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Autore: Freya Crystal    15/08/2015    5 recensioni
Rose era sempre stata una ragazza tranquilla e riflessiva, timida con i suoi coetanei e loquace con gli adulti. Era una di quelle persone che se ne stavano in disparte e davano l'idea di apprezzarlo, una di quelle che gli egocentrici adoravano avere come amica — poiché certi che il palco non gli sarebbe mai stato rubato — la cui presenza si notava solo in classe, quando rispondeva brillantemente alle domande dei professori.
Rose era uniforme scolastica, pergamena consunta, chioma ribelle e fogli ingialliti. Era "quella che frequentava Albus e Lily", la figlia di Hermione Granger e Ron Weasley. Nient'altro.
Finché non si era innamorata di Harry Potter.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Nuova generazione
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Note dell'Autore:  
1. Storia partecipante al contest "Scorci di vite sospese" indetto da Mary Black sul forum di EFP. 
Coppia e indicazione scelta: Harry/Rose, indicazione B
Eventuale elemento in più: 15, Brucerò per te
Contesto: Durante le vacanze estive che precedono il quinto anno a Hogwarts di Rose, in seguito durante l'anno scolastico. 
2. Questa è Rose nel mio immaginario, ma con i capelli più scuri:
http://www.telefilmzone.it/imgImmagini/Attori/CarolineGuerin/caroline1.jpg
3. La collina di Pilsdon Pen è situata nel Dorset e pare che William Wordsworth, poeta di cui ho citato alcuni versi nel testo, abbia vissuto lì vicino. Il paesaggio della collina è a mio avviso molto suggestivo e rilassante, per questo l'ho scelta come luogo delle vacanze.  
4. La Turbo-Speed è una scopa inventata, ho immaginato che dopo la Firebolt ne abbiano prodotta una più potente. 
5. Le Piume Trabocchetto sono analoghe alle Bacchette Trabocchetto: si trasformano in polli, ma non esistono veramente. Ho pensato che George abbia deciso di inventarle.
6. Troverete due modi di dire "potterizzati": "cogliere la palla al balzo" è diventato "cogliere la pluffa al balzo", mentre "lanciare il sasso e ricacciare la mano" è diventato "lanciare la Fattura e ricacciare la bacchetta".
7. I versi di Wordsworth che ho citato tra " " appartengono a "La mietitrice solitaria".
8. L'Incanto Calligrafo, di cui scoprirete l'uso leggendo, non esiste, l'ho inserito per esigenze di trama. 
9. "E la luna pensa per sé, se ne frega di noi, ma io lo so che tornerai, l'universo si muove e non smetterà mai..." sono i versi della canzone "Brucerò per te" dei Negrita.  
Troverete, inoltre,  una citazione alla fine del testo di Lord Byron. 






***


 



