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Autore: Rozen Kokoro    21/08/2015    2 recensioni
Le sue gambe erano veloci e agili, degne del miglior corridore del Campo. I suoi passi pesanti solcavano il terreno e l’erbetta che ricopriva il paesaggio, abbracciato dai tenui raggi mattutini del sole. Ansimava, ma non tanto per la fatica, quanto per l’ansia e l’incredulità. Insomma, non era da tutti giorni svegliarsi e avere l’impressione di non trovarsi nel proprio corpo.
[Friendship!Jasico | A tratti OOC | non posso credere di aver scritto questa cosa]
Genere: Commedia, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Jason/Nico, Nico di Angelo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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*getta questa Jasico in un mare di Solangelo*
Non posso veramente credere di aver scritto una cosa così... demente. No, sul serio, mi sono fatta vedere solo una volta nel fandom di pjo con una cosa stupidissima e ora ritorno con una cosa ANCORA PIU' STUPIDA. Mi vergogno dello sclero assurdo che è questa ficcy(?). Ma ehi, prima o poi scriverò una Jasico vera e propria, magari angst... oppure lemon....... no ok, ammetto che loro due riesco a vederli solo in contesti dementi. Riuscirei addirittura a scrivere una lemon demente per questi due. Li adoro proprio per questo, in fondo! Pensare a loro mi mette giuoia (?). Spero che leggendo questa fic vi possa scappare un piccolo sorriso! In fondo l'ho scritta per divertire, così come io mi sono divertita ad immaginarli in una situazione così assurda. Infatti a volte potrebbero essere OOC! Tra l'altro questa fic inizialmente doveva essere mooolto più corta ma... non lo è. Accade(?). Così ho deciso di dividerla in due capitoli. Voglio dedicare questa storiella ad Aki, che inoltre ringrazio per averla betata, e alla mia Baka, compagna di scleri sulla Jasico - e colei che mi ha dato questa idea mooolto tempo fa. Buona lettura ~ (non uccidetemi pls) 
fonte immagine



 
Non vorrei mai essere nei tuoi panni
(eppure...)

Capitolo I
 
La vita sul Monte Olimpo non era sicuramente uno spasso per la maggior parte degli dèi. Era scandita da riunioni, litigi vari, noiose discussioni fra Zeus ed Eolo sulle condizioni meteo nel mondo dei mortali, pettegolezzi sui semidei sparsi sulla Terra.
Si svolgevano feste e banchetti di gran sfarzo, ma la maggior parte delle volte si concludevano con tavoli ribaltati, folgori lanciate da Zeus e con un Ares piuttosto esaltato che distruggeva ogni oggetto alla portata delle sue possenti mani. Insomma, più le divinità greche erano separate, più vivevano in pace e tranquillità.
Una di loro spesso ritagliava il suo prezioso tempo – se così si poteva definire – per osservare il mondo degli umani e sconvolgerlo con i suoi piccoli scherzetti, giusto per scacciare la noia. Pensiero alquanto egoistico, ma gli Dèi non avevano mai pensato ad altro se non che a loro stessi.
Il giardino di Afrodite era ornato da piccole rose rosse, che si intrecciavano con le gambe del suo tavolino in marmo e che davano all’aria un profumo così forte da far arricciare il naso. La dea sorseggiava silenziosamente il suo tè mattutino, una fragranza inglese molto dolce che aveva sempre adorato.
Mentre le sue labbra rosee e carnose si bagnavano dell’aroma, i suoi occhi color cielo osservavano attraverso il riflesso di un piccolo specchio la vita al Campo Mezzosangue. La Casa di Afrodite era impegnata nel trucco e parrucco, come d’abitudine la mattina, e ciò non faceva altro che rendere fiera la loro madre divina. I suoi erano figli diligenti, sempre pronti a seguire le mode del momento, a corteggiare, a diffondere amore nell’aria.
Certo, la vista dei suoi dolci figlioli deliziava il suo sguardo, ma ciò non bastava a saziare la sua noia divina – qualsiasi essere umano non si sarebbe certamente annoiato sul Monte Olimpo – quindi decise di sconvolgere almeno per un giorno la vita di due poveri malcapitati.
“Il piccolo Di Angelo mi ha sempre affascinato… vuole allontanare l’amore, ma è rimasto intrappolato nella sua stessa rete.” Sospirò la bellissima donna, facendosi aria con un ventaglio fatto di piume di pavone. “Voglio divertirmi con lui. In fondo, le persone più serie sono quelle più spassose!” Esclamò, lasciandosi scappare una piccola risatina.
