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Autore: Erule    14/08/2015    1 recensioni
Seguito di "Anchor".
Lydia si guardò intorno circospetta. Quel pomeriggio, Stiles era uscito con Scott ed Allison, mentre lei era rimasta a casa perché si era presa un bel raffreddore di stagione e con il naso che gocciolava, le ombre sotto gli occhi, le gambe tremolanti, non se l’era sentita proprio di uscire. Lydia Martin doveva essere sempre impeccabile, quindi tanto valeva non mettere nemmeno il naso fuori di casa. Ma poi, circa cinque minuti dopo che Stiles era uscito, nella sua camera l’aveva visto: un enorme ragno nero e peloso con otto zampe. Voi direte: che schifo! Invece, tutto quello che pensò Lydia fu: CHE ORRORE! La natura non aveva avuto il minimo gusto con quegli orribili animaletti. Così, aveva preso la mazza da baseball di Stiles e si era diretta a passo deciso nella stanza, convinta che sarebbe bastato un solo colpo per metterlo K.O.
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Derek Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Consiglio di ascoltare Human di Gabrielle Aplin, durante la lettura :)

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Capitolo 10
B
urning flames
 
Lydia ha otto anni e le dà fastidio che quello strano bambino continui a fissarla con quello sguardo da pesce lesso. Vorrebbe liberarsene dicendogli che è ridicolo e che le dà noia tutti i giorni, facendo così, ma sua madre le ha chiesto di essere carina con lui, perché ha perso la sua mamma e lei vorrebbe che i bambini fossero carini con lei, se lei avesse perso uno dei suoi genitori. In effetti, suo padre non è mai stato molto presente nella sua vita, ma Lydia non ne sente la mancanza. Lei vuole solo dimostrargli che è una brava bambina, una studentessa brillante e che prima o poi lei riuscirà a renderlo fiero e forse tornerà. Sì, forse così tornerà da lei e smetterà di dirle che è stata un errore, che sposare sua madre è stato un errore e smetterà di urlare di continuo.
Adesso Lydia è grande, non ha più otto anni, ma in questo momento si sente comunque più incapace che mai. Si sente inutile. Il suo migliore amico ha appena perso suo padre e lei non ha potuto dirglielo, non ha potuto fare niente per salvarlo. A che serve essere una Banshee, se puoi solo predire la morte senza riuscire a salvare le persone? Perché nella profezia Persefone le chiedeva di salvare quelle anime, se in realtà nessuno avrebbe potuto? Non era importante quanto gli altri, si disse. Lei non aveva artigli o zanne o una super forza. Lei era solo Lydia, una ragazza bassina dai capelli biondo fragola, gli occhi verdi e tante voci nella testa che continuavano a chiamarla. Avrebbe potuto urlare quanto voleva, ma la situazione non sarebbe cambiata: la polizia avrebbe continuato ad indagare, l’ambulanza avrebbe continuato a muoversi e Scott avrebbe continuato a rimanere lì, fermo, in piedi nel bel mezzo del nulla con il cuore dilaniato, una cicatrice che sfiorava l’occhio sinistro e le mani chiuse a pugno. C’era solo dolore nell’aria, dolore e sapore di morte in bocca. E poi c’era sangue sulle mani di Stiles, non suo per fortuna, ma che la spaventava da morire, perché era come se lo fosse. Era il sangue di tutti loro che lei, Scott, Stiles, Allison, Malia, portavano sulle mani. Era il sangue degli innocenti e quello non si levava facilmente, se ti sentivi in colpa. Si chiese se Scott sarebbe mai riuscito a superare del tutto quella notte, per quano forte fosse. Per quanto avesse già dovuto piangere tante persone nella sua vita. Per quanto non meritasse tutto quello schifo che gli stavano buttando addosso. Forse lui non lo sapeva, ma era così: Scott era sempre stato il migliore fra di loro, persino dopo la morte di Allison. Non aveva spaccato uno specchio in frantumi nella sua stanza; non aveva mandato all’aria un tavolo e due sedie come Stiles o riempito di botte un tizio in palestra come Malia. Scott non aveva fatto niente di tutto questo. Si era limitato ad andare al cimitero una volta a settimana, a portare dei fiori ed a parlare con lei. Forse era stato quello il modo in cui si era sfogato, Lydia non lo sapeva, ma di certo non aveva picchiato nessuno e non si era nemmeno autolesionato. Non aveva incolpato nessuno, non aveva urlato come faceva suo padre, non aveva detto niente. Si era tenuto tutto dentro, come fanno i veri leader. Anche se questo lo avrebbe portato solo ad autodistruggersi. Grazie al cielo Allison era tornata in vita. Questo aveva reso tutto più facile ad ognuno di loro. Stiles aveva smesso di sentirsi in colpa, lei aveva smesso di piangere e Scott aveva ripreso a sorridere come prima. Adesso era sparito tutto di nuovo. Scott non stava sorridendo e la mano destra di Stiles tremava. Si domandò cosa dovesse fare, ma non le venne in mente nulla. Rimase a guardare la schiena di Scott e la mano di Stiles che tremava, mentre stava accanto al suo migliore amico in silenzio. Le tremò il labbro inferiore per un secondo, ma lei lo bloccò con i denti. Non poteva cedere. Doveva essere forte per Scott, che l’aveva sempre risollevata da terra quando lei era caduta.
