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Autore: Tigre Rossa    24/08/2015    2 recensioni
“Parlami di lui. Parlami del mio papà.”
“Albion . ..”
“Mia madre non ne parla mai, e sir Leon e sir Percival dicono solo che era un grande re, che ha portato la pace a Camelot, che ti voleva bene come a un fratello, e basta. Non so nient’altro di lui, come era il suo viso, o il suo carattere, o qualsiasi altra cosa. E io voglio sapere. Per favore.”
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Pochi mesi dopo la morte di Arthur, Gwen ha dato alla luce una bambina, la piccola Albion. Ma, con il passare degli anni, la piccola non riesce più ad accontentarsi del vuoto che il padre mai conosciuto le ha lasciato dentro, e si rivolge all’unica persona che sa poterlo riempire.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tell me about my daddy
 
 
See me in the eyes of another's child.

- Placebo, Happy You're Gone
 
 
 
“Si può sapere cosa ti è saltato in mente?”
 
Con quella domanda, Merlin lanciò uno sguardo severo alla bambina che teneva in braccio, mentre spalancava la porta del vecchio laboratorio di Gaius, diventato suo dopo la morte dell’anziano medico.
La piccola si limitò a stringere le labbra sottili, e non disse niente fino a quando il mago dai capelli corvini non la posò con delicatezza su un angolo sgombro del tavolo e poi si sedette di fronte a lei, le braccia incrociate e l’aria seria.
“Non dovevi interferire, zio Merlin.” mormorò allora, tirandosi indietro un ciuffo ribelle di capelli biondi e guardandolo storto “Non centravi niente.”
“Non . . . per l’amor del cielo, Albion, stavi facendo a botte con un ragazzino grande il doppio di te!“ esclamò l’uomo, mentre di sé rabbrividiva al ricordo di quando aveva visto a terra la giovane principessa mentre tirava pugni al viso del figlio più grande di sir James.
Albion annuì, seriamente “Si, e gli avrei dato una bella lezione se tu non ci avessi divisi.”.
“Una bella lezione? Io non credo.” ribatté lo stregone, osservando con aria critica i tagli che attraversavano le mani sanguinanti della piccola e l’occhio che si stava velocemente gonfiando “Martin è più grande di te di cinque anni e si allena per diventare cavaliere da quando aveva la tua età. Guarda come ti ha ridotta.”
“Lui era messo peggio. E poi, l’ho messo a terra subito, ed alla fine piagnucolava e si teneva la faccia.” obbiettò, incrociando a sua volta le braccia, mentre i suoi occhi azzurri brillavano d’orgoglio “Direi che me la sono cavata bene. E pensa se ci fosse stato anche Thorin con me.”.
“Thorin ti avrebbe fermato subito, e mi avrebbe evitato tutti questi grattacapi.” sospirò Merlin, scuotendo appena la testa “Comunque, si può sapere perché l’hai fatto?”.
Lo sguardo della piccola si indurì e lei si voltò dall’altra parte, decisa a non parlare.
“Albion, guardami.” le ordinò lo stregone di corte, in quel tono che non ammetteva repliche e che riservava solo alle occasioni veramente gravi.
La principessa sbruffò, ma poi spostò appena lo sguardo sul volto dell’uomo.
“Non credo che tu ti sia resa conto della gravità delle tue azioni. Hai aggredito il figlio di un nobile. Di un cavaliere, tra l’altro.” iniziò con voce piatta e controllata il consigliere più fidato della regina, cercando di spiegare la situazione alla bambina.
“Se l’è cercata.” sbottò quella, stringendo forte i denti, e per un attimo il suo sguardo gli ricordò così tanto Arthur che gli fece male. “E proprio per questo lui non avrà mai le mie scuse, né le avrà suo padre o la sua famiglia.”
Cosa mi tocca sentire pensò sconfortato il povero stregone, mentre si tratteneva dal coprirsi gli occhi con una mano.
“Non so cosa quel ragazzino ti abbia fatto o detto, ma devi capire che sei la principessa di Camelot, e in quanto tale non puoi permetterti di fare questo genere di sciocchezze. L’amicizia dei nobili va coltivata e custodita, soprattutto dopo tutte le guerre e i disaccordi che il nostro regno e tua madre hanno dovuto affrontare in questi anni. Pensi che sia saggio mettersi a fare a botte con coloro da cui un giorno dipenderà la tua sicurezza e la tua vita?”.
La piccola non rispose, ma il suo sguardo era così duro da fare paura.
“Lo so che ad otto anni è dura comprendere tutto questo e cercare di comportarsi di conseguenza, ma è una cosa che devi imparare, per il tuo bene e per quello di tua madre. Non puoi permetterti inimicizie. Non tu. Sei l’unica erede al trono, la futura regina. E questo è il genere di cose che devi evitare.”.
“Lo so.” sussurrò infine Albion, le labbra strette e il viso serio “ Lo so bene. Ma non mi pento di averlo picchiato, né ho intenzione di scusarmi con lui.”
“Albion . . .”
“Ha insultato mia madre, mio padre e te!” gridò la principessa, gli occhi che lanciavano scintille e le mani strette a pugno “Ha detto che la mamma non è altro che una squallida serva che ha sedotto un principe dalla mente debole! Suo padre gli ha detto che lei l’ha manipolato per ottenere tutto quello che voleva e che poi l’ha fatto portare lontano da te per farlo morire e potersi prendere il trono! Ha detto che siamo una famiglia maledetta e che io non appartengo alla stirpe dei Pendragon, che tu mi hai creato con la magia per ordine di mia madre! Ha detto che siamo marci dentro, e che se ci fosse ancora re Uther bruceremo tutti sul rogo!”.
Si fermò, prendendo un attimo fiato, il volto rosso per la rabbia, e poi riprese a parlare, il tono più sommesso “Gli ho risposto che non poteva permettersi di offendere la mia famiglia, e lui si è messo a ridere. E allora, solo allora, l’ho colpito. E poi l’ho colpito ancora, ed ancora, ed ancora, perché nessuno può parlare così di te, o della mamma, o di papà. Perché so che se mio padre è morto lo ha fatto per proteggerci, anche se non l’ho mai conosciuto. So che se ha sposato mia madre l’ha fatto perchè l’amava, e lei ha accettato perché provava la stessa cosa. E so che se fosse stato qui non avrebbe permesso a nessuno di insultare la mamma o te. Per questo l’ho picchiato. E non me ne pento.”.
Albion rimase a guardare il volto stupefatto e sconcertato dello stregone, mentre quelle parole, così forti e così dannatamente sentite, gli entravano dentro e gli aprivano uno squarcio nell’anima.
 