L’immagine passò a Jason Grace che, come Nico, ancora dormiva beatamente fra le coperte della Casa di Zeus. Afrodite ebbe un lampo di genio, che le fece dipingere sul volto un sorriso a trentadue denti – che tra l’altro nascondeva un pizzico di malizia.
“Oh, i nostri piccoli semidei ancora dormono… Beh, al risveglio avranno una bella sorpresa. E non vedo l’ora di gustarmela.” Ridacchiò con la sua voce melodiosa e schioccò le dita, prima di poggiare lo specchio sul tavolino e riprendere a sorseggiare il suo tè con un sorriso soddisfatto.
Oh, sarebbe stata una giornata davvero interessante.
 
 
Nico Di Angelo non era mai stato un amante del risveglio mattutino, forse per via della sua pigrizia che spesso tendeva a nascondere agli occhi altrui. O forse perché la maggior parte delle volte passava le notti in bianco, quindi il problema neppure gli si presentava davanti agli occhi.
La sua sveglia – in realtà non proprio sua, dal momento che sembrava come se qualcuno avesse cambiato la sua suoneria – trillò per tutta la stanza vuota, visto che lui era l’unico ad abitarla. Mugugnò qualcosa, prima di spegnere quel suono assordante con un colpo di mano.
Stranamente le sue braccia minute erano più pesanti del solito.
Ma non si concentrò particolarmente molto su quel dettaglio irrilevante, preso com’era a sbadigliare e ad aprire lentamente gli occhi. Inquadrò il soffitto, solitamente scuro, che questa volta ai suoi occhi appariva come un mosaico, che sembrava richiamare il cielo. Altro particolare che decise di ignorare volutamente, forse perché la mattina in suo cervello non era in grado di ragionare molto.
Poggiò i piedi nudi sul pavimento in legno e si passò una mano fra i folti capelli scuri… No, non erano più folti, ma piuttosto corti e meno crespi del solito. Spalancò leggermente gli occhi, finalmente sveglio e parecchio turbato. Ok, meglio non ignorare questo particolare.
Scattò in piedi, in cerca dello specchio per controllare che qualcuno non gli avesse tagliato la densa chioma ispida, ma si accorse che il suo corpo era decisamente più pesante e che la sua testa non era più così tanto distante dal soffitto. Deglutì, mentre il cuore gli tamburellava in gola come impazzito, e cercò freneticamente intorno a lui una parete lucida da poter usare come specchio. L’unica cosa che gli si presentò di fronte fu la statua di Zeus che lo guardava con severità, mentre gli puntava contro la sua folgore.
Nico gemette, precipitandosi fuori dalla sua cabina ancora in pigiama. Le sue gambe erano veloci e agili, degne del miglior corridore del Campo. I suoi passi pesanti solcavano il terreno e l’erbetta che ricopriva il paesaggio, abbracciato dai tenui raggi mattutini del sole. Ansimava, ma non tanto per la fatica, quanto per l’ansia e l’incredulità. Insomma, non era da tutti giorni svegliarsi e avere l’impressione di non trovarsi nel proprio corpo.
In men che non si dica arrivò sulle sponde di un piccolo laghetto, dove le ninfe erano solite passare il loro tempo e giocare insieme ai satiri. Puntò il suo sguardo sullo specchio dell’acqua cristallina e dal riflesso poté perfettamente distinguere dei tratti delicati, che avrebbe saputo riconoscere ovunque:  occhi color ghiaccio, corti capelli biondo grano, la cicatrice sul labbro superiore.
Nico si trattenne dal cacciare un urlo. Quello non era lui, nessun particolare rimandava alle caratteristiche che lo avevano sempre contraddistinto da tutti gli altri semidei. Si era svegliato nel corpo di Jason Grace, ed era perfettamente consapevole di non trovarsi in uno dei suoi soliti sogni, che molto spesso avevano raggiunto anche i limiti dell’assurdo.