Si fece coraggio e fece un passo avanti. I pompieri stavano ancora cercando di spegnere l’incendio causato dal Mago e questo, in qualche modo, le fece ricordare la cicatrice sulla sua guancia. Gliel’aveva provocata Allison, ma lui non aveva mostrato il minimo interesse verso di lei per vendicarsi. Però si era infuriato quando la pietra era stata frantumata da Malia. Ed aveva evocato le fiamme. Aveva voluto punirli per non avergli dato una pietra. Perché? Cosa poteva fare quella cosa? Forse il Mago non era interessato a loro o alla pietra in sé, forse la pietra gli serviva solo a fare qualcosa. Non a dargli più potere o ad uccidere persone, ma a fare qualcos’altro. Ma cosa? E perché sembrava sempre che parlasse come un maggiordomo del 1800? Qualcosa scattò nel cervello di Lydia, ma l’ingranaggio non mise in moto la ruota. C’era ancora un pezzo del puzzle che le mancava.
<< Scott! >> esclamò la madre di Scott correndo verso di lui. << Oh cielo, Scott! >>
Melissa abbracciò il figlio con impeto, stringendolo fortissimo a sé. Lydia si sentì quasi di troppo in quella circostanza, ma non rriuscì a fare a meno di osservarli. Erano una famiglia e stavano piangendo insieme. Melissa e Rafe erano diventati ormai come cane e gatto, ma lei aveva gli occhi rossi e lucidi. Scott non rispose all’abbraccio in un primo tempo, poi alzò lentamente le braccia e le mani fino ad avvolgere il corpo più piccolo della madre. Lo sentì tirare su col naso mentre sprofondava con la testa contro il petto di Melissa e fu come sentirlo urlare. L’eco del suo urlo taciuto le rimbombava di nuovo nelle orecchie. Chiuse gli occhi per un secondo, come per liberarsene e sembrò funzionare. Guardò Stiles, che stava indicando qualcosa alle sue spalle. Si voltò di scatto e la vide. Conc he coraggio si faceva vedere lì da loro in un momento del genere?
<< Vattene. >> sibilò.
<< Chiedigli se c’è qualcosa che vuole dirgli. >> replicò Persefone, la lunga gonna nera del vestito che le svolazzava fra i piedi.
<< Cosa? >>
<< Le anime vengono da me, quando muoiono. Posso trattenerle solo per un istante. Chiedi a Scott se c’è qualcosa che vorrebbe dire a suo padre. >>
Lydia scosse la testa.
<< Dov’è? >>
<< Non puoi vederlo. >>
<< Io non credo alle cose che non vedo. >> ribatté Lydia, incrociando le braccia.
<< Allora non dovresti nemmeno credere alle voci. Mi sbaglio? >>
Lydia si inumidì le labbra, mentre Stiles si avvicinava a loro e si frapponeva fra le due ragazze.
<< Non sei la benvenuta qui, Persefone. >> disse Stiles.
<< L’anima di Rafe sta svanendo. Spero che Scott vi perdoni per questo. >>
Stiles corrucciò la fronte.
<< Di cosa diavolo stai parlando? >>
Lydia si girò ed urlò il nome di Scott a pieni polmoni, come se solo quello potesse fargli capire tutto, come se solo quello potesse chiamarlo ed al tempo stesso spiegargli tutto, chiedergli scusa, consolarlo, aiutarlo. Scott si voltò, lasciò la madre e guardò prima lei, poi Persefone. Lo sguardo che scambiò con Persefone fu elquente, unico nel suo genere e raro. Lei non ci sarebbe mai arrivata.
<< Digli che gli voglio bene. E che mi dispiace. >> fece Scott, deglutendo. << Digli che… >>
<< Se n’è andato. >> replicò Persefone, le mani che si cercavano spasmodicamente, con un lieve sorriso ad incresparle le labbra sottili. << Ti voleva bene anche lui. Ti ha sentito. >>
Scott serrò la mascella, annuendo un paio di volte.
<< Ha trovato la pace, non è vero? >>
Persefone chiuse le palpebre per un secondo e Scott capì che quello era il suo modo per dire “Sì”. Avrebbe voluto almeno ringraziarla, ma aveva la bocca impastata per via delle lacrime ed era difficile parlare, ora. Stiles fece per posargli una mano sulla spalla, ma Scott si voltò ed andò via.
<< Scott! >> esclamò Allison, saltando giù dall’ambulanza, dopo essersi divincolata dalla coperta e dal paramedico che stava cercando di curarle la gamba ferita. Zoppicò verso di lui e gli posò le mani sulle spalle. << Dove stai andando? Vengo con te. >>
Scott scosse la testa, poi le diede un delicato bacio sulla fronte. Allison si sentì di nuovo una bambina di cinque anni che sta per andare a scuola e suo padre le dice che andrà tutto bene. Ma lei in cuore suo sa che non sarà così.
<< Ci sentiamo domani, okay? Adesso sono stanco. >>
<< Scott… >>
Ma lui proseguì per la sua strada e non le rispose.
