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Autore: Avenal Alec    21/08/2015    1 recensioni
Storia ispirata al mondo di The Walking dead e al personaggio di Daryl Dixon.
Il gruppo ha finalmente trovato un luogo sicuro: la Fortezza. Sopravvivere è ancora l'obiettivo principale. La quotidianità all'interno della Fortezza è fatta di obblighi e responsabilità. Sara, detta Mac, una ragazza che si è unita al gruppo sente la necessità di un po' di solitudine e decide di andare in perlustrazione. Anche Daryl ha bisogno di un po' di spazio e decide di andare con lei.
Cosa succederà a queste due persone che non si sono mai guardate per più di un'istante e che ora hanno la possibilità di lasciare fuori da una porta la morte che permea ogni luogo?
Guardando la serie, durante la seconda stagione, una scena mi ha particolarmente colpito. Questo mi ha spinto a scrivere una Fan Fiction. Sebbene i personaggi femminili della serie mi piacciano, con nessuno di loro è partita la Ship. Ho deciso quindi di inventarne uno nuovo: Mac.
Ecco cosa ne è uscito. Buona lettura!
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2

 
Dopo una veloce ricognizione Daryl si era reso conto che l’abitazione era vuota da molto tempo e che sembrava costruita per situazioni di emergenza come quell’apocalisse, ogni comodità a portata di mano. Persino una vasca da bagno che aveva letteralmente mandato in visibilio Mac.
Daryl non l’aveva mai vista così rilassata e allegra. La giovane aveva deciso sin da subito che prima di ripartire si sarebbe fatta un bagno.
Per l’ennesima volta l’uomo si rese conto che l’universo femminile era più oscuro del mondo in cui vivevano. Là fuori le regole erano semplici: sopravvivere e uccidere più morti possibile, le donne di regole ne avevano ben altre invece.  Mac fischiettava felice ogni volta che controllava quanto fosse calda l’acqua che aveva messo a scaldare sul grande focolare in pietra.
“Ancora questi due carichi e dopo sarà tutto perfetto.” rivolgendosi più a se stessa che a lui.
Non l’aveva mai vista contenta.
Felice e senza pensieri, ecco cosa vedeva: una felicità viva, serena e rilassata che lui non aveva mai provato, nemmeno prima dell’apocalisse.
Ora aveva cominciato a rovistare nello zaino.
“Eccola qua!” disse Mac dopo un po’. Gli mostrò una piccola scatola in latta rosa e viola.  L’aprì con cura, come se all’interno ci fosse un gran tesoro.
Daryl, curioso per tutte quelle manovre, si avvicinò suo malgrado e, rimase deluso dal contenuto.
Erano due semplici flaconi di bagnoschiuma e shampoo, niente che non avessero già anche alla Fortezza. Certo la scatola come i flaconi avevano un’aria costosa, ma saccheggiando per sopravvivere erano abituati a qualunque tipo di prodotto.
Eppure Mac sembrava incantata da quei flaconi.
“Sai” mormorò Mac accarezzando i flaconi “questo set me lo regalarono il giorno del mio compleanno le bambine dell’associazione.”
Mac parlava raramente del suo passato, come tutti del resto, non volevano mai ricordare quello che erano stati. Era troppo doloroso.
“Avevo promesso loro che li avrei usati per un’occasione speciale, non è mai successo fino ad oggi!” concluse con la voce velata di malinconia.
Alzò gli occhi e gli sorrise.
“Tu, mio caro, avrai la fortuna di poterli usare assieme a me!”
Daryl la guardò sconcertato. Chi era quella ragazza bruna che si era impossessata della buona vecchia Mac?
Stava sorridendo troppo, il viso illuminato di gioia. Per un istante scorse l’immagine di una ragazza diversa, quando ancora probabilmente tutti la chiamavano Sarah o signorina MacKenzie. Una dolce ragazza dal viso angelico, profondi occhi scuri, sempre pronta al sorriso. In quel momento non esisteva più Mac, la dura guerriera, dall’espressione seria e concentrata, pronta a uccidere vivi o morti per salvare la sua pelle e quella del gruppo.
 “Non dirmi che l’idea di un bel bagno caldo e rilassante non t’ispira proprio?”.
Daryl istintivamente fece un passo indietro, c’era qualcosa di diverso nella sua voce.
“Eravamo venuti per cercare provviste, non per fare un bagno.” rispose mostrando la balestra.
“Se ricordo bene” disse Mac minacciosa “tu ti sei autoinvitato” gli si avvicinò. Doveva alzare il viso per poterlo guardare negli occhi, ma questo non le impediva di avere comunque un’aria intimidatoria. “Perché tu lo sappia, sin dall’inizio io volevo venire qua e farmi un bagno, dimenticare per un giorno l’inferno che è diventata la terra e, per quanto surreale possa essere, non ho alcuna intenzione di farmi rovinare l’atmosfera da uno che passerà le prossime ore ad affilare armi o inventariare rifornimenti. Questa è casa mia e le regole le decido io!”
Mac era furiosa con Daryl!
Era sempre così: chiuso, sempre pronto a fare qualcosa per il gruppo. Sempre in movimento. Per lui la salvezza degli altri sopravvissuti era la priorità. Lo ammirava per la sua determinazione, la sua capacità di non voltarsi mai indietro. Per lei era diverso, voleva trovare una bolla di normalità in un mondo ormai folle. Era andata in quel cottage con l’intenzione di lasciare solo per alcune ore l’apocalisse fuori e Daryl, in tenuta da guerra e guardingo, non l’avrebbe di certo aiutata.
Lo scrutò attenta, leggeva nel suo sguardo lo sconcerto, ma c’era anche stanchezza, quella che lei stessa provava.