“Che… che…” Balbettò, guardando con riluttanza le sue mani e la scritta SPQR che aveva tatuata sul braccio. Sembrava tutto così assurdo che faticava a crederci, eppure sapeva che quella era la realtà. Un brutto scherzo, qualcosa di sovrannaturale al quale ovviamente non sarebbe mai riuscito ad opporsi. Forse quegli egoisti degli Dèi si erano messi a giocare con lui, non aveva altre spiegazioni! Magari Ecate, la dea della magia…
“NICO?!” Urlò una voce molto familiare al suo orecchio destro. Nico vacillò e per poco non cadde dentro il lago, ma fortunatamente nel corpo di Jason riusciva più facilmente a mantenere l’equilibrio. Voltò lo sguardo, ancora sconcertato, e gli sembrò di guardarsi allo specchio.
C’era se stesso di fonte a lui. Insomma, non proprio se stesso, ma il suo corpo che sembrava essere guidato da un’altra persona. Sbatté diverse volte le palpebre, perplesso, cercando di ragionare e concentrarsi per poter analizzare approfonditamente la situazione. Essendo ancora mattina, tuttavia, sarebbe stato chiedere troppo al suo cervello.
“N-non dirmi che sei tu, Grace.” Balbettò, con un briciolo di speranza nel suo tono. Oddio, stava parlando con la voce di Jason!
“Certo che sono io!” Scattò in piedi Jason, reggendosi a malapena sulle gambe del Di Angelo, abituato con la sua vecchia corporatura. A Nico faceva un effetto stranissimo vedere se stesso guidato da un'altra persona, come se avesse perso totalmente la sua identità. “Santi numi, che diamine è successo?! Mi sono svegliato nella tua cabina… E mi sono ritrovato nel tuo corpo!” Urlò Jason.
Era piuttosto inusuale vedere Nico agire così teatralmente, tant’è che si attirò molti sguardi dei vari semidei sparsi per il campo. Anche lo stesso Signor D, dall’alto della sua sede regale, osservava con una certa curiosità la scena.
Nico si sentì molti sguardi puntati addosso, così decise di risolvere la questione in un luogo decisamente più nascosto da occhi indiscreti. Afferrò Jason – o se stesso? Non ci stava capendo più di tanto – e lo trascinò dietro alla sua cabina, solitamente nascosta dall’ombra di un pino. Il vento muoveva le fronde degli alberi, regalando una piacevole frescura all’atmosfera; in quel posto il sole filtrava difficoltosamente dai rami e l’ombra impediva ai due ragazzi di essere visti.
Nel corpo di Jason, Nico si rese finalmente conto di quanto fosse piccolo in confronto a lui. La sua figura si stagliava su quella dell’altro, incutendo quasi timore. Jason era un bellimbusto piuttosto amichevole, ma con il carattere di Nico poteva diventare un degno candidato alla leadership di una banda gangster.
“Grace, senti-“ Nico venne interrotto.
“Ti ho detto di non chiamarmi Grace!” Protestò Jason, puntando i pugni suoi fianchi. Com’era possibile che facesse caso a quell’insulso particolare anche in una situazione del genere?!
“E va bene, Jason!” Urlò, col rischio di farsi scoprire. In fondo non era molto conveniente per entrambi farsi beccare in un luogo così appartato. Se ci fosse stato Percy, le battutine si sarebbero sprecate – o peggio ancora Leo! “Qui la cosa si fa seria. Non so come sia accaduto questo scambio di corpi, forse siamo stati colpiti da qualche maledizione strana…”
Il suo sguardo era cupo, fissava un punto imprecisato della foresta, cercando di sforzarsi per arrivare ad una soluzione. Jason intanto cercava di sposarsi le folte ciocche di capelli da davanti gli occhi, senza ottenere grandi risultati. Si chiese come facesse Nico a vedere attraverso quella barriera di capelli color petrolio. “Ne dovremmo parlare con Chirone, ma ieri a cena aveva detto che oggi sarebbe andato a trovare la sua famiglia…. I Party Pony, o come si chiamano.”
Nico imprecò in greco, mentre si torturava il labbro inferiore. Camminava con una certa frenesia, avanti e indietro, tanto da lasciare un solco nel terriccio ancora umido.  “Quanto dovrebbe restare fuori? Chiedere al Signor D è fuori discussione.”
“Dovrebbe tornare stasera… mi pare. Sempre che il loro party hard non duri fino a domani mattina…” Questa notizia scoraggiò parecchio Nico, che continuava ad imprecare, tanto che sarebbero scese tutte le divinità dall’Olimpo, compreso suo padre.
Ma era sicuro solo di una cosa: nessuno doveva venire a conoscenza dell’accaduto. Dentro quel Campo si sarebbe creato sicuramente il caos e Nico non si sarebbe mai azzardato a smuovere la pace che vigeva lì dentro. Non tanto per gli altri quanto per lui stesso – non amava essere al centro dell’attenzione.