 
***
 
Lydia si sfregò di nuovo le mani piene di crema. Allison era ancora alle prese con dei moduli riguardanti la scuola in Francia e lei avrebbe voluto aiutarla, ma aveva avuto una giornata dura in università, poi il funerale del padre di Scott… e insomma si erano fatte le undici e mezza e tutto quello a cui riusciva a pensare era dormire nel suo letto. Levò la coperta e fece per sdraiarsi, ma qualcuno bussò alla sua porta. Oh, andiamo, indossava la camicia da notte, i suoi amici l’avevano vista anche in condizioni peggiori di quella. E poi erano passati due giorni dalla morte del padre di Scott e fra di loro si erano parlati a malpena. Non poteva essere che una sola persona…
<< Lydia, posso entrare? >> sussurrò una voce che conosceva da una vita, facendola sorridere.
<< No, aspetta, mi devo mettere qualcosa addosso. >> mentì e la porta si aprì lievemente. << Stiles! >> urlò, lanciandogli un cuscino in faccia.
<< Avanti Lydia, ti ho vista ricoperta solo di foglie solo qualche anno fa. Ormai non mi stupisce più niente. >>
Lydia avrebbe dovuto sorridere, anche perché sapeva che Stiles stava solo scherzando, ma non ci riuscì. Si sedette sul letto senza dire una parola con le mani in grembo. Stiles entrò chiudendosi la porta alle spalle, la felpa rossa slacciata addosso. La guardò per un attimo, poi le si avvicinò.
<< Lydia? C’è qualcosa che non va? >>
<< Cosa sarebbe successo l’altro giorno se non fossi uscita? >> chiese. << Forse non siamo più sulla stessa lunghezza d’onda, forse non riesco più a stupirti come una volta, io non… >>
<< Ehi Lydia, frena. >> la interruppe Stiles, parandosi di fronte a lei. << Era solo una battuta. A te piacciono le mie battute. >>
<< Il problema sono io, non la tua battuta. >>
<< Tu non sei mai stata un problema, per me. >> replicò Stiles e Lydia lo fissò.
<< So quello che sarebbe successo, se non fossi venuta a chiamarti, Stiles. >> disse Lydia, torcendosi le dita. << Ti ho visto insieme a Malia. >>
Stiles pronunciò un “Oh” e guardò il pavimento, deglutendo. Lydia si chiese perché evitasse il contatto visivo con lei, poi notò le mani tremanti. Era il senso di colpa. Anche lui lo sapeva, entrambi lo sapevano. Che stupida, che stupida era stata a non accorgersene prima. Stiles non era più innamorato di lei. Ovvio. Eppure non le era sembrato, davvero, non si era accorta di niente. Era diventato bravo a mentire, ma non credeva che avesse mentito anche a lei. Era certa che lei sarebbe sempre stata l’unica persona a cui non avrebbe mai raccontato una bugia. Lei e Scott.
<< Lydia, io e Malia non… >>
<< Ti sei tirato indietro, lo so. Magari quella è stata l’unica volta… >>
<< Cosa stai dicendo? >> chiese Stiles, sbattendo le palpebre. << Vorresti dire che ho pensato ad un’altra donna? Vorresti dire che non ti amo più? I sentimenti sono i miei, Lydia ed io so benissimo quello che provo. >> replicò lui. Lydia si sentì colpevole, come una bambina quando viene sgridata. << Sono innamorato di te da quando avevo otto anni, otto anni e sai che non ho mai smesso, nemmeno quando mi hai spezzato il cuore con Jackson, nemmeno quando hai calpestato la mia dignità in quarta elementare facendomi lo sgambetto davanti a tutta la classe, io non… >> stava dicendo, poi si fermò per un secondo, respirando l’aria, respirando, respirando. << Lydia, io non ho mai smesso di amarti. Neanche per un secondo. Tu sei nelle mie vene stasera come ieri sera e come lo sarai domani. E mi dispiace se per un momento ti ho fatto dubitare di questo, ti prometto che sarà un uomo migliore e ti amerò come meriti un giorno, ma stasera sono troppo stanco per fingere che vada tutto bene. Quindi se credi che quello che ti sto dicendo non sia la verità, ti prego di dirmelo ora. >>
Lydia lo guardò a bocca aperta, incredula. Aveva dubitato di lui senza ragione. Non si era tirato indietro perché era arrivata lei, si era tirato indietro perché non provava più niente per Malia e non voleva illuderla, nemmeno nel suo momento più buio. Gli tese la mano e Stiles gliela strinse.
<< Mi dispiace. Tu e Scott siete fatti della stessa pasta: umili e leali, ma avete anche un grande cuore. Non avrei dovuto accusarti, scusami. >>
Stiles fece scivolare le dita sul dorso della sua mano.
<< Non fa niente. >>
<< Stiles… >>
<< Non ti ho mai detto come mi chiamo veramente. >> replicò lui, sorridendo. << Il mio vero nome è M… >>
Lydia si alzò sulle punte e gli mise un dito sulle labbra, scuotendo la testa. Non le importava saperlo, non le importava chi fosse stato in passato, adesso era una delle persone migliori che conoscesse e le piaceva così com’era. E lui era Stiles, solo Stiles.  