 
Il frinire distratto delle cicale si sovrapponeva al fischio incessante prodotto dalle scope in movimento. Sotto l'arido e selvaggio sole d'agosto la collina di Pilsdon Pen brillava di una solida bellezza eterna, sussurrando tra le fronde arboree segreti dimenticati e parole poetiche sbocciate durante una solitudine ispiratrice. 
Seduta all'ombra di una possente quercia, una piuma appuntata nei capelli e gli occhi che scorrevano freneticamente la lettura di un libro, Hermione si chiese se quei componimenti dedicati alla natura fossero scaturiti alla vista del suggestivo paesaggio che la circondava. Si sentiva in empatia con William Wordsworth, colui che in passato aveva calpestato l'oasi di pace in cui si trovava, e la lettura l'aveva assorbita al punto tale da renderla estranea a qualsiasi rumore esterno.
Rose le sedeva accanto, le esili spalle accarezzate dalle lunghe onde castane, le labbra arricciate per l'impegno, mentre la piuma che impugnava scorreva rapida e precisa sulla pergamena; di tanto in tanto gettava fugaci occhiate ai giocatori in volo, poi riprendeva a svolgere il suo tema con stoico senso del dovere, rimproverando se stessa per quelle distrazioni. Nessuno, osservandola, avrebbe sospettato che stava lottando contro l'impulso di alzarsi e abbandonare il compito di Pozioni per unirsi alla partita, nemmeno Albus, che a detta dei suoi compagni di dormitorio a Hogwarts la conosceva come le sue tasche. 
Il cugino era decisamente maldestro come giocatore di Quidditch; mentre i compagni di squadra dimostravano la loro indiscussa bravura, lui se ne stava ritto sulla sua scopa senza sapere quale mossa compiere, temendo che potesse sfuggire al suo controllo, come accadeva di consueto. James non mancava di fargli notare quanto apparisse impacciato, ricordandogli che perfino Hugo e Lily erano diventati più esperti di lui, e si pavoneggiava con esagerate acrobazie sotto gli occhi di tutti i presenti. Harry seguiva le mosse del secondogenito con attenzione, incoraggiandolo e cercando al contempo di farlo agire da solo, e si ostinava a gareggiare con lui contro Ron, James, Hugo e Lily, come stava accadendo in quella partita. Rose ammirava Albus perché, nonostante il fratello maggiore lo punzecchiasse, superava la vergogna e giocava, e ammirava Harry perché riteneva fosse un insegnante di Quidditch esperto, preciso e paziente. 
Lo zio Harry.
Senza rendersene conto la ragazza alzò lo sguardo per cercarlo e, quando lo vide sfrecciare in direzione del boccino con James alle calcagna, avvertì un'improvvisa fitta allo stomaco. Breve, brevissima, eppure intensa.
Per un attimo sentì la testa girare e dimenticò persino di essere seduta ai piedi di una quercia, finché un tocco delicato sul suo braccio non la distolse dalla sua contemplazione.
<< Va tutto bene? >>
Sua madre la scrutava attentamente, un sorriso dolce sulle labbra e una luce indagatrice negli occhi: la sintesi perfetta dell'espressione che assumeva con i suoi figli non appena odorava il minimo sentore di malessere.
Rose annuì con fare rassicurante. << Mi è girata la testa, ma si è trattato solo di un attimo. Non preoccuparti, sarà colpa del caldo. >>
Hermione sospirò, alzando gli occhi al cielo. << Perché mai quegli incoscienti non hanno aspettato che rinfrescasse, prima di mettersi a giocare? Confidavo almeno nella solidarietà di zia Ginny, ma a quanto pare la follia del marito l'ha contagiata >>, concluse in tono scherzoso.
Rose si sforzò di sopprimere la stizza improvvisa causatale dalla parola "marito" e sorrise alla madre.
<< Se James ti potesse sentire, direbbe –
<< Che sono una vecchia megera, lo so >>, sospirò Hermione divertita. << Non fidanzarti mai con un tipo come tuo cugino, ti prego. >>
Se un tuono assordante non avesse deciso di manifestarsi in quel momento, la strega avrebbe immediatamente notato che sul viso della figlia non vi furono segni di ilarità. Un secondo tuono sopraggiunse, aggredendo i timpani di tutti i presenti con una violenza tale da far credere che il cielo si fosse squarciato. Rose, come sua madre, sapeva che nel Dorset il tempo era volubile, tuttavia quei suoni erano stati talmente assordanti da spaventarla. 
<< Nel giro di due minuti verrà il diluvio. Sarà meglio avvertire gli altri. >> 
Hermione si diresse verso la tenda e agitò la bacchetta, formulando un incantesimo anti-pioggia, mentre la figlia sparò in aria delle scintille rosse per segnalare il pericolo. 
La pioggia iniziò a cadere fitta e rapida su di lei, macchiando il foglio di pergamena che teneva arrotolato nella mano sinistra. Subito dopo, senza che potesse premeditarlo, finì distesa sull'erba. Mentre si rialzava rapidamente con la bacchetta tesa, frastornata e incredula, sentì una voce familiare gridare: << Scusa, ho calcolato male l'atterraggio. >>
Rose non riuscì a distinguere nitidamente la figura di Albus, scopa alla mano, ma l'espressione sul suo viso le suggerì chiaramente quanto fosse imbarazzato mentre le si avvicinava. 
<< Ti sei fatta male? >>, le chiese lui, quando l'ebbe raggiunta. 
La ragazza sbuffò, ma subito dopo tramutò la sua smorfia in un sorriso intenerito, afferrando la mano che il cugino le aveva porto. << Sei sempre il solito. >>
Il suo tema di Pozioni ormai era rovinato, ma con un colpo di bacchetta le sbavature sulla pergamena sarebbero scomparse. C'era un altro tipo di macchie, invece, che da quella notte non se ne sarebbe mai più andato.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Il respiro lento e regolare di Lily la convinse ad accendere la bacchetta senza il timore di essere scoperta. 
Rose si diresse verso l'armadio a passo felpato, pregando affinché la sua innata goffaggine non la tradisse proprio in quel momento, indossò i vestiti più comodi che aveva e uscì dalla stanza col cuore che le tamburellava nel petto, avanzando cauta nella penombra. 
James le aveva rifilato qualcosa nel cibo, non c'era altra spiegazione. Lei era una ragazza coscienziosa e diligente, ma soprattutto consapevole dei propri limiti, quindi perché stava rubando la scopa di suo padre mentre tutti erano a letto?
Una ladra vigliacca e bugiarda, ecco cos'era. Vigliacca perché non aveva il coraggio di farsi vedere in sella a una scopa, bugiarda perché fingeva quotidianamente di detestare il Quidditch. 
Suo padre aveva lasciato la Firebolt in salotto, appoggiata al piede del tavolo da pranzo. Il suo manico dorato riluceva attraente e sinistro sotto la luce della bacchetta, accarezzato dallo sguardo avido e al contempo timoroso di Rose.
Pazza, sono pazza. Se mi rompo l'osso del collo, tutti sapranno cos'ho fatto stanotte. Perché lo sto facendo? Perché voglio provarci? 
Il suo corpo, tuttavia, non rispose agli stimoli del cervello, conducendola fuori dalla tenda, all'aria aperta. Il manico della Firebolt, stretto saldamente nella sua mano destra, sussultò infastidito, non riconoscendo il tocco familiare di Ron. Rose inspirò profondamente, fissando il cielo trapuntato di stelle. L'indomani sarebbe stata una giornata calda e serena, a discapito del furioso e improvviso temporale che si era verificato quel pomeriggio. 
Ma il terreno è ancora scivoloso e sarà dura prendere quota. 
Quasi rise di se stessa a seguito di quel pensiero.
Prendere quota? Sarà già tanto, se riuscirò a montare la scopa senza che mi respinga!
Deglutì, lanciando un'occhiata distratta alla luna nascente. La sua figura perlacea era sottile come un uncino quella sera, e le ricordò un ghigno beffardo.
Stupidaggini
Non si accorse di aver stretto la scopa con troppa forza, mentre scacciava quel pensiero dalla mente, così che questa si impennò, cercando di sfuggirle e strattonandola in avanti. Rose non mollò la presa, sforzandosi di mantenere la calma e di infonderla anche alla Firebolt, tuttavia quest'ultima seguiva una logica tutta sua, estranea a quella che la ragazza aveva ereditato dalla madre. Stavano entrambe parlando una lingua diversa e non si sarebbero mai capite. 
Ti prego, fermati! 
La Firebolt si imbizzarrì, ormai totalmente fuori controllo, e si liberò della sua presa, librandosi in aria con rapide piroette circolari e giravolte a spirale. 
Rose, nel panico, estrasse la bacchetta. << Accio! >> ordinò cercando di nascondere la nota tremante nella voce. 
<< Accio! >> insisté, quando la vide sfrecciare più in alto e più lontano da lei. 
La scopa prese ulteriore quota, suscitandole indignazione e irritazione. 
<< Eh, no! Questo è troppo! Ti ordino di scendere: accio! >>
Rose ebbe appena il tempo di vedere la scopa sparire alla sua destra, oltre gli alberi.
Papà mi ucciderà.
Dimentica delle conseguenze, si precipitò verso la tenda per andare a chiamare Albus, l'unica persona a cui sarebbe stata disposta a rivelare la causa di quella sparizione. 
Un corpo solido arrestò la sua corsa non appena varcò l'ingresso della tenda, facendola cadere in avanti. Di riflesso Rose si portò le mani davanti al viso per proteggere il naso, ma la caduta si rivelò meno rovinosa del previsto.  Un respiro spezzato all'altezza della sua nuca le fece abbassare lo sguardo. 
Non era finita sul pavimento, ma sopra alla persona contro cui si era scontrata. 
I lembi della tenda rimasti scostati permisero ai deboli raggi lunari di infiltrarsi all'interno dell'abitazione, cosicché Rose fu in grado di riconoscere quel volto illuminato per metà che era a pochi centimetri dal suo. 
La bocca sottile, il naso dritto, la mascella squadrata, gli occhi verdi e vigili sgranati su di lei. 
<< Rose... >>
Il suo nome sulle labbra di lui le parve melodioso e irresistibile come quello di una donna seducente e inafferrabile. La ragazza deglutì, paralizzata dall'imbarazzo e dai suoi illogici pensieri. 
L'eternità in un istante. 