“Finché non tornerà Chirone, dobbiamo fare finta di niente. E’ meglio non creare casini.” I suoi occhi color ghiaccio fecero un giro di ricognizione lì intorno, per controllare che nessuno li stesse osservando. Si chinò su Jason, decisamente più basso di lui, e lo fulminò con lo sguardo. “Non devi parlarne neanche con Piper. Dobbiamo fingere di agire come l’altro… io mi sforzerò di comportarmi come te.” Disse Nico, con un certo disgusto.
“Guarda che non è facile essere te! Devo mettere il broncio tutto il tempo, tipo così?” Jason fece una smorfia, che si avvicinava parecchio allo sguardo accigliato perennemente dipinto sul volto di Nico. “Comunque sarà divertente essere te.”
Nico roteò gli occhi, scocciato. “Ah, non fare cose imbarazzanti. Per favore.”
“Ti sembro tipo da cose imbarazzanti, amico?” L’altro scoppiò a ridere. “Del tipo calarmi i pantaloni?” Ma a quella domanda si illuminò improvvisamente, come se si fosse ricordato tutt’ad un tratto di un particolare di fondamentale importanza. “Ehi, voglio vedere che mutande porti!”
Nico sbiancò, prima di assumere sulle sue guance diverse tonalità di porpora. “C-che fai, idiota!” Tentò di fermarlo, ma Jason si era già calato i pantaloni del pigiama del suo compagno. Studiò i boxer color nero con dei piccoli teschi disegnati sopra – l’abbigliamento del Di Angelo non comprendeva molte varianti.
“Ti vergogni sempre negli spogliatoi, mi avevi messo curiosità! Nascondi sempre così tanti misteri… Magari anche le tue mutande nascondevano qualche segreto!” Fece per calarsi anche quell’ultimo pezzo di stoffa con un’espressione molto ingenua stampata sul viso, ma Nico lo bloccò in tempo.
“Con questo intendevo cose imbarazzanti.” Gli sibilò a pochi centimetri dal volto, tanto che Jason deglutì per lo spavento. Nico era parecchio inquietante anche nelle sembianze del Grace, il che lo fece turbare ancora di più.
Il figlio di Ade si allontanò da lui, per poi guardare il cielo privo di nuvole dove splendeva già alto il sole. Facendo qualche calcolo, devono essere su per giù le undici di mattina, pensò. “Mi vado a cambiare, fallo anche te… Non voglio essere ricordato come Il Semidio che girava in pigiama.” Disse, acido, lanciando occhiatacce a Jason come per intimargli di tirarsi su i pantaloni. “L’appuntamento è a mezzogiorno al laghetto. Non fare tardi o ti fulmino.” Sghignazzò, prima di allontanarsi di lì e sparire nel nulla.
Jason rimase piuttosto interdetto, per poi mettere un’espressione accigliata – ben riuscita sul volto del Di Angelo. “Ma quella era la mia battuta!”
 
Jason ovviamente non si presentò all’appuntamento. Chissà per quale assurdo motivo, Nico ne aveva il sentore; d’altronde conosceva fin troppo bene il figlio di Giove e sapeva che avrebbe fatto sicuramente qualche stupidata delle sue. Camminava avanti e indietro di fronte al laghetto, irrequieto come se fosse stato rinchiuso in un recinto. Molti semidei l’avevano salutato allegramente, dandogli qualche pacca sulla schiena e cercando di instaurare un dialogo con lui… o, meglio, con Jason Grace.
Non si era ancora abituato a stare nel corpo di quel semidio super palestrato, anzi lo trovava piuttosto scomodo e ingombrante. Però doveva ammettere di sentirsi decisamente meglio, più in salute e in forze: l’unico lato positivo di quello scambio di corpi.
Aveva riflettuto a lungo sulla causa di quell’avvenimento e non era riuscito a darsi una minima risposta plausibile e spiegabile scientificamente. Del resto, nel mondo dei semidei non esistevano spiegazioni razionali: le cose che avvenivano, per quanto strane che fossero, erano solo opera dei loro genitori. E così doveva essere anche in quel caso.
Nico scosse la testa, cercando di riprendersi. Era stufo di aspettare Jason – benché fossero passati appena dieci minuti –, così decise di raggiungerlo in camera e trascinarlo fuori da lì tirandolo per le orecchie. Oppure l’avrebbe fulminato come aveva promesso un’ora prima. L’idea allettò il Di Angelo, tanto da spingerlo ad avviarsi a grandi falcate verso la sua – teoricamente – cabina.