“Senti” cercando di essere persuasiva “quante volte ti ho salvato la vita in questi mesi?” Non aspettò la sua risposta, sapevano entrambi che era successo parecchie volete. “Quante volte i miei piani hanno avuto successo?” anche questa era una domanda retorica. “Ti fidi di me?”, altra domanda retorica, sapeva che Daryl si fidava e la rispettava, ma voleva sentire da lui quelle parole.
Daryl la scrutava disorientato, odiava quando la gente gli tirava fuori a forza parole come se lui serbasse chissà quale conoscenza. Perché non lo lasciavano in pace.
“Che vuoi da me?”
“Che dici che ti fidi di me!” Ribatté Mac.
Daryl indurì per un istante la mascella. “Ok, mi fido di te.”
Un sorriso soddisfatto si aprì sul viso della ragazza.
“Ottimo, vado a controllare una cosa e poi ti chiamo!”
Arrivata però alla porta che dava alle camere e al bagno si girò. “Perché non vuoi fare un bagno?”
L’uomo alzò gli occhi al cielo, non rispose e uscì all’esterno.
Rientrato una decina di minuti dopo trovò Mac ad attenderlo.
“Ok adesso tu vieni con me, ti spogli e ti godi un bel bagno!”
 “Non eri tu che volevi immergerti in una vasca?”
Mac gli sorrise “Secondo me, ne hai più bisogno tu!” e cominciò ad elencare una serie infinita di effetti benefici, ma Daryl non la stava nemmeno ad ascoltare, mentre veniva dirottato verso il bagno.
La stanza era illuminata dalla luce soffusa delle candele. Razionalmente l’uomo sapeva che in mancanza di luce elettrica le candele avevano un loro scopo, ma davano all’ambiente un’atmosfera troppo intima. Il profumo di sandalo, il vapore dell’acqua calda che saliva in volute dalla piccola vasca in ghisa, la soffice schiuma bianca che s’intravedeva oltre il bordo, erano cose alle quali non era abituato e lo mettevano a disagio.
“Ammettilo, non è meglio di una Spa?” chiese Mac dietro di lui.
Daryl non rispose, avrebbe voluto indietreggiare e scappare da quella situazione con cui aveva così poca confidenza.
Mac però bloccava l’uscita.
Sentì la mano della donna poggiarsi sulla sua schiena, il suo corpo farsi più vicino.
S’irrigidì.
Un sussurro sfiorò il suo orecchio “Tranquillo ragazzone, è solo un bagno, non ho intenzione di sedurti o altro.” poi lo spinse dentro la stanza.
“Adesso ti spogli e t’ immergi in quella fantastica vasca. Niente scherzi, torno fra cinque minuti a prenderti i vestiti, così li lavo o li brucio!”
Daryl sentì la porta chiudersi.
Fece uscire il respiro che aveva trattenuto, si sentiva un perfetto idiota. Fece alcuni passi all’interno della stanza, era piccola, raccolta eppure non mancava nulla. Addossata alla parete di pietra alla sua sinistra, la vasca in ghisa occupava l’intera parete lasciando solo lo spazio per uno sgabello. Alla sua destra, invece del classico lavabo, un catino incastonato in un mobile in ferro battuto. Tutto sembrava arrivare direttamente da un altro secolo e, forse, era proprio così; solo i sanitari erano moderni.
Volse lo sguardo verso lo specchio appannato. Alzò la mano e lo pulì. L’immagine riflessa era la stessa che vedeva da sempre. Era il solito, vecchio Daryl Dixon. Osservò la linea della mascella indurita dalla tensione, la barba di qualche giorno, la linea rigida delle labbra, le rughe d’espressione di un uomo che non aveva mai avuto una vita semplice. Il vuoto negli occhi. Erano lo specchio di ciò che era sempre stato, diverso da quello che credeva la stessa Mac.
La voragine del senso di colpa lo assalì.
-Perché Mac lo aveva portato in quella stanza? pensò infastidito, perché non era la solita distante Mac con il suo bagaglio di diffidenza e sofferenze, che si era rivelata un’ottima compagna e niente di più?… La ragazza nell’altra stanza sembrava il fantasma di ciò che era stata una volta e questo gli ricordava una vita che non aveva mai vissuto.
La sua mano era ancora poggiata sullo specchio quando sentì bussare alla porta.
“Posso entrare?”
“No!” rispose Daryl spostandosi di scatto dallo specchio. “Torna fra un paio di minuti e avrai i tuoi maledetti vestiti”.
“Ok, ok, non serve arrabbiarsi.” rispose la ragazza dall’altra parte della porta.
L’uomo si guardò attorno ancora un istante prima di capire che l’unico modo per uscirne era farsi quel maledetto bagno.
Si svestì velocemente poggiando i capi sullo sgabello poi s’immerse lentamente, molto lentamente. L’acqua era così calda che scottava sulla pelle e il suo corpo ci mise diversi istanti ad abituarsi.
Quando fu quasi completamente immerso in quel mix di schiuma e acqua poté finalmente poggiare il capo contro il lato corto della vasca e crogiolarsi in quel piacevole tepore che gli solleticava la pelle, scaldava il corpo e scacciava il freddo che sembrava non volerlo abbandonare mai.
Mac si sarebbe messa a ridere o sarebbe inorridita se avesse saputo che non aveva mai fatto un bagno prima di quel momento. Il capanno da caccia dove viveva aveva solo una doccia striminzita e non sempre c’era l’acqua calda. Quel bagno era qualcosa che non aveva mai provato e, man mano che si rilassava, la sensazione di benessere su tutto il corpo si acuiva.
Tale era la sensazione che quasi non sentì il sommesso bussare.
“Puoi entrare!” Disse Daryl ad alta voce senza però aprire gli occhi.
Percepì la porta aprirsi, ma preferì continuare a tenere gli occhi chiusi, non voleva incontrare quelli di Mac e rischiare di farsi assalire nuovamente dal disagio o forse dalla realtà.
Pochi movimenti affievoliti nella stanza poi di nuovo silenzio.
Da quel momento Daryl si lascio cullare dal tepore, sgombrando la mente da ogni pensiero.