Vent'anni dopo qualcuno le avrebbe chiesto se con la magia fosse possibile racchiudere in un istante l'eternità. Da impeccabile insegnante di Incantesimi quale sarebbe diventata, avrebbe esitato a rispondere e, sussultando di fronte a quell'insolita e brillante domanda, avrebbe rivissuto con nostalgica amarezza quel momento inaspettato. 
<< Rose? Stai... stai bene? >>  
La ragazza si alzò bruscamente, non potendo evitare di aggrapparsi al petto di lui per rimettersi in equilibrio. 
<< S-sì, zio. Ti chiedo scusa >>, mormorò, di spalle.
Il suo cuore era in tumulto e le dita le bruciavano nei punti in cui avevano sfiorato il tessuto della sua camicia. 
<< Che cosa ci facevi fuori dalla tenda a quest'ora? >>, le domandò Harry in tono apprensivo, senza tuttavia riuscire a celare una nota di rimprovero nella voce. 
A quel punto Rose ricordò dov'era e il perché ci fosse finita. 
<< La Firebolt! >>
Si voltò di scatto, notando che Harry, lo zio Harry, si era alzato. Lo fissò con aria colpevole e imbarazzata. 
Avrebbe voluto mordersi la lingua. Perché non era stata zitta?
Lui aggrottò le sopracciglia. << Cosa? >>
<< La scopa di papà è fuggita nella collina, devo recuperarla assolutamente! >> sussurrò, torturandosi le mani con malcelato nervosismo. 
L'espressione di Harry divenne il ritratto dello scetticismo. << Da quando le scope fuggono per conto proprio? >>
Rose abbassò il capo, mortificata, sollevandolo di scatto non appena avvertì un piccolo spostamento d'aria. Si rese conto di essere diventata ultrasensibile ai movimenti del mago, complice la posizione equivoca in cui entrambi erano finiti poco prima. 
<< Resta nella tenda. Vado a recuperare la Firebolt. >>
<< Va bene >>, riuscì a mormorare Rose, prima che lui sparisse inghiottito dal buio. 
La voce di Harry fu calda e morbida, e la stuzzicò come un'inaspettata carezza sul collo, procurandole un'ondata di brividi lungo la schiena; avrebbe dovuto tranquillizzarla, invece ottenne l'effetto contrario. 
Tremante e frastornata, Rose si mise carponi, tastando il terreno alla ricerca della bacchetta cadutale quando...
Chiuse gli occhi e contò fino a dieci, trattenendo il respiro.
Cosa mi sta succedendo? Sono forse sotto Confundus? 
Perché penso a... lui... in quel modo?
Più si sforzava di scacciare le immagini che dominavano la sua mente, più queste si imprimevano nel suo occhio interiore, destabilizzandola. 
Mani che si cercavano nel buio, respiri che si intrecciavano nella brezza estiva, bocche che si sfioravano al chiaro di luna. Languidi sospiri, carezze nel vento, emozioni urlate silenziosamente... 
No! Non avrebbe dovuto, non avrebbe potuto andare in quel modo! 
<< Hai perso questa? >>
Rose scattò in piedi, sobbalzando. Harry, di ritorno dalla camera da letto con la sua Turbo-Speed e la bacchetta illuminata, la osservò con curiosità e sospetto. << Dopo mi spiegherai cosa ci facevi fuori dalla tenda a quest'ora. >>
Lei si limitò ad annuire, recuperando la bacchetta che lo zio aveva recuperato da terra. Trattenne il respiro quando lui le passò davanti e, non appena lo vide montare in cima alla scopa, rimase imbambolata a fissare il punto in cui scomparve. Un'improvvisa, irrazionale paura che potesse succedergli qualcosa la spinse a uscire fuori dalla tenda. 
Harry Potter in pericolo? È ufficiale, sto impazzendo.
Impose a se stessa di rientrare e di aspettarlo sul divano. Si sarebbe approfittata di quel momento di solitudine per riordinare i pensieri e trovare la spiegazione più dignitosa per il suo piccolo furto.
Papà non trascura mai la sua Firebolt, se mamma non fosse così intelligente ne sarebbe persino gelosa. Possibile che abbia dovuto dimenticarla in cucina proprio oggi, quando mi è venuta in mente la stupida, sciocca idea di cavalcarla? 
Un refolo di vento giunse sino alle sue gambe, facendole dirottare lo sguardo in direzione dell'ingresso. Nell'istante successivo Harry scostò i lembi della tenda, due manici di scopa alla mano e un sorriso soddisfatto. 
Rose puntò gli occhi sulla Firebolt, docilmente immobile e obbediente. << Ma come hai...? Saranno passati sì e no due minuti! >>
Lui le sorrise soddisfatto, leggendole negli occhi uno stupore a cui non era più abituato da tempo e che lo fece tornare undicenne per un istante. 
<< Allora, mi dici che cosa ci facevi fuori con la scopa di tuo padre? >> chiese in tono paziente, sedendosi accanto a lei.
Rose sentì il cuore balzarle in gola non appena il divano affondò sotto il suo peso. La parte destra del suo corpo, quella più vicina a lui, divenne improvvisamente calda, al punto tale da farle credere che le si sarebbero sciolti i vestiti.
<< Volevo... >>
Si morse la lingua, abbandonando i suoi propositi iniziali. 
<< Non riuscivo  a dormire, così ho pensato di mettermi in sala a studiare >>, mentì, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Sentiva il suo sguardo su di sé come lava colata. << Poi ho notato la Firebolt di papà ai piedi del tavolo, così ho pensato di portargliela in camera. >>
<< E a quel punto ti è sfuggita. >>
<< Esatto >>, si affrettò a rispondere.
<< Sappiamo entrambi che questa è una bugia. >>
Rose alzò la testa, sforzandosi di fissarlo con naturalezza. << Cosa mi ha tradita? >>
Harry indugiò sulle sue orecchie per una frazione di secondo. << Quelle, sono diventate rosse come succede a tuo padre quando è a disagio. >>
La nipote si strinse nelle spalle, rassegnata. << Mi hai scoperta >>, sussurrò, volgendo lo sguardo altrove con urgenza.
<< Perché ti imbarazza ammettere che volevi provare a volare? >>
La voce bassa e morbida dello zio, calma e priva di accuse, fu in grado di catalizzare la sua attenzione. Il senso di inadeguatezza che la stava soffocando scivolò via, trasportato da una corrente invisibile, come una mano gentile che scioglie una scomoda acconciatura. 
<< Detesto essere incapace a fare qualcosa... >> 
Le parole le erano uscite di bocca con inaspettata naturalezza, al punto tale che lei stessa se ne sorprese.
<< Nessuno nasce imparato >>, mormorò Harry, posandole una mano sulla spalla. 
Rose trattenne il respiro a quel contatto e serrò le labbra in una linea rigida per impedire che lui lo notasse.
<< Tuo padre è un abile portiere, ma quando eravamo a Hogwarts, la prima volta che fece i provini per entrare in squadra –
<< ... fu in disastro >>, lo anticipò la ragazza, << lo so, mamma lo dice sempre. >>
<< Beh.... non proprio un disastro >>, precisò Harry, cercando di risollevare la reputazione del migliore amico. 
Entrambi si lanciarono un'occhiata divertita che subito dopo si tramutò in una risata.
Rose avvertì sulla propria pelle quel senso di leggerezza provato alla Tana durante le feste natalizie, quando stare in compagnia dello zio Harry era solamente piacevole e rilassante. Per un istante le sembrò che tutti i pezzi malandati del suo cuore fossero tornati al posto giusto, che ogni folle, immorale pensiero su di lui fosse svanito dalla sua mente, come il peso soffocante della calura estiva che abbandona le membra dopo una giornata di pioggia ristoratrice — finché Harry non intensificò affettuosamente la stretta sulla sua spalla, e i brividi che avvertì risalirle lungo la schiena uccisero ogni sua speranza. 
<< Perché ti sei svegliato... zio? Stavi uscendo dalla tenda prima che ci scontrassimo >>, puntualizzò Rose, aggrappandosi disperatamente all'argomento per distrarsi dal suo tumulto ormonale.
Harry scostò la mano dalla sua spalla e la fece ricadere sul divano, innocentemente a pochi centimetri dal ginocchio scoperto della ragazza. Sul suo viso pallido, illuminato dalla luce della bacchetta, passò un lampo di mestizia e, per un istante, il verde dei suoi occhi si incupì per opera di torbidi ricordi. 
<< Non riuscivo a dormire >>, rivelò in tono sommesso. 
Rose percepì una distanza incolmabile tra di loro, come se una voragine si fosse improvvisamente aperta, silenziosa e invisibile, lasciandole l'illusione che ci fosse solo il divano a separarli.
<< Giuro solennemente di aver detto la verità, a differenza di qualcuno di mia conoscenza. >>
Con quella battuta Harry le fece scudo contro la propria sofferenza. Non voleva che un fiore come lei si macchiasse delle ombre del suo passato, non voleva che gli incubi, ladri del suo sonno, la sfiorassero, nemmeno a parole, così si sforzò di sorriderle e colse la pluffa al balzo per cambiare argomento. 
<< Senti, non sono stupido. So perché non vuoi farti vedere su una scopa e non dirò a nessuno quello che ho visto, nemmeno a tuo padre, ma se vuoi posso insegnarti a volare. >>
Rose sbatté le palpebre per accertarsi che non stesse sognando e, incatenata a quegli occhi verdi, sentì il sangue defluirle dal volto e affluire copiosamente subito dopo. Curiosità, eccitazione, imbarazzo ed esitazione l'assalirono nello stesso momento, accompagnati da uno sciame di pensieri contrastanti: l'istinto stava facendo a botte con la ragione. 
Perché rifiutare? Sarebbe un insegnante perfetto!
No, lui no, lui no! Si accorgerebbe che c'è qualcosa di –
.... strano in te? Ma tesoro, si chiama attrazio –
Te ne pentirai! Santo cielo, è tuo zio!
<< D'accordo, se per te non è un problema. >>
Brava, così si parla!
Questo sì che è un guaio...
Harry le accarezzò la testa, scompigliandole le ciocche ribelli, malamente trattenute dalle mollette. << Perfetto. Aspettami qui, ho una scopa che fa al caso tuo. >>  
Un momento. 
<< M-ma... vuoi iniziare adesso? >> bisbigliò Rose, il panico visibile nella sua espressione. 
Harry trattenne una risata, rintracciando nostalgicamente nel suo viso il ragazzino insicuro con cui aveva condiviso gioie e dolori sin dall'infanzia. Rose aveva tanto di Ron e Hermione, molto più di quanto lei credeva, e lui adorava quella nipote. 
<< Meglio approfittarsene mentre gli altri dormono, non credi? >>
 