La vide all’orizzonte, spiccava in mezzo al panorama verde e luminoso del Campo Mezzosangue e creava disarmonia con le altre abitazioni che la circondavano, dal momento che era piuttosto cupa e sinistra. Preso da una certa impazienza, aumentò il passo tanto da arrivare a correre. Il vento si scontrava con il suo viso, muovendo leggermente i suoi capelli color grano e regalandogli una sensazione di piacere e freschezza.
Molte ragazze del Campo, vedendolo passare di lì, arrossirono e lo seguirono con lo sguardo, ammaliate dalla sua bellezza; peccato che Nico non ci avesse fatto minimamente caso. Anzi, quando si accorse dei loro sguardi languidi e sognanti, rivolse a loro un’espressione di puro disgusto, mista a fastidio. Le giovane semidee indietreggiarono e bisbigliarono fra di loro, profondamente turbate dall’aura cupa che aleggiava intorno al loro Superman Biondo. Solo una, però, non si lasciò intimorire dal suo sguardo.
“Jason, dove corri?” Una voce allegra raggiunse le sue orecchie, distogliendo Nico dal suo obiettivo. Si fermò, piuttosto infastidito, e cercò di inquadrare la figura che si era piazzata di fronte a lui: pelle ambrata, treccina fra i capelli… Oh, ma certo, era la fidanzatina di Jason, Piper McLean. A questo pensiero sospirò rumorosamente.
“Ho degli impegni urgenti.” Disse semplicemente, piuttosto freddo. Poi si diede dell’idiota da solo. Doveva comportarsi esattamente come Jason, altrimenti la sua fidanzatina se ne sarebbe accorta all’istante! L’idea di far litigare quella coppietta rose e arcobaleni per un attimo balenò nella sua mente, ma fece in modo di scacciarla alla velocità della luce. Non era geloso, solo che non amava molto assistere alle loro continue effusioni pubbliche… Era così preso dai suoi pensieri da non accorgesi neanche che Piper aveva iniziato a tirarlo via di là.
“D-dove mi stai portando?” Domandò Nico, piuttosto sbigottito. Certamente non si aspettava una reazione del genere alla sua freddezza. Puntò i talloni per terra per fermarla e riuscì parzialmente nel suo intento. La figlia di Afrodite si voltò verso di lui, facendo un sorrisetto piuttosto ambiguo.
“Oggi sei nervoso, quindi ti porterò in un posto che ti piacerà! Seguimi!” Nico si accorse che Piper stava usando la sua lingua ammaliatrice, ma realizzò questo particolare troppo tardi. Ormai stava seguendo quella ragazza fastidiosa, senza neanche opporsi minimamente alla sua decisione.
Pessima idea.
 
Jason, dal suo canto, se la stava spassando parecchio nel corpo di Nico, forse perché era sempre stato curioso di scoprire i lati più nascosti del figlio di Ade. E con nascosti, beh, intendeva veramente nascosti.
Difatti si trovava ancora in cabina, completamente nudo di fronte allo specchio, ad osservarsi con un certo interesse: era così preso a guardarsi e a mettersi in pose strane da perdere la cognizione del tempo. Certo, Nico era minuto e piuttosto pallido, ma doveva proprio ammettere di trovarlo in qualche modo attraente, forse per via della sua aria un po’ emo e depressa. Jason non si faceva molti problemi ad ammettere a se stesso di essersi sentito attratto sessualmente da Nico, alcune volte, forse perché la considerava una cosa normale fra i ragazzi di quell’età. Oppure semplicemente non si faceva particolari complessi come il Di Angelo.
Fece un paio di giravolte, assunse qualche posa da modello, si palpò anche le natiche da solo! E doveva ammettere che Nico aveva un fondoschiena per niente male… Non era mai riuscito a vederlo attraverso i pantaloni, ma era tondeggiante e sodo, decisamente meglio del suo. E dire che un sacco di ragazze gli facevano i complimenti per il fisico mozzafiato, mentre al contrario criticavano quello del figlio di Ade…
“Ehi, Nico! Ti va di andare a fare un gir-!” Jason era talmente preso dai suoi pensieri che non si accorse di non essere più solo dentro quella cabina. Difatti, non appena si voltò, vide vicino all’ingresso dell’abitazione un Percy piuttosto sbigottito e incredulo.