Non seppe quanto tempo passò prima che un altro sommesso bussare alla porta disturbasse il suo riposo.
“Avanti.”
Pochi istanti e poi sentì la voce della ragazza accanto.
“Direi proprio che te la stai godendo.”
Daryl aprì gli occhi di scatto, accovacciata sul bordo del lato lungo della vasca, Mac lo stava osservando.
L’uomo avrebbe dovuto sentirsi a disagio dalla presenza della ragazza, ma quel bagno lo aveva talmente ammorbidito che riuscì solo ad annuire di rimando.
“Vedi che ho sempre ragione io.”
“Se ti dico che hai sempre ragione tu, te ne vai e mi lasci in pace?”
“No, almeno non per ora.” sogghignò Mac. “Devi togliere il tappo dello scarico, così posso aggiungerti altra acqua calda.”
“Mmm” Daryl non aveva la forza e la voglia di rispondere, ben che meno spostarsi o muovere un dito “l’acqua è perfetta così” tentò.
Ma la ragazza aveva ben altre intenzioni, allungò la mano e la immerse poco distante dalla coscia.
Daryl scattò di lato “Che cosa stai facendo?”
“Tolgo il tappo, scemo.” alzando la mano e mostrando il tappo nero fra le mani.
Lo guardò poi scuotendo la testa “Certo che tu con le donne hai grossi problemi, non c’è che dire.”
Daryl la scrutò, la mascella indurita.
“Tieni, rimetti il tappo fra qualche minuto.” Disse la ragazza lasciandolo cadere nell’acqua prima di uscire.
Daryl aspettò un po’ e quando sembrò che il livello dell’acqua fosse abbastanza basso cercò il tappo e lo rimise. Aveva tutta l’intenzione di farsi nuovamente incatenare dalla piacevole sensazione provata in precedenza.
Sentì la giovane rientrare nella stanza e senza nemmeno aprire gli occhi le disse “Ho messo il tappo! Contenta?”
“Perfetto, adesso ti aggiungo altra acqua, ma prima… un po’ di sapone per fare altra schiuma.”
“C’è già abbastanza schiuma.”
“Non direi!” ribatté Mac in piedi accanto alla vasca.
Daryl socchiuse un occhio accorgendosi in quell’istante che gran parte della schiuma che aveva riempito la vasca era scomparsa, rivelando molto di più di quanto avesse mai mostrato in un anno di convivenza forzata.
Cercando di darsi un contegno replicò “Vada per altra schiuma allora.”
“Ok capo, finalmente stai capendo come funziona la cosa”. Mac cominciò a far cadere il liquido dal flacone. Le gocce fredde rotolavano dentro l’acqua e scivolavano in fondo, sul corpo disteso di Daryl, che si mosse di scatto al contatto con il liquido freddo, “Ehi che fai?”
“Metto il sapone!” rispose imperturbabile la ragazza continuando la sua manovra.
Un mezzo sorriso nascosto faceva capolino fra le sue labbra.
“Direi che adesso è anche troppo.” Disse l’uomo ormai seduto, tentando di darsi un contegno e mascherando il disagio che provava.
“Vuoi che faccia io la schiuma o la fai tu, devi solo muovere l’acqua così.” Agitandogli la mano davanti agli occhi mentre il suo sorriso si apriva sempre di più.
“Vai fuori!”
“Suscettibile l’uomo” rispose Mac mostrandogli la lingua.
“Che stronza.” borbottò Daryl sorridendo.
“Grazie lo so, però stai sorridendo!” Ridendo ora di gusto mentre usciva. “Adesso arriva l’acqua”.
Effettivamente era tanto che non si lasciava andare ad un semplice sorriso, pensò Daryl.
Attraverso un tubo dal muro cominciò a scendere dell’acqua bollente che quasi lo ustionò, ma il bagno aveva di nuovo la temperatura perfetta, così l’uomo si appoggiò al bordo vasca e chiuse gli occhi.
Probabilmente cadde in dormiveglia perché non sentì Mac entrare e si accorse dopo diverso tempo della sua presenza nella stanza. Quel bagno lo stava rincretinendo.
Aprì gli occhi, “Devo uscire immagino.” chiese quasi controvoglia Daryl.
“Neanche per sogno!” ribatté Mac, poi osservò l’acqua  “Potevi dirmi che non ti interessava la schiuma, avrei fatto a meno di sprecare il mio bagno schiuma per te!”
Daryl si era completamente dimenticato di creare nuova schiuma, perso nelle piacevoli sensazioni del bagno, e ora, non ce n’era nemmeno l’ombra.
Stava per ribattere, ma Mac era già passata oltre “Siediti, si passa alla fase due.”
 Tra le sue mani apparve una tazza rossa.
“Tieni, whisky d’annata.” porgendogliela.
Daryl la prese entusiasta, annusò un’istante la fragranze del liquore, erano mesi che non avevano la possibilità di bere un goccio di alcool e un whisky in quel momento era il perfetto coronamento delle ultime ore. “Grazie.” replicò prima di assaggiare il liquore con un mugolio di approvazione.
“Adesso è ora di lavarci.” disse Mac accostando lo sgabello al lato corto della vasca.
“So lavarmi da solo, grazie.” replicò Daryl continuando a sorseggiare quel nettare degli dei e girandosi a malapena verso la ragazza che si era seduta sullo sgabello accanto alla vasca.
“Certo, ti sai lavare da solo, ma non come ho intenzione di fare io.” Mac lo stava prendendo in giro, era evidente.
“Daryl, so che sei in grado di lavarti da solo, so che questa situazione non ti mette a tuo agio, ma ti chiedo di lasciarmi fare.” Il suono della voce di Mac sembrava così incerto che Daryl non poté fare a meno di girarsi per poterla osservare, la vide umettarsi le labbra, lo sguardo rivolto al bordo della vasca.