 
 
 
***
 
 
 
 
<< Imparare a volare non ha niente a che vedere coi libri. Un libro si legge nell'ordine in cui le parole vengono disposte, una scopa, invece, si legge secondo un ordine nuovo e inespresso. Guarda. >>
Harry toccò il manico della Turbo-Speed con uno scatto improvviso che la fece sussultare assieme alla scopa. 
<< Visto? È bastato poco per innervosirla. Le scope sono come spugne: assorbono lo stato d'animo di chi le tocca. Devi essere sicura di te e padrona delle tue emozioni, se vuoi che quest'ultima ti obbedisca. >>
<< Questo lo so già >>, obbiettò Rose, incapace di mascherare il suo disappunto, << il problema è che quando si è in volo non si può avere il pieno controllo della situazione e il solo pensiero mi impedisce di rimanere tranquilla. Forse la scopa avverte che la mia sicurezza è forzata e non si fida. >>
Harry le si avvicinò e montò la sua scopa, tendendole le mani. << Coraggio, vieni >>, la incitò. 
Rose deglutì e, come una falena attirata da una luce potente, fece come le era stato detto. Non avrebbe dovuto, ma le risultò impossibile negare a se stessa quel contatto. Si mise a cavalcioni sulla scopa, dietro di lui, trattenendo il respiro.  
<< Reggiti. >>
Appoggiò le mani sul suo busto e provò una gioia incontrollata al pensiero di potersi stringere a lui, tanto che dimenticò la paura del volo e, quando la scopa si staccò improvvisamente da terra, dovette chiudere gli occhi per evitare di sentirsi male. 
<< Andrò piano >>, sentì dire dallo zio, << voglio che tu impari una cosa prima di tutte le altre: nessuno è mai completamente tranquillo quando vola, la scopa lo sa, ma se tu gli dimostrerai che sei padrone delle tue insicurezze e che sei in grado di gestirle, questa si fiderà e farà comunque ciò che desideri. È necessario che si instauri un legame di solidarietà tra di voi, affinché lei esegua le manovre giuste al momento giusto. >>
Rose era sempre stata un'allieva diligente e attenta alle spiegazioni dei professori, la sua mente acuta e brillante le permetteva di seguire il filo dei discorsi con inaspettata naturalezza, ma in quel momento faticò a mantenere la concentrazione. Il profumo di Harry, smosso dalla brezza, costituiva una dolce distrazione a cui si sarebbe volentieri abbandonata. Avrebbe voluto inebriarsi di quell'odore sottile ma persistente, il cui tocco non aggressivo sapeva di casa – e di proibito e di vento e di calde promesse, ma non doveva lasciar trapelare quella macchia che lentamente la stava divorando. 
Da quanto tempo provava attrazione per lui? 
Il fischio del vento le annunciò che erano in picchiata. Rose aprì gli occhi di scatto non appena sentì i piedi sfiorare l'erba umida. Un'ondata del profumo di Harry la investì con intensità, mentre lui smontava dalla scopa e si voltava a guardarla. 
<< Allora, che te ne pare? Hai avuto paura? >>
<< No... In effetti no. >>
<< Ripeteresti l'esperienza? >>
Rose si finse attratta dai giochi di luce che i riflessi lunari creavano sul terreno per evitare il suo sguardo. Il verde di quegli occhi, apparentemente così calmo, nascondeva una tempesta in grado di destabilizzarla. 
<< Sì, non mi gira la testa e non ho nemmeno la nausea. È stato... piacevole. >>
Non ebbe il tempo di premeditarlo. La scopa fece un scatto in avanti, obbligandola ad afferrarne il manico per non finire disarcionata, e i suoi piedi si staccarono dal terreno. Le sfuggì un urletto di sorpresa e terrore quando vide il cielo capovolgersi. Serrò gli occhi, irrigidita dal terrore di fronte all'imprevedibilità degli eventi. 
Uno sconquasso, mani che le afferravano le braccia, le sue gambe libere dalla scopa, lei che ricadeva con un tonfo leggero su un corpo caldo e pulsante. 
Rose spalancò gli occhi, specchiandosi in quelli di Harry e vide che una scintilla di divertimento ne accendeva le iridi, smorzandone la preoccupazione. 
<< La scopa ha avvertito che eri bendisposta e ha preso l'iniziativa >>, le spiegò lui, alitandole inconsapevolmente sul collo. 
La ragazza si rialzò di scatto, lo stomaco attraversato da piccoli aghi scoppiettanti. 
Dannazione, il destino si sta accanendo contro di me. È la seconda volta che gli finisco addosso nel giro di un'ora.
<< Grazie per avermi salvata, ti aiuto a rialzarti >>, si offrì, tendendogli la mano. 
Lui la ignorò, alzandosi da solo. << Andiamo, Rose, mi fai sentire vecchio così. >>
La ragazza si limitò a sorridergli debolmente prima di andare a recuperare la Comet, docilmente ferma a mezz'aria a pochi passi da entrambi. 
Rabbrividì al pensiero di ciò che sarebbe potuto capitarle se Harry non l'avesse afferrata in tempo, sottraendola a un volo sconnesso e privo di controllo. 
<< Mi dispiace, avrei dovuto dirti di scendere immediatamente. >> 
La voce di Harry le giunse alle orecchie bassa e colma di auto-rimprovero. 
<< Non dire sciocchezze, è stata una questione di un attimo >>, minimizzò lei, << e poi una Comet non è pericolosa come una Firebolt. >> 
<< Ti sei fatta male? >> 
Quella domanda fu accompagnata da un tocco delicato ma deciso sul suo viso. Harry le si era avvicinato e le aveva sollevato il mento, alla ricerca di una conferma nei suoi occhi. 
Rose, scottata, scosse la testa, rifuggendo quel tocco. << Uffa, zio, sei peggio di mamma e papà quando ti ci metti! >> sbottò, fingendosi scocciata. 
Harry tirò un sospiro di sollievo. << Capirai anche tu, quando avrai figli e nipoti da proteggere. >> Le accarezzò la testa, scompigliandole i capelli. << Sei uno dei miei gioielli, Rose, non permetterò a niente  e a nessuno di farti del male, nemmeno a una scopa. >>
Suo zio le ripeteva spesso quelle parole, sin da quando era una bimba piccola, ma col passare del tempo avevano iniziato a sortire un effetto diverso su di lei.
<< Ecco che ricominci con questa filastrocca... >> 
Rose alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto e distendendo le labbra in un finto sorriso divertito. << Lo so, lo so, zio. Alla prossima lezione mi ricorderò di scendere subito dalla scopa, così starai tranquillo >>, concluse, dandogli le spalle con la scusa di rifarsi la coda. << Credo che ora mi convenga andare a dormire, è molto tardi >>, sentì dire dalla sua stessa voce. Fu con quelle parole, dopo aver ringraziato Harry, che scappò via da lui e da ciò che aveva sentito, rifugiandosi nella tenda. Fu da quella notte che tutto cambiò.  
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Le vacanze trascorsero con una fretta dolorosa, accompagnate dalla nostalgica consapevolezza che l'estate stava volgendo al termine. 
Rose amava la stagione delle foglie calde e della terra umida, l'odore del tè e delle pergamene nuove, poiché sancivano un nuovo inizio, il rientro a Hogwarts, la possibilità di rivedere gli amici e di seguire lezioni stimolanti. L'autunno era sempre stato una manna dal cielo per lei, ma quell'anno scoprì di odiarlo. 
Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo, imbottigliare quelle notti vissute in segreto al chiaro di luna, e riviverle, pienamente, completamente, ancora e ancora. 
Mani gentili sulle sue che le spiegavano quale postura assumere prima di spiccare il volo, occhi caldi che la sfioravano con apprensione, approvazione e infine soddisfazione, seguendo ogni suo più piccolo miglioramento, odore di bergamotto, menta e resina che l'accarezzava languido e sensuale.
Respiro di vento, lucciole, parole non dette. Ombre nere vorticanti tra le fronde a schermare le sue fragili barriere, uniche testimoni del suo amore muto. 
La notte del ventuno agosto, cinque giorni dopo il suo rientro a casa, Rose Weasley, lo sguardo rivolto alla luna che la fissava impotente oltre il vetro della finestra, capì di essersi innamorata di Harry Potter. 
Non riusciva a prendere sonno, divorata dalla cocente malinconia per una vacanza che, sapeva, non avrebbe rivissuto mai più. Col passare dei giorni starò meglio, si ripeteva come un mantra, timorosa di scoprire il contrario.
Mi abituerò. 
Abitudine. Pericolosa, insidiosa, limitante condizione umana, talvolta attesa, sperata, bramata. 
Mi abituerò all'idea che quelle notti non torneranno mai più. Così sarò pulita, sarò sana, giusta, intatta. 
Non posso. Non posso macerare il mio cuore in un'amara illusione, non posso corroderlo con un sentimento insano, sbagliato, sporco, traballante. 
Aveva un braccio piegato sotto il cuscino, l'altro disteso fuori dal letto, abbandonato nel vuoto, proteso verso quella luna che continuava a fissarla in silenzio, derisoria e inutile. Chiuse gli occhi e una lacrima le scivolò inaspettata lungo la guancia, spettro di quelle che le si erano calcificate sulla pelle le notti precedenti. Pianse e mentì a se stessa, Rose. 
Il suo amore non era traballante. Era solido, robusto, bruciante. Era meraviglia e condanna, vita e morte, perché lei sapeva di non poterlo vivere e che avrebbe dovuto ucciderlo da sola. Non avrebbe potuto confidarsi con nessuno, nemmeno con se stessa. 
Mentre annegava in quell'arida verità, le braccia di Harry sopraggiunsero ad abbracciarle la vita e a sussurrarle parole dolci all'orecchio, piene di promesse. Rose sollevò il braccio di scatto, distruggendo quel fantasma ingannevole giunto alle sue spalle. Si rigirò su un fianco, immergendosi nel buio della camera da letto. 
Il caldo la stava soffocando assieme alla nostalgia e alla crudeltà dei ricordi, belli e lontani quanto un miraggio. 
Come fare? Come ripulire il suo cuore, come cancellare i sentimenti illeciti che sentiva crescere giorno dopo giorno in lei, alimentati dalla distanza e cresciuti nonostante il digiuno? 
Avrebbe rivisto Harry — lo zio Harry — il primo settembre, giorno lontano anni luce per il suo amore affamato, ma maledettamente vicino al contempo. La sabbia scorreva rapida e inesorabile lungo la clessidra del suo declino. Le rimanevano nove giorni — nove, miseri giorni per trovare un antidoto a quella maledizione, per disintossicarsi da quel sentimento incestuoso e recuperare la sua vecchia, noiosa vita tranquilla che le mancava come non mai. 
Quando avrebbe rivisto Harry, non avrebbe provato altro all'infuori dell'affetto. Sarebbe stata capace di guardarlo negli occhi senza dover intraprendere una sfida con se stessa, non sarebbe rabbrividita se lui l'avesse sfiorata accidentalmente, non avrebbe sussultato udendo la sua voce calda e morbida. 
Harry Potter doveva e sarebbe tornato ad essere soltanto uno zio. 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Il Ministero incaricò Harry di partire per l'Irlanda la mattina del ventinove agosto. Ron lo comunicò alla moglie mentre la sua famiglia era intenta a fare colazione, visibilmente irritato per non essere stato assegnato alla sua squadra. 
<< Insomma, chi gli guarderà le spalle? In tutti questi anni abbiamo lavorato sempre insieme. Se da un lato sono contento di poter salutare Rose e Hugo prima che tornino a Hogwarts, dall'altro ho una strana sensazione. >>
<< Ron, Harry saprà cavarsela. La sensazione di cui parli si chiama abitudine, non accadrà nulla di male, vedrai, sei solo sorpreso perché è la prima volta in cui non potrai affiancarlo. >> 
Rose assimilò la notizia come una pugnalata in pieno petto, mentre imburrava distrattamente una fetta di pane. Un ronzio ovattato nelle orecchie le impedì di udire il successivo scambio di battute dei suoi genitori.
Non avrebbe rivisto Harry il primo settembre. Non avrebbe potuto liberarsi dei suoi sporchi sentimenti. 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Rose era sempre stata una ragazza tranquilla e riflessiva, timida con i suoi coetanei e loquace con gli adulti. Era una di quelle persone che se ne stavano in disparte e davano l'idea di apprezzarlo, una di quelle che gli egocentrici adoravano avere come amica — poiché certi che il palco non gli sarebbe mai stato rubato — la cui presenza si notava solo in classe, quando rispondeva brillantemente alle domande dei professori. 
Rose era uniforme scolastica, pergamena consunta, chioma ribelle e fogli ingialliti. Era "quella che frequentava Albus e Lily", la figlia di Hermione Granger e Ron Weasley. Nient'altro. 
Finché non si era innamorata di Harry Potter. Allora era diventata misteriosa, sfuggente, irritabile, silenziosa, inconsapevole del nuovo fascino che esercitava sul genere maschile. Il velo di tristezza riflessiva che le adombrava perennemente il viso l'aveva resa attraente ai loro occhi. Nel suo sguardo i ragazzi avevano intravisto una sofferenza profonda, rassegnata, ben diversa dai capricci delle sue coetanee, ma Rose non aveva mai fatto caso a quelle occhiate incuriosite, troppo presa a smembrare e a ricucire i ricordi di un'estate vissuta cinque mesi prima, lontana anni, vite intere, dal suo presente. Non si era più accorta del mondo circostante, poiché intenta a consumarsi nella sua segreta nostalgia e nel suo bruciante desiderio di tornare indietro
Nel mese di novembre aveva cercato di entrare nella Sezione Proibita della Biblioteca, per scoprire se le Giratempo potevano fare in modo che l'Io del presente si fondesse con quello del passato, definitivamente e irreversibilmente. 
Solo rivedendo Harry e il suo sorriso, solo riascoltando la sua voce e godendo del suo tocco sulla pelle avrebbe ripreso a respirare, a sentirsi bene, viva. Ma il raziocinio si era fatto strada con decisione lungo il sentiero della sua follia amorosa, facendola desistere da quell'impresa distruttiva, in collaborazione con la speranza. La speranza che le cose sarebbero cambiate, che Ginny sarebbe tornata ad essere semplicemente sua zia — non la donna che le aveva rubato l'amore —, che un incantesimo le avrebbe permesso di dimenticare e di non desiderare più un uomo che per quindici anni aveva chiamato zio. Non voleva più sentirsi sporca, sbagliata, indegna della sua stessa famiglia, non voleva più odiare zia Ginny, né svegliarsi e addormentarsi pensando a lui.
L'Oblivion: sua madre era un'esperta con quel genere di incantesimi, forse le aveva trasmesso il suo talento. Tuttavia, ogni volta che il pensiero di cancellarsi la memoria la sfiorava, Rose lo scacciava, stizzita e ferita nel suo stesso orgoglio. 
Io non ho bisogno di ricorrere a questi trucchi, posso affrontare il problema senza prendere delle scomode scorciatoie. Io...
Io ho paura di lasciare andare i ricordi, non voglio perderli, sono ciò che ho di più prezioso e meraviglioso e bello e... reale. Non voglio cancellarli.
Era in quei momenti, quando la sua mente logica faceva a botte con la nuova se stessa — quella impulsiva, barcollante e irrazionale — che la solitudine a cui si era costretta la soffocava. Desiderava confidarsi con suo padre nelle lettere che gli inviava, ma una confidenza a metà non l'avrebbe fatta sentire meglio. Desiderava gli abbracci di sua madre, ma leggere le poesie di William Wordsworth non gliela avrebbe fatta sentire più vicina. 
Così sgattaiolava fuori dal letto e si sedeva sul davanzale della finestra, scambiando mute riflessioni con la luna, unica spettatrice del suo tormento che l'aveva consolata silenziosamente per mesi.
Ginny inviava regolarmente delle lettere ai suoi figli, spiegandogli che il padre era impegnato in una missione segreta, ma che stava bene. Le capitava spesso di sentire Lily che ne parlava con le sue amiche in Sala Grande, o era Albus stesso a riferirglielo, quando studiavano assieme. Ogni volta il suo cuore sussultava per la gioia di saperlo in salute, ma quel conforto diveniva labile quando ricordava subito dopo che il pericolo era costantemente in agguato. 
Per ora sta bene. 
Se la caverà, come ha sempre fatto. Starà bene e tornerà a casa.
 