<< Tu sei la mia famiglia, Stiles. >> disse Lydia. << Qualunque sia il tuo nome. >> aggiunse subito dopo.
Lui le sorrise, poi la strinse a sé e si accocolarono abbraciati nel letto. Solita serata in casa Martin – Stilinski, insomma.
 
L’alba rischiarò il foglio bianco ed Allison si fermò per un attimo a guardare il sole sorgere fuori dalla finestra. Era da tanto tempo che non scriveva, pensò Allison. L’ultima volta era stata qualche anno prima, quando era stata Smistata nella Casata di Grifondoro su Pottermore. Ovviamente aveva costretto Scott, Lydia e Stiles a farlo subito dopo di lei ed erano risultati appartenere rispettivamente a Grifondoro (Scott) e Corvonero (Stiles e Lydia). Dentro di lei sapeva che anche Paige era una Covonero o magari una Tassorosso per il suo cuore nobile, mentre Derek sarebbe stato di Sepreverde. Non aveva mai visto di buon occhio i Serpeverde, ma Derek era un’eccezione. Ades e Persefone invece, loro erano i classici Serpeverde che persino Harry potter avrebbe evitato come la peste.
Si strofinò le dita. Per alcune persone, scrivere era come respirare, come una seconda pelle che non avresti potuto scarnificare da te stesso neanche volendo. Per lei non era così, ma adesso aveva scritto così tanto, da farle bruciare i polpastrelli. Immaginò che per le persone brave a scrivere quello non fosse altro che una specie di “riscaldamento”, mentre lei dovette fermarsi per qualche minuto, prima di riprendere. Stavolta aveva preso a scrivere con la furia di chi ha tanto da raccontare, senza un computer. Aveva recuperato carta e penna dalla cameriera di quella tavola calda, dopo che la ragazza aveva avuto pietà di lei, che aveva iniziato a scrivere con uno stuzzicadenti sul tovagliolo di carta. Aveva una bella calligrafia, Allison ed anche leggibile, ma stavolta c’era qualcosa di diverso. Sembrava quasi… stanca, seppure frettolosa. Forse rispecchiava solo il suo morale a pezzi e la tristezza che l’attanagliava grazie a quella stupida canzone d’amore che la porprietaria continuava a rimettere ogni due per tre. Quel dannato sentimento che continuava a rovinarle la vita da quando aveva conosciuto Scott McCall, praticamente. Non che lei si pentisse di qualcosa, sia chiaro. Scott era stato il suo punto di partenza per la sua vera vita, per scoprire se stessa, per farsi degli amici e fare pace con i suoi genitori. Il punto è che lei era preoccupata per lui, ora. Erano passati giorni dalla morte valorosa del padre di Scott e lui era diventato sempre più distante. Lei lo capiva, perché dopo la morte di sua madre aveva provato quelle stesse emozioni. Vuoi vendetta e ti fai pervadere dalla rabbia per una volta, per provare com’è non piangere, perché non vuoi arrenderti al fatto che la persona che amavi non c’è più. Il problema era che lei non era fatta in quel modo e Scott neanche.
Aveva provato a parlargli. Oh, il cielo lo sapeva che lei ci aveva provato in tutti i modi, ma lui le rispondeva solo a monosillabi e non la guardava nemmeno in faccia. Lei ed Isaac erano rimasti prevalentemente per lui e lei di sicuro aveva gettato bellamente all’aria la sua chance di un futuro in Europa, ma non era giusto arrabbiarsi adesso. Dopotutto, Scott aveva comunque perso tante cose ed aveva rinunciato a tutto per lei, una volta. Quindi, in qualche modo, glielo doveva. Quello che non riusciva a capire era solo… il silenzio. Scott aveva passato ore intere seduto in camera sua accanto a Stiles in totale silenzio ed ogni volta lo guardava come se gli avesse fatto il favore più grande dle mondo. Forse a lui serviva solo qualcuno che lo ascoltasse e non gli dicesse “Mi dispiace” o “Non è colpa tua”. Quello possono farlo tutti. Quello che un migliore amico fa è dirti “Stai vicino a tua madre e cerca di essere forte per lei, amico: il dolore non passa mai”. Era questo che Stiles aveva detto a Lydia, quando lei stessa era morta? Allison non voleva davvero conoscere la verità: ci sono cose che a volte noi non dobbiamo sapere. Come il modo in cui gli altri affrontano il dolore. Come il rumore che fa un cuore spezzato, quando sai che la persona che ami non ricambierà mai il tuo amore. Come quante volte hai sorriso in modo più luminoso del solito, per distogliere l’attenzione dalle ombre sotto i tuoi occhi. Ci sono alcune cicatrici che solo la tua anima conosce e lacrime che solo il tuo specchio ha dovuto vederti versare, impotente. Forse era così, per Scott. Forse lo specchio di casa sua conosceva più segreti su di lui di quanti ne conoscesse lei stessa. Per lei era stato così con sua madre e per quanto si vergognasse ad ammetterlo, anche con Kate.