Era così fragile in quel momento, pensò Daryl che sentì un’immediata stretta al cuore.
 
“Sento che mi sto perdendo” Cominciò Mac alzando gli occhi e incontrando il suo sguardo “Sto smarrendo la mia umanità. Amo ciò che sono diventata, ma voglio solo per pochi istanti, poche ore dimenticare il mondo che c’è là fuori” concluse, volgendo lo sguardo verso la finestra sprangata.
 “Lasciami pensare che per poco possiamo essere degli irresponsabili. Divertirci senza dover guardarci le spalle. Lasciami immaginare che il mondo là fuori sia uguale a quello che abbiamo perso.” Terminò in un sussurro.
Daryl osservò Mac, la sua espressione quasi disperata. Capiva cosa volesse dire, lei cercava il ricordo di un mondo che non esisteva più. Si rese conto di non poterle toglierle quel ricordo, ma, soprattutto, comprese che se lei non si fosse aggrappata a qualcosa di così innocuo, alla fine si sarebbe spezzata.
Era capitato a tanti.
Avevano perso la speranza, ma soprattutto avevano smarrito quella scintilla per cui lottare. Se per Mac era un bagno in un cottage sperduto in bosco allora così sarebbe stato. Non c’era nulla di pericoloso in quella casa, ogni cosa era sotto controllo, allora perché non lasciarla fare? Aveva capito che coinvolgere lui, concentrarsi su di lui, era un modo come un altro per pensare a cose futili in una realtà in cui normalmente dovevano essere sempre all’erta e concentrati su cose ben più serie.
L’uomo prese la sua decisione “Ok… decidi tu cosa fare, io non ti seccherò più.”
Fu gratificato da un enorme bellissimo sorriso che colpì Daryl più di quanto avesse mai immaginato. Si crogiolò in quel sorriso sincero come se le avesse fatto il più grande dono del mondo. Mai prima di allora una donna gli aveva donato quel sorriso. “Fai quel che devi…su!!” girandosi.
“Ottimo”, disse Mac. “Adesso mettiti seduto,  ti godi il tuo Whisky e ti rilassi.”
Daryl fece come gli era stato comandato, si spostò cercando di non prestare attenzione alla sua nudità che si intravedeva sotto il riflesso dell’acqua. La stanza era calda, il muro in pietra condiviso con il focolare era bollente e riscaldava l’ambiente, creando un piacevole tepore.
Sentiva la donna rimestare dietro di lui poi le sue mani calde appoggiarsi sulle spalle, un tocco leggero ma sicuro. Un movimento lento e circolare dei pollici sulla clavicola, vicino al collo lo fecero fremere di piacere. Si lasciò andare chiudendo gli occhi, per nulla al mondo l’avrebbe fermata. Mosse il capo in avanti per permetterle un movimento e un tocco più profondo. Mac cominciò a muovere i pollici anche lungo il collo, all’inizio con un tocco leggero poi sempre con più forza man mano che la tensione accumulata sulle spalle e il collo non cedeva.
Le mani della giovane donna scendevano lentamente lungo tutta la colonna vertebrale, sempre movimenti lenti ma decisi, nodo dopo nodo le tensioni del suo corpo sembravano sciogliersi. Per ogni nodo che si scioglieva un pezzo del suo essere, del muro che faceva parte di lui crollava. Mattone dopo mattone si sentì spogliato, vulnerabile eppure protetto. Un blocco di commozione sembrava bloccargli la gola, un singulto a stento trattenuto mentre sentiva il mondo sparire e riempirsi della sua anima che pulsava.
Cominciò a trattenere il respiro per controllare le sensazioni che stavano esplodendo dentro di lui. Non era gioia, non era dolore, non era piacere era un mix di tutte queste emozioni  e di qualcosa d’altro a cui non sapeva dare un nome, ma che lo stava portando al margine di una voragine senza fondo.
Si sentì crollare come se ogni fibra del suo essere si stesse frantumando in mille pezzi.
Cadde in quel buco nero che sbocciò in mille emozioni fuori controllo, stava completamento perdendo il senso di tutto, stava entrando nel panico, annaspando in cerca d’aria quando sentì due braccia che lo stavano cullando. Raccolte attorno al suo collo, erano un’ancora a cui si aggrappò, la sua protezione per la vulnerabilità che lo stava assalendo.
Sentì le labbra di Mac poggiarsi sul suo capo, la cosa che lo stava schiacciando si spezzò e Daryl si liberò dal giogo di una vita priva di emozioni.
 
Il mondo cominciò lentamente a girare, cominciò a sentire le braccia di Mac, la sua guancia sul suo capo. Percepì le sue stesse braccia avvinghiate a quelle della ragazza. Il loro respiro ritmico era l’unico suono che si sentiva.
Mac, per un attimo si strinse ancora di più a lui e Daryl non poté fare altro che rispondere allo stesso modo.
Il mondo per un attimo si era capovolto e ora lui si sentiva svuotato ma, stranamente, era una sensazione piacevole.
Sentì poi Mac sciogliere l’abbraccio, Daryl la lasciò andare.
La sentì alzarsi.
Rimase immobile insicuro di ogni gesto.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Mac.
“Vado a prenderti un secchio di acqua calda così potrai sciacquarti quando avrai finito.”
Daryl non disse niente, annuì solamente, focalizzò il suo sguardo sulla tazza rossa che aveva appoggiato sul bordo della vasca, non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.
Sentì la porta chiudersi e si lasciò andare contro il lato della vasca cercando di capire cosa fosse successo. Mac lo aveva stregato in qualche modo e aveva sciolto per un istante il peso che si portava sulle spalle. Non avrebbe mai immaginato che un massaggio potesse fare quell’effetto.
La sensazione di vuoto che aveva provato sino a un momento prima si stava dissipando, caricandolo di nuova forza.
Sapeva che di tutto questo doveva ringraziare solo e unicamente Mac. Doveva ringraziarla per quello che aveva fatto per lui.