Lui sapeva che alcuni nobili avevano ancora delle remote riguardo al regno di Gwen, nonostante tutto quello che loro due avevano fatto per rendere Camelot migliore dopo la morte di Arthur, ma non pensava che ci fossero ancora tante calunnie non solo sulla regina, ma anche su Arthur e sulla piccola Albion, né che la bambina ne fosse venuta a conoscenza da un altro ragazzino.
Era . . . era malvagio, era senza cuore. Sparlare e dubitare di una famiglia solo perché non completamente di origini nobili, quando era evidente che ogni scelta da essa presa, ogni singola azione era stata compiuta sempre e solo per il bene del popolo. E riferire queste crudeltà ad una bambina che non aveva mai incontrato il padre, cercando di ferirla nel punto in cui era più debole, era semplicemente mostruoso.
Merlin sapeva quanto la giovane Pendragon soffriva per quella figura paterna così eternamente presente nella sua esistenza e nel cuore del popolo, ma che non aveva mai avuto modo di conoscere. Sapeva quanto soffriva ogni volta che qualcuno lo nominava, quando pensava alle tante cose che non aveva potuto condividere con lui. Sapeva quanto soffriva al pensiero che non solo suo padre non l’aveva mai vista o tenuta in braccio, ma che non aveva mai nemmeno saputo della sua esistenza.
Lo sapeva fin troppo bene.
Ed a vederla lì, una vita che non avrebbe dovuto esistere, un autentico miracolo vivente, che stringeva i pugni ancora sanguinanti per aver difeso con tutta sé stessa l’onore di coloro che ama, non poteva che sentirsi ferito ed arrabbiato quanto lei.
 