 
Non ci fu bisogno di parole. Ogni sera, mentre tutti cenavano all'aperto commentando l'esito delle ultime partite giocate, Harry e Rose si scambiavano occhiate eloquenti, condividendo divertimento e sorpresa di fronte agli aneddoti raccontati da Ron e James su giravolte, avvitamenti e tuffi in picchiata compiuti in giornata. Nessuno poteva immaginare che dietro a quel gioco di sguardi imbastito tra zio e nipote ci fosse un muto dialogo inerente a lezioni private di volo.
Rose rischiava ogni volta di farsi andare un boccone di traverso, la gola le si seccava quando gli occhi di Harry, seppur privi di malizia, la sfioravano animati da uno scintillio che la mandava a fuoco, costringendola a bere un ingente quantitativo d'acqua; il suo cervello, non appena lui le sorrideva, partiva per una strada intricata e sconnessa, nel tentativo di scacciare dalla mente immagini assolutamente fuori luogo per una cena in famiglia, e il suo cuore prendeva a battere con prepotenza, in balia dell'euforia, al punto tale da farle temere che chi le sedeva accanto avrebbe potuto sentirlo. C'erano momenti in cui la sua felicità straripava con invadenza e Rose si sentiva costretta ad alzarsi da tavola con una scusa per impedire che qualcuno la notasse.  
Sapere di aver instaurato una nuova complicità,  condividere insegnamenti, risate e sorprese al chiaro di luna con Harry le faceva toccare il cielo con un dito.
Rose si era ubriacata a tal punto di lui da non avere né le forze né la voglia di chiedersi come tutto fosse iniziato, mentre si crogiolava nella dolce e insidiosa illusione che la fine di quella vacanza fosse ancora lontana. 
Avrebbe compiuto solo quindici anni a settembre, non aveva alle spalle l'esperienza di una donna matura di fronte alle farfalle allo stomaco, al batticuore, all'imbarazzo e alla gioia illogica, non era ancora in grado di catalogare le sue emozioni e di dare loro un nome; sapeva solo che non appena Harry entrava nel suo campo visivo aveva voglia di saltare e ballare. 
Ci fu una notte in particolare, quella del tredici agosto, in cui Rose, ascoltandolo parlare, capì quanto gli facesse piacere insegnarle a volare. 
<< Non ti senti libera, quando il cielo si ribalta sotto ai tuoi piedi? Non ti senti scivolare via di dosso i brutti ricordi, come se fossi divenuta loro invulnerabile? Io ritorno bambino, ogni volta che volo, come se... >>
Si erano seduti non molto distanti dalla tenda, dopo che Harry aveva cercato di insegnarle qualche tattica per impadronirsi del boccino, e lui, gli occhi velati da una tristezza ignota rivolti al cielo, i capelli arruffati e l'aria assorta, si era lasciato sfuggire quelle parole. Rose era rimasta in silenzio, fissandolo con avida curiosità, rapita dalla malinconica nota impressa nella sua voce matura. 
<< ... come se avessi vissuto un'infanzia spensierata, priva di preoccupazioni e ben diversa da quella che ho vissuto realmente. Sei una ragazza intelligente, so che puoi capirmi. >>
Rose aveva sospirato, distendendo le gambe sull'erba abbracciata dalla luna, e aveva sorriso mestamente tra sé e sé. 
<< Certe cicatrici non guariscono mai, eh? Non riesci a dormire la notte perché fai brutti sogni, vero? >>
Harry si era voltato a guardarla e le aveva accarezzato la testa, procurandole un'ondata di brividi lungo la spina dorsale. 
<< Non sono tenuto a dirtelo, ma sappi che il sapore di casa è in grado di sconfiggere qualunque spettro, e tu ce l'hai. >>
Rose aveva distolto lo sguardo e si era messa a ridere nervosamente. << Zio, mi fai il solletico! Quante volte devo dirti che se mi scompigli i capelli mi dai fastidio!? >>
<< Ma se ti ho appena sfiorato... >>
<< Quando Harry Potter ammetterà di avere torto, Gazza diventerà una Veela. >>
Erano scoppiati a ridere nello stesso istante. L'una aveva fatto scemare l'imbarazzo esplosivo, l'altro aveva scacciato l'oscurità che immagini di sangue e morte avevano fatto calare nella sua mente durante il sonno, finché la felicità di lei non era stata uccisa da un'innocente frase. 
<< Ti auguro di innamorarti presto, Rose. Avere una persona che ti sta accanto, ti capisce e ti sostiene è il dono più prezioso che la vita ti possa offrire. >>
Allora uno spettro era calato su di lei, una creatura dalle angeliche fattezze femminili, il fuoco tra i capelli e una parte del suo stesso sangue a scorrerle nelle vene. 
Ginny Weasley. Sua zia.
 
