Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: B Rabbit    11/08/2015    1 recensioni
{ Per il quinto giorno della Laven Week }
«È notte, Allen» soffiò, lambendogli la pelle sensibile con il suo tiepido respiro. «Di notte non si è nessuno».
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Laven Week 2015'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A










Dancing in the sky




Dall'alto della balconata, un giovane ragazzo scrutava la sala sottostante senza osare avvicinarsi, mischiarsi in quella realtà, parallela alla sua; vagava fra la gente, la nobiltà di quella città svedese, con sguardo amareggiato, attratto dalla loro serenità, dalle risate soffuse e cordiali che tremavano sulle bocche delle fanciulle, dal fruscio ammaliante delle vesti pregiate. Dalla loro placida vita che seguiva un tragitto differente al suo, un letto privo di ciottoli e detriti, ma che alla fine, secondo i cardini stessi dell'esistenza, l'avrebbe condotta nel baratro comune, all'annichilimento della coscienza. Le luci dorate bagnavano la sua figura mollemente adagiata contro lo stipite della porta, rendendogli la pelle di un dolce color miele e illuminandogli di riflessi i capelli diafani. Era lì per adempiere al suo dovere: proteggere le persone vive e salvare da una maledizione quelle perite, augurando loro la tenera, sognata buonanotte. Il silenzio lo affiancava nell'attesa con le fattezze di un bambino, acuendogli i sensi, temprandogli le membra, ma appena dei passi fecero vibrare l'aria, esso fuggì via sulle sue gambe da fanciullo, restituendo al giovane il suono delle parole.
«La festa prosegue tranquilla…» gli sentì dire, mentre lentamente si avvicinava. Lo vide abbandonarsi contro la parete, incrociare le braccia e rimanere immobile, vicinissimo a lui – lo guardò, studiò la curva delle labbra appena carnose, ammirò le lingue di rame che, incendiate dalla luce, gettavano ombre sul suo viso –. Non lo guardò, Lavi, e il giovane Allen preferì così.
«Già... comunque, è stato un azzardo dare il nostro consenso a questa serata solo per avere l'Innocence. Gli Akuma potrebbero apparire e…» si morse il labbro, sentendo lo stomaco contrarsi a quel pensiero nefasto.
«Non potevamo di certo rubare il gioiello di una prestigiosa casata, no?» affermò, continuando a guardare la folla sotto di loro, ad ignorare Allen. «E poi, il tuo occhio può scorgere Akuma anche ad elevate distanze, quindi rilassati».
Il più piccolo annuì e abbandonò il capo sul legno della porta – sperò fortemente di rimanere lì tutta la notte, di non dover mai urlare e sguainare la propria arma. Preferì la noia e la dolorosa compagnia di Lavi, all'olezzo aberrante del sangue –.
Uno scroscio di applausi attirò la sua attenzione, e presto la voce di un pianoforte serpeggiò nell'aria, vellutata come nastri di pregevole fattura.
«È un valzer...» mormorò il fulvo. Il ragazzino si voltò, e con stupore si accorse dello sguardo puntato su di sé – l'agitazione corruppe il suo cuore, e si chiese da quanto tempo il rosso lo stesse fissando, se quell’incatenarsi di iridi fu una semplice, beffarda coincidenza –.
«Lo conosco» proseguì lui, gettando l’attenzione giù nel salone. Allen sentì la mancanza di quell'occhio smeraldino conficcato nei suoi, e l'amaro gli lambì presto il palato.
Del resto sei l’apprendista di Bookman – avrebbe voluto dire, ma si trattenne. Espirò. «Io no, non ho mai ballato» rivelò senza alcuna vergogna. Udì l’altro sbuffare divertito e si stizzì, ma prima di poter dire qualcosa, di inveirgli contro, Lavi strinse la maniglia della porta. Lo guardò penetrante, e il giovane sentì l’irritazione e la sicurezza gocciolare dalle sue mani socchiuse.
«Balliamo?» sussurrò lui, la voce bassa e debole e seducente. Il corpo si mosse da solo, e Allen si scostò dalla porta, consentendo al guercio di aprirla, rivelando una sala gettata nella penombra della giovane notte.