Bussarono alla porta. Non si eranemmeno accorta dii stare ormai scrivndo sulla scrivania di camera sua. Mise via i fogli in fretta e furia ed aprì la porta.
<< Lydia. >> disse, sorpresa.
La ragazza dai capelli biondo fragola si torse le dita.
<< Abbiamo un problema. >> esordì ed i suoi occhi verdi si spalancarono. << Allison ci serve il tuo aiuto. Si tratta di Scott. È scomparso. >>  
 
Paige posò la scatola sul tavolo e la aprì. Derek se ne stava seduto lì accanto, senza staccare gli occhi da quel cartone. Lì dentro c’era tutta la vita di Peter. In una scatola di cartone. Questo era tutto ciò che gli rimaneva di lui: una scatola di cartone. Incrociò le braccia, mentre Paige posava degli oggetti sul tavolo: il testamento, alcuni mazzi di chiavi, una vecchia videocamera, un manifesto della band in cui aveva suonato, la foto con Cecily ed un vecchio libretto di scuola dell’università. Fece scivolare il testamento in direzine di Derek, mentre lei apriva il libretto. Perché peter avrebbe dovuto tenere per anni quel ricordo? A cosa gli serviva? Lo sfogliò velocemente ed una foto scattata da una Polaroid cadde sul tavolo.
<< Mamma… >> sussurrò Paige, riconoscendola all’istante, come se l’avesse vista ogni giorno della sua vita.
Derek lasciò da parte il testamento e le si avvicinò. Somigliava un po’ a Paige, anche se non tantissimo: lei aveva i capelli d’un rosso fuoco, il viso color del latte e gli occhi blu elettrico. Aveva delle lentiggini sulle guance e vicino al naso, ma era davvero bella. Faceva fatica a pensare a lei insieme a Peter, ma nella foto erano abbracciati e sorridevano. Non aveva mai visto suo zio sorridere in quel modo, per quel che si ricordava. Paige aveva gli occhi lucidi e non riusciva a lasciare la fotografia. Era come se le sue dita fossero incollate a quella Polaroid. Derek le accarezzò una guancia col pollice, come faceva sempre per tranquillizzarla.
<< Era felice. >> disse.
Paige annuì, asciugandosi qualche lacrima che stava iniziando a scendere. Non avrebbe voluto piangere, ma gli ormoni le stavano complicando la vitta da qualche giorno a questa parte e riconobbe subito anche l’impellente bisogno di divorare qualunque cosa fosse commestibile nelle vicinanze.
<< Cosa dice il testamento? >> domandò, infilando la foto di nuovo nel libretto.
<< Lascia tutto a me. >> rispose Derek. Paige lo guardò, incredula. << Tutto. Tutti i soldi nel caveau, gli archivi di tutte le scuole qui a Beacon Hills, tutto. La storia degli Hale è racchiusa in quelle scartoffie ed è tutto mio, ora. >> spiegò. << E poi c’è una cosa… c’è una cassetta che tu dovresti vedere, che è nell’archivio dell’università. Allison dice che l’ha nascosta lì. >>
Paige corrucciò la fronte.
<< Per me? >>
<< Sì, per te. Forse c’entra qualcosa con la tua famiglia, non lo so. >> replicò Derek, poi le porse il testamento e Paige cominciò a leggere.
“Sono tremendamente dispiaciuto per quello che ho fatto in passato, Paige. E non parlo di tutti gli innocenti che ho ucciso, mi riferisco a te. A quello che ti ho fatto. La rabbia ha preso il sopravvento quella notte ed io… Parliamoci chiaro, Paige: tuo padre non è mai stato uno stinco di santo, ma amava tua madre ed io ti ho depistato sempre, facendomi passare per il buono della favola. La verità è che non c’erano né eroi né cattivi, ma solo una vittima ed eri tu. Ho pensato per tanto tempo che fosse Dalia, ma non è così. Lei ha sempre saputo quello che stava facendo, a differenza mia. Ho fatto una promessa ad una persona prima che morisse e guardando la videocassetta, tu capirai chi è. Ti ho portata all’orfanotrofio subito dopo quella notte, si chiama ORFANOTROFIO DI SUOR CORDELIA e si trova nella via delle case rotte, qui a Beacon Hills. Lo troverai, ne sono certo. Il potere che cercavo non era altro che mancanza di amore, Paige ed io dovevo rimepire il vuoto che la morte di Dalia aveva lasciato dentro di me. Sono stato avventato e ho fatto una cosa orribile, privandoti di un padre, quando in realtà ero arrabbiato con me stesso per non essere riuscito a salvare tua madre. Ho cercato il perdono per tutta la vita, per capire solo adesso che non ti serve a niente, perché tutte le cose brutte che hai fatto rimangono con te. Per sempre.
Non sono mai stato uno dei buoni, Paige. Io sono sempre stato solo il lupo che mangia la nonna di Biancaneve. Spero che Derek non diventi mai come me, ma c’è una cosa che ho imparato: prima o poi, tutti fanno qualcosa di cui si pentono. Forse i buoni sono solo quelli che hanno retto più a lungo prima di diventare cattivi”.