“Perché non me l’hai detto subito?” domandò, mentre si sporgeva per prendere le mani ferite tra le sue.
La piccola si morse il labbro prima di rispondere “Perché ci saresti stato peggio di me.”.
Merlin sospirò, e scosse la testa “Non dovevi dargli ascolto. Sai quasi meglio di me che c’è tantissima gente che non ci apprezza . . .”
“. . . perché mia madre ha riportato la magia a Camelot, ma molti ne hanno ancora paura e ritengono che una serva non possa regnare, e che la prova sia proprio il fatto che ti abbia nominato consigliere nonostante i tuoi poteri.” sbruffò la principessa, completando la frase per lui. “Ma non potevo lasciare un tale insulto impunito, zio Merlin. Nessuno può permettersi di insultare te, la mamma o papà di fronte a me. Nessuno.”.
Per un attimo la luce che illuminò il viso ferito eppure sicuro della bambina fu identica a quella che, tanti anni addietro, illuminava il volto fiero di Arthur, e il mago si sentì stringere il cuore.
“Lo so.” le fece un piccolo sorriso, mentre si sporgeva a scompigliarle i capelli in un gesto d’affetto “Per questa volta, ne parlerò io con tua madre, e decideremo che tipo di provvedimenti prendere con sir James. Dubito che ci saranno punizioni per te. Ma solo questa volta.”.
Albion annuì, decisa “La prigione a vita non sarebbe male, per sir James e suo figlio.” propose, mentre cercava di riordinarsi i capelli.
Merlin le lanciò un’occhiataccia, e la piccola si affrettò ad alzare le mani ed ad aggiungere “Scherzavo!”.
“Lo spero bene, perché potrei improvvisamente cambiare idea su cosa dire a tua madre, in caso contrario.” l’ammonì lo stregone “Su, pensiamo a curare quelle mani.”.
Il corvino si alzò ed iniziò a raccogliere qualche benda pulita, un unguento e una ciotola d’acqua per pulire i tagli, mentre la principessa lo guardava confusa.
“Niente magia?” domandò quando le prese le mani ed iniziò a pulirgliele con un panno umido.
“No.” negò l’altro “Non possiamo usare la magia per tutto, lo sai.”.
“Oh, ma queste sono ferite semplici, non ci vorrebbe niente! Posso farcela tranquillamente anche da sola.” esclamò la piccola, mentre gli occhi chiari iniziavano lentamente a colorarsi d’oro.
“Ti ho detto di no, Albion. Devi imparare ad usare il tuo potere, non ad abusarne. Il tuo è un dono, e come tale deve essere tutelato e custodito.” la sgridò lo stregone, lanciandogli un’occhiata ammonitrice molto simile a quelle che ai tempi Gaius riservava a lui.
“Guastafeste” sbruffò la bambina, corrucciandosi e trattenendo a stento sulla punta delle dita la magia che premeva dentro di lei per poter uscire.
Merlin scosse la testa, nascondendo un sorriso divertito. Una Pendragon che smaniava dal desiderio di usare la propria magia. Probabilmente nonno Uther si stava rivoltando nella tomba.
I due rimasero in silenzio per un po’, la principessa che osservava le mani esperte di Merlin curare le sue, e lui tutto intento nel disinfettare quei brutti tagli, fino a quando la voce, un po’ soffocata ed esitante, della bionda ruppe quella momentanea pace.
“Zio Merlin.”
“Dimmi, tesoro.” mormorò il consigliere, senza nemmeno alzare lo sguardo dal suo lavoro.
La piccola per un attimo esitò, ma poi le parole le uscirono dalle labbra come dotate di vita propria.
“Parlami di lui. Parlami del mio papà.”
Le mani laboriose dell’uomo si bloccarono di colpo, e Merlin alzò di scatto la testa, osservando il viso serio della principessa con i suoi grandi occhi chiari da troppo tempo senza più lacrime.
“Albion . ..”
“Non è per quello che ha detto Martin, o per le calunnie di un gruppo di nobili.” spiegò la bambina, fermandolo prima che potesse dire qualsiasi cosa ”E’ per me. Mia madre non ne parla mai, e sir Leon e sir Percival dicono solo che era un grande re, che ha portato la pace a Camelot, che ti voleva bene come ad un fratello, e basta. Non so nient’altro di lui, come era il suo viso, o il suo carattere, o qualsiasi altra cosa. E io voglio sapere. Per favore.”.
 