La porta si aprì nuovamente e la ragazza entrò. Non riusciva ancora a guardarla in viso, la sentì spostare lo sgabello sul lato lungo della vasca e la vide appoggiare il secchio fumante.
“Grazie.” riuscì a mormorare imbarazzato alzando gli occhi verso di lei.
Il sorriso di comprensione nei suoi occhi lo liberò di un peso che non aveva percepito fino a quel momento.
“Di niente, è questo che si fa fra amici.” Replicò lei “Fammi un fischio quando hai svuotato la vasca, così posso riempirla di nuovo per il mio agognato bagno.” Concluse facendogli l’occhiolino.
Daryl annuì.
Prima di uscire Mac si volse un’ultima volta “Nel catino puoi versare l’acqua calda se vuoi farti la barba, prenditi tutto il tempo che vuoi, mi ci vorrà una po’ per riempirla di nuovo.” Detto ciò uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Daryl avrebbe voluto decifrare ciò che era successo, ma non sapeva cosa pensare. Mac gli aveva dato qualcosa di nuovo, qualcosa di bello da ricordare, ma soprattutto, in quel momento, gli aveva dato l’intimità di cui aveva bisogno, come solo un amico avrebbe saputo fare. Aveva detto che non l’avrebbe sedotto, ed era vero. Sorrise a quel pensiero.
Un sorriso che gli rimase impresso per tutto il tempo che impegnò a lavarsi e a sbarbarsi. Quando si sentì pronto, più pulito di quanto avesse mai ricordato, tornò nella sala che fungeva da salotto e cucina.
Appena aprì la porta fu investito da un profumo inebriante di pane fatto in casa e stufato.
“Che cavolo!”
Non sentiva quegli odori da una vita.
Rimase impalato sulla soglia, di fronte a lui una parte della tavola in legno massiccio era imbandita con piatti di ceramica, posate e bicchieri. Un lusso che non aveva mai visto.
“Ben arrivato, era ora!”
Si volse di scatto a destra, accanto al focolare Mac gli stava sorridendo, fra le mani un canovaccio.
Non sapeva cosa rispondere, troppo sbalordito da quello che lo circondava. Il tepore, la tavola imbandita, la luce delle candele davano alla stanza un'atmosfera raccolta e familiare, come se ogni cosa nel mondo fosse in ordine, e non il casino che invece era.
“Ti ho preparato uno spuntino,” disse Mac avvicinandosi “Sono riuscita a preparare del pane, non è lievitato molto, ma è buono lo stesso. C’è anche dello stufato in scatola, grazie a un po’ di aromi è diventato mangiabile e, top dei top, c’è anche della marmellata di fragole.” Concluse Mac, facendogli cenno di accomodarsi.
“Adesso tocca a me un bel bagno, ho già mangiato, scusa se non ti ho aspettato, ti sei fatto un bagno bello lungo e non sono riuscita a resistere”.
Daryl era frastornato dalla situazione, riuscì solo ad annuire e a balbettare qualche parola di ringraziamento prima di accomodarsi.
Nessuno lo aveva mai trattato così bene e lei si sentiva in colpa perché non lo aveva aspettato? Lo conosceva così poco. Non poteva sapere che erano anni ormai che nessuno preparava un pranzo per lui. Nessuno nella sua vita si era mai preso veramente cura di lui. Stava per dirglielo, ma si trattenne imbarazzato. L’attimo passò e Mac ormai si era già avviata verso la porta che dava sulle stanze da letto e il bagno. Si trattenne un istante. “Fra una mezz’ora circa, puoi svuotare gli altri due secchi che ho messo a scaldare nel tubo, così potrò godermi un bagno più lungo? Basta che li svuoti nella canaletta in fondo al focolare, il tubo porterà l’acqua direttamente nella vasca, grazie.” Si allontanò lasciandolo solo.
Daryl si godette ogni singolo istante di quella cena paradisiaca, la migliore che avesse mangiato in vita sua.
Si sentiva sazio e appagato.
Tra le mani dell’ottimo whisky d’annata sempre servito nella  tazza rossa. Si prese del tempo ad ammirarne la fattura, la calda consistenza.
La sua mente tornò all’infanzia, ad una tazza come quella solo blu. La adorava, era la sua preferita. Ogni mattina prima di andare a scuola beveva il latte in quella tazza.
Non aveva mai avuto molte cose da bambino e quella tazza era un piccolo tesoro fino a quando suo padre, in un  motto d’ira, ubriaco già di prima mattina o forse dalla sera prima, l’aveva presa e scagliata contro un pensile della cucina.  il suo obiettivo era la moglie che non aveva cotto a puntino le uova, l’aveva solo sfiorata e la tazza si era infranta contro il mobile. Daryl aveva capito quel giorno che affezionarsi agli oggetti, alle persone era solo un rischio che non voleva correre.
Chiuse gli occhi.
Scrollò il capo.
Non voleva che quei ricordi lo tormentassero. Sentì il corpo irrigidirsi, pronto a tornare nel guscio che lo aveva sempre protetto.
Si alzò di scatto, sarebbe andato a controllare Mac, voleva pensare a lei e fare come lei, lasciare il mondo fuori.
Bussò piano “Vuoi altra acqua?”
“Grazie, magari.” La voce era solo un lieve sussurro, la sentì appena e sorrise.
Svuotò i due recipienti ricolmi d’acqua fumante come gli aveva detto, poi li riempì nuovamente con altra acqua presa dalla pompa a pressione incastonata al lato del focolare in pietra. Davvero ingegnoso pensò Daryl mentre osservava la pompa. Chi aveva costruito quel cottage voleva creare una vera roccaforte autonoma anche in assenza di energia elettrica, caldaie o generatori.
Mac aveva detto che quella era casa sua, all’inizio aveva pensato fosse un modo di dire, ma ora si rese conto che lei sapeva esattamente dove andare e cosa avrebbe trovato.