 
Rose strinse la presa sull'orlo della maglietta, soffocando un singhiozzo.  
Harry tornerà a casa. Tornerà... ma non da me.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Quando giunsero le vacanze natalizie, Rose benedì e maledì al contempo le bianche, gelide distese che fioccavano sulle strade. Se da un lato riuscì a trovare refrigerio dal fuoco dei suoi sentimenti, dall'altro detestò la distanza che il clima e il paesaggio interponevano tra lei e l'estate, ormai lontana come un'altra vita.
Poter riabbracciare i suoi genitori le regalò un dolce conforto mischiato a un vago sapore di tristezza. Essere costretta a tacere quello che provava per Harry la faceva sentire sempre più sola, sensazione accentuata di fronte alla consapevolezza che non avrebbe potuto confidarsi con il padre, da sempre il suo migliore amico.
<< E poi mi ha detto: "Signor Weasley, se continua così sarò costretto a bocciarla agli esami." Ma ti rendi conto? Insomma, non è colpa mia se zio George mi ha venduto delle Piume Trabocchetto, io glielo avevo detto che cercavo solo quelle normali... Certo che, però, Vitious assalito da una piuma in versione pollo che gli beccava la pelata è stato uno spasso! Ma come mai non mi hai fatto una testa così per quello che è successo? C'era lo sciopero dei Prefetti? >>
Rose guardava distrattamente fuori dal finestrino, osservando il paesaggio indistinto sfrecciare rapidamente lontano dalla sua visuale, la mente assorta e gli occhi attraversati da quel velo di tristezza che ormai era divenuto parte integrante di lei. 
<< Uffa, si può sapere che ti prende ultimamente? E perché Albus non si è seduto nel nostro stesso scompartimento? >>
La ragazza voltò lentamente la testa in direzione del fratello, udendo quel nome. << Non lo so, forse è con Edward. >>
Hugo sospirò, accontentandosi di quella risposta. Sua sorella era sempre stata molto riservata, ma non l'aveva mai sentita così distante come quell'anno. Cominciava a pensare che si fosse presa una cotta per qualcuno, evento incredibile per una come lei, che non aveva mai dimostrato di provare interesse per un solo studente. 
<< Oh, Godric... non ti sarai infatuata di un professore... Lo so che l'antico ha sempre esercitato un certo fascino su di te, ma non pensi di esagerare? >>
In circostanze normali Rose avrebbe riso apertamente dell'espressione da funerale del fratello, ma in quel momento si limitò ad alzare gli occhi al cielo con un mezzo sorriso forzato. << Hugo, ne hai di fantasia. >>
La sua presenza vivace l'aiutò a distrarre la mente dalla conversazione avvenuta in mattinata con la sua compagna di Dormitorio.
"Ti dico che Albus ha una cotta per te! Non sono l'unica a pensarlo, anche Frances e Jane mi danno ragione."
"Non essere ridicola, Bessy, Albus è mio cugino e siamo molto legati dall'infanzia: ecco tutto."
"Qual è il problema? Nelle famiglie Purosangue è usanza comune sposarsi fra cugini e poi dal modo in cui lui ti guarda... mi spiace, ma non ci sono dubbi: Albus segue i tuoi spostamenti a lezione, in giardino, in Sala Comune – insomma, ovunque!, come se fossi la luce che illumina il suo cammino, la candida alba che rischiara le sue giorna– 
"Smettila, cretina!"
"Ma perché non apri quegli occhi che, a detta sua, incantano?"
"Cosa? E questo chi glielo avrebbe sentito dire?"
"Ma Elliot, naturalmente! Hai presente quel ragazzo di Corvonero che sta con la cugina di Jane e che è molto amico di Albus, hai capito, no?"
"Sì che ho capito... Ma ti sbagli, Bes, avrai frainteso."
"Allora perché Albus arrossisce ogni volta che lo guardi? Andiamo, Rose! Anche un cieco lo noterebbe!"
Un cieco, già. Era dalla fine dell'estate che era diventata sorda e cieca a ogni avvenimento che non fossero le lezioni e la costante, insidiosa, dolce presenza di Harry nella sua testa. L'eventualità che Albus potesse nutrire sentimenti diversi dall'affetto per lei non era accettabile.
<< Ehy, siamo arrivati. Andiamo? >>
Hugo batté le mani davanti al suo viso, facendola sobbalzare. << Siamo a King's Cross, ti dai una mossa? Ho già visto mamma e papà fuori dal finestrino. >>
Rose scattò in piedi. << Certo. Andiamo. >> 
Percepì il buco allo stomaco allargarsi come una pugno di magma. Harry non avrebbe festeggiato il Natale con la sua famiglia, poiché ancora impegnato nella missione di massima segretezza in Irlanda. Se da un lato l'amarezza di fronte alla notizia ricevuta settimane prima era stata mitigata dal sollievo di non doverlo affrontare, dall'altro l'incontrollabile e istintivo fastidio per zia Ginny crebbe vistosamente non appena Rose scese dal treno, accompagnato da un forte senso di nausea.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Le resistenze di Rose cedettero un pomeriggio di marzo, quando seduta ai piedi di una quercia, la ragazza udì uno stralcio di conversazione tra due studentesse di Tassorosso. 
<< Lo sai, Evelin, a volte invidio le tue origini Babbane. Se mia madre sapesse utilizzare un cellulare, potrei inviarle dei messaggi, invece di ricorrere alla posta via gufo. >>
<< Dille di comprarne uno, no? Non è difficile usarlo e io ti presterei il mio per scriverle. >>
<< Ehy, non ci avevo pensato! È una buona idea. >>
Rose chiuse di scatto il libro di Antiche Rune, raccolse la cartella e ce lo ficcò dentro con noncuranza, alzandosi meccanicamente da terra, la mente che galoppava lungo un intricato, eppure al contempo ovvio percorso. Dimenticò lo spazio circostante e isolò i suoni esterni con immediata efficacia, concentrandosi unicamente su quella voce interiore che le parlava concitata e smaniosa.
Cellulare, appuntamento, incantesimo di occultamento, biblioteca.
Un gruppetto di Serpeverde l'adocchiò ai piedi dell'albero, ritta in piedi come un manico di scopa, gli occhi fissi sull'erba e il braccio piegato nell'atto di chiudere la cartella. 
<< Quella lì è proprio strana >>, commentò un ragazzo, quando la vide scuotersi improvvisamente dal suo torpore mentale e dirigersi a rapide falcate verso il castello. 
<< Sono d'accordo, Scorpius >>, asserì un altro, fissando tuttavia con malcelato interesse la linea sottile del suo collo, accarezzato da solitarie ciocche brune sfuggite dallo chignon, << avrà preso un Oltre Ogni Previsione  da qualche parte e starà andando a lamentarsi da quella megera della Preside. >>
Le sue parole furono seguite da un coro di risa, poi il gruppetto riprese a marciare verso lo stadio.  
 
 
 
 
***
 
 
 