Paige posò il foglio sul tavolo con le lacrime agli occhi. Alzò lo sguardo e fissò Derek, che stava rimuginando su qualcosa. Perché Peter le aveva scritto di quell’orfanotrofio? Quando aveva tre anni era stata trasferita in un altro orfanotrofio, ma non sapeva come si chiamasse il primo. Che bisogno c’era di dirglielo?
<< Hanno usato il piano B, prima del piano A. >> disse Derek, prendendo la cartina di Beacon Hills. << Credevamo che Void Stiles volesse ucciderci tutti dall’interno, ma non è vero. Stavano solo coprendo qualcos’altro. >> spiegò, tracciando un cerchio in rosso sulla carta. << L’orfanotrofio si trovava qui, una volta, prima che chiudesse. C’è qualcosa lì e noi dobbiamo scoprirlo. >>
Paige annuì.
<< Vado a prendere il giubbotto. >>
 Forse i buoni sono solo quelli che hanno retto più a lungo prima di diventare cattivi.
 
<< Perché dovrebbe essere andato alla Casa dell’Eco? >> chiese Lydia e Melissa scosse la testa, non sapendo cosa dire.
<< Non lo so, Lydia. Davvero, io non riesco più a capire cosa gli stia passendo per la testa. >>
John le avvolse le spalle con un braccio e Stiles sorrise lievemente nel vedere che suo padre non si vergognava di quel gesto. Non portava più la fede da un po’ ormai, ma lui sapeva che non era perché aveva dimenticato sua madre, ma solo perché voleva andare avanti e trovare qualcuno che riuscisse ad amarlo di nuovo, qualcuno con cui condividere i momenti e quel qualcuno era Melissa. Suo padre era felice questo gli faceva sentire uno strano senso di torpore nel petto. Per non parlare del fatto che, se si fossero sposati, lui e Scott sarebbero diventati fratelli a tutti gli effetti. Stava già fantasticando sulle nottate che avrebbero fatto per vedere Star Wars, maratona che almeno una volta nella vita devi fare e rovinarti gli occhi al buio, ma Lydia lo riportò alla realtà dandogli una gomitata nel fianco destro. Gli lanciò un’occhiata eloquente, come a dire “Svegliati, stupido fanboy!”, per poi rivolgersi di nuovo a Melissa.
<< Sta cercando il posto in cui vanno tutte le anime perdute. >> disse una voce roca proveniente dalla porta.
Ades entrò nel soggiorno indossando un paio di jeans neri, logori ed una maglietta bianca che doveva aver visto giorni migliori. Lydia notò subito un paio di ombre sotto i suoi occhi e l’anello al dito, che negli ultimi giorni aveva evitato di portare. Era tornato insieme a Persefone, forse?
<< No, io non torno in quel posto. >> disse Stiles e Lydia si ridestò. Aspetta, di cosa stava parlando?
<< Sta cercando il Mago. Vuole vendetta per la morte di suo padre. >>
<< Dov’è? >> chiese Melissa, avvicinandosi pericolosamente ad Ades. << Dov’è mio figlio? Dov’è Scott?! >>
<< Scott è alla Casa dell’Eco, Melissa. >> rispose Stiles per lui, le mani sui fianchi ed il viso stanco.
Lydia sentì il telefono vibrare nella sua tasca. Lo prese e lesse il messaggio. Per poco non svenne. Si morse il labbro inferiore così forte da sentire il sapore di sangue in bocca, maledicendosi mentalmente, perché era colpa sua. Era tutta colpa sua.
<< Non solo Scott. >> replicò Lydia. << Non c’è solo lui. >>
<< Cosa? Chi c’è alla Casa dell’Eco? >> chiese John.
Stiles le mise le mani sulle spalle e cercò in qualche modo di onfonderle coraggio per parlare. Ades lo guardò ed una profonda tristezza si riversò nei suoi occhi e nel suo petto, comr un fiume in piena che sta cercando di farti annegare.
<< Chi altro c’è alla Casa dell’Eco, Lydia? >> ripeté Stiles, guardandola dritto negli occhi.
Il panico si fece strada nelle iridi verdi di Lydia e Stiles si sentì già perso. “Oh cielo, no”, pensò. Qualcosa dentro di lui si ruppe ed all’improvviso si sentì di nuovo in colpa per tutto quello che aveva fatto, per aver ucciso Allison, per aver provocato tutto quel dolore al suo migliore amico, per essersi salvato, per aver avuto invece come premio la cosa più bella della sua vita.
<< Allison. >> disse Lydia in un sussurro. << C’è Allison. >>
 
Aveva seguito le trace di Scott fino alla Casa dell’Eco. Sapeva che non poteva entrare senza permesso, ma per qualche ragione, credeva che Scott non fosse mai entrato lì dentro. Fece il giro e si ritrovò dietro l’edificio, mentre la mano della notte calava su di lei. Incoccò una delle sue frecce, tanto per essere preparata a tutto. Cercò di fare meno rumore possibile con gli stivali, calpestando foglie e fiori. C’era una specie di fontana inattiva con degli scalini e lei riconobbe Scott seduto su uno di essi, il viso nascosto dall’ombra.
<< Scott? >> chiamò Allison, abbassando l’arco.
