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Autore: lapoetastra    23/08/2015    0 recensioni
Un uomo si avvicina con passo felpato, e sorride.
È un sorriso strano, diverso da quello di Martin.
Non coinvolge gli occhi.
Fa paura.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I due fratelli trascorrono le giornate vagando qua e là sulla strada, volgendo gli occhi in ogni direzione alla ricerca di un rifugio sicuro che possa costituire la loro nuova casa.
Ma tutto intorno c’è solo vegetazione, ampia, fitta, scura.
Pericolosa.
Perché tra le pesanti fronte potrebbero nascondersi i vaganti, gli zombie, i non morti.
Pronti a spuntare alle loro spalle ed ad attaccare i due giovani, che per difendersi hanno a disposizione unicamente un misero coltello sporco di sangue ed un bastone scheggiato.
All’inizio, quando si sono trovati catapultati in quel mondo oscuro e mostruoso, abitato da cadaveri che camminano costantemente affamati di carne fresca, i due fratelli erano terrorizzati.
Ora, invece, sono privi di qualsiasi emozione, sia negativa sia positiva, come se il loro cuore fosse completamente ottenebrato e rinchiuso in una morsa inallettabile.
Si limitano a camminare, mangiando poco e dormendo ancora meno, con i piedi sanguinanti ed i muscoli urlanti.
Non si chiamano neanche più per nome, perché in realtà non ricordano quale sia.
Si appellano l’uno all’altra unicamente con i termini “fratello” e “sorella”, come facevano gli uomini della Preistoria.
In fondo è come se lo siano davvero, vestiti solo di stracci e costretti a cacciare per nutrirsi.
Sanno che non dureranno ancora molto, là fuori.
Non senza un rifugio.
Non ora che gli zombie si sono raddoppiati.
Eppure l’istinto di sopravvivenza impedisce loro di fermarsi e lasciarsi dilaniare dai non morti, che non aspettano altro, e perciò continuano nella loro eterna, lunghissima marcia, tant’è che a volte sono convinti di morire di stenti.
I giorni si susseguono, lenti, inesorabili, ed ogni ora è lunga come una vita intera.
I fratelli hanno perso la cognizione del tempo, così come tutti i ricordi che hanno costituito il loro passato, quel passato che ormai è solo un alone indistinto nella mente di entrambi, ed i cui protagonisti sono sfumati come volti di una fotografia sfuocata.
Vivono in un eterno presente.
Senza inizio e senza fine.
Ma un giorno di colpo la vedono.
Sembra essere una fortezza, talmente è ben protetta.
Si erge bellissima, come un’oasi in una terra desolata, imponente come una reggia.
I due fratelli le si avvicinano tremanti, credendo e temendo che si tratti solo di un miraggio, che dietro ci sia una fregatura.
La circoscrivono, stupendosi di quando sia maestosa e sicura.
Trovano un cancello, alto e robusto.
Vi poggiano contro il viso smunto e scavato dalla fatica e dalla denutrizione e se ne trovano di fronte uno roseo e ben pasciuto che li squadra con la stessa curiosità con la quale loro osservano lui.
Poi lo sconosciuto sorride, ed i fratelli si stupiscono di quanto tempo sia passato dall’ultima volta in cui hanno visto le labbra di una persona arricciate all’insù.
< Prego, entrate, entrate! >, li invita cortesemente l’uomo, spalancando i cancelli e facendo loro segno di avvicinarsi.
I due fratelli non se lo fanno ripetere e varcano la soglia di quello che sembra essere il Paradiso terrestre.
La gente, tanta, è dappertutto, e chiunque è sorridente e ben nutrito.
Felice.
< Io mi chiamo Martin >, si presenta l’uomo con tono cordiale.
< Piacere >, rispondono i fratelli, e non aggiungono altro, perché non saprebbero che nome dire.
Martin li guarda di sottecchi per un attimo, improvvisamente serio, ma l’ombra è solo una nuvola passeggera ed abbandona subito il suo viso, velocemente come è sopraggiunta.
< Venite, amici. Vi porto dal Governatore di questa città >, spiega poi, conducendoli in una piccola casa e scambiando parole sottovoce con la guardia in tuta mimetica di fronte alla porta.
Martin a quel punto se ne va, salutando con la mano, ed i due fratelli si ritrovano catapultati in un ambiente di come non ricordavano potessero esistere.
Una stanza.
Bella, calda, arredata splendidamente.
Sicura.
Un uomo si avvicina con passo felpato, e sorride.
È un sorriso strano, diverso da quello di Martin. Non coinvolge gli occhi.
Ma i due fratelli non se ne accorgono, sorpresi come sono dalla meraviglia che si estende davanti a loro sguardo appannato.
 < Mi chiamo Philip Blake, sono il Governatore >, si presenta l’ospitante. < E voi? Qual è la vostra storia? > domanda poi, sinceramente curioso.
< Io… io e mia sorella abbiamo perso la nostra famiglia, uccisa da un invasione di non morti che ha completamente distrutto la… la nostra casa. Da allora vaghiamo alla ricerca di qualche posto sicuro in cui… ricominciare a vivere >, spiega il maschio tremando appena, in un mormorio basso e flebile. Pronunciando quelle parole si stupisce di quanto sia triste la loro esistenza presente e di quanto gli manchi quella passata.
Il Governatore, come risposta, allarga ancora di più il proprio sorriso freddo ed innaturale.
< Non vi dovete più preoccupare di nulla, ora. Adesso siete qui, e diventerete membri della nostra città. Niente potrà più farvi del male. >
Quelle parole sono come musica per le orecchie martoriate dei due fratelli.
< Come vi chiamate? >, domanda Philip, cercando una penna ed aspettando la loro risposta per poter trascrivere i nomi su un taccuino.
< Noi… non lo ricordiamo più >, sussurra la ragazza, vergognandosi terribilmente di ciò e soprattutto del suono stridulo della propria voce, rimasta troppo tempo inutilizzata.
Il Governatore batte le mani in un gesto infantile ed inizia a scrivere.
< Non importa. D’ora in poi voi sarete… vediamo un po’.. Sasha e Tyreese! Che ne dite? >
I due fratelli si guardano l’un l’altro, e, con enorme emozione, si scoprono a sorridere.
< Sono perfetti >, risponde Tyreese.
È vero.
Adora quel nome, e la medesima cosa vale per sua sorella, per Sasha, che accanto a lui, con le lacrime agli occhi, pensa a quanto sia meraviglioso essere tornata nella civiltà e poter chiamare se stessa di nuovo con un nome proprio.
Il Governatore ripone il taccuino e la penna in un grosso cassetto della sua scrivania di mogano appena rovinata dai tarli e si avvicina, abbracciando i nuovi abitanti.
< Benvenuti a Woodbury >
Sasha e Tyreese sorridono ancora di più, felici come mai sono stati prima d’ora.
Stanno ancora vivendo nel presente.
Ma davanti a loro si estende libero e sicuro il futuro.
 
   
 
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