Merlin avrebbe voluto obbiettare.
Avrebbe voluto dirle che non poteva parlarle di lui, perchè era troppo difficile pensare al passato e poi ricordarsi che a causa sua tutto quello che avevano era sparito.
Perché erano anni che cercava di annegare il ricordo di lui nei più profondi meandri della sua anima, poiché ricordare quello che aveva perduto era troppo difficile.
Perché non ce la faceva a tornare indietro con la mente a quando tutto il suo mondo era ancora lì con lui, e poi ritornare ad una realtà vuota e crudele dove si tirava avanti solo per le poche persone che amava e gli erano rimaste.
Perché la sua anima era già abbastanza spezzata senza dove rivivere quei ricordi che continuavano ad ucciderlo dentro ogni giorno, ogni ora, ogni secondo di più.
Ma poi aveva incontrato quegli occhi, quei maledetti occhi azzurri e speranzosi e così dannatamente uguali a quelli di Arthur, e aveva capito che non sarebbe mai riuscito a negarle anche questo.
 
Prese un respiro, un profondo respiro che sapeva di terrore e di eternità, e poi, lentamente e con il cuore che batteva a mille come se fosse sul punto di scoppiare, iniziò a parlare, per la prima volta dopo anni, di lui.
Del suo Arthur.
 
