, Kalech, questo non è il tuo mondo. Rischieresti la vita se resti ad Alesem».

«Hai fatto tanto per me, Isbel. Mi hai salvato la vita. Adesso è giunto il momento che mi sdebiti con te».

«E come?»

«Vedrai» ti risponde Kalech strizzandoti l'occhio e correndo fuori tenendoti per mano.

Che cosa ha intenzione di fare, quell'idiota?

Ti siedi sotto un albero, incrociando le gambe e osservando con curiosità Kalech.

L'angelo ti sorride, alzandosi poi in volo.

«Va tutto bene?» gli urli.

«Perfettamente!» risponde l'altro alzando i pollici.

Kalech si guarda intorno, ammirando il panorama. Come ogni sera, il cielo di Alesem e dintorni era coperto da nuvole nere.

Lo osservi confuso: rimane fermo immobile, fissando l'orizzonte con aria assente. 

«...issimo» le parole ti escono da sole, riportando però Kalech alla realtà.

«Che hai detto?» ti chiede scendendo a terra e fermandosi davanti a te.

«Dicevo che sei bellissimo» sussurri arrossendo appena.

Kalech ghigna, prendendoti poi in braccio e alzandosi nuovamente in volo. Cacci un urletto, avvinghiandoti a lui e nascondendo la faccia nell'incavo della sua spalla.

No... Non può essere... Non può averlo fatto davvero. Kalech... Ti prego...

«Non ti lascio, Isbel. Puoi guardare tranquillamente. C'è un bel panorama da quassù».

«No!» urli aumentando la presa sui suoi abiti.

«Isbel. Non devi aver paura dell'infinito. È immotivata la tua paura. Pensa che tutte le cose hanno un limi-».

No! È inutile che tu me lo dica! Siamo piccoli, deboli, indifesi e inutili. Lo vedi, stupido Kalech, quant'è grande il mondo che ci circonda?

«Le so già queste cose! Pensi che non ci abbia provato? Eppure non ci riesco, qualsiasi tentativo faccia!»

«Forse hai bisogno dell'aiuto di qualcuno... Dopo quello che hai fatto per me, posso sdebitarmi solo così. Ti aiuterò a superare questa paura, va bene?»

Annuisci, in parte sollevato dal fatto che Kalech sarebbe rimasto con te ancora per un po'.

Kalech ritorna in terra e, poiché non vuoi saperne di allentare la presa, entra in casa tenendoti in braccio. Tremi e singhiozzi, pensando a quanto tu sia indifeso.

Ti posa sul letto, stringendoti a sé.

«Scusami... Non pensavo che...»

«È... È tutto apposto» gli dici asciugandoti le lacrime.

Kalech annuisce, ma non è del tutto convinto.  Ti bacia la fronte e tu, balbettando qualche scusa, ti alzi, dirigendosi verso la tua camera. Tieni la testa bassa, cercando di nascondere il leggero rossore che ti tinge le guance.

Stupido Kalech...

 

Ti distendi sul letto, incrociando le braccia dietro la testa.

Riesci a vedere il cielo e un senso di oppressione t’invade all'istante. Ti precipiti a chiudere le tende, sedendoti poi a terra con il cuore che batte all'impazzata.

Tremando, si rialzi.   

Fai per mettersi sotto le coperte quando un urlo cattura la tua attenzione.

Corri con il cuore in gola attraverso il corridoio, spalancando poi la porta della camera di Kalech.

Vedi l'angelo rannicchiato sul letto: le braccia stringono le gambe e ciuffi scomposti gli cadono sulla fronte.

«Kalech...»

Quello alza appena la testa e noti che ha gli occhi lucidi. Ti avvicini lentamente, sedendoti poi davanti a lui.

«Isbel...»

«Sono qui».

 

 

Isbel apre le braccia e tu, con riluttanza, ti rannicchi tra le sue braccia.