Scott alzò lo sguardo ed Allison video per un secondo i suoi occhi illuminarsi di rosso. Strinse l’arco nella mano sudata, ma sapeva di essere al sicuro con Scott. Conosceva i sentimenti di Scott: suo padre era morto senza che lui potesse fare niente e si sentiva in colpa. Ma più di questo, più che incolpare se stesso, c’era qualcosa di peggiore: si chiedeva come sarebbe stata la sua vita d’ora in poi. Insomma, aveva vissuto senza un padre per anni, prima che tornasse dall’oblio e proprio ora che si era abituato ad averlo intorno, lui non c’era più.
Scott si alzò e le andò incontro. Il suo passo lento diventò corsa verso il finale e strinse Allison fra le sue braccia come la notte in cui era morta, come quando avevano saltato la scuola il giorno del suo compleanno, come quando avevano danzato insieme al ballo. E quel tipo di abbraccio era ossigeno per lui e sicurezza per Allison. Scott poggiò la testa nell’incavo fra la spalla ed il collo di Allison, respirando il suo profumo a pieni polmoni, ricacciando indietro le lacrime ed il senso di colpa per non essere riuscito a salvare lei o suo padre o Stiles. Li aveva condannati tutti a morte, non era riuscito a proteggere nessuno di loro. Si accurse che la mano di Allison sulla sua schiena si muoveva a ritmo dei suoi singhiozzi, ma non voleva piangere, non era il momento di farlo. Fu quando sentì un fruscio dietro di sé che si ridestò.
<< Devi andare, adesso. >> disse Scott, dandole un fuggevole bacio sulla fronte.
<< No, io non ti lascio qui da solo, Scott. >> replicò Allison, risoluta.
<< Allison, devi andare. Non voglio che ti succeda qualcosa a causa mia. >> ribatté Scott. Allison fece per replicare, ma lui strinse la presa sulle sue spalle e la guardò con occhi supplicanti e rossi da far paura. Non l’aveva mai visto in quello stato, mai. << Allison, stavolta ti proteggerò a tutti i costi, lo giuro sulla mia vita. Ma non è accanto a me che sarai al sicuro, quindi devi andartene. Scappa via di qui e non voltarti indietro, non voltarti. >> disse con tono determinate, ma la sua voce partiva a scatti, come una vecchia cassetta musicale.
<< Ti ricordi quello che mi hai detto la sera del mio compleanno? >> chiese, prendendolo per il colletto. << Me lo hai promesso, Scott. Me lo hai promesso con le lacrime agli occhi e con il cuore in mano, me lo hai promesso! >>
Scott la baciò d’impeto, senza darle nemmeno il tempo di respirare o di aggiungere qualcosa, una parola qualsiasi che gli ricordasse di nuovo di quella notte. Oh, Allison era sempre stata affascinante, ma quella sera era bella da fare male al cuore. E gli aveva davvero fatto male un punto imprecisato nel petto, mentre la guardava scendere le scale di casa sua per andare alla festa a sorpresa. Lei gli aveva stretto le mani fra le proprie e gli aveva chiesto di prometterle una cosa, prima di uscire.
Si staccò da lei e le accarezzò una guancia, la vista offuscata dale lacrime e dalla stanchezza. La cicatrice vicino all’occhio pizzicò. Forse certe ferite non erano in grado di guarire nemmeno sul corpo di un lupo. Forse era stata troppo profonda o forse era stato lui a volerla tenere, inconsciamente, come memoria di quello che era accaduto.
<< Me lo ricordo. Ed è esattamente quello che intendevo. >> rispose Scott.
E poi, come se qualcuno avesse gettato una scacchiera dal tavolo, la terra sotto di loro esplose. Allison venne scaraventata via, lontana dalle sue mani e dal suo cuore e Scott non riuscì nemmeno ad urlare. Sentì un macigno sullo stomaco e fece fatica a rialzarsi. Di fronte a lui c’era una voragine ed il corpo di Allison era dall’altra parte, una gamba fasciata e la mano che tenva l’arco era vuota, lo smalto rosso che brillava nel buio come quella maledetta sera. Il panico si sparse nei suoi muscoli e nel suo cervello, facendo attivare le sue difese, i suoi denti ed i suoi occhi che scintillarono alla luce dei neon. La notte si fece improvvisamente piena di luce.     
<< Sento l’energia della pietra. Dov’è, signor McCall? L’avete rubata per me o il signor Stilinski sta arrivando a salvarvi? >> domandò il Mago, passeggiando verso Allison.
<< Stavolta è quella vera. >> rispose Scott.
<< Lo spero per voi. >> disse il Mago, inginocchiandosi di fianco ad Allison. << Ma voglio comunque darvi un piccolo incentivo. Diciamo solo che è una vendetta per quello che mi avete fatto passare. >>
Il Mago posò un dito sulla fronte di Allison e la spinse giù nel dirupo.
 
A Stiles sembrava di muoversi al rallentatore, come in quelle vecchie serie tv degli anni ’90. Controllò se la pietra era ancora nella sua tasca. Tutto a posto. Poi corse ancora, sempre più veloce, con il sudore che gli colava giù per la spina dorsale e Lydia al suo fianco aveva il fiatone. Arrivarono alla Casa dell’Eco, ma era tutto buio ed il cancello era chiuso.