Si guardò intorno incuriosito, osservando con uno sguardo più attento la stanza, le scaffalature con i libri in fondo vicino all’ingresso, il divano dalla struttura in legno e la tela scozzese, il tavolo in legno massiccio e l’enorme focolare con le diversi strutture in ferro che serviva per cuocere i pasti. Per la prima volta si chiese con un genuino interesse chi fosse stata Mac prima dell’apocalisse.
 
Quando si accorse che l’acqua era nuovamente calda tornò da Mac in bagno. Parlò oltre la porta.
“Mac, vuoi altra acqua calda oppure preferisci che ti porti dentro dei secchi per sciacquarti?”
Per alcuni istanti non ci fu risposta e i sensi di Daryl si misero in allerta.
“Mac, ci sei?”
Sentì uno sciabordio d’acqua poi la voce di Mac “Porta pure i secchi grazie.”
Daryl percepì nella sua voce una sorta di rammarico. Si crucciò per questo, lei aveva fatto così tanto per lui e sentiva il desiderio di ricambiare il favore, ma non sapeva come, non era a suo agio in quelle cose.
Prese un respiro e decise intanto di agire, svuotò parte dell’acqua in un secchio di latta molto capiente e lo portò in bagno. Bussò e attese fino a quando Mac non gli diede il permesso di entrare.
Percepì subito la presenza della donna nella vasca. A differenza di lui però non si era fatta sorprendere, era seduta in fondo alla vasca, le ginocchia raccolte verso il costato, il viso e il corpo arrossato rivolti verso di lui.
Mostrava meno pelle possibile.
Sembrava così giovane, i capelli ancora asciutti raccolti in una crocchia facevano risaltare i lineamenti delicati e i grandi occhi scuri. Per la prima volta la vide per ciò che era: una giovane donna poco più che ventenne a cui la pandemia aveva tolto tutto, compreso il futuro. Sentì una stretta al petto, per lui l’Apocalisse invece era diventata la possibilità di fare qualcosa di diverso della sua vita. Ciò che aveva distrutto le speranze di un’intera umanità ne aveva date a lui. Ricacciò indietro quel pensiero sgradevole, ma non riuscì più a guardare la ragazza negli occhi.
Gli si avvicinò per lasciarle il secchio a portata di mano, lo sguardo puntato a terra.
“Hai bisogno di altro?”
“No, grazie”.
La risposta di Mac sembrava una perfetta via di fuga, ma si sentì un codardo. La ragazza aveva fatto così tanto per lui e di getto le chiese “Sicuro che non hai bisogno di altro, sei stata gentile con me, vorrei ricambiare!”
Mac inaspettatamente scoppiò a ridere “Ti stai proponendo per un massaggio?”
Daryl alzò gli occhi verso la giovane. “Beh sai...” replicò l’uomo mentre con la mano si massaggiava la testa. “La cosa è stata abbastanza strana e non del tutto spiacevole e, beh, pensavo che forse avrei potuto fare altrettanto per te.” concluse, senza riuscire però a guardarla negli occhi.
Mac percepiva tutto l’impaccio dell’uomo, lei stessa si sentiva allo stesso modo. Per gran parte del tempo si era divertita a viziare Daryl e allo stesso tempo metterlo un po’ disagio. Era sempre così controllato e composto! Il massaggio però aveva mostrato quanta tensione e fragilità Daryl tenesse sotto controllo. L’aveva completamente presa in contropiede, minando molte delle sue sicurezze. Per un attimo pensò di rifiutare la sua offerta, prendere le distanze sembrava la cosa opportuna da fare, ma si rese subito conto che quel rifiuto sarebbe stato ben peggiore per Daryl.
“Un massaggio mi farebbe piacere, con i crampi ci sai fare e un massaggio alla schiena potrebbe di certo essere gradevole.”
Daryl le puntò addosso i suoi occhi verdi e sorrise. Rimase però ancora incerto sul da farsi e nuovamente Mac prese il comando “Chiudi gli occhi così posso spostarmi verso l’altro lato della vasca”
“Come se non avessi mai visto una donna nuda!” ribatté quasi infastidito Daryl.
Mac replicò decisa “Se fai il bravo potrei pensare anche di lasciarti vedere qualcosa, ora chiudi gli occhi.”
Daryl non poté fare a meno di ridere, quella era la Mac che ricordava, sempre con la battuta fulminante. Poi si girò mentre la ragazza cambiava posizione.
“Ora puoi girarti.”
Sempre sorridendo Daryl si girò, ma rimase impietrito.
Il sorriso gli morì sulle labbra. La schiena di Mac era deturpata da numerose cicatrici frastagliate e mal rimarginate, che non aveva mai visto. L’intimità forza durante il lungo viaggio aveva creato una sorta di pudore in tutto il gruppo, scoprire cos’era celato sotto la canottiera della giovane, lo turbò.
Cosa le era successo per ridursi in quel modo?
Stava per chiederlo quando tacque, non era un argomento che voleva toccare in quel momento.
Avvicinò lo sgabello al bordo corto della vasca, immerse le mani nel secchio per scaldarle poi con una certa cautela le poggiò sulle spalle di Mac muovendo le dita lentamente, nello stesso modo che usava quando doveva rilassare un muscolo affaticato. Il sospiro soddisfatto di Mac gli disse che stava facendo le cose nel modo giusto.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti poi Mac mormorò “Scusa per prima, pensavo di farti solo un massaggio, non voleva essere così invasivo.” Concluse rammaricata.
Daryl si commosse per quella dichiarazione, sapeva quanto fosse difficile per gli altri capirlo. Parlò a Mac tentando di essere rassicurante “Mac, sto bene”.