“Tuo padre ... beh, tuo padre era un grand’uomo. Cioè, aveva un caratteraccio, era sbruffone ed arrogante, non sapeva fare niente da solo ed era un dannatissimo asino. Ma era anche leale, ed onesto, e coraggioso. Era un uomo d’onore, e non avrebbe mai lasciato un amico o un compagno d’armi nei guai. Era pronto a tutto per difendere il suo regno e il suo popolo, e per le persone che amava avrebbe dato la sua vita. Era giusto, buono, e speciale. Era tanto. Era tutto.”
Avrebbe voluto fermarsi lì, perchè i ricordi stavano arrivando, crudeli come fiere affamate, pronte a strappargli quel poco della serenità che era riuscito a racimolare negli anni, ma la piccola pendeva delle sue labbra, e lui si costrinse a continuare a parlare, a mormorare solo frammenti delle mille cose che era stato il suo re.
“Non era un santo, eh. Era dannatamente testardo ed orgoglioso, non riusciva a vedere oltre il proprio naso ed era terribilmente impulsivo. Mi trascinava sempre nelle più pericolose e stupide avventure ed a volte mi portava a caccia nei boschi con lui per giorni interi. Ma era un grandissimo cavaliere, il più grande e coraggioso di tutti. Con una spada poteva abbattere qualsiasi nemico, anche se si divertiva a utilizzare come bersaglio per i propri allenamenti ogni servo che capitava alla sua mercè. Era molto bello anche, beh, abbastanza per attirare un mucchio di ragazza, anche se puntualmente lui si infatuava delle più pericolose od improbabili. Aveva i capelli corti e biondissimi, il volto elegante, e i suoi occhi...” dovette fermarsi un attimo, mentre la sua mente tornava all’ultima volta che aveva incontrato gli occhi del suo re “ ... erano esattamente come i tuoi. La stessa forma. Lo stesso colore. La stessa luce.” deglutì piano, lottando contro il nodo che gli si era formato all’altezza del cuore.
La principessa rimase in silenzio, vedendo la difficoltà e il dolore che parola dopo parola aumentavano nello sguardo dello stregone, ma incapace di smettere di ascoltare. Erano anni che cercava risposte, e questa era forse veramente la prima volta che qualcuno le parlava di suo padre sinceramente, qualcuno che lo aveva conosciuto sul serio.
Merlin si costrinse a continuare “Io ero il suo servitore da quando lui era solo un principe. Ma non ero solamente questo. A quei tempi la magia era proibita, chiunque veniva sorpreso nell’atto di compiere incantesimi veniva ucciso, eppure io l’usavo. L’usavo solo per lui, per proteggerlo. Non potevo rivelarglielo, e così lo facevo in silenzio, attento a non farmi scoprire. Perché gli volevo bene. Perché ero suo amico, nonostante la differenza di rango, nonostante tutto quello che ci divideva. Per me, lui era . . .” esitò, chiedendosi come poteva spiegare ad una bambina il lungo e speciale rapporto che aveva legato lui e il sovrano di Camelot e che continuava a tenerli uniti anche dopo la morte “...era quello che per te è Thorin. La mia persona speciale. Quella senza la quale non puoi stare, perchè ti senti mancare il terreno sotto i piedi, il mondo si svuota e alla fine ti ritrovi sempre a fare a botte da solo contro il resto del mondo, sapendo che non puoi uscirne tutto intero senza che ci sia lui da qualche parte pronto ad intervenire ed a porgerti la mano.”.
Prese un altro, profondo respiro, lottando contro il dolore che si faceva più forte a secondo in secondo.
“Mi ha salvato la vita tantissime volte, e io l’ho salvata a lui. Amava tua madre, l’amava con tutto il cuore, e io l’ho aiutato a rendere il loro amore possibile. E sono certo che ti avrebbe voluto bene alla follia.”
Un piccolo, ma sincero sorriso si formò sulle sue labbra sottili “Tu gli somigli tanto, lo sai? Quando vedo te, quando guardo i tuoi occhi, rivedo lui. Hai la sua stessa forza, il suo stesso coraggio, il suo stesso senso dell’onore e della giustizia.” lo spettro di una risata gli illuminò per un attimo lo sguardo “E sicuramente tratti meglio Thorin di quanto lui trattasse me.”.
La piccola trattenne a stento una risatina, e Merlin le accarezzò dolcemente la guancia “So cosa si prova a non avere mai potuto incontrare il proprio padre, credimi. E’ come se ti mancasse qualcosa, qualcosa di importante ed essenziale. Ma sappi una cosa: ogni volta che vorrai vederlo, ti basterà guardarti allo specchio e perderti nei tuoi occhi. Lui è dentro di te, da sempre.”.
Albion osservò lo stregone, e poi mormorò, esitando “E se volessi sapere di più di lui?”.
Il dolore al petto del mago si intensificò, ma lui si costrinse a guardare in quegli occhi, così simili a quelli del suo re perduto, ed a promettere con voce sicura “Allora chiedi a me, e qualsiasi cosa vorrai sapere, io te la dirò.”.
La piccola finalmente sorrise e lo abbracciò forte, lasciandolo senza parole.
“Grazie.” mormorò, gli occhi chiusi e un po’ di pace finalmente nel cuore.
Merlin inspirò forte, ma poi sorrise a sua volta e ripose all’abbraccio della sua protetta.
Avrebbe affrontato i più grandi dolori del mondo, per dare alla figlia di Arthur un po’ di serenità.
 