<< Cosa facciamo, adesso? >>
<< Di qua! >> esclamò Ades, facendo loro segno di dirigersi verso il retro dell’edificio.
Arrivarono di fronte ad una voragine e si fermarono appena in tempo per non cadere. Stiles mise un braccio in avanti per fermare Lydia. Ades guardò di fronte a sé e Stiles lo vide stringere i pugni.
<< Scott, stai bene? >> chiese Lydia, notando che Scott stava in ginocchio di fronte al confine dell’abisso.
<< Datemi la pietra. >> disse il Mago dall’altra parte, aprendo una mano. << Non voglio uccidere nessuno. Non è mai stato il mio obiettivo. >>
Gli occhi di Scott, dapprima rossi, adesso erano diventati improvvisamente d’un rosso sague, non più rubino. Lydia lo fissò confuso, poi prese a guardarsi intorno impaurita.
<< Scott, dov’è Allison? >> chiese, con il battito del cuore a mille.
Scott non rispose. Prese solo a camminare all’indietro e poi a correre, correre più veloce della luce, come se stese prendendo la rincorsa per arrivare da Allison quel dannato 17 marzo 2014. Arrivò al limite della voragine e saltò. Si ritrovò subito dall’altra parte e ruggì così forte da fare male alle orecchie.
<< Tu sei un mostro. >> disse al Mago e quelle parole sembrarono colpirlo dritto al centro del petto, ma non si scompose. Era sempre troppo calmo, come se in realtà fosse arrabbiato per tutto il tempo.
<< Datemi quella pietra. >>
Scott ringhiò e gli saltò addosso, squarciandogli la pelle del volto e mordendolo alla spalla. Il Mago gridò, poi tutto intorno a Stiles, Lydia ed Ades cominciarono a scaturire delle fiamme dal terreno. Erano circondati, mentre Scott lottava contro il Mago, che si difendeva a malapena nel corpo a corpo senza la sua amata magia. Le fiamme presero a danzare verso di loro ed a chiuderli nel cerchio, lasciando che l’aria si riempisse unicamente di anidride carbonica. Il cielo sembrò chiudersi su di loro.
<< Cosa facciamo? >> chiese Lydia, tossendo.
<< Non riesco a pensare. >> disse Stiles. << Mi manca il respiro. >>
Ades si guardò intorno, ma la verità era che erano spacciati. Non c’era niente che potessero fare e nessuno che potessero chiamare. Solo in quel momento si rese conto di quanto gli mancasse Persefone e capì quello che doveva fare. Era giunta l’ora.
<< Giuro sullo Stige che rimarrò insieme a te per sempre, Persefone. Tu sei la mia regina e sei mia moglie ed io… io ti amo. E regnerò in eterno insieme a te. Accetto il mio dono. >> pronunciò, mentre Lydia si accasciava a terra avvolta dalle braccia di Stiles, che lo guardava come se fosse impazzito.
<< Cosa diavolo stai…. facendo? >> chiese Stiles, respirando sempre più l'ossigeno che era rimasto, sempre di più, finché la gola non gli si chiuse e gli occhi si rovesciarono all’indietro.  
La luce che attorniava Ades esplose ed accecò Scott ed il Mago. Ades chiuse gli occhi e respirò l’aria primaverile per l’ultima volta, poi si gettò tra le fiamme, mentre Stiles e Lydia sprofondavano nelle viscere della terra. Scott sentì la gola bruciare per un attimo, poi aprì gli occhi e vide che le fiamme erano scomparse, esattamente come la voragine. L’unica cosa che era rimasta era la pietra, che il Mago si affrettò a prendere, per poi sparire.
E Scott rimase lì da solo, senza Allison, né Stiles o Lydia. E soprattutto, senza avere la più pallida idea di cosa fosse successo o di dove fossero. Però qualcosa aveva capito: Ades si era appena sacrificato per loro e la profezia era ad un passo dall’avverarsi completamente. Si chise se non fosse più una punizione sua e non di Ades, perché l’unico che aveva perso tutto, fino a quel momento, era stato lui.







Angolo dell'autrice:
Saaalve :3 Sono tornata con un nuovo capitolo in piena estate, yey! 
Okay, so che il finale sa davvero di qualcosa lasciata a metà, ma non temete, nel prossimo capitolo verrà spiegato tutto! Colgo l'occasione per dire che questo è uno degli ultimi capitoli e quindi la storia sta volgendo verso la fine. Era così che avevo pensato dovesse finire il ciclo di Anchor e volevo che raccontasse la vita dei personaggi dopo la scuola, far capire cosa succederà, chi resterà insieme e chi no, come andrà in futuro.
Non so quando aggiornerà di nuovo, spero presto ma non prometto niente. Ditemi se vi è piaciuto il capitolo e cosa ne pensate della storia, le vostre recensione fanno sempre piacere :)
Ciao e buone vacanze!
Grazie a tutti quelli che recensiscono o inseriscono la storia fra le preferite/seguite/ricordate!
P.s.: questa stagione di Teen Wolf è una bomba!   
Erule 
  
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