L’uomo sentiva la tensione dei muscoli delle spalle e del collo della ragazza sciogliersi. Avrebbe dovuto scendere sulla schiena, ma era preoccupato per quelle cicatrici, non potevano essere molto vecchie, di sicuro non precedenti all’apocalisse. L’acqua calda aveva reso la pelle mal rimarginata ancora più sensibile. Sapeva che il massaggio era finito, non poteva massaggiargli le spalle in eterno. Una parte di lui se ne dispiaceva, stava cominciando ad apprezzare quella serena intimità.
Osservò il collo flessuoso della ragazza, sorrise notando come esso fosse molto più bianco rispetto alle spalle. Mac aveva l’abitudine di tenere i capelli raccolti in un morbido chignon e il sole l’aveva abbronzata a macchie, il collo quasi latteo, le spalle dorate e il segno altrettanto chiaro delle spalline.
Si scoprì a desiderare di accarezzare quella massa di capelli castani, così simili a quelli di sua madre. Un altro ricordo del passato fece capolino nella sua memoria. L’immagine della sua bellissima madre si materializzò davanti ai suoi occhi. La vedeva davanti allo specchio in camera sua. Passava ore a spazzolarsi i capelli. Lui amava osservarla. In quei momenti la madre chiacchierava con lui, gli raccontava dei sogni e le speranza che aveva. Spesso gli aveva detto con rammarico che la bellezza era tutto quello che le rimaneva e non avrebbe permesso a Robert, il marito, di portargliela via eppure, alla fine era successo, lei era stata bella una volta di troppo.
“Posso pettinarti i capelli...” dando voce ai suoi pensieri poi cercò di ritrattare “No, scusa, dimentica!”
Mac si girò quanto bastava per guardarlo in viso “Veramente lo faresti?” nei suoi occhi leggeva sorpresa e desiderio.
“Se ti fa piacere, sono a disposizione.”
Daryl fu gratificato da un dolce sorriso.
 “Sarebbe bello! Trovi un pettine nell’altra stanza, io intanto mi lavo i capelli, così sarà più semplice pettinarli.” Disse quindi Mac.
Daryl annuì e fece come gli era stato chiesto. Rientrò nella stanza da bagno solo quando non sentì più lo sciabordio dell’acqua.
I capelli bagnati di Mac erano ora sciolti e le arrivavano ben oltre le spalle. Daryl si accomodò sullo sgabello e con cura, sebbene un po’ maldestro, cominciò a districare i nodi delle ciocche.
“Scusa se te li tiro, non è una cosa che di solito faccio!” esclamò imbarazzato.
“Cosa? Tirare i capelli o pettinarli?” chiese scherzosa.
“Entrambi direi.” ribatté Daryl.
Risero divertiti.
La risata si spense lentamente, lasciando una piacevole sensazione di complicità.
“Da bambina mia madre prima, e mio padre poi, la sera mi pettinavano i capelli, era un rito e, ogni tanto, quando venivamo quassù, mi piaceva farmi pettinare i capelli da mio padre.” Disse Mac.
“Quindi questa è realmente casa tua?”
“Da ben quattro generazioni.” Rispose Mac orgogliosa. “Ovviamente non era così ai tempi del mio trisnonno, eccetto forse la struttura portante e l’enorme focolare in pietra.
“Mio padre riforniva di materiali plastici i laboratori farmaceutici governativi in tutti gli Stati Uniti.” Cominciò a quel punto a raccontare Mac. “All’inizio per lui era solo un lavoro, ma quando è morta mamma per un virus influenzale, ha cominciato ad avere qualche fissa e, sebbene non fosse diventato uno schizzato paranoico, ha deciso che questa casa sarebbe potuta diventare il nostro rifugio di sicurezza in caso di pandemie. Ho passato talmente tanto tempo qua su ad aiutarlo che non hai neanche idea. A volte pensavo che mio padre fosse solo un po’ strambo, specialmente quando da adolescente preferivo passare del tempo con i miei amici, ora gli devo la vita e una casa. È morto poco dopo che era scoppiata l’apocalisse, quando siamo rimasti bloccati ad Atlanta. Gli ho promesso che sarei venuta quassù e sarei stata al sicuro.” Concluse mesta Mac.
Ascoltando le sua storia Daryl capì finalmente quanto quel luogo fosse importante per lei.
Per lei era casa.
Si rese conto anche che le motivazioni che avevano spinto Mac ad unirsi al suo gruppo dopo il salvataggio erano diverse da quello che aveva immaginato.
Non era solo una sopravvissuta in cerca di un gruppo con cui stare. Lei aveva un obiettivo diverso e loro stavano andando nella stessa direzione quando si erano incontrati la prima volta.
Per un istante si sentì tradito. Ne avevano passate tante insieme e pensava che avessero costruito qualcosa in quei lunghi mesi, ma sapeva anche quanto una promessa potesse vincolare una persona.
Si ricordò quanto all’inizio lei avesse insistito per andare da sola per fare il giro di perlustrazione in cerca di rifornimenti.
“Quindi non tornerai indietro con me alla Fortezza.” Si lasciò sfuggire Daryl, smettendo di pettinarla.
Mac si volse di scatto, gli occhi sbarrati per lo sconcerto. “Perché non dovrei? la fortezza è anche casa mia e voi siete la mia famiglia.” replicò perplessa e ferita dall’insinuazione.
Non immaginava che Daryl potesse avere dubbi su di lei. Certo aveva voluto scappare al rifugio, perché sentiva di doverlo fare, ma sapeva anche che quella casa non era il posto dove avrebbe potuto costruire qualcosa, era un luogo dove ci si poteva solo nascondere dal mondo.
Daryl doveva capirlo, per lei era fondamentale che lo capisse.
“Quando è morto mio padre ad Atlanta, ho viaggiato per settimane da sola sperando di riuscire a raggiungere questo rifugio.” Mac si fermò un attimo a riflettere poi girò anche il resto del corpo verso Daryl, per poterlo vedere meglio. L’uomo la scrutava diffidente.
La giovane donna non abbassò lo sguardo e intercettò  gli occhi di lui senza alcuna esitazione. “Sai cosa può fare la paura, la solitudine a una persona sola?” gli chiese, l’uomo annuì ma non disse nulla.