Un pressante bussare si espanse nella stanza, così lo stregone si sciolse da quel dolce contatto e disse serenamente “Avanti”, mentre afferrava le bende per le mani della principessa.
Un ragazzino di circa dodici anni, dai ricci capelli neri e il viso preoccupato si precipitò nel laboratorio, gli occhi verdi che subito puntarono in modo ansioso sul viso della bionda.
“Albion!” esclamò senza fiato, la voce più profonda di qualsiasi altro bambino della sua età “Sarah mi ha detto cosa è successo. . . come stai?”.
Albion trattenne a stento uno sbruffo “Sto bene, non preoccuparti, Thorin.” tranquillizzò il suo servo, tirandosi indietro un ciuffo ribelle di capelli “Sicuramente meglio di Martin, comunque.”.
Il corvino scosse la testa, sconfortato “Possibile che non mi posso allontanare due minuti che tu ti infili nella prima rissa disponibile?”.
“Non è che mi comporti meglio, quando ci sei anche tu.” obbiettò la piccola mentre stringeva la mano già fasciata per vedere se il tessuto stringeva troppo “A proposito, dov’eri finito? Ho saltato l’ultima allenamento con sir Leon a causa tua!”
“Dove dovevo essere, a rigovernare il casino che avete lasciato in camera vostra, principessa.” rispose a tono il ragazzo, incrociando le braccia e lanciandole uno sguardo severo.
“Cos’è questa, ironia?” ribatté Albion, alzando appena un sopracciglio.
“Forse.”
Merlin trattenne a stento un sorriso divertito, mentre finiva di fasciare anche l’altra mano della bambina. Erano passati due anni da quando Thorin era diventato il servo-compagno di giochi-balia-guardia del corpo- controllore di Albion, e per quanto quel genere di scenette fossero all’ordine del giorno non poteva fare a meno di trovarle allo stesso tempo adorabili e dolcemente divertenti.
“Credo che tu sappia che non ti è permesso fare ironia con la tua principessa, Thorin.” obbiettò la piccola, saltando giù dal tavolo appena lo stregone le lasciò le mani.
“Ah, ma è permesso fare ironia con una principessa idiota.” ribatté tranquillamente il servo, gli occhi che gli brillavano divertiti.
“A chi hai dato dell’idiota?” esclamò la biondina, avvicinandosi al ragazzo e stringendo i pugni con aria falsamente minacciosa.
“A te. Ops, volevo dire a voi, vostra maestà.” rispose Thorin, mimando un inchino.
Albion sorrise, un sorriso che voleva essere spaventoso ed inquietante, ma che in realtà brillava di affetto e divertimento “Hai tre secondi per scappare.”.
Il servetto fece una smorfia divertita “Non credo di averne bisogno. Voi credete che ne abbia bisogno, Merlin?” domandò, rivolgendosi allo stregone.
“Uhm, forse si.” fece lui, fingendosi preoccupato “Ha ridotto Martin ad uno straccio. Fossi in te non la metterei alla prova.”.
“Sentito, Thorin?” esclamò la piccola, avvicinandosi lentamente “Inizia pure a correre.”.
“Se siete voi a comandarmelo, reale idiota.” replicò il ragazzo, indietreggiando appena e chinando la testa, per poi voltarsi ed uscire di corsa dalla stanza, seguito dalla principessa dagli occhi azzurri.
“Non distruggete il castello, mi raccomando!” gli gridò dietro Merlin con un sorriso, prima che il suono delle risate si allontanasse troppo.
Bastò un attimo, e il sorriso scomparve come era venuto, mentre lui restava lì, a fissare la porta chiusa, mentre nella sua mentre il ricordo di un altro servo dai capelli corvini e di un altro Pendragon dagli occhi chiari che si rincorrevano per il castello si faceva così vivo da fargli male.
 
‘Comincia pure a scappare, Merlin.’
‘Se siete voi a comandarmelo, asino reale.’
 
Lo stregone sospirò e chiuse gli occhi, mentre un’antica e mai sopita malinconia che sfumava nel rimpianto lo avvolgeva nelle sue spire.
 
“Spero che per loro due il destino sia diverso dal nostro, Arthur.” mormorò, mentre le sue mani stringevano in modo quasi disperato l’unico dono del suo amato re, quel vecchio sigillo che portava con sé ovunque andasse “Perché non potrei sopportare di vedere spezzati di nuovo i vostri occhi.”.
 
 


 
La tana dell’autrice
 
Aloha!
E rieccomi di nuovo qui a tormentarvi!
Non c’è molto da dire, a parte che questa storia premeva per uscire da un sacco di tempo. Ho sempre immaginato che in realtà Gwen fosse rimasta incinta e che l’avesse scoperto solo dopo la morte d’Arthur, e così è uscita fuori la piccola Albion.
Il personaggio della principessa Albion Pendragon, la figlia di Arthur e Gwen dotata di poteri magici, mi tormenta da settimane ormai, e ogni giorno si fa sentire sempre di più, tanto che sono stata costretta a scrivere questa piccola ‘cosa’. Probabilmente in futuro scriverò una sorta di prequel sulla sua nascita e sulla sua amicizia con Thorin o chissà, magari potrò farne una serie. Non so.
Spero solo che questo piccolo pastrocchio vi piaccia!
Un abbraccio
T.r.

 
  
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