Rimasero per qualche secondo a fissarsi, in un silenzio tombale, pieno di imbarazzo. Ok, ho fatto una grande cavolata, pensò subito Jason. Nico gli aveva raccomandato di non metterlo in imbarazzo, soprattutto davanti a Percy! Si sarebbe assestato uno schiaffo da solo, se avesse potuto.
“… Beh, fratello, scusa se ti ho beccato in un momento così delicato…” Tentò di scusarsi Percy, grattandosi la nuca. Jason notò il lieve rossore che colorava le sue guance, simbolo di forte disagio. Decise allora di provare a sciogliere quella tensione che si era creata, cercando sempre di mantenere il carattere di Nico. Ma ahimè, era parecchio difficile per Jason.
“No, tranquillo, fratel-… Cioè, volevo dire, Percy! Mi stavo solo un po’ guardando allo specchio… Sai, ogni tanto i veri uomini lo fanno per sentirsi più sicuri.” Jason fece l’occhiolino a Percy e gli diede qualche gomitata, comportamento che fece sbigottire ancora di più il suo amico. “E infatti adesso sono più sicuro, sapendo di avere un culetto così perfetto!”
Calò di nuovo il silenzio fra i due semidei. Jason si rese conto di aver peggiorato ancora di più la situazione, lo leggeva chiaramente nello sguardo di Percy, che sembrava confuso e parecchio dubbioso. Che avesse iniziato a sospettare qualcosa? In fondo il figlio di Poseidone era molto astuto e intelligente, anche se non lo dava a vedere… Nella mente di Jason cominciarono a scorrere immagini che mostravano devastazione, morte, sofferenza e, soprattutto, lo sguardo pieno di furia di Nico, che era capace di mettere inquietudine all’eroe più valoroso presente sulla faccia della terra.
“… Hai ragione, hai proprio un bel culetto!” Sorrise allegramente Percy, mollandogli una piccola pacca su una natica con fare disinvolto, lasciando Jason di stucco. Ok, era davvero un completo idiota. Non si era accorto minimamente del cambiamento improvviso di Nico! Ma decise di non farci caso e di ridacchiare, piuttosto in imbarazzo. Non si riceve tutti i giorni una pacca dal figlio di Poseidone, insomma.
Percy si allontanò leggermente da lui,  passandosi una mano fra i folti capelli corvini con fare quasi splendido, come faceva sempre quando cercava di provocare la sua ragazza Annabeth.
“Beh, amico, ti ero venuto a proporre un giretto con gli altri del campo. Ci sarà anche tua sorella Hazel con Frank, così puoi metterti a parlare con loro! E poi ci sono anche Jason e Piper!” A quelle parole Jason sobbalzò e in un attimo in suo colorito pallido assunse una tonalità ancora più cadaverica. Accidenti, l’appuntamento!
Iniziò a sudare freddo, raccogliendo i suoi vestiti sparsi a destra e a manca in giro per la stanza. Si infilò velocemente le mutande – che per la fretta mise anche al contrario – e si volse a guardare Percy. “C-cosa stanno facendo Nic- Jason e Piper?” Domandò, visibilmente preoccupato.
“Non ne ho idea, Piper l’ha trascinato verso il boschetto… Ma io so che lì c’è un posticino dove si fanno le coccole.” Percy iniziò a sghignazzare e ad ammiccare verso Nico –ovvero Jason, con uno sguardo chiaramente eloquente. Innanzitutto Jason si domandò come facesse Percy a sapere del loro rifugio segreto, dal momento che non ne aveva parlato con nessuno – che li avesse seguiti?, poi si rese conto che quella era la peggior notizia della giornata. Puntò il suo sguardo serio negli occhi cristallini di Percy.
“Devo andare da loro.” Disse, secco. In quel momento si stava comportando davvero come Nico, tanto che lo stesso Percy indietreggiò leggermente.
“M-ma… Magari vogliono la loro privacy…” Balbettò Percy, nel tentativo di fermarlo.
“Non importa, è urgente.” Concluse Jason, finendo di infilarsi le scarpe. Oh, eccome se era urgente! Piper non era di certo poco sveglia come Percy. Si sarebbe subito accorta della freddezza negli atteggiamenti del suo fidanzato.
Uscì in fretta e furia dalla cabina e si diresse a grandi falcate verso il boschetto che si stagliava davanti ai suoi occhi.

 
   
 
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