«Non possiamo divertirci» ricordò Allen, lapidario – avvertì le mani tremare come dal freddo e le serrò, dandosi mentalmente dello stupido illuso –.
«Non siamo solo noi a difendere la villa…» rispose; gli diede una leggera spinta alla schiena come esortazione e, una volta entrato pure lui, chiuse la porta alle sue spalle, adagio, cancellando l’arco di luce formatosi precedentemente ai suoi piedi. «E poi, c’è sempre il tuo occhio. Ricordatelo».
Allen deglutì. «Lavi, cosa vuoi–».
«Balliamo?» chiese di nuovo e, stranamente, non parve un’offerta, ma una supplica. Il giovane sussultò a quel tono così debole e fragile e vero, sbarrò gli occhi quando notò una mano fendere il buio alla ricerca della compagna, della sua. E Allen cedette, sfiorò le sue dita con le proprie, le intrecciò insieme. Permise all’altro di accostarsi, di premergli la mano contro la schiena – e lui sospirò a quella stretta vigorosa, possessiva, e il grave che lo aveva straziato negli ultimi giorni si sciolse, smorzandogli il respiro –.
«Lavi… Lavi, aspetta» lo chiamò, lo supplicò, ma l’altro rispose unicamente con un fruscio caldo della voce. Affondò il viso nei suoi capelli di stelle, accostò le labbra al suo collo pulsante. «È notte, Allen» soffiò, lambendogli la pelle sensibile con il suo tiepido respiro. «Di notte non si è nessuno».
Il giovane sussultò, le sopracciglia tesero verso l’alto, gli occhi si socchiusero dolorosamente. Un singulto fuggì via dalla sua bocca tremante, portandosi via con sé la forza e lasciandogli nel cuore soltanto la fragilità.
«Balliamo, Allen, ti prego» soffiò, posando la guancia sulla sua testa. Lui rispose con un mugolio debole, rotto. E sospinti da una triste, lenta melodia, i due cominciarono a ballare senza guardarsi, nel silenzio di quella penombra schiarita tenuamente dalla luce evanescente della luna. La musica li guidava, alleggeriva il fardello della loro vita, così tanto da infondere loro la meraviglia di librarsi in aria, liberi dal peso del dovere, delle promesse. Volteggiarono nell’oscurità confortante di quel cielo fittizio, evadendo dal mondo per mero, egoistico desiderio.
Lavi sollevò il capo da quello dell’altro e avvicinò le labbra al suo orecchio. «Guardami» gli ordinò, e l’esorcista obbedì docilmente, mostrandogli le gote insanguinate e gli occhi socchiusi, liquidi d’emozione. Posò le labbra su uno di essi e bevette le sue lacrime, il sentimento doloroso contenuto in esse. «Allen…» lo chiamò. Lo guardò, si lasciò dominare da quelle ampolle d’argento in cui la mestizia e la speranza vorticavano angosciosamente; si chinò sul suo viso, sulla sua bocca tremante, e quando gli sfiorò le labbra con le sue, toccandole lievemente, la musica cessò, rubò la magia e la sfera di vetro intorno a loro si infranse in pioggia cristallina.
«Dobbiamo andare…» sussurrò Lavi, e le sue parole scesero nel petto dell’altro come veleno.
Si scostò da lui, allontanò le mani dal suo corpo, lasciandogli sulla pelle il gelo del vuoto. Depositò un bacio sulla sua fronte, tiepido e leggero, lungo qualche attimo.
E lo abbandonò in quella sala, illuminata dalla luce e dalle risate che si intrufolavano dalla porta spalancata. Il silenzio giunse correndo, ma stette immobile sulla soglia a guardare il giovane ragazzo, ad ascoltare i tintinnii delle sue lacrime che nessun altro poteva udire.
Si strinse il petto, Allen, con il desiderio di trattenere i singhiozzi. Di contenere il dolore.
«Bookman non ha un cuore… per questo giochi col mio?».

















E boh.
*si arrampica su un Timcanpy obeso*
Stamattina mi sono svegliata con l’idea di scrivere una AU comica, e invece è uscito ciò. Io non ho parole.
Ammazzatemi.
Beh, che dire, buona Laven Week a tutti voi.

Con affetto,
Cloud

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: B Rabbit