Rimanete in silenzio a lungo: Isbel ti accarezza dolcemente i capelli, cercando di calmarti. Tremando, gli stringi una mano.

«Vuoi spiegarmi cosa ti è successo? Un incubo?»

«Magari fosse quello...»

Isbel ti alza il viso.

«Hai promesso di aiutarmi. Voglio fare lo stesso con te».

«Non essere stupido. Liberarsi dei ricordi non è così facile».

«Finché sei solo. Nessuno può farcela senza l'aiuto altrui».

Lo guardi male.

«Non fare quella faccia, voglio aiutarti! Che cosa hai subito di tanto terribile per aver paura dei ricordi?»

Sospiri.

«Se non vuoi dirmelo, non importa...»

Devi dirglielo. Vuoi dirglielo cos'è che ti fa soffrire.

«È meglio che tu lo sappia».

«Come vuoi».

«Tu cosa fai quando non vuoi ricordare mentre fissi un oggetto? Scuoti la testa, vero?»

«Sì...»

«Per me non è così». Ti distese sul letto, continuando a tenere le dita incrociate a quelle di Isbel.

«Ogni notte mi rannicchio, sudo e mi tremano le mani. In genere piango, ma soffoco i singhiozzi nel cuscino. Prima non ce l'ho fatta e ho urlato. Capita, talvolta».

No, non talvolta. Urli sempre ma il cuscino soffoca le tue grida, disperate richieste d'aiuto.

Isbel ti si distende accanto, osservandoti confuso.

«Per quale motivo ti senti così ogni notte?»

Ti volti dall'altra parte.

«Sei tu il motivo...»

«Io? Ma se non ci siamo mai incontrati prima d'ora!»

«I tuoi gesti, il tuo aspetto...»

«Kalech, io non capisco!»

«Vedi, il motivo per cui mi hai trovato nella foresta è che sono un angelo caduto...»

«Eh?»

«Oh, insomma! Possibile che tu debba essere sempre così ottuso?»

«Grazie tante».

«Andava tutto bene, finché quel bastardo non spiattellò tutto. Da lì iniziai a temere il passato».

«Spiattellare tutto... Cosa?»

Lo guardi alzando un sopracciglio.

«Pensi che avere una relazione con un altro sia così angelico?»

Isbel si gratta la testa.

«Be', no».

«Capisci adesso?»

«Sì...»

Lasci la mano dell'altro, tirandoti addosso la coperta.

«Adesso lasciami dormire in pace. La serata deprimente è finita».

Isbel si mette le mani sui fianchi.

«Nossignore. Non ti lascio di certo così».

Lo scacci con un gesto della mano ma Isbel tira via la coperta.

«Se credi che non ti aiuti ti sbagli di grosso!»

«E come pensi di fare? L'unico modo per non aver paura dei ricordi è non vivere, così da non avere un passato».

«Per non averla. Ma puoi sempre superarla».

«Non farmi ridere».

«Forse se pensi al periodo in cui eri felic-».

Lo interrompi. E poi, quando sei stavo veramente felice? Sei sempre vissuto in un mondo falso e bugiardo.

«È ancora peggio».

«Allora non resta che una cosa da fare».

«Cosa?»

«Fai qualcosa di diverso! Così non pensi al passato!»

Ti volti verso di lui.

«Qualunque cosa faccia mi ricorda il passato».

Isbel ti si distende accanto, abbracciandoti dolcemente.

Per la prima volta, non vuoi – non riesci – a mandarlo via.

Tuttavia, provi a scrollartelo di dosso ma il giovane non sembra avere intenzione di spostarsi.

«E va bene, signorino. Dormi qua per stanotte».

«Non era quella la mia intenzione».

«E cosa volevi fare allora?» gli chiedi voltandoti verso di lui.

Isbel ti sorride.

Quel sorriso è capace di farti sciogliere: ogni volta che lo vedi, non puoi fare a meno di pensare a quanto sia bello.