 
<< Ehy, fratellino, hai una pessima cera! Vuoi che chieda a mamma di spedirti una delle sue creme di bellezza? >>
James picchiò la Gazzetta del Profeta sulla nuca di Albus che, rannicchiato sulla panca con aria assente, non parve nemmeno accorgersene. 
<< Rose... non ti avevo vista! Quale evento celeste ha fatto sì che tornassi a sederti al nostro tavolo da pranzo, dopo giorni passati a fare la misteriosa in biblioteca? >>
L'attenzione dei compagni di Casa, totalmente rivolta ad Albus, a quella domanda si spostò sulla Weasley, la quale si limitò a lanciare un'occhiataccia piena di sarcastica riconoscenza al cugino. 
James le diede una pacca sulla spalla e avvicinò il volto al suo con fare cospiratorio. << Non preoccuparti, piccoletta, nessuno sospetta della tua cotta per Rüf. >> 
Rose incrociò lo sguardo di Lily che, seduta poco più distante da lei e Albus, alzò gli occhi al cielo, mimando un "È idiota" per poi stringersi nelle spalle. 
<< Le tue battute si rivelano sempre più scadenti, stai perdendo punti >>, replicò la strega, inarcando un sopracciglio. 
<< Siete voi comuni mortali, seri e noiosi, che non sapete apprezzare la mia arte >>, ribatté James, allontanandosi. << Vado a cambiarmi. Fai in modo che mio fratello porti le sue chiappe nello spogliatoio tra cinque minuti. Ci vediamo dopo la partita! >>
Albus sussultò appena a quelle parole. << Partita... >>
Rose gli posò una mano sulla spalla, ostinandosi a cercare i suoi occhi. Conosceva bene quell'ansia, sebbene nessuno seduto a quel tavolo ci avrebbe scommesso un solo zellino. << Ehy, guardami. Andrà tutto bene, sei migliorato tanto quest'estate. >>
Deglutì, scacciando il groppo in gola che le si era formato solo per aver nominato quella stagione, e si accorse che il cugino era arrossito in modo dolorosamente evidente non appena aveva alzato gli occhi su di lei.
<< Dici sul serio o vuoi solo consolarmi? >>
Non poteva essere vero. Albus non poteva avere una cotta per lei. 
No.
<< Sì, dico sul serio. Ora, per favore, mangia un boccone >>, aggiunse, togliendo istintivamente la mano dalla sua spalla. 
Si sentiva anche lui così, ogni volta che lei lo toccava? Fuori posto, a disagio, ma trafitto da meravigliose vertigini? Anche lui credeva di essere sbagliato, sporco, per quello che provava? 
Smettila, Albus non ha una cotta per te. Sono solo fandonie. 
<< Grazie, sei un tesoro. >> 
Gli occhi verdi del cugino si illuminarono di una luce nuova che per un attimo fu dannatamente simile a quella del padre. Rose sentì lo stomaco contrarsi e avvertì l'esigenza di distogliere lo sguardo. << Per così poco... non dire sciocchezze >>, ridacchiò nervosa. 
Albus fraintese il suo stato d'animo. << È la verità. Adesso la smetto di fare il fifone, altrimenti faccio agitare anche te. >>
Gli studenti stavano a poco a poco abbandonando la Sala Grande, smaniosi di assistere alla partita Grifondoro-Serpeverde.
<< Ci sarai sugli spalti? >> 
Alla ragazza non sfuggì il repentino cambio di tono del cugino, divenuto speranzoso da velatamente scherzoso, nonostante i suoi sforzi di mantenerlo neutro. Si aggrappò con forza alla panca di legno, come a volerne trarre coraggio, e lo guardò dritto negli occhi, quando pronunciò un "Sì" deciso. Albus le sorrise impacciato e fece saettare lo sguardo da lei al portone della Sala.
<< Io, ehm... io adesso dovrei andare a cambiarmi. >>
<< Vai pure, ci vediamo più tardi >>, riuscì miracolosamente ad articolare Rose. 
La gola le si era seccata per l'ansia, il senso di colpa e l'aspettativa di ciò che stava per fare. Albus le rivolse un cenno di saluto prima di alzarsi. Lei lo guardò superare il portone e sparire dietro l'angolo con profondo dispiacere, mentre beveva un ampio sorso d'acqua. 
Oh, Albus...
Continuò a pranzare con studiata lentezza, lanciando occhiate all'apparenza distratte all'ingresso della Sala e gioendo ogni volta che uno studente lo oltrepassava diretto verso l'esterno. Quando un folto gruppo di Corvonero si alzò dal tavolo, Rose abbandonò la forchetta e li seguì. 
Mimetizzarsi tra la calca di studenti nel corridoio per raggiungere la Stanza delle Necessità fu facile. Rose non si fermò nemmeno per riprendere fiato dopo la lunga corsa, focalizzando i suoi pensieri su una Nimbus Duemila. L'ampio portone intarsiato si palesò alla sua vista con esasperante lentezza, permettendole di distinguere più nitidamente il battito accelerato del suo cuore. Aveva la sensazione che sarebbe esplosa da un momento all'altro, preda di un'illogica eccitazione, schiava di quella parte di sé del tutto irrazionale e impulsiva. Attraversò il portone con urgenza disperata, pregando Godric di trovare ciò che stava cercando. 
Un gridolino di gioiosa soddisfazione le fuoriuscì dalle labbra quando vide la moltitudine di scope esposte in scintillanti teche di vetro. Le sembrò di essere finita in un negozio di articoli per il Quidditch quando, spaventata ma decisa, estrasse la bacchetta. 
<< Evanesco >>, scandì, puntandola contro una delle teche. 
Il vetro svanì, lasciando esposta una Nimbus Duemila.
Okay, devi darti una mossa. Ora o mai più.  
Rose afferrò la scopa, catapultandosi fuori dalla Stanza. Fu dura tenere a freno le proprie emozioni e tramutarle in fredda concentrazione.
Sala Comune. Finestra. Sala Comune. Finestra.
Si ripeté quelle parole per distrarsi dalla paura e le incertezze che stavano minacciando di divorarla, finché non raggiunse la sua meta. Si fermò un solo istante per riprendere fiato, osservando il suo riflesso nel vetro della finestra. La luce solare le accendeva i capelli di bagliori rossastri che, raccolti di lato da una lunga treccia, mettevano in risalto l'ovale del volto spruzzato di lentiggini. Gli occhi azzurri brillavano di tristezza, consapevoli di ciò a cui stavano andando incontro, ma a lei bastò così, bastò che brillassero per sentirsi viva. Sapeva che non ci sarebbe stato un lieto fine, ma almeno in quel modo si sarebbe liberata. Lo scintillio nei suoi occhi era il messaggero della libertà. 
Giusto?
Doveva crederci. Ne aveva un bisogno disperato. 
Indugiò un'ultima volta sul suo viso, le mani che le tremavano. 
Niente trucco. Sarò nuda sotto i suoi occhi come lo sarà il mio amore per lui. Sarò la vera me stessa — scioccamente,  coraggiosamente, pateticamente, ma sarò io. 
Con uno scatto risoluto aprì la finestra e si mise a sedere sul davanzale, appoggiandovi sopra la scopa. Sedò la subdola tentazione di guardare in basso, pensando a ciò che l'aspettava. 
Lui si sarebbe presentato?
L'avrebbe capita o l'avrebbe giudicata come una bambina confusa e incosciente?
Troppo tardi per pensarci. Hai lanciato la Fattura e non puoi ricacciare la bacchetta. 
Era pronta a recidere le sbarre della propria gabbia, desiderosa di spiccare il volo, bisognosa di voltare pagina. Guidata da una forza misteriosa, come estranea alla sua persona, posizionò la scopa davanti a sé, stringendola con ostinata decisione, e vi balzò sopra, lanciandosi nel vuoto. Sentì l'aria frustarle il viso con prepotenza, mentre precipitava, ma quando diede uno strattone al manico della Nimbus, ordinandole seccamente di salire, riuscì a stabilire un equilibrio. Con le mani sudate, il cuore che le martellava nel petto e la mente stordita per l'euforia, Rose sfrecciò verso il suo obbiettivo senza mai voltarsi, accompagnata dalla costante paura di cadere, ma sostenuta da una volontà di ferro e dalla consapevolezza che quando avrebbe raggiunto la sua meta, la persona più importante della sua vita sarebbe stata lì per lei. 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Rose posò la scopa a terra, sedendosi sul marciapiede deserto, le gambe a penzoloni sul binario. Non c'erano colonne dietro cui nascondersi. Si sentiva nuda, eccessivamente esposta agli occhi di chi stava aspettando e vulnerabile come non mai. Per combattere l'ansia corrosiva si era messa a recitare ininterrottamente i versi de "La mietitrice solitaria", picchiettando meccanicamente il piede sul muretto e lisciandosi le pieghe della maglietta.
William Wordsworth aveva tenuto compagnia dapprima a sua madre, ai piedi di una quercia della collina di Pilsdon Pen sotto il caldo solo d'agosto, poi a lei, seduta sul davanzale della finestra del suo dormitorio assieme a una luna stanca. La notte aveva conferito a quei versi un alone di tristezza, un'empatica sofferenza che Hermione non aveva riscontrato su di sé e che Rose, invece, aveva avuto la presunzione di sentire gemella alla sua. 
"Chi mai mi dirà di cosa essa canta?
Forse le dolenti note scorrono
Per cose antiche, tragiche e lontane,
Per battaglie d’epoche remote,
O forse era un lamento più umile,
Per faccende familiari, cose d’ogni giorno,
Forse è un dolore normale, una perdita, un dispiacere
Che è stato e potrà ricapitare."
Forse il triste canto della mietitrice esprime i sentimenti di un amore irraggiungibile, non corrisposto, sbagliato come lo è il mio. Forse...
La sensazione di non essere più sola la colpì come una frustata, interrompendo il suo monologo interiore. L'imbarazzo e la paura la bloccarono, impedendole persino di alzare gli occhi e di voltare la testa per individuare la nuova presenza. Rimase lì, col fiato sospeso e il cuore in gola, a masticare la sua ansia e la sua voglia di scappare. 
Codarda. Sei arrivata fino a qui, rischiando di essere espulsa e di romperti l'osso del collo, ora non puoi più tornare indietro. Devi continuare a volare.
Timorosa e ignara di ciò che l'attendeva, curiosa e determinata come un uccellino che per la prima volta batte le ali, desideroso di scoprire il mondo e di solcare il cielo, Rose si alzò da terra e si voltò in direzione della presenza, ribellandosi alla se stessa impaurita. Il suo corpo era un fascio di nervi, il suo sguardo fuggente, ma la sua voce riuscì a scandire forte e chiaro il nome che le stava esplodendo dentro da mesi.
<< Harry? >>
Un fascio di luce la investì in pieno volto, costringendola a coprirsi il volto. La sua mano destra scattò verso la tasca dei jeans, pronta a estrarre la bacchetta, ma non appena avvertì la stecca a contatto con le dita, una voce familiare, stupefatta e preoccupata, pronunciò il suo nome. La luce svanì, Rose allontanò le braccia dal volto e alzò lo sguardo sul suo aggressore. 
Un uomo in jeans e camicia nera, i capelli un'indomabile zazzera scura diretta in tutte le direzioni e i vividi occhi verdi liberi dagli occhiali, abbassò la bacchetta, rivelando un'espressione sconvolta. 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Fu come finire catapultati in una dimensione onirica, in un mondo ingannevole e incerto, distante come una stella e seducente come una carezza rubata tra le lenzuola. 
<< Sei veramente tu... >>, lo sentì mormorare incredulo. 
Rose si dissetò col suono della sua voce, con la vista di quelle mani che mesi prima l'avevano sfiorata, procurandole inconsapevolmente emozioni irripetibili. 
Harry Potter non sarebbe più stato inconsapevole, dopo quell'incontro, e lei era lì per fare in modo che accadesse.
<< Ciao >>, mormorò, il corpo che urlava dal desiderio di gettarsi fra le sue braccia. 
Harry sgranò gli occhi, udendola parlare, annientato dalla definitiva certezza che quella ragazza fosse realmente sua nipote. Lo shock fu tale che gli impedì di fare un solo passo verso di lei. Aveva creduto che dietro quel corpo sottile e minuto si celasse un'altra persona, qualcuno pronto a ucciderlo, così si era servito dell'Incantesimo di Disillusione per mimetizzarsi con la parete che collegava il binario alla stazione babbana, e invece... Non aveva trovato nessuna trappola ad attenderlo. 
<< Ma che diamine... >>, mormorò, incapace di distogliere gli occhi dalla ragazza che gli stava di fronte. << Il messaggio... Il messaggio... >>, ripeté a bassa voce, scuotendo la testa come per negare a se stesso ciò che stava pensando. 
Rose percepì tutta la confusione e l'incredulità impresse nella sua voce morbida e calda. Si sentì la più forte dei due, paradossalmente, quella a cui spettava la prima parola per rompere il ghiaccio e fare chiarezza, quella che avrebbe dovuto scoprire ogni sanguinante tassello del puzzle. Non sarebbe stato facile, ma doveva farlo.
<< Sì, te l'ho inviato io >>, confermò, avanzando verso di lui e guardandolo dritto negli occhi per un breve, ma intenso istante. << Sono io l'autrice. >>
Un messaggio scritto con dita esitanti e frementi, più volte cancellato e poi riscritto con smaniosa impazienza.
 