“Quelle settimane sono state un inferno, non mi riconoscevo più, non sapevo chi ero. Verso la fine ero ormai fuori di testa, parlavo con i fantasmi,  cantavo, ballavo e uccidevo gli erranti che mi venivano incontro. Li uccidevo ridendo, a volte cavavo loro gli occhi perché non tolleravo che i loro sguardi mi giudicassero.
Ricordo poco ormai di quel periodo, solo immagini, passavo da momenti di lucidità a quelli di follia continuamente. Quando ci siamo incontrati sei stato fortunato perché era una delle poche  volte in cui ero totalmente in me. Non so quale angelo mi abbia protetto fino al nostro incontro.” Mac si interruppe un istante, per prendere un respiro, per cercare di dimenticare le immagini che l’avevano assalita. “Tu sei stato la mia salvezza, anche se ti ho salvato prima io.” Concluse tentando di sorridere. “C’è stato un momento in cui ho pensato di ripartire e continuare per la mia strada, ma è stato solo un pensiero momentaneo.
Quando ero ancora in via di guarigione e siamo stati attaccati, mi avete difeso, io vi ho aiutato, ci siamo salvati e mi sono resa conto che non avevo la forza e il desiderio di lasciarvi.
Con il tempo abbiamo cominciato a conoscerci, a rispettarci, a versare le stesse lacrime per chi non ce l’aveva fatta. Ho continuato a pensare a questa casa, ma più come un desiderio, un luogo al quale puntare se fosse stato necessario, ma non la meta ultima. Ho capito che nel nostro gruppo non mi sarei più sentita sola, avrei potuto fare qualcosa di buono ed era più importante di ogni altra cosa. E tu, più di tutti, eri la fonte della mia sicurezza e della mia fiducia.”
“Non potrei mai lasciarti.” Concluse quasi implorante Mac.
Daryl si rese conto della verità nelle parole di Mac, la capiva e fino a quel momento non aveva mai avuto un dubbio su di lei.
Sapeva che ognuno aveva la sua storia alle spalle quindi le sorrise rassicurandola.
In un gesto istintivo alzò la mano per accarezzarle il viso, “Nemmeno io potrei mai lasciarti.” Concluse serio, lasciando che il calore della mano e del viso si mescolassero.
L’istante rimase sospeso fra di loro, poi Daryl ruppe il contatto, si alzò in piedi, vulnerabile e impacciato per quella vicinanza.
Doveva riprendere le redini della situazione, non voleva che si lasciassero in quel modo sospeso, la cosa lo turbava. Si volse verso la giovane.
“Detto fra noi...” lasciò un attimo in sospeso la frase mentre Mac lo scrutava perplessa, in attesa che continuasse. “... grazie per la sbirciata, ora siamo pari.”
E uscì mentre una sequela di insulti lo seguiva fino oltre la porta. Poche parole che avevano rimesso in ordine qualcosa che stava prendendo una strana piega.
Arrivato in sala Daryl si appoggiò allo stipite della porta, ridacchiando ancora per gli insulti coloriti che gli aveva lanciato Mac. Il suo sguardo si posò sulla stanza che ormai sembrava così familiare, e rimase turbato: quel luogo senza tempo li stava cambiando.
Aveva bisogno di aria.
Fuori c’era ancora il sole, non sarebbe stato troppo pericoloso. Si armò comunque con balestra e coltelli.
Uscì e respirò profondamente, il cottage era immerso in una zona con alberi ad alto fusto e arbusti sempreverdi. Un posto notevole, pensò l’uomo prima di perlustrare il perimetro. Sperava che dedicarsi a un’attività simile lo avrebbe aiutato a snebbiare il suo cervello dal turbamento che sentiva.
Il suo pensiero inevitabilmente tornò alle ore appena trascorse.  Sorrise al pensiero del lungo bagno che si era concesso e al quel massaggio liberatorio. Ripensò al racconto di Mac e rabbrividì al pensiero di quello che aveva dovuto vivere in quelle lunghe settimane in solitaria.
Ricordò quell’immediato senso di tradimento, ma soprattutto quelle parole finali che lui stesso aveva ripetuto.
Erano parole forti, potenti. Erano le parole di un legame nascosto, che non era mai venuto a galla fino a quel momento. Erano parole che in quel mondo avevano un peso.
Daryl cercò di schiarirsi la mente, ma la sensazione che provava in quel momento non voleva andarsene, sentiva che non si trattava solo di un legame.
Osservò il cielo, si stava lentamente tinteggiando dei colori del tramonto, un altro giorno in quell’inferno era passato, lasciato alle spalle. E, in quell’istante capì: aveva dovuto lasciare indietro molte persone durante quei mesi, altre probabilmente se ne sarebbero andate nei prossimi. Lo aveva accettato sin dall’inizio, faceva parte della nuova vita.
Era stato difficile accettare molte perdite, ma l’aver vissuto gran parte della sua vita da solo e senza legami lo avevano forgiato e indurito. Ora, ogni fibra del suo essere gli diceva che non sarebbe stato in grado di sopportare la perdita di Mac. Al solo pensiero sentì una costrizione al petto.
Fisica, potente.
Si ricordò all’improvviso di sua madre, delle parole che un giorno gli aveva sussurrato: “Una volta che trovi qualcosa di buono, Daryl, devi averne cura. Devi lasciare che cresca.”
La consapevolezza che qualcosa del genere stesse accadendo proprio a lui, che finalmente avesse trovato qualcosa di buono nella sua vita, gli diede un senso di pienezza che non aveva mai provato prima.
Sorrise di se stesso, sorrise di ciò che stava provando, sorrise della vita che gli stava scorrendo nelle vene. Il cielo aveva quasi perso i colori del tramonto e le prime stelle apparvero nel cielo. Non gli erano mai sembrate così lucenti. 
  
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