«Chiudi gli occhi...»

Con diffidenza, fai come l'altro ti dice.

Senti le sue dita sfiorarti una guancia e il loro tocco delicato ti fa rabbrividire.

 

Arrossendo violentemente, gli prendi poi il viso tra le mani, posando le tue labbra sulle sue. Fremi a quel contatto – da qualche tempo lo desideri, lo sogni – e non puoi fare a meno di assaporare il suo dolce sapore.

Kalech, colto alla sprovvista, apre gli occhi e ti scosti appena.

«Scusami... Io...»

Hai paura che non ti voglia. Temi di aver rovinato tutto il rapporto che si è intrecciato giorno dopo giorno tra di voi.

Kalech non ti da modo di finire la frase: ti distende sotto di sé, zittendoti con un bacio meno casto del precedente.

«Vuoi portarmi alla dannazione eterna?» ti chiede Kalech prima di baciarti nuovamente. Gli accarezzi la schiena, soffermandoti sull'attaccatura delle ali. Sfiori quelle piume candide: la prima volta che l'hai visto hai pensato che fosse lì per caso. Il loro candore non ti ha fatto pensare che potesse aver commesso qualche atto impuro.

«N-no...»

«Eppure ci stai riuscendo pienamente» ti dice Kalech sorridendo e scostandoti i riccioli biondi dalla fronte.

Arrossisce: a causa di quei baci, non riesci a formulare un pensiero coerente.

«Isbel».

«S-sì?»

L'angelo posa la sua fronte sulla tua

«Riuscirai a farmi dimenticare il passato?»

«No».

«Ma...»

Gli metti un dito sulle labbra.

«Non puoi dimenticare il passato. Fa parte di te. E più lo allontani da te, più lui ti tormenterà. Pensa al presente: a me, a te… a noi».

Arrossisci nel pronunciare quelle parole e Kalech sorride. Ti dici che non esiste niente di più bello. E vista la sua espressione, è facile capire che Kalech stia pensando la stessa cosa.

 

***

 

Camminate in silenzio, sotto lo sguardo vigile della luna.

Isbel trema, lo sai, lo vedi chiaramente che quel senso di pace - infinito - data da quel paesaggio sterminato lo turba. Gli metti un braccio sulle spalle, stringendolo a te.

«Fermiamoci qui... Ti prego...»

Annuisci e lo baci sulla fronte.

Il più piccolo trema, è sul punto di piangere. Sorridi, ricordando che anche tu, appena pochi giorni prima, avevi la sua stessa espressione quando un ricordo ti assaliva.

Eppure lui, Isbel, è riuscito a farti passare quell'insana - strana - paura.

Lui dice che non ha fatto niente di speciale, tuttavia sai bene che i suoi gesti, le sue parole hanno colmato il vuoto del presente, distraendoti dal passato. Ma non solo. Ti ha rubato il cuore, quell'umano dai capelli biondi.

Isbel si distende subito a terra, si gira su un fianco e chiude gli occhi. T’inginocchi accanto a lui, accarezzandogli dolcemente i capelli.

«Isbel...»

Lui non risponde.

Soltanto i singhiozzi dimostrano che è vivo.

All'improvviso ti abbraccia, ti stringe, affonda la testa nell'incavo della tua spalla.

Ricambia la stretta, ascoltando con attenzione le sue parole.

Abbracciati l'uno all'altro, rimanete in silenzio. Gli alzi il viso, baciandolo poi dolcemente.

Isbel è cambiato da quando siete fuggiti da Alesem.

È sconvolto, parla poco, il suo sorriso è scomparso.

Ha visto il suo mondo crollare in pochi secondi, ne sei ben consapevole.

E l'unica via di fuga da quel crollo era fuggire verso le montagne, verso le zone sconfinate del nord.

L'hai notato anche tu quanto siete piccoli, inutili e insignificanti davanti all'immensità del cielo.