Harry Potter, tu non puoi immaginare chi io sia, ma ti assicuro che ci conosciamo da tanti anni. Ciò che stai per leggere è la pura, assoluta e inalterabile verità: ho bisogno di vederti, di dirti quello che sento per te, di liberarmi della mia ossessione. 
Non posso e non voglio svelarti la mia identità per messaggio, perciò ti chiedo, col cuore in mano, di presentarti alla stazione di King's Cross il venti aprile alle diciassette in punto. Io sarò lì, ad aspettarti, da sola. Ti imploro di fare altrettanto, di fidarti di una persona mossa da sincero sentimento che non desidera altro all'infuori della tua presenza. So che non sarà facile, so che essere un Auror ti impone la massima cautela, ma credimi se ti dico che non sono una minaccia. Ti prego, concedimi la possibilità di essere ascoltata. 
 
 
<< No... >> 
Harry non riusciva a smettere di fissarla. Quegli occhi che avevano ereditato la stessa, identica tonalità d'azzurro di sua moglie erano intrisi di tristezza, pentimento e malinconia, sentimenti che Rose stava cercando di celargli, evitando il suo sguardo. 
<< No >>, ripeté in tono secco, puntandole nuovamente contro la bacchetta. 
La ragazza chiuse gli occhi, lasciandosi investire dal fascio di luce generato dalla bacchetta del mago. Sapeva che Harry stava cercando di scoprire la sua vera identità e glielo lasciò fare senza ribellarsi, affinché lui capisse chi aveva davanti. L'effetto dell'incantesimo cessò, permettendole di aprire gli occhi e di cogliere l'espressione scioccata sul suo volto.
Rose avanzò di qualche passo, torturandosi le dita per controllare la tensione. << Non c'è nessun trucco, nessun inganno, nessun volto diverso, dietro a quello che vedi. Sono io. Rose >>, mormorò in tono affranto. << Che sorpresa, eh? >> ridacchiò nervosamente, scacciando il groppo che le si era formato in gola. << Immagino che tu non te lo aspettassi. >>
Harry non riuscì a reagire, la gola secca, le orecchie tese per ascoltare parole che nemmeno in sogno avrebbe creduto di poter udire. 
<< Sei solo? >>
Lui annuì, chiedendosi perché sua nipote non riuscisse a guardarlo negli occhi, e scacciò dalla mente la risposta che non voleva accettare. 
<< Ti ringrazio. >>
Osservò come le sue spalle si abbassarono e la sua postura divenne meno rigida a seguito di quell'affermazione. Deglutì, deciso a fare chiarezza.
<< Rose... che cosa ci fai qui? Come hai fatto a —
<< No, ti prego, fammi parlare, Harry >>, lo interruppe lei, alzando le mani. << Prometto che dopo ti spiegherò tutto >>, concluse, trovando il coraggio di incrociare i suoi occhi e lasciandolo di sasso dopo averlo chiamato per nome. Una scossa la investì al ventre come accadeva ogni volta che lo guardava. Nuda e vulnerabile di fronte a lui, desiderosa di togliersi quel peso soffocante di dosso, Rose si lanciò in picchiata. 
<< Io ti amo >>, dichiarò decisa. << Lo so, sono tua nipote e non dovrei, ma non posso scegliere in che direzione indirizzare i miei sentimenti. Non ho potuto e non ho voluto. Passare tutti questi mesi senza di te, col timore che ti potesse succedere qualcosa mentre eri in Irlanda...
mi ha uccisa >>, rivelò con voce tremante.
<< Mi ha uccisa non poterti vedere, non poterti abbracciare. Mi ha uccisa desiderare di baciarti, sapendo che sei il marito di mia zia e che ci sono più di vent'anni di differenza fra di noi. Mi ha uccisa addormentarmi e svegliarmi pensando a te, alla tua voce, ai tuoi occhi — maledizione, non riesco nemmeno a guardarli... perché ogni volta rischio di lasciarmi andare, di dimenticare chi sono e dove sono... Io ho smesso di vederti come uno zio da molto tempo, non so da quanto e perché, so solo che è successo. Quest'estate, mentre mi insegnavi a volare, io mi sono innamorata di te. La tua presenza, il tuo respiro... la tua pazienza e la tua dolcezza e... oh, Godric, non ce la faccio! >>
Rose gli diede le spalle, prendendosi la testa fra le mani e camminando nervosamente in tondo. Inspirò ed espirò profondamente, nel disperato tentativo di calmarsi e di non lasciarsi assorbire dalla vergogna che l'avviluppava, pentendosi di ciò che gli aveva detto.
Non aveva preparato un discorso, certa che avrebbe trovato le parole quando sarebbe arrivato il momento, ma non poteva perdonarsi per avergli dichiarato il proprio amore in quel modo infantile e pietoso. Non era stata capace di mettere a freno la lingua, lo aveva messo al corrente di intimi dettagli che si era imposta di custodire unicamente dentro di sé, accartocciando la sua dignità sull'asfalto di quella stazione. 
Fece per voltarsi, decisa ad affrontarlo e a recuperare lucidità, ma quando lo fece si scontrò con il suo petto. 
Nera distesa davanti agli occhi, forte profumo di casa mischiato a seduzione, odore bramato e ora sulla sua pelle, mentre lui l'abbracciava, proteggendola dai suoi stessi occhi e sostenendola. 
Rose si aggrappò alla sua camicia, sfogandosi in un pianto liberatorio. Sapeva già che lui, così nobile e gentile, avrebbe cercato di consolarla. Scoprire che le sue previsioni si erano rivelate veritiere le lacerò il cuore, rendendo quel tenero gesto ancora più arduo da sopportare. 
<< Mi dispiace... Mi dispiace... >>, ripeté, scossa dai singhiozzi. << Io non volevo... Non volevo innamorarmi di te... >>
Harry attese pazientemente che si calmasse, attraversato da un dolore muto e inestinguibile ogni volta che lei parlava con voce rotta e disperata. Sentiva il bisogno di sedersi, di scoprire che si trattava solo di un incubo, che nessun messaggio gli era arrivato sul cellulare da un'anonima ammiratrice, che quella persona non era Rose, che era tutto uno scherzo, ma la sofferenza che attanagliava quella ragazza — sua nipote — era sincera e tangibile. Le sue dita corsero ad accarezzarle i capelli, esitanti e delicate come quelle di chi non riesce più a vedere purezza in un simile gesto. Si sentiva fuori posto, turbato e sbagliato, colpevole di un atto incestuoso. 
Quando Rose smise di piangere e il suo corpo si rilassò, Harry capì in parte come si stava sentendo — come si era sentita per tutto quel tempo in cui aveva custodito segretamente il suo amore. Le parlò con voce morbida,  rivolgendosi anche a se stesso. 
<< Tu non sei sbagliata, Rose. Non devi vergognarti dell'amore. >>
Deglutì, sentendosi impacciato come mai in vita sua. Lui e i discorsi non erano mai andati d'accordo, non era un tipo abile a esprimersi. In quel momento avrebbe voluto disporre della dialettica di Hermione. Rose aveva dimostrato un coraggio unico nel rivelargli i suoi sentimenti, coraggio che lui non possedeva. L'uomo che aveva sconfitto Lord Voldemort non avrebbe mai fatto ciò che aveva fatto lei, a soli quindici anni. Fu quel pensiero spontaneo a indicargli il sentiero da percorrere. 
Doveva funzionare. 
Se non poteva guarire Rose dai suoi sentimenti, poteva almeno convincerla di non essere nata sbagliata.
<< È l'amore che mi ha permesso di vivere, Rose. L'amore. È grazie a questo sentimento che chi mi voleva morto è stato sconfitto. Come puoi biasimare te stessa per essere capace di provare ciò che di più puro esiste al mondo? >>
Sciolse l'abbraccio, azzardandosi a sollevarle il mento per guardarla negli occhi. Le sue iridi azzurre gli restituirono uno sguardo spento e sofferente. 
<< Sai, Harry, adesso riesco a sostenere il contatto visivo con te >>, la sentì mormorare con aria assente.
Lui le rivolse un sorriso forzato e dirottò gli occhi altrove. 
Se Rose aveva acquisito una rassegnata sicurezza di fronte al suo implicito rifiuto, lui l'aveva persa di fronte a quella dichiarazione intensa e inaspettata. 
<< Dirti quello che provo mi ha permesso di uscire dalla mia gabbia. Adesso mi sento più leggera, mi sento... libera. >>
Rose non era mai stata brava a mentire, ma Harry sapeva che un giorno le sue parole si sarebbero rivelate veritiere, lei stessa lo avrebbe constatato quando il suo cuore avrebbe iniziato a battere per un altro. 
<< Mi hai insegnato a volare, no? Come potrei dire il contrario? >>
L'ombra di un sorriso le incurvò le labbra sottili e si rifletté in quelle di lui. Harry scoprì di ammirarla come ammirava poche persone nella sua vita: Rose aveva solo quindici anni, ma aveva avuto il coraggio di fuggire dal castello per dichiarargli i suoi sentimenti e si stava sforzando di reagire col sorriso a una realtà che l'avrebbe fatta soffrire. 
<< Sediamoci, ti va? >> le chiese, bisognoso di lasciarsi scivolare di dosso lo shock. 
Lei annuì, stringendosi su se stessa come se volesse ripararsi da un'improvvisa corrente d'aria, e lo affiancò sul marciapiede, lasciando le gambe a penzoloni sul binario come aveva fatto quando lo aveva aspettato. Scoprì di provare una gioia sincera, sapendolo così vicino e consapevole dei suoi sentimenti. Lui non la ricambiava, ma lei non era più sola col suo segreto.
<< Sei venuta fino a qui con quella? >> 
Harry le indicò la scopa abbandonata sul marciapiede con cui l'aveva vista arrivare. 
<< Sì >>, rispose semplicemente lei. 
<< E non hai... Insomma... >>
<< Il viaggio si è rivelato meno pericoloso del previsto. Ho avuto un bravo insegnante. >>
Harry lasciò ricadere distrattamente lo sguardo sulle rotaie sottostanti. << Come hai fatto a non farti scoprire? >>, le domandò, curioso e preoccupato al contempo. Rose non disponeva di un Mantello dell'Invisibilità e Ron e Hermione, magari, mentre loro parlavano, erano già stati avvertiti da un insegnante sulla fuga della figlia a cavallo di una scopa. A Harry risultava difficile credere che nessuno l'avesse vista, ma poi ricordò quello che Albus gli aveva detto nella sua ultima lettera.
Sabato pomeriggio dovremo giocare la partita di Quidditch. James è in visibilio, non vede l'ora di "stracciare" i Serpeverde.
Rose si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso forzato, certa che Harry a quel punto l'avrebbe rimproverata. << Ho pianificato tutto una settimana prima, osservando gli spostamenti degli insegnanti. L'ufficio di Vitious e della professoressa Vector erano quelli che dovevo superare se non volevo costeggiare il campo di Quidditch lungo il mio percorso. Sono certa che non mi abbiano vista dalla finestra perché si sono diretti allo stadio per assistere alla partita. >>
Harry serrò la mascella, il braccio che teneva appoggiato al ginocchio piegato si mosse appena, come vittima di uno spasmo di rabbia improvvisa. Si sentì responsabile delle azioni sconsiderate di Rose e dei rischi che aveva corso.
<< E il messaggio? Come hai fatto a oscurare il mittente? >> chiese atono, mantenendo lo sguardo fisso sulle rotaie sottostanti. 
<< Incanto Calligrafo. Si usa per celare l'identità del mittente di una lettera, ma ha funzionato anche sulla mia Sim telefonica, quando l'ho provato. >>
Rose squadrò Harry di sottecchi e le parve che fosse visibilmente nervoso. Prese un respiro profondo, giocherellando con l'orlo della maglietta. << Nessuno sa che sono qui, credimi. >>
<< Perché proprio oggi? >> esordì lui, spiazzandola. << Perché hai scelto proprio oggi per vedermi? Hai rischiato di compromettere la tua carriera scolastica, hai sfruttato la tua intelligenza in funzione di... Rose, ne valeva veramente la pena? >>
Lei scattò in piedi, guardandolo dritto negli occhi. << Sì, ne valeva la pena >>, scandì, trovando nuovo coraggio nella rabbia che sentì inspiegabilmente crescere dentro di sé. << Mi conosci, non mi fermo davanti a niente, se si tratta di una cosa importante. Sapere che ti amo ti sconvolge a tal punto? Hai davvero bisogno di fingere che i miei sentimenti siano capricci di una ragazzina incosciente, per sentirti meglio? Mi dispiace, Harry, ma non posso concederti questa consolazione. Ho scelto di vederti oggi perché non ce la facevo più a vivere così, a corrodermi nel ricordo di quelle sere d'estate passate insieme a te. Ho scelto di vederti oggi perché volevo parlarti con tranquillità, senza il timore che potessero spuntare alle nostre spalle mio padre, mia madre, James... o Ginny. Ho chiesto troppo? >> concluse in tono stanco, riprendendo fiato. 
Harry si alzò a sua volta, parandosi di fronte a lei e scrutandola con aria compassionevole e frustrata. 
<< Lei lo sa >>, mormorò, lasciando scivolare lentamente gli occhi sul suo viso delicato. << Ginny. Sa che sono qui. >>
Rose sentì una fitta allo stomaco. Avvertì la sua dignità strisciare sotto le rotaie e il respiro venirle meno. 
<< È mia moglie, ho dovuto dirglielo. Le ho chiesto di mandare una squadra di Auror a controllare la zona, se non avesse ricevuto mie notizie dopo un'ora. >>
Harry avanzò di qualche passo, accorciando la distanza fra di loro. Se lei avesse mosso una mano, avrebbe potuto sfiorargli il braccio. 
<< Ti prego, Rose, dimmelo: ho fatto qualcosa, quest'estate, che ti ha indotta a pensare a me in un altro modo? >>
<< NO! >> 
L'urlo di frustrazione s'infranse contro di lui con inusitata violenza, destabilizzandolo. Harry rimase a fissare la ragazzina che gli stava di fronte, colei che aveva sempre visto come una bambina, incapace di fiatare. Per la prima volta fu in grado di scorgere definitivamente la donna che si celava dietro di lei, contornata da un residuo fanciullesco, ma diretta già verso la fioritura e precocemente spezzata dalla sofferenza. 
<< Non capisci che mi sono innamorata di te senza accorgermene? Tu non hai fatto niente... Il modo in cui sorridi, cammini, il tuo essere gentile e premuroso, impacciato e assorto e paziente e dolce e... tutto. Sei tutto ciò che voglio. >> Rose strinse i pugni, abbassando la testa. << Peccato che tu sia mio zio... >> mormorò in tono rassegnato. 
Erano entrambi un'imprevedibile e avversa dinamite di emozioni, in balia di un lunatico gioco di passi, dichiarazioni e accuse, vicini come non lo erano da tempo, lontani come non lo erano mai stati. 
Harry agì d'istinto, senza riuscire a fermarsi. Strinse Rose a sé, nel vano tentativo di darle conforto, consapevole di essere invece la causa del suo male. 
Cercò di infonderle calore e protezione, quando lui stesso li stava bramando. Come avrebbero fatto a vedersi e a fingere che non fosse successo nulla nel corso degli anni? Quanto ci avrebbe messo Rose a dimenticarlo? 
Lo avrebbe mai fatto?
Sentì i capelli di lei sollevarsi e sfiorargli la guancia e, quando scostò il viso dalla sua spalla per osservare la sua reazione, si accorse di avere le labbra a pochi centimetri dalle sue. 
Si scontrò coi suoi occhi e il suo respiro, e fu investito da un palpito di emozione nuovo, inaspettato. 
<< Ti riporto al castello >>, mormorò, incapace di distogliere gli occhi dai suoi, come vittima di un incantesimo. 
Non appena lei indietreggiò, Harry fu in grado di recuperare la lucidità perduta, fuggita di fronte a un'inconscia tentazione  << Non dirò niente ai tuoi genitori, te lo prometto, e mi occuperò personalmente della McGrannit. >>
Rose annuì, svuotata di fronte alla consapevolezza che avrebbe dovuto rinunciare al suo amore, fiduciosa del fatto che avrebbe potuto dimenticarlo, riempita da quel brivido caldo che la loro vicinanza le aveva causato.
<< Grazie... zio. >>
Le parve di vedere un guizzo insolito nei suoi occhi verdi, quando si rivolse a lui con quell'appellativo, ma la sua mente era stata annebbiata a tal punto dalla girandola di eventi verificatisi che non vi diede peso. Rose si diresse verso la sua scopa, lanciando un'occhiata distratta al passaggio che collegava la stazione magica a quella babbana, e fu allora che notò una scritta sulla parete che nessuno aveva deciso di cancellare e che, ironia della sorte, le parve fatta apposta per descrivere il suo altalenante stato d'animo.  
E la luna pensa per sé, se ne frega di noi, ma io lo so che tornerai, l'universo si muove e non smetterà mai...
Quante notti aveva parlato alla luna, seduta sul davanzale della finestra del dormitorio, cercando in lei una muta consigliera? 
Quanti anni avrebbe passato a illudersi di avere una possibilità con Harry?  
Quante albe avrebbe guardato, realizzando che la vita intorno a lei avrebbe continuato a scorrere incessantemente, mentre lei sarebbe rimasta indietro, schiava di brucianti ricordi intrisi di rimpianto per un'estate che non sarebbe mai tornata?
Povera, sciocca anima fragile...
Con un sorriso amaro contornato da rassegnazione e testarda aspettativa, Rose montò in sella alla scopa, circondata da un silenzio liberatorio e al contempo soffocante. Seppe che Harry la stava seguendo solo quando percepì una scia di profumo sottile spandersi verso di lei. L'inconscia speranza di vederlo salire sulla sua scopa svanì quando lo sentì mormorare un Incantesimo di Appello. Solo allora, in quel preciso, doloroso istante, realizzò fino in fondo che Harry Potter non le sarebbe mai più stato vicino come lo era stato in quelle fuggenti notti d'estate, quando solo la luna li aveva visti sfrecciare in cielo, stretti l'una all'altro. 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Amare era rischioso, imprevedibile, totalizzante, privo di schemi come volare. Nessuno conosceva l'esito del suo percorso, ma tutti si lasciavano irretire dall'ebbrezza del viaggio, curiosi di scoprire dove sarebbero giunti, desiderosi di sentirsi vivi, ubriachi di sogni e di emozioni.
Negli anni successivi Rose non fu in grado di ricostruire  ciò che accade quando fece ritorno a Hogwarts; i suoi ricordi, da vividi e nitidi, divennero sfocati e imprecisi, fumose immagini di avvenimenti volutamente rimossi. Tutto ciò che lei e Harry condivisero in scarsi, miseri venti minuti alla stazione di King's Cross quel venti aprile rimase impresso nel suo cuore come una macchia indelebile, assieme al dubbio che anche lui avesse percepito il suo stesso palpito di desiderio incandescente, quando le loro labbra si erano accidentalmente sfiorate. 
Da quel giorno Rose smise di volare. 
Innamorarsi di lui le aveva procurato una brutta caduta;
aveva cercato di riprendere quota, dichiarandosi e sperando di dimenticarlo, ma non ci riuscì mai del tutto, nemmeno da sposata. Il suo amore per Harry rimase in sospeso come una scopa abbandonata in cielo, in bilico tra il dubbio di non essere ricambiato e la velata possibilità che lui, un giorno, avrebbe potuto desiderarla. 
 
 
 
 
 
Il ricordo della gioia non è più gioia; il ricordo del dolore è ancora dolore.




 
***

 



 
10. L'andamento della narrazione è volutamente 'spezzato'. I sentimenti di Albus per Rose, così come quelli di Rose per Harry, sono rimasti in sospeso per una mia scelta. Anche i fatti narrati, come avrete notato, sono continuamente spezzati da salti temporali, in un'alternanza tra parti introspettive e parti interattive. 
Sono consapevole che questa impostazione del testo possa non piacere, ma volevo rendere evidente in tutti i modi possibili il tema del contest a cui questa storia partecipa, inoltre personalmente lo apprezzo.
11. Storia partecipante anche al contest "Una nuova generazione, una nuova storia" indetto da Cosmopolita1996 sul forum di EFP. 
  
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento. Grazie a questo contest ho scoperto quanto sia interessante scrivere su Harry e Rose come coppia. Sono senz'altro improbabili assieme tanto quanto sono originali, ma mi sono resa conto di avere ancora tanto da dire su di loro. Per esempio avrei voluto approfondire il rapporto fra Rose e Ron, che nella mia mente è il migliore amico della figlia, e i sentimenti avversi di Rose per Ginny; probabilmente lo farò, magari con una long. Grazie a tutti per aver letto!   


 
  
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