«Perché?» ti chiede singhiozzando.

«Perché cosa?»

«Perché mio padre ha fatto ciò?»

Gli baci la fronte, cercando di rassicurarlo.

«È tutto finito. Siamo liberi».

Lo stringi forte a sé: appena pochi giorni prima, se avessi cercato di ripensare a quell'evento, saresti crollato in ginocchio e avresti pianto finché, vinto dalla stanchezza, non saresti crollato addormentato.

Però, in quel momento, solo un brivido ti scuote. È l'orrore del momento - quelle armi puntate addosso - che ti fa rabbrividire, non la paura del ricordo. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, Isbel è riuscito a farti passare la paura dei ricordi. Tuttavia, il vostro mondo felice è stato distrutto da quei maledetti cacciatori. Erano passati appena due anni e per poco non hai perso la persona che ami. Grazie a tutti i tuoi sforzi, Isbel è riuscito a sentirsi più tranquillo davanti all'immensità del cielo stellato. O almeno così dice lui. E adesso che siete in fuga, soli sotto il cielo, Isbel è nuovamente vittima del pianto.

Gli accarezzi il viso, osservando i suoi tratti delicati distorti dalla paura.

Lo baci, stringendolo a te.

Senti le sue mani sganciare lentamente i bottoni della tua camicia.

Lo guardi confuso e lui sussurra le sue intenzioni. Non puoi fare a meno di sorridere mentre lo lasci fare.

Osservi in silenzio il suo volto: la paura ha lasciato il posto al piacere e senti di non riuscire più a tenerti dentro alcune parole.

«Isbel».

 

Alzi la testa, fissando i suoi occhi lucidi per il piacere. Ansimi un sì, continuando a muoverti su di lui. Sei avvinghiato al suo corpo: mai lasceresti andare quell'ancora di salvezza.

Kalech si morde un labbro. Lo guardi curioso, certo che stia per dire qualcosa d’importante.

«Sei tu stesso a essere così dolce che non creda di poter comparare con le parole... Sei veramente la mia salvezza: sono stato cacciato dalla mia stessa casa e qui sarei morto e mi avrebbero strappato le ali se non fosse stato per te... Mi hai fatto conoscere tante cose che noi Angeli possiamo solo immaginare... Le vere emozioni, per esempio. Da noi portano alla disobbedienza e sono proibite... Ma qui... Voi, tu, sei stracolmo di generosità, bontà, dubbi, tristezza, rabbia, volontà...» Kalech sorride: per la prima volta ti pare - no, è - un sorriso sincero. «Tu significhi tutto questo per me... Sei la bellezza del mondo che tutti cercano...»

Avvampi: quelle parole ti fanno sciogliere il cuore. Lo guardi e sorridi. Kalech ti bacia, con passione, ti stringe a sé.

E quando vi staccate, ansimando per la mancanza d'aria, raggiungi l'apice del piacere.  Getti la testa all'indietro, spalancando gli occhi e la bocca.

Kalech ti accarezza la schiena e, per la prima volta, ammiri il cielo senza provare paura. L'angelo ti guarda sorridendo: senti le sue labbra sfiorarti la spalla e il petto.

«Kalech...»

«Sì, tesoro mio?»

Tesoro mio. Lo dice raramente ma ogni volta ami il modo in cui lo dice, il tono che assume la sua voce mentre siete uniti.

«Sei un angelo...»

Kalech ridacchia, divertito da quell'affermazione.

«Grazie tante, sono un angelo caduto che ti sta trascinando all'inferno!»

«No, non hai capito. Sei l'angelo che mi ha fatto passare la paura. Sei il mio angelo».

Kalech sorride.

 

 

Lo so, amore mio. Il mio cuore appartiene a te, è inutile negarlo. E così, allo stesso modo, tu appartieni a me. Anzi. Ormai non esistiamo né io né te.

«Esiste soltanto il noi, adesso, Isbel